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Autore: Lady Windermere    11/08/2017    1 recensioni
Giulia Pisani ha diciassette anni, una passione sfrenata per le serie Tv, una madre fervente cattolica e tanti altri problemi.
A questi si aggiunge il recente trasferimento in uno dei licei più prestigiosi di New York, dove, tra reginette frustrate, una fastidiosa gossip man, professori appena usciti dall'ultimo numero di Cosmopolitan, un nerd addominalato e i due ragazzi più ambiti da ogni individuo di sesso femminile nelle vicine cinquecento miglia, dovrà imparare la lezione più importante di tutte: per fare i popcorn non serve l'olio di palma.
Riuscirà la nostra protagonista a sopravvivere?
STORIA INTERROTTA
Genere: Azione, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Dove sospetto di essere finita in uno young adult

 

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“You’re so confident without being mean.

What antidepressants are you on?”

Chanel Oberlin, Scream Queens

 

 

«Non appena Sheila torna tu sloggi, hai capito?»

Wow, era andata anche peggio di quanto pensassi. Oltre che sciatta e ritardataria, pure odiata da quella che aveva tutta l’aria di essere una delle dive della Trinity.

«Per tua informazione, non ho scelto io questo posto» replicai, addentando la mela che mi ero portata da casa.

Grace sbatté rumorosamente il libro di chimica sul banco «Non ho idea di cosa sia passato per la testa di Mr Claflin oggi, ma da domani sarà meglio che non ti faccia trovare qui, altrimenti…» minacciò.

«Altrimenti che? Che mai potresti farmi? Mi farai sbavare il rossetto? Mi nasconderai il mascara?»

Mi squadrò con astio «Senti, oggi proprio non è giornata. Ho studiato tutta la notte per l’interrogazione di chimica, ho scoperto stamattina che i miei appunti sulla nomenclatura li ha Shelly, che ovviamente non c’è; ho litigato con mia madre, le scarpe mi fanno male e ho così fame che se potessi mi mangerei l’intera mensa con persone annesse. Non sono dell’umore adatto per sopportare il tuo ridicolo sarcasmo.»

La osservai stupita. Mi sarei aspettata di tutto, tranne questo sfogo.

«S-scusa» balbettai, in soggezione. «Non pensavo che…»

Grace scosse i lunghi capelli biondi con la mano «Non pensavi che anche le ragazze più popolari della scuola come me avessero dei problemi, vero?»

Annui debolmente. Sinceramente, non sapevo cosa risponderle.

L’intera situazione mi sembrava assurda.

«Non preoccuparti, non è colpa tua. È un’opinione abbastanza diffusa. Credo sia colpa dei film per teenager e degli young adult» mi disse, in tono confidenziale.

Mi chiesi se per caso non ci fossi finita io in uno young adult.

«Comunque, Giulia, ti chiami Giulia vero?, mi sembri una ragazza con un ottimo spirito di autoconservazione. Non penso che ti metterai nei guai, dico bene?» disse, sorridendo nel modo più falso che potesse trovare.

Percepii senza ombra di dubbio il significato recondito della frase e sorrisi a mia volta «Grace, ti chiami Grace vero?, a me sembra che tu sia una ragazza discretamente intelligente, nonostante le apparenze. Non penso che ti convenga mettermi nei guai, dico bene?»

Grace ridacchiò «Sai, mi piaci, nonostante tutto.»

«Grace, dolce regina del mio cuore!»

Ci girammo entrambe nella direzione da cui proveniva la voce.

Un ragazzo con dei capelli lunghi fino alle spalle si stava dirigendo verso di noi.

«Harry!» cinguettò Grace, palesemente al settimo cielo.

Il ragazzo sorrise spavaldo, le stampò un bacio sulle labbra, prese l’elastico che aveva al polso e si legò i capelli in uno chignon spettinato. Operazione che mi permise di osservarlo senza essere vista.

I capelli erano di un castano vibrante, con qualche sfumatura nocciola qua e là. Gli occhi erano chiari, ma, a prima vista, non avrei saputo dire di che colore fossero esattamente. Azzurri forse, oppure verdi.

«Beh» disse, fissandomi «Non mi presenti alla tua nuova amica?»

Grace fece una smorfia «Non è esattamente mia amica. Giulia Pisani. Henry Richards.»

Harry mi prese la mano e baciò l’aria sopra il palmo, da perfetto gentiluomo «Ma tu puoi chiamarmi Harry.»

Rabbrividii. Oh cielo, ma erano tutti così alla Trinity? No perché sennò non sarei arrivata indenne alla pausa pranzo.

«Piacere» mormorai.

Non erano azzurri e neppure verdi. Erano un insieme di sfumature diverse, che andava dal nocciola all’azzurro, passando per il verde e il dorato. Più scuri ai lati più chiari al centro. Mi fecero pensare al colore del mare all’alba.

O al colore dello smalto che avevo comprato il giorno prima da Kiko, non saprei dire con certezza.

Probabilmente lo stavo fissando da un po’ senza essermene resa conto perché sentii Grace tossicchiare, riportandomi alla realtà.

Harry stava sorridendo, compiaciuto. Evidentemente non era sfuggito nemmeno a lui.

«Faccio questo effetto alle ragazze.»

Mi sentii avvampare.

Per fortuna Grace prese il controllo della situazione «Su, Harry, la pausa è quasi finita» si lamentò, tirandolo per un braccio verso la porta della classe.

Harry mi mandò di nascosto un bacio con la mano, facendomi l’occhiolino.

Non riuscii ad immaginarmelo serio, andava contro la sua natura.

Sospirai, presi Norwegian Wood dallo zaino, non uscivo mai senza un libro, andai alla pagina contrassegnata dall’orecchia e mi immersi nelle parole, incurante del mondo esterno.

 

«Cosa stai leggendo?» mi chiese una voce conosciuta.

Distolsi l’attenzione dal libro, per portarla sul possessore della voce.

Il ragazzo sorrise «Stamattina…autobus…» disse, notando l’incertezza nel mio sguardo.

«Dylan!» divenni rossa per l'imbarazzo. Eppure mi aveva detto che frequentava la mia stessa scuola. In ogni caso, ancora non capivo perché mi avesse cercato.

Dubitavo fosse lì per me. Dopotutto, non ero certo una fashion blogger.

«Ti serve qualcosa?» gli domandai, senza riflettere troppo.

Sorrise pazientemente «I miei guanti.»

Oh no! Come avevo potuto essere così stupida? Doveva aver pensato che avessi intenzione di rubarli.

Frugai nella tasca del giubbotto appeso alla sedia e glieli restituii, più rossa di un cadavere maciullato.

Mi sembrò di aver preso fuoco e aver iniziato a emettere vapore bollente. Nascosi la faccia tra le mani.

«Scusami! Ora probabilmente penserai che fosse un goffo tentativo di flirtare con te.»

Dylan ammiccò «Beh, se anche fosse stato, avresti fatto centro.»

Avvampai e decisi di cambiare discorso raccontandogli la mia recente disavventura con Miss Scansatevi-Che-Sono-Meglio-Io Grace e il suo ragazzo che mi aveva scatenato l’ormone in due nanosecondi netti.

«Le reginette della scuola nei film perdono sempre perché sono egoiste e arroganti» conclusi, meditabonda.

«Bruceranno all'inferno» acconsentì Dylan.

«E le sfigate hanno sempre il più bello di tutti!»

«Detta così sembra sia un premio al baracchino della pesca di beneficenza.»

Guardò l’orologio. «Azz, sono in ritardo per storia.»

«Oh Cielo! Anche io!»

Il panico invase i miei neuroni, facendomi recuperare il controllo di me stessa.

«Ma dov'è l'aula di storia?»

Dylan sospirò «Ti ci accompagno io, se vuoi.»

Mentre stavamo uscendo dall’aula un ragazzo che passava di lì fischiò «Ehi, Big Nerd! Inutile che ci provi con una gnocca di quella portata!»

Dylan arrossì visibilmente «Vogliamo andare?»

 

La classe di storia, scoprii, non era l'unico corso che seguiva anche Dylan, il che, se da una parte mi imbarazzava moltissimo, dall'altra costituiva un per me un enorme vantaggio, perché avrei potuto chiedergli non solo di accompagnarmi di volta in volta alla classe giusta e sedermi con lui, ma mi permetteva anche di accedere agli appunti delle varie materie che, nella sua estrema diligenza, Dylan aveva collezionato dall'inizio dell'anno.

Scoprii che aveva la media più alta dell'intero istituto, frequentava più corsi avanzati di chiunque altro, e, vedendo la costanza e la passione con cui si applicava a qualsiasi materia, non faticai a capire perché.

Di una cosa fui subito certa: sarebbe entrato sicuramente in un’ università dell’ Ivy League.

Qualche giorno dopo il nostro primo incontro andai da lui alla fine delle lezioni. Avevo un dubbio che solo un genio poteva risolvere.

«Problemi con fisica, eh?» osservò, sfogliando pensoso il mio quaderno.

«Da quel che vedo sembra quasi che tu non l'abbia mai fatta in vita tua.»

Come si accorse della mia disperazione provò a indorarmi la pillola «Non dico sul serio. Era... ironico.»

Gli feci cenno di lasciar perdere «No, hai ragione. Dove andavo prima era una materia opzionale.»

Dylan mi lanciò un'occhiata sbigottita. Era evidente che si stava chiedendo come tutto ciò fosse stato possibile, ma si tratteneva per buona educazione.

Scosse la testa come se volesse scacciare lo shock.

«Allora, non è difficile» iniziò e mi misi sull'attenti.

«Vedi, secondo i dati del problema Giulio Cesare sul suo cavallo procede per cinquanta metri alla velocità costante di... ma chi è l'idiota inventa questi testi?

Comunque… se la velocità è di trenta metri al secondo e lo spazio percorso cinquanta metri, come calcoliamo il tempo impiegato?»

Lo fissai spaesata «N-non lo so.»

«È molto facile. Devi dividere lo spazio per la velocità, cioè cinquanta diviso trenta, e otterrai il risultato, che dovrebbe essere...  uno e sessantasette. Sì, Cesare impiega quasi due secondi.»

«Ehi, Lerman! Stai cercando di fare colpo sulla ragazza nuova sfoderando le tue incredibili capacità mentali?»

Ci girammo entrambi allo stesso momento, entrambi purpurei.

Dylan si sistemò gli occhiali sul naso, imbarazzato «Richards. Sempre un piacere vederti.»

Harry sorrise e gli tirò una pacca sulla spalla «Anche per me, Lerman. Anche per me.»

Mi si sedette di fronte e chinò il capo sul mio quaderno «Fisica eh?» chiese, dopo una rapida occhiata.

Annuii, cercando di non guardarlo negli occhi. Impresa a cui fui ben felice di rinunciare dopo la bellezza di dieci secondi.

Ottimo lavoro Giulia, hai stabilito il tuo nuovo record.

«Ti dirò la verità, nemmeno io sono un genio nelle materie scientifiche, ma tu mi batti.»

Rimasi allibita dalla spontaneità disarmante con cui mi aveva appena dato dell’ idiota.

Dylan cercò di difendermi «Non credo che…»

Lo bloccai con un cenno della mano. Anche se qualcuno in quella sala ne dubitava, ero perfettamente in grado di combattere le mie battaglie.

«Devi scusarmi per la mia ignoranza, non tutti possono avere un quoziente intellettivo pari al tuo» ribattei, sorridendo.

Harry inarcò un sopracciglio «Se così fosse il mondo sarebbe un posto più vivibile.»

«Un mondo dove la modestia regna sovrana, a quanto pare.»

Si sporse ancora di più verso di me, umettandosi le labbra «Sai, dicono che il sarcasmo sia l’ultima difesa di chi ormai non sa più come ribattere.»

«Credimi, se non sapessi più come ribattere tu avresti un’ occhio nero in questo momento.»

Mi mostrò le mani in segno di resa «Oltre che pessima in fisica anche violenta? I tuoi difetti crescono a vista d’occhio.»

«Sono felice che te ne sia accorto così presto, ma il mio carattere non ha bisogno della tua approvazione. Adesso, se vuoi scusarmi…»

Feci per alzarmi, ma mi afferrò per un braccio «Dovremmo rifarlo, ogni tanto» disse, guardandomi fisso per qualche istante.

Mi liberai dalla sua presa «Intendi venire preso metaforicamente a calci? Perché se continui così sarò costretta a passare dal piano metaforico a quello letterale.»

Ridacchiò «Passerei dal piano metaforico a quello letterale in ogni momento con te, dolcezza…»

Lo fulminai con gli occhi e lui si portò una mano al cuore, mimando un espressione di dolore. Non riuscii a trattenere una risatina.

«Alla fine ci sono riuscito a strapparti un sorriso, allora. Sappi che è stato dannatamente difficile. Di solito le ragazze sorridono solo guardandomi» si vantò.

«Oh, non fatico a crederlo. Con la tua incommensurabile bellezza…» replicai, continuando a sorridere.

Mi strizzò l’ occhio «Vedo che hai capito il concetto. Lerman!» disse subito dopo, spostando l’attenzione da me a Dylan, che era rimasto in silenzio fino a quel momento «Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a questo dinamico scambio di opinioni.»

Dylan fece un sorriso tirato «A me è sembrato piuttosto di essere il terzo incomodo.»

Sentii il sangue salirmi al viso, mentre Harry scoppiava a ridere fragorosamente «Lerman, sei davvero uno spasso. Forse dovrei uscire con te, invece che con Grace.»

«Davvero divertente, Richards.»

«So di esserlo, Lerman» ribatté Harry, sorridendo ad entrambi e facendoci un cenno di saluto dalla porta, prima di uscire.

«Un tipo…particolare» dichiarai, quando se ne fu andato.

Dylan raccolse le sue cose «Decisamente particolare. Eravamo migliori amici da piccoli, sai, poi siamo cresciuti e…beh, le cose sono cambiate.»

Mi guardò «Se ti serve altro, non esitare a chiedermi. Adesso, se vuoi scusarmi, devo andare.»

Annuii e lo salutai con un cenno della mano, mentre raccoglievo la mia borsa da terra e me la mettevo in spalla.

 

 

  
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