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Autore: _viola02_    09/08/2017    2 recensioni
Dal testo:
"Leo Valdez guardò con odio il suo nuovo liceo. Era il quarto, ed era solo al secondo anno.
Sperava ardentemente di andarsene il prima possibile, ma pur di sfuggire a LEI preferiva sorbirsene un altro.
*************
L'edificio era in fiamme.
Leo guardava la sua casa bruciarsi, senza poter fare niente.
Perché sapeva di essere stato lui la causa dell'incendio"
Genere: Azione, Malinconico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Frank/Hazel, Jason/Piper, Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2 - Nuove conoscenze

Nel capitolo precedente:

Imprecando senza mezzi termini, Leo tornò in stanza, cercando di farsene una ragione: avrebbe avuto dei compagni di stanza.



«Piacere, sono Jason Grace» disse Mr Allegria.
Leo notò istantaneamente che era decisamente un bel tipo, probabilmente molte ragazze gli andavano dietro. Era biondo con degli occhi di un azzurro ghiaccio, resi meno agghiaccianti da degli occhiali in bronzo.
Sorpreso, si accorse che non lo facevano sembrare un secchione (come accadeva spesso), ma gli davano quel tocco speciale che lo faceva sembrare bello E intelligente.
Mentre parlava, Leo notò che aveva una piccola cicatrice sul labbro, che spiccava sul colore contrastante della pelle.
«Leo Valdez. Piacere di conoscerti Mr Alleg... Ehm, Jason» rispose educato.
Visto che non aveva intenzione di continuare la conversazione, nella stanza scese silenzio.
Un silenzio imbarazzato per Jason (che non sapeva come prendere il ragazzo nuovo) e rilassante per Leo (che odiava gli impiccioni).
A far finire quell'atmosfera pesante, fu un ragazzo vestito completamente di nero (anche i capelli e gli occhi erano del medesimo colore), che entrò nella stanza puntando il bagno.
Jason prese la palla al balzo: «Nico, aspetta! Ti devo presentare il terzo coinquilino: questo è Leo Valdez» disse indicandolo.
«Io sono Nico Di Angelo. Piacere» si presentò il tipo, per niente interessato.
Poi, vedendo dove stava seduto Leo (ovvero sul letto vicino all'armadio), aggiunse con stizza: «Quello è il mio letto»
Leo, senza rispondere, si alzò e andò verso quello rosso, squadrandolo male.
Lui ADORAVA il rosso, ne era praticamente feticista.
Aveva tutte le magliette di colore rosso, persino le scarpe.
Ma i letti? No.
Semplicemente NON POTEVA neanche vederlo un letto rosso.
Gli ricordava troppo QUELLA sera. E lui non voleva ricordare. Gli faceva troppo male.
Senza girarsi, chiese agli altri due: «Ci sono altre lenzuola?»
Jason rispose cauto: aveva notato che, mentre faceva la domanda, il ragazzo si era irrigidito.
«Sì, ce ne sono di blu nell'armadio...»
«Grazie»
Senza altri indugi, Leo le prese e si rifece il letto.
Finito quello, disfò le valigie e, sedendosi sul suo letto, cominciò a usare il telefono.
Jason, da bravo impiccione, chiese: «Con chi stai chattando?»
«Non sto chattando» rispose, solo per essere educato.
«E che stai facendo, allora?» continuò l'altro.
Leo decise che aveva passato il limite.
«Cazzi miei» fu la risposta lapidaria.
Mr Allegria non replicò più, per la gioia di Leo.

Dopo qualche ora, però, Leo si pentì di essersi comportato da vero stronzo.
Ormai si era "sbollito" e l'umore tetro era sparito. Ma era stato sostituito da senso di colpa.
D'altra parte, non era colpa del tipo se aveva una vita grama...
Perciò, con cautela, lo chiamò: «Jason, senti... Mi dispiace di averti trattato male, solo che non era giornata...»
Leo sapeva che non sarebbe bastato. Probabilmente il tipo lo avrebbe mandato a quel paese, dicendogli che tanto ormai non gliene fregava niente e che per lui era uno stronzo. Leo avrebbe fatto così.
Ma l'altro lo sorprese.
«Ehi, amico, non c'è problema! A tutti capita una giornata storta!»
«Sicuro? Non mi consideri un idiota ed uno stronzo patentato?»
Leo era DAVVERO sorpreso.
«Beh, ammetto che ci ho pensato, ma poi mi sono detto che, quando sono di pessimo umore IO, altro che risposte male! Io spiaccico insulti a destra e a manca! Pensa che mio cugino Percy giura pure che quando sono arrabbiato mando scosse» aggiunse ridendo.
Leo, perso il senso di colpa, rise con lui e replicò: «Sei decisamente un tipo molto elettrico, dai una scossa ad ogni discorso!»
Nico (di cui si erano dimenticati tutti) sbuffò dicendo: «Non commento»
Leo, a quella uscita, fece un salto spaventato.
Per la prima volta veramente imbarazzato (soprattutto perché Jason si era accorto del balzo), Leo decise di cambiare discorso.
«In che classe siete qui al liceo?»
«Io in II C, Nico in I C» rispose Jason.
«Seconda C? Quindi fai il corso di scienze meccanica?»
«No no, durante quelle ore la mia classe si divide e, mentre alcuni miei compagni vanno a quel corso, io faccio scienze della Terra»
Poi, ripensandoci, esclamò: «Ma io non ti avevo parlato del corso! Verrai anche tu nella mia classe?»
Leo annuì, per poi aggiungere: «Già, però farò il corso di meccanica. Visto che sono nuovo, non potresti dirmi dove sono le classi? Domani abbiamo un'ora di matematica, una di fisica, due di inglese e poi quella di meccanica»
«Posso fare di meglio! Ti posso accompagnare in tutte le classi»
«Meno quella di meccanica...»
«Sì, è vero, però so dov'è e posso darti le indicazioni»
«Perfetto, grazie»
Poi, rivolgendosi a Nico, Leo chiese: «E tu? Che materie hai il primo giorno di scuola?»
«Due di inglese, una di matematica e due di scienze motorie»
«Che indirizzo fai?»
«Come il vostro, lo scientifico, solo che sono di un anno di meno»
Leo, soddisfatto delle risposte, guardò l'orario: 18:52.
Non aveva idea di come funzionasse la mensa, ne a che ora bisognasse andare, perciò richiamò Jason: «A che ora si mangia?»
«Diciannove in punto, perciò è meglio scendere» rispose lui.
«Io non scendo» annunciò Nico.
«Ma Nico, non puoi! Se non scendi adesso, non puoi ripensarci!»
«Perché non può ripensarci?» si intromise Leo.
«Perché le cuoche sono molto fiscali sugli orari: o si scende alle sette, o non si scende proprio» gli rispose Jason senza distogliere lo sguardo dall'amico.
Poi, rivolgendosi a lui, esclamò ridendo: «Pensa che noi le chiamiamo "le arpie" per quanto sono rigide!»
Leo scoppiò a ridere.
«Ma loro lo sanno?»
«Ovvio. Pensa che anche i professori hanno cominciato a chiamarle così! Però solo tra di loro: con noi le chiamano ancora "cuoche", ma sempre con una punta di ironia»
Jason rise di nuovo, poi un dubbio lo attraversò.
«Che ore sono ADESSO??» esclamò a voce alta senza rivolgersi veramente a qualcuno, guardando il cellulare.
«LEO CORRI!!! SONO LE 18:57!!!»
Senza neanche aspettarlo uscì di corsa e Leo, per niente intenzionato a farselo ripetere, lo seguì in fretta.
Arrivarono in mensa al pelo, per poi fermarsi ansanti.
Una cuoca vestita arcobaleno (se Leo avesse avuto più fiato sarebbe scoppiato a ridere solo a vederla), si avvicinò squadrandoli.
«Vedo che questa sera ce l'hai fatta a venire in orario, eh Grace?»
Poi, senza aspettare la risposta, gli consegnò un vassoio con della pizza e una bottiglia di coca cola.
«Grazie Iride. Ho qualche messaggio?»
«Sì, Piper ti aspetta al solito tavolo» gli rispose. Dopodiché si rivolse a Leo: «Cosa vuoi da mangiare, caro?»
«Posso avere lo stesso di Jason?»
La donna annuì. Si girò, andò in cucina e tornò qualche minuto dopo con il cibo.
«La ringrazio molto signora» le disse sincero Leo prendendo il vassoio.
«Oh, chiamami Iride, ragazzo, chiamarmi "signora" ha un che da vecchia»
«Okay... Iride»
Iride sorrise. Poi, senza aspettare oltre, tornò in cucina.
Leo si rivolse a Jason.
«A me non sembra così cattiva»
Jason concordò: «Iride è l'unica cuoca degna di questo nome. È simpatica e disponibile. Pensa che se dobbiamo chiamare qualcuno, o mandargli un messaggio, basta chiedere a lei e la persona di cui abbiamo bisogno è subito contattata. È un buon metodo qui a scuola, d'altra parte non possiamo usare i cellulari...»
«Ma funziona solo qui in mensa! Sicuro che sia utile?» esclamò Leo scettico.
«Certo! Anche perché Iride non fa solo la cuoca, è anche una bidella»
«Cosa? Ma non lavora troppo facendo due lavori?»
«In realtà non lavora veramente... Lei abita qui, perciò è come se si pagasse l'affitto stando al servizio della scuola»
Prima che Leo potesse replicare, Jason si incamminò verso il suo "solito tavolo".
Leo, avendo sentito che Jason era aspettato da qualcuno, non sapeva come comportarsi.
Decidendo che stare da solo era impensabile, gli annunciò strafottente: «Jason, vengo al vostro tavolo! Non potete fare a meno del Grande Valdez»
«Ma è ovvio!»
«Davvero?» Tornato serio, Leo guardò scettico il ragazzo davanti a lui, pensando che, se una ragazza lo invitava ad un tavolo, lui non avrebbe voluto nessuno tra i piedi: probabilmente a Jason questa non piaceva ed era solo la sua "amichetta del cuore". E molto probabilmente a questa lui piaceva e faceva la martire cercando di ingraziarselo.
Alzò gli occhi al cielo. Un classico.
E infatti...
«Certo! Perché non dovresti venire?»
«Boh, forse perché sei aspettato da una ragazza?» rispose ironico alzando un sopracciglio.
«Ma no, tranquillo. Piper è solo un'amica, e poi così te la faccio conoscere» concluse con un sorriso.

Arrivati al tavolo, Leo si guardò intorno.
Dalla sala buffet erano passati in una saletta laterale molto carina, sulla gradazione del verde. C'erano all'incirca una decina di tavoli (tutti occupati), intagliati in un legno chiaro, forse lo stesso dei mobili delle camere. Sulla parete di destra (entrando dalla porta) c'era una bacheca con tutti gli avvisi della settimana e del mese.
In quel momento, sentendo Jason presentarlo, Leo si girò.
E si paralizzò.
Davanti a lui, seduta sulla panca, c'era un ragazza di indubbia bellezza. Era semplicemente... Wow.
Aveva i capelli di un marrone chiaro, mentre la carnagione di un tono leggermente più scuro, color caffelatte.
I suoi occhi, invece, erano impossibili da definire. Continuavano a cambiare colore, probabilmente a seconda della luce: prima erano verdi, poi marroni, poi addirittura azzurri.
Leo notò con stupore che la ragazza era vestita in modo strambo, come se non cercasse di farsi vedere, ma anzi proprio il contrario. I suoi capelli, poi, erano assimmetrici: o se li era tagliati lei, o la sua parrucchiera si era vendicata per non si sa che cosa.
Tuttavia, la stramberia della ragazza non diminuiva la sua bellezza. Proprio per niente.
«Piacere di conoscerti, sono Piper McLean» si presentò lei, allungando la mano.
Aveva una voce così melodiosa, così bella... Con una voce così doveva per forza essere una cantante nata!
Leo ne era completamente ammaliato.
Vedendo che la ragazza lo guardava aspettando, cercò di riprendersi e allungò la mano stringendo quella di lei. Era calda e morbida.
Prima di poter dire qualsiasi cosa, Jason esclamò: «Sai Piper, siamo compagni di stanza! Finalmente avrò qualcuno con cui parlare... Nel senso, ovvio, ci tengo a Nico, ci conosciamo da anni e siamo cugini, ma è un tipo piuttosto solitario... Almeno adesso ho qualcuno con cui parlare!»
«Siete cugini?» si intromise Leo, cercando di non far vedere quanto era imbarazzato: Piper si era accorta che lui non riusciva a resistere al suo fascino, e aveva alzato gli occhi al cielo sbuffando.
«Sì, da parte di padre. Il mio e il suo sono fratelli» rispose Jason, che non si era accorto di nulla.
«Ma Nico si chiama "Di Angelo"... Come mai avete due cognomi diversi?»
«Beh, è una faccenda piuttosto delicata... Nico ha vissuto i primi anni della sua vita con sua madre Maria e sua sorella Bianca, senza sapere nulla del padre. Al suo settimo anno, però, le due sono morte in un incidente stradale di cui lui è stato l'unico sopravvissuto. Durante la riabilitazione, l'ospedale ha contattato il parente più stretto, ovvero Ade, il padre che non aveva mai conosciuto.
Così, ha scoperto che il padre aveva conosciuto la madre in una relazione extraconiugale, per cui era sposato con un donna, Persefone, da anni.
Detto questo, non era comunque così stronzo da lasciare il figlio in un orfanotrofio, per cui ne ha preso la custodia e Nico vive tutt'ora nella villa del padre»
«Villa?» fece Leo sorpreso.
«Sì... i Grace sono molto ricchi...»
Sembrava che il ragazzo non volesse andare avanti, come se fosse spaventato da...
Leo ebbe un'illuminazione. «Sei un cosiddetto "cocco di papà"!»
«Ehm... Sì...»
Leo scoppiò a ridere. Jason era così imbarazzato solo per quello?
Lui lo aveva capito subito: aveva una postura regale quando si muoveva, "da imperatore" per capire meglio.
«Quindi non ti dà fastidio?» chiese l'altro sorpreso.
Quando Leo negò, Jason aggiunse pensante: «Di solito quando le persone lo scoprono cominciano a trattarmi in modo diverso»
Poi gli venne un lampo di genio.
«Sei ricco anche tu!» esclamò, soddisfatto per la deduzione.
«No» disse Leo sorridendo.
Jason non si arrese.
« Davvero? Né tuo padre né tua madre?»
A quella domanda, Leo si rabbuiò.
Gli stava veramente chiedendo dei suoi genitori? Ma come poteva anche solo OSARE farlo?
Non immagina. Ovvio che no.
Nessuno lo fa.
"Vuoi davvero la risposta, Jason? Eccotela. Né mio padre né mia madre. Neanche uno, Jason. NEANCHE UNO"
Fece un sorriso. Un sorriso falso, ovvio.
I sorrisi erano la sua arma migliore .
Nessuno capiva che, sotto quel sorriso, si nascondeva un altro Valdez.
Sperando che nessuno si fosse accorto di quel momento, rispose, sempre sorridendo: «No, né l'uno né l'altra»
«Leo? Stai bene?» chiese una voce, con una punta sospettosa che difficilmente non poteva essere notata.
"Maledizione!" pensò Leo allarmato.
Se Jason non aveva notato il suo turbamento, Piper sì. Era sveglia, la ragazza.
E lui era stato colto sul fatto.
«Sì sì, sono solo un po' stanco» mentì, sapendo benissimo che la ragazza non l'avrebbe bevuta. Sperava solo che lasciasse perdere.
Infatti Piper assottigliò subito lo sguardo; stranamente, però, non replicò.
Leo, silenziosamente, gliene fu grato; dopodiché (sotto lo sguardo allibito di Jason) si alzò dal tavolo dicendo: «Scusate, ma vado a letto. Jason, abbiamo una chiave a testa giusto?»
«Sì, basta che chiedi a Nico e te la dà»
«Okay, allora a dopo. Ciao Piper»
Dopo il coro di saluti, Leo si incamminò verso la sua stanza, pensando che era stato fortunato: Jason era un bravo ragazzo e, se non lo erano adesso, sperava di diventarne presto amico.
Per Piper e Nico invece ancora non lo sapeva. Nico era un po' troppo assente, mentre Piper... Beh, era troppo presto.
Più che altro era una ragazza pericolosa... Era fin troppo intuitiva, e sapeva benissimo che non avrebbe lasciato perdere la bugia di quella sera.
Lei voleva sapere. L'aveva capito dal suo sguardo.
E lui non poteva essere scoperto, nessuno doveva sapere nulla. NULLA.

Era a metà del corridoio del terzo piano, quando gli squillò il cellulare.
Leo lo tirò fuori, guardò il numero, e lo reinfilò in tasca spegnendolo.
Voleva stare da solo, per una volta, senza interferenze. E comunque non le avrebbe risposto. Non le rispondeva mai.
LEI non era nessuno. Non l'avrebbe mai potuta accettare. Non dopo quello che aveva fatto.
«Leo, vuoi entrare?»
Senza accorgersene era arrivato alla stanza, e Nico, probabilmente a causa del rumore, aveva aperto la porta.
Leo sorrise, annuendo. Un sorriso forzato, senza energia. Perché Leo non ne poteva più, stava solo cercando di sopravvivere. Sopravvivere in un inferno.

NOTE DELL'AUTRICE:
Ciaooooo! Sono tornata! Certo, forse in anticipo, un po' TANTO in anticipo...
Però non importa, ero troppo gasata dall'idea di postare questo capitolo.
Allora, qui c'è Leo che incontra Jason, Nico e Piper. Scopre la storia di Nico, e capisce quanto Piper sia empatica (adoro questa parola😍😍).
Noi, invece, scopriamo qualcosa di più sul carattere di Leo e ci avviciniamo di più a questa LEI.

Dedico questo capitolo a:
* Clezio_Odio e Molly_weissman94 per aver messo la storia tra le seguite
* Zoe_Wolf per averla messa tra le preferite e per aver recensito
*time_wings e fenris per aver recensito

Avviso: per evitare incomprensioni, premetto che posterò i capitoli più o meno quando sono pronti e li ho riletti e sistemati...
Comunque, nel caso di blocchi dello scrittore, cercherò di non sforare lo stesso dal mese prestabilito. Al massimo avviserò per tempo.

Baci,
_viola02_
   
 
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