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Autore: Herondale7    09/08/2017    0 recensioni
I magici sono stati sempre temuti ed esiliati sin dalla Ripartizione nel Vecchio Impero. Sabriellen Jacklyn, una giovane ladra, entrerà in questa realtà più grande di lei in uno dei periodi più temuti nel regno dove vive. La guerra tra Neblos e Trule è difatti alle porte, e ciò che resta alla ragazza è fuggire per aiutare la sua famiglia frammentata; per perseguire in questa sua decisione dovrà compiere un gesto molto pericoloso: arruolarsi tra i pirati.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Capitolo 6

Durante la quarta notte di insonnia mi decisi e portai tutto il peso di quel segreto nella camera del capitano all’incirca all’alba, forse sarebbe stato l’unico che non mi avrebbe preso per scellerata per poi raccontarlo all’intera ciurma. Ero abbastanza certa di aver sentito quell’uomo subire una minaccia.
“Bellamy, avrei bisogno di conferire con te.” A tale affermazione seguì una risata soffocata.
“Prima che cominci a parlare vorrei sapere come vanno i tuoi tentativi con la spada.”
“Vuoi deridermi? Lo so che ogni tanto esci dal tuo tugurio e ci osservi.” Lui alzò le mani in segno di colpevolezza. “Demien è rozzo nei modi ma è anche un buon maestro, al contrario io sono una pessima allieva. Tutto sommato sto imparando grazie a lui e Newt.” E rise. Invece io non riuscii a unirmi a quella risata leggera, avevo troppa ansia.
 Un attimo di silenzio seguii. “Che mi devi dire, Sabriel?”
“Credo che tu, o meglio che noi tutti, abbiamo un grosso problema…” Gesticolai dal nervosismo. “Qualche giorno fa ho inavvertitamente ascoltato una conversazione che non avrei dovuto sentire.” Iniziai a raccontare ma venni interrotta.
“Il fatto che tu sia una spina nel fianco per alcuni non è novità.” Disse sfottente. Non potei fare a meno di levare gli occhi al cielo.
“Sarcasmo a parte, questa persona stava pregando e discutendo di qualcosa di spaventoso, tanto da portarlo al pianto, ma era completamente solo. Mi spiego meglio, non stava parlando con nessuno di materialmente presente sulla nave. Ho capito solo alcune parole dell’uomo con cui conversava, ed era un ricatto accompagnato da una minaccia di morte.”
Un cipiglio tra l’incredulo e il confuso si faceva largo sul suo volto, mentre mi invitava con un gesto della mano a sedermi di fronte a lui. I suoi occhi si fissarono nel vuoto, forti di rabbia, ma incapaci di incolpare qualcuno con cognizione di causa.
“Stai dicendo che c’è qualcuno a bordo oltre te che fa uso di magia per assecondare un ricattatore?” Io annuii. “Nessun mago o strega, mai, è salito a bordo della Savior. Questa nave conosce tanti di quegli anni, e posso garantirti che nemmeno un membro della mia ciurma ha un marchio come il tuo o similare, i miei antenati hanno sempre disprezzato i Magici. Una sola volta capitò, parecchi anni fa, che una strega salì a bordo. Poi fu gettata in mare per tradimento.” Mi sentii offesa da quell’affermazione ma sorvolai per quel momento.
Mi presi un attimo per osservare il mio marchio, somigliava a un lupo. Il nero era viola scuro nel riflesso dato dalle candele poste sul mobile, ciò lo rendeva vagamente simile al colore che aveva assunto quando giurai su di esso.
“Adesso capisco bene perché hai preteso un giuramento al mio arrivo, ma sono sincera. Non ho detto che a bordo qualcuno è un mago, ho detto solo che utilizza la magia. Molto probabilmente è un’altra persona che possiede il dono della magia e comunica a distanza. Detto ciò, come hai intenzione di procedere?” Con un dito tracciai i contorni neri sulla mia pelle.
“Non lo so davvero. Potrei radunarli tutti e pressarli fino a quando non salta fuori chi è, ma se la minaccia è quella che dici non si mostrerà mai. Potresti scoprirlo tu?” Sollevai lo sguardo dal marchio per notare che mi stava fissando in attesa di risposta.
“Ci proverò, so per certo che non sono Newt, Demien e Kal, erano sul ponte con me poco prima e lì erano rimasti. Altri due, di cui non so il nome erano al timone, uno basso sulla quarantina, con i capelli rossi, un altro abbastanza grasso, è il tizio che ogni tanto saccheggia la cucina e la stiva.”
“Ho capito chi sono, Frayn è il saccheggiatore di cucine.” Disse accennando un sorriso. “L’altro è Léon, loro due sono apposto, a servizio di mio padre da due decenni l’uno, non penso mi tradirebbero mai. Oltre noi sette ci sono altri nove uomini a bordo, probabilmente erano sparsi per la nave, all’armeria o nella stiva a sistemare dopo la partenza movimentata, non di certo a causa tua.” Altro sarcasmo.
Mi chiesi cosa lo avesse spinto a fidarsi di me come strega, una Magica, a bordo della sua nave. Aveva detto che non avevano mai avuto motivo di fidarsi dei Magici, ma avevo intenzione di fargli vedere la parte buona della magia, semmai l’avessi scoperta anch’io. Scoprire chi fosse quell’uomo avrebbe potuto farmi guadagnare punti ai suoi occhi.
“È inutile tentare di indovinare e personalmente voglio dirti una cosa. Sappi che ogni uomo, per quanto fedele possa essere, ha qualcosa a cui tiene più della sua stessa vita. Non sempre tale cosa corrisponde al suo capitano o la sua famiglia. Ricordatelo Bellamy.”  Dissi uscendo da lì e andando ad allenarmi con Demien con la spada, molto più legera nell’animo ma ancora carente di sonno.
Dopo cinque giorni di mare eravamo finalmente arrivati a destinazione. Camminare sulla terra ferma dopo tutto quel tempo a ondeggiare sulla nave fu come tentare di non barcollare durante un terremoto. Sentivo tutti i miei organi sospesi per aria.
Attraccammo al tramonto a qualche chilometro dalla città di Ember, davanti una caverna naturale in modo da non essere avvistati; ne seguì la camminata più sfiancante della mia vita. Nonostante Ember fosse una cittadella fortificata sul livello del mare, le strade secondarie per entrarci erano tutte passanti per fiumiciattoli.
Correre? Datemi un paio di guardie alle costole e vedrete che non c’è cosa in cui vado meglio, ma nella resistenza ero davvero pessima. Avrei preferito mille volte caricare personalmente tutte le merci contrabbandate al ritorno al posto della ciurma. Invece Demien aveva convinto il capitano a portarmi con loro per entrare nel giro della vera e propria pirateria, mostrandomi come la nuova arrivata.
Dicevano che i maghi a bordo non erano difficili da trovare, soprattutto giovani, ma le streghe erano davvero cosa rara. Poche erano infatti quelle che si davano alla pirateria, più che altro per amore o perché erano figlie di pirati importanti. A differenza loro io ci ero stata costretta, ma non me ne stavo pentendo affatto.
La strada fu un po’ lunga, arrivammo in un’oretta nella parte povera della città. Dopo varie cadute, a causa della spada leggermente ingombrante e del mio stiletto nascosto nello stivale sinistro, mi resi conto che avrei dovuto prendere dimestichezza con il nuovo vestiario.
Bellamy doveva concludere delle trattative in corso da mesi, e lasciò me e la maggior parte degli uomini in una taverna, a un centinaio di metri dal luogo di incontro, portandosi dietro quattro uomini tra cui Kal. Quando entrai fui investita dal calore, dall’odore di cinghiale e da un omaccione decisamente ubriaco che biascicando si scusò per essermi finito addosso.
La luce era fornita da lampade ad olio, messe agli angoli delle due stanze in cui il locale era diviso. La prima era quella all’entrata, dove c’erano una decina di uomini seduti a dei tavoli in legno, la maggior parte con dei boccali di birra o vino, in base a ciò che si ci poteva permettere. Una piccola minoranza invece giocava a dadi, intenti a vincere l’uno più monete d’oro dell’altro. Un paio stava mangiando dello stufato in un angolo più appartato.
La seconda stanza era quella dove c’era il bancone, decisamente più grande e con più posti a sedere rispetto alla precedente. Le pareti erano di mattoni, ma conferivano un’aria rustica alla stanza. I tavoli erano per lo più ammassati alle pareti, dove c’erano le torce; effettivamente faceva freddo, e ammisi a me stessa che forse Ember era un po’ più fredda la notte, nonostante fosse più a Sud di Shaka. Probabilmente colpa dell’umidità.
In fondo vicino al bancone c’era una figura esile, una donna con dei morbidi ricci bianchi che le incorniciavano il viso, raggrinzito dalle rughe della vecchiaia, dov’erano incastonati due topazi azzurri. Era difficile incontrare persone sopra i sessanta, ancora in forze per uscire di casa. Le malattie o le epidemie, che di tanto in tanto coglievano le zone più povere del paese, riuscivano perfettamente a dimezzare la popolazione in un paio di mesi. L’età media di vita erano i quarantacinque anni, in alcune zone più interne cinquanta. Quella donna doveva essere davvero fortunata, o davvero previdente.
Mi incuriosii. Mentre gli altri si incamminarono verso la prima stanza, io presi posto accanto a lei al bancone, poggiandoci su una moneta di bronzo chiedendo al locandiere un thè caldo.
“Curiosa scelta per una ragazza giovane. Quando vengo in posti così vedo entrare quelle della tua età sole, si fiondano sugli uomini che stanno vincendo a dadi, o si ubriacano aspettando che qualcuno vada da loro per comprarle.” La sua pelle era piena di rughe, ma la sua voce era quella di una giovane donna.
“Scelta curiosa è quella di non scegliere affatto tra le due opzioni, io sono solo di passaggio.”
La vecchia mi guardò ammiccante, rivelando un sorriso quasi perfetto, continuò a parlare con voce calma. “Cosa porta una strega alla pirateria? A giudicare dal lupo che porti sul braccio, vieni da una delle sette famiglie più influenti di maghi, i Jacklyn, eppure non hai ancora trovato ciò che vuoi.”
Solo dopo mi accorsi che le maniche di quella camicia troppo grande mi erano scese fino ai gomiti, scoprendo di conseguenza il marchio del lupo sull’avambraccio. Mi affrettai a ricoprirlo sconcertata, quella donna sapeva più di quanto dava a credere.  
“La guerra imminente. Da dove vengo è giunta voce degli scontri tra il regno delle isole di Trule e il regno di Neblos per via della nave che è stata affondata un mese fa. Non avevo scelta, persino una strega o un mago di casata influente nascosto può essere chiamato alle armi, e onestamente credo di essere l’ultima della mia casata nobile.”
Forse parlai troppo in fretta, per paura che il locandiere tornasse, o accampai troppe scuse, fatto fu che sembrò indagarmi dentro con lo sguardo. Probabilmente parlando avevo fatto intuire la mia insicurezza riguardo l’argomento, in fondo non sapevo nemmeno se il Consiglio si svolgesse ancora.
“Sai, mi accorgo di molte cose guardando una persona negli occhi, è quasi come se parlassero al posto di quest’ultima. Tu non hai idea del prestigio che hai, dei diritti e dei doveri che ti spettano per essere la nuova discendente, o sbaglio?” ancora quella voce giovane. Mi mise in soggezione. Chiunque fosse non aveva intenzione di farsi riconoscere, forse io stessa ero di fronte a un’illusione.
Mi sentii un po’ scoperta da quella domanda retorica.
“Prima di tutto una piccola precisazione.” Disse, spostando la manica della veste dal polso verso il gomito. Scoprì un marchio simile al mio in quanto stile, ma il suo rappresentava una serpe, subito dopo poggiò il dito sulle labbra a mo’ di segretezza. “Tutti i membri di famiglie influenti, o meglio prescelte, hanno un marchio differente, gli altri sono contrassegnati da un pentagono, simbolo di protezione dal male. Sono sicura che tu abbia già fatto uso della magia, se no non si spiegherebbe la comparsa di quello.” Indicò sorridendo il braccio ricoperto. Poi riprese.
“Il punto è che i nostri simboli sono differenti da quelli dei maghi comuni perché noi siamo più potenti, e possiamo scegliere se cadere in tentazione o meno, potremmo pure divenire il nostro stesso simbolo. Potresti diventare un lupo e io un serpente intelligente, con un po’ di impegno.” Era tutto così confuso, troppe informazioni in una volta. “Non dire ai Blaires che l’ho detto, non concorderebbero nell’incitare i nuovi discendenti a mutare.” Ridacchio. Probabilmente la famiglia del gatto faceva ancora così di cognome, come nelle dieci legende.
“Continuo a non capire cosa intendi con tentazioni, e poi, da quale famiglia vieni?” Nonostante i gatti avessero lo stesso, non tutti i cognomi dopo trecento anni sarebbero rimasti gli stessi.
“Non importa chi sono.” Disse avvicinandosi a me. “Importa che io ti faccia capire che la magia è come il pane per noi, non possiamo farne a meno senza indebolirci, ma dobbiamo usarla correttamente. È un’energia che ti si attacca al corpo e trascina via la tua ragione, ti consuma, ti tenta.”
Solo in quel momento capii cosa era successo sulla Savior, e prima ancora al molo di Shaka. Iniziai a comprendere cosa volesse dire con uso responsabile ma non avevo idea di come farne. “Mi è capitato di usare troppo i poteri e poi rimanere a secco, ma mi sono sentita così viva, così bene. Mi sembrava che nulla potesse abbattermi.”
“Tu non devi assolutamente permetterglielo!” la vecchia battè una mano sul tavolo e poi si calmò. “Devi attaccarti a qualcosa che per te rappresenti molto, davvero tanto. Puoi pensare a un ricordo o tenere in mano un oggetto speciale per te, basta che sia qualcosa o qualcuno che ti faccia ricordare chi sei. Più è importante, meglio è.”
“Non l’ho mai fatto, sarebbe più difficile concentrarsi su due cose.”
“Se non vuoi ammattire, imparerai. Parti dalle piccole cose.” Adesso capii meglio le sue parole, era quello che mi era già successo sulla nave per ben due volte; l’essere inebriata mi voleva far usare la magia ancora una volta, e poi un’altra ancora e così via. Alle mie spalle Kal, uno dei ragazzi della ciurma, mi chiamò e io mi voltai.
“Ehi, strega, che ci fai li tutta sola? Il capitano ti aspetta fuori, deve presentarti a delle persone.” Mi girai quasi affermando di non esserlo quando mi resi conto che il posto occupato dalla vecchia era ormai vuoto, e del thè che avevo ordinato era rimasta solo una tazza vuota. I fondi formavano il disegno inquietante della serpe che aveva la vecchia sul polso. Era scomparsa.
Non sapevo ancora chi fosse, ma non avevo più tempo per pensarci, Bellamy doveva esporre il suo nuovo acquisto.

 
  
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