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Autore: dreamlikeview    12/08/2017    4 recensioni
Dean, a quattro anni, assiste all'omicidio di sua madre. Nel corso degli anni inizierà a sentire il peso di quello che ha vissuto, a sentirsi in colpa per qualunque cosa negativa accaduta alla sua famiglia e molto altro.
Dopo molti anni di solitudine e vita travagliata, un ragazzo impacciato e un po' nerd, Castiel, porterà un po' di luce nella sua vita. Riuscirà ad essere felice?
[Destiel, Human!AU, nerd!Cas, long-fic]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
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DESCLAIMER: La storia è scritta senza fini di lucro, i personaggi non mi appartengono in nessun modo e non intendo offendere nessuno. Giuro.
PS. C'è l'avviso che i personaggi sono molto OOC. In questo capitolo non gioco con il canon, ma lo farò di nuovo nei prossimi!

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Without you, I feel broke

Da quando John era entrato nella sua vita, Dean l’aveva vista trasformarsi in un vero e proprio inferno, non che prima fosse migliore, ma riusciva comunque ad avere un certo equilibrio con se stesso e tutti gli altri. Da quando John era tornato, ed era stato da lui quel pomeriggio di ottobre, tutto era peggiorato e piombato nel caos, un caos a cui non sapeva come rimediare, si sentiva confuso e a pezzi al solo pensiero. Aveva paura di restare solo a casa, perché temeva che lui sarebbe entrato e lo avrebbe picchiato ancora, o peggio, avrebbe picchiato Sam. Lui non poteva permettere che accadesse, voleva parlarne con Bobby e Jody, ma ogni volta che cercava di parlarne, si sentiva bloccato, e  temeva che se lo avessero saputo, lo avrebbero reputato debole per non averlo fermato, si sarebbero arrabbiati con lui per non aver parlato prima, o peggio, non gli avrebbero creduto; aveva paura che in qualche modo John avrebbe potuto dire che stesse inventando tutto, che Dean parlasse in quel modo solo perché lo odiava – come poteva non odiarlo, dopotutto? – e loro gli credessero, e in quel caso, John sicuramente gliel’avrebbe fatta pagare. Dean era terrorizzato a morte, e cercava di non darlo a vedere, non ne aveva parlato nessuno, nemmeno con il suo migliore amico, temeva che se si fosse scoperto, avrebbe vissuto qualcosa di peggiore, e davvero non ne aveva bisogno. Non aveva rivisto John, se non a cena qualche volta, e ogni volta che lo vedeva, la paura lo assaliva e cercava di scappare per mettere più distanza possibile tra lui e quel mostro, con scuse banali come l’andare in bagno o iniziare a sparecchiare la tavola o addirittura dicendo di avere ancora dei compiti da fare per la scuola. Il suo atteggiamento era sembrato strano a tutti, più volte, gli era stato chiesto il motivo e più volte Dean era stato sul punto di dire tutta la verità, ma poi aveva guardato John, che gli aveva sorriso in quel modo inquietante, quel celato se parli sei davvero un codardo che non sa affrontare le situazioni, femminuccia, e aveva taciuto per paura che le sue parole ed azioni potessero ritorcersi contro suo fratello; sapeva che fosse questione di tempo, prima o poi il mostro che era in lui sarebbe venuto allo scoperto e allora avrebbe fatto del male a qualcuno e sarebbe stata – di nuovo – solo colpa sua. Questa consapevolezza avrebbe dovuto spingerlo a parlare, a dire qualcosa, a cercare di risolvere la questione, ma doveva proteggere Sam, mantenere la promessa fatta alla mamma dieci anni prima, non poteva permettere che quello si avvicinasse al più piccolo e cercasse di dare qualche lezione anche a lui. John aveva questa strana idea che con la violenza si potesse risolvere tutto, e Dean proprio non lo capiva, del resto non lo aveva mai fatto. Il suo atteggiamento, però, non era passato inosservato agli occhi del padre adottivo, che sebbene non sapesse cosa fosse accaduto, o cosa prendesse al ragazzo nelle ultime settimane, aveva intuito che il malessere del ragazzo provenisse dalla presenza di John – non era uno stupido – e  aveva provveduto ad evitare che John andasse troppo spesso a casa; decise che ne avrebbe parlato con Dean, prima di invitarlo di nuovo a cena, perché non voleva che fosse turbato; si era chiesto più volte se avesse sbagliato a concedere tanta fiducia a John, una volta uscito di prigione, e forse aveva sottovalutato la situazione, ma gli era sembrato cambiato e ben intenzionato a relazionarsi con i ragazzi, non poteva nemmeno immaginare cosa fosse accaduto al ragazzo poco tempo prima, perché lui non parlava mai dei suoi problemi personali. Eppure, gli era sembrato che le cose stessero migliorando, cosa gli era sfuggito? Come aveva fatto a non accorgersi che qualcosa non andava? Come aveva fatto a sbagliarsi? Proprio lui che aveva giurato di proteggere quei due ragazzi da ogni male, dopo quella terribile notte? Perché Dean si ostinava a restare in silenzio?
Dean voleva solo proteggere Sam, non sapeva cosa gli avrebbe riservato il futuro, ma sinceramente a se stesso non era molto interessato, il più piccolo era il punto focale di qualunque decisione da lui presa, perché se la sua vita era destinata ad essere così tormentata e disastrata, non era giusto che quella di Sammy lo fosse altrettanto, avrebbe rinunciato a qualunque cosa per permettergli di vivere tranquillamente, senza traumi. Ogni cosa nella sua vita era un disastro, tranne Sam, lui conservava la purezza e l’innocenza di un bambino piccolo, doveva conservare quella spensieratezza e preservarlo da ogni male. Aveva fatto una promessa che aveva intenzione di mantenere.
Sam era un ragazzino di appena dieci anni, era cresciuto con gli zii e un fratello maggiore molto premurosi ed era felice, ed era molto curioso e soprattutto intenzionato a scoprire cosa avesse suo fratello, ne approfittò un pomeriggio di metà novembre, quando rimasero da soli a casa. Bobby e Jody erano andati a fare la spesa, avevano detto ai ragazzi di restare a casa, perché faceva molto freddo ed era meglio che loro restassero in casa, così ne aveva approfittato per mettersi sul divano a guardare un documentario sulle balene e i delfini alla tv, mentre aspettava Dean, che gli aveva promesso di guardarlo insieme a lui. Era davvero un bambino molto curioso ed intelligente, e difficilmente non capiva cosa accadesse intorno a lui; sapeva che suo fratello nascondesse qualcosa, un po’ di tempo prima lo aveva visto mentre si massaggiava un fianco, una sera quando si era messo a letto un po’ dolorante; Dean non aveva mai avuto paura di niente – ecco perché era il suo eroe preferito, prima ancora di Batman – quindi gli sembrava davvero strano che uno coraggioso come il suo fratellone avesse paura di restare solo a casa, quando Bobby e Jody avevano detto che sarebbero andati a fare la spesa, Dean era impallidito e aveva borbottato qualcosa in maniera molto contrariata e si era chiuso in camera sua, prima che Sam proponesse di guardare un documentario insieme. C’era sicuramente qualcosa che non andava, anche Bobby e Jody lo sapevano – li aveva sentiti una volta parlare di Dean e del suo cambiamento dell’ultimo periodo – ed erano preoccupati, così come lo era lui. Era intenzionato a scoprire di cosa si trattasse, perché voleva davvero aiutare il maggiore così come lui lo aveva sempre aiutato; persino quando aveva imparato a camminare, Dean era stato dietro di lui e lo aveva alzato da terra quando era caduto. Sam sapeva che qualunque cosa fosse successa nella sua vita, bella o brutta, avrebbe avuto Dean accanto, lui c’era stato fin da quando ne aveva memoria. Quindi era giusto che lui, in quel momento, aiutasse suo fratello, quando era giù di morale.
Il maggiore lo raggiunse dopo qualche minuto, si sedette accanto a lui e chiese: «Davvero, Sam? Un documentario sui delfini?» Sam ridacchiò «Andiamo, alla tua età dovresti guardare solo cartoni animati!»
«Non mi piacciono!» obiettò scuotendo la testa «E poi i delfini sono così carini!» esclamò il minore, sorridendo «Lo sai che sono mammiferi?» domandò retoricamente, strappando un sorriso spontaneo al maggiore che gli chiedeva sarcasticamente, davvero? Ma non sono pesci? – e che fiero gli scompigliava i capelli, facendogli altre domande riguardo quel documentario che stavano guardando, e Sam ingenuamente gli rispondeva in modo ovvio. Sam voleva davvero bene a suo fratello, quando a scuola chiedevano di descrivere un eroe, lui senza esitazione scriveva qualcosa su Dean, una volta, per esempio aveva scritto che all’età di sei anni, Dean gli aveva insegnato ad andare in bici, gli aveva mantenuto la bici per i primi metri, e poi lo aveva lasciato, solo quando era stato sicuro che non sarebbe caduto; gli aveva persino medicato il ginocchio sbucciato quando era caduto. Non avrebbe desiderato un fratello maggiore migliore di lui. Sorrise appena ed attirò nuovamente la sua attenzione, conoscendo Dean non sarebbe stato facile farlo parlare.
«Dean?» lo chiamò.
«Sì, Sammy?»
«Sai che ti voglio bene?» chiese. Lo vide un attimo spiazzato, ma poi si sciolse in un dolce sorriso e annuì, mormorando che gli volesse bene anche lui, anche se il maggiore non capiva il motivo di quella domanda «Perché sei sempre triste?» chiese ancora, non sapeva definire come stesse il fratello, e la parola triste gli sembrava quella più adeguata al suo umore. Anche se le persone tristi di solito piangevano, tranne lui.
Dean si congelò sul posto, Sam stava davvero facendo domande su di lui? Da quando Sam era diventato così grande da capire le cose che lo circondavano? Come aveva fatto Sam a capire che in lui c’era qualcosa che non andava? Si sentiva improvvisamente a disagio con suo fratello, perché forse lo conosceva così bene da capire che nel suo atteggiamento c’era qualcosa che non andava; era solo un bambino di dieci anni, come poteva capire?
«Non sono triste» disse facendo un sorriso abbastanza forzato «Cosa ti fa pensare che io sia triste?»
«Perché lo so!» esclamò il minore «Perché tu non hai paura di niente, e invece hai paura di restare solo a casa!»
«Ma non ho paura, Sammy, è che non mi piace molto» disse, in difficoltà, non sapeva cosa rispondere, in effetti, come poteva spiegare al fratello di temere che John andasse lì e facesse del male ad entrambi? «Preferisco stare in compagnia» spiegò, torturandosi le dita delle mani «Non devi preoccuparti per me, okay, Sammy?» chiese sorridendo, cercando di essere meno nervoso «Io sto bene, sono solo un po’ stressato, sai, la scuola e simili, capirai quando andrai alle superiori» spiegò, Sam finse di credergli perché sapeva che non era solo un problema scolastico «Continua a guardare il tuo documentario, ti preparo qualcosa per fare merenda» tagliò corto. Sam sbuffò e annuì, ma decise che avrebbe parlato di nuovo con Dean, per aiutarlo, perché non era giusto che soffrisse, senza che nessuno facesse niente per aiutarlo, Dean aiutava sempre tutti. Forse avrebbe parlato anche con Bobby e Jody, magari in tre, lo avrebbero fatto parlare e sarebbero riusciti ad aiutarlo. Sì, avrebbe fatto così.
Dean tornò con delle fette di pane con la cioccolata e un bicchiere di succo di frutta per il fratello, che sorrise felice e accettò con gioia ciò che il più grande aveva preparato per lui. Stavano facendo merenda il più grande stava ridendo del più piccolo che aveva le labbra sporche di crema al cioccolato, quando improvvisamente, il campanello della porta trillò, e il maggiore fu costretto a lasciare il minore sul divano, immerso nella tv, nelle sue scoperte sui delfini e sulle balene per andare ad aprire la porta. Quando fece scattare la maniglia, rimase per un attimo senza parole e indietreggiò terrorizzato, John era lì, no, questo doveva essere un incubo, si era addormentato sul divano con Sam ed era piombato in uno dei suoi incubi, perché Bobby gli aveva espressamente vietato di andare lì quando lui e Jody non erano in casa. Cosa ci fa qui? – si chiese mentalmente, restando paralizzato.
Non sapeva né come né perché fosse arrivato, ma era lì, e lui era terrorizzato, non voleva neanche immaginare cosa avesse in mente quel pazzo e cosa volesse fare a loro.
«Cosa vuoi?» domandò, a bassa voce, cercando di non farsi sentire dal fratello.
«Non saluti nemmeno tuo padre, Dean?» gli chiese retoricamente, Dean deglutì e indietreggiò ancora, terrorizzato, poche cose lo spaventavano, e una di queste era restare solo con John, come l’ultima volta, soprattutto con Sam nella stanza accanto. Non gli avrebbe permesso di avvicinarsi a Sam.
«Tu non sei mio padre» sputò acidamente, mentre John lo guardava con il cipiglio alzato con fare curioso «Non farai del male a Sammy» aggiunse sicuro di sé. Anche se era spaventato, non avrebbe permesso a quel mostro di far del male al più piccolo, né in quel momento, né in un altro, era come se l’istinto di protezione verso il minore, avesse scosso qualcosa di indefinito dentro di lui. Un moto di coraggio che non sapeva definire, forse istinto di protezione o quella famosa promessa che tornava a galla proteggi Sam, Dean, proteggi Sam – si ripeteva come un mantra nella sua testa.
«Me lo impedirai tu?» domandò ridendo «Come non mi hai impedito di spingere tua madre giù dalle scale?»
Dean strinse gli occhi, rispedì il senso di colpa in fondo alla sua anima, e cercò di contenere la rabbia che gli stava crescendo dentro, quello stronzo si divertiva anche a provocarlo: «Non azzardarti a nominare mia madre» ringhiò stringendo i pugni «Non farai del male a Sam» ripeté più a se stesso che a John, cercando di chiudere la porta. Non era possibile che si sentisse ancora vulnerabile come un bambino di quattro anni – anche se non lo dava a vedere a chi gli stava di fronte – non era possibile che la sua vita fosse tanto sbagliata da farlo ricadere sempre nello stesso errore, e no, non avrebbe permesso al mostro di toccare Sam con un solo dito, oltre ad avere una promessa da mantenere, non voleva che Sam subisse quello che era accaduto a lui, poco tempo prima. John non impiegò molto tempo o molta forza a colpire con uno spintone Dean, spingendolo lontano da sé. Il ragazzo incassò bene il colpo, quel giorno era troppo determinato a non far succedere nulla al più piccolo, per pensare alla propria paura, alla propria salute o al dolore che stava provando. Cercò di spingere via John, e di colpirlo a sua volta, riuscendoci quasi, peccato che lui fosse il doppio di lui e lo bloccò. Odiava essere così debole e vulnerabile, era come se avesse dimenticato di avere solo quattordici anni e che quello fosse un ex-soldato; John non toccherà Sammy – si ripeteva.
«Voglio solo vedere mio figlio, Dean» sputò acidamente l’uomo, sorvolò sul fatto che si riferisse solo a Sam – sì, perché John aveva tenuto a sottolineare che lui non fosse suo figlio, quel pomeriggio di ottobre - e decise che quella volta non sarebbe stato con le mani in mano, quella volta avrebbe fatto qualcosa di intelligente e avrebbe chiesto aiuto. Spinto dal desiderio di proteggere il fratello, e dalla rabbia che provava per quell’essere, riuscì a spingerlo fuori dalla porta e a richiuderla in fretta, senza accorgersi di non averla chiusa bene. Corse di nuovo in salotto da Sammy e si affrettò a portarlo in camera loro, dicendogli – ordinandogli – di restare chiuso lì e non aprire la porta per nessun motivo al mondo. Sapeva di star spaventando suo fratello, ma non voleva che corresse rischi, mentre lui chiamava aiuto.
«Cosa succede, Dean?» domandò il più piccolo, con la voce tremante.
«Niente, ti proteggo io, Sammy» promise il maggiore, prima di chiudere la porta e intimare al più piccolo di chiudere la porta a chiave. Stava cercando il telefono, quando John, rientrato in casa, spuntò alle sue spalle, lo colpì alle spalle e lo bloccò sul pavimento, iniziando a prenderlo a pugni, dicendogli quanto fosse una femminuccia e quanto poco valesse.
Dean, quella volta, a differenza dell’ultima volta, non incassò ogni colpo senza opporsi perché nella stanza accanto c’era Sam, e non voleva che gli venisse fatto alcun male, almeno quella volta avrebbe fatto il suo dovere e avrebbe protetto una persona a cui teneva. John trovava gusto nel prenderlo a pugni, forse scaricando su di lui il senso di colpa di aver distrutto una famiglia o il rimorso per non aver fatto fuori tutti quella stessa notte, ma Dean non voleva che scaricasse le stesse cose sul minore, e cercava di reagire come poteva.
Dean sapeva che le cose sarebbero solo peggiorate con il corso del tempo. John lo stava distruggendo in ogni modo concepibile all’uomo, fisicamente e psicologicamente fin da quel pomeriggio di ottobre, non poteva permetterlo, doveva cercare di reagire, di essere più forte, non per se stesso, ma per suo fratello, che in quel momento se ne stava chiuso nella camera accanto e probabilmente stava sentendo tutto e aveva paura. Perdonami, Sammy – pensò, sentendosi in colpa. Non voleva che suo fratello vivesse qualcosa di simile a ciò che aveva vissuto lui.
Non aveva sentito la porta aprirsi, non aveva sentito né visto Sam comparire alle sue spalle, lo aveva solo udito improvvisamente urlare: «Fermo! Lascialo in pace!» poi tutto era diventato confuso e Dean si era ritrovato addosso a John, a bloccarlo per non fargli toccare Sammy, quando aveva mosso un passo verso il minore, che stringeva il cellulare tra le mani. Nella sua mente c’era solo il costante pensiero di proteggere Sam, che era un bambino molto più intelligente di lui. Proteggi Sam, Dean, proteggilo – sentì la voce di sua madre nella sua mente, chiedergli ancora una volta di proteggere il minore, e lo fece, lo stava facendo, anche se stava avendo la peggio contro John, stava cercando di fare di tutto per proteggerlo.
Quando Dean lo aveva fatto chiudere nella stanza, Sam aveva capito che qualcosa non andasse, si era affrettato a cercare un telefono, fortunatamente Dean dimenticava sempre il suo sul comodino ed era uscito in fretta dalla stanza, per vedere cosa stesse accadendo, quando aveva visto John – quello che doveva essere loro padre – picchiare Dean, e dirgli cose orribili, come che era colpa sua se la loro mamma era morta, Sam inorridì e, davanti a quella scena, immediatamente telefonò a Bobby dicendogli di fare presto, perché c’era John che stava facendo male a Dean. Sam avrebbe voluto fare qualcosa, avrebbe voluto fermarlo, ed era riuscito solo ad urlare a John di fermarsi e non fare del male a Dean, poi lo aveva visto sollevare la testa, guardarlo con cattiveria, e prima che potesse muovere un solo passo verso di lui, suo fratello lo aveva già bloccato e spinto per terra.
John lo stava sovrastando di nuovo e gli stava ancora ricordando quanto avesse deluso tutta la sua famiglia, quanto fosse un fallimento per aver fatto vivere a suo fratello la stessa cosa che aveva vissuto lui da bambino, e Dean non poteva che dargli ragione quella volta, perché era vero; quando improvvisamente la porta si aprì. Bobby era rientrato e aveva sentito le urla provenire dal salotto. Aveva fatto una corsa incredibile, e quando aveva visto il suo figlioccio sovrastato da quell’energumeno del padre, che continuava a picchiarlo e a dirgli che fosse una delusione, Bobby fu accecato dalla rabbia. Lo raggiunse in poche falcate e lo spinse lontano da Dean.
«Non toccare il mio ragazzo, John» aveva ordinato ad alta voce, avvicinandosi in maniera minacciosa a lui «Vai via da questa casa, prima che ti denunci e ti faccia rispedire dove tu dovresti marcire!» esclamò, mettendosi davanti a Dean, che rannicchiato sul pavimento si lamentava per il dolore, si assicurò  con lo sguardo che anche Sam stesse bene, ma quando si rese conto delle penose condizioni di Dean, la rabbia montò ancora di più in lui, tuttavia cercò di contenersi per non mettersi allo stesso livello di quel pazzo e non traumatizzare ancor di più i ragazzi.
«Il ragazzo aveva bisogno di una strigliata, visto che tu non dici nulla, avrei fatto lo stesso anche con il moccioso lì» aveva sputato acidamente John, indicando anche Sam, e sfidando Bobby, ma in quel momento, quello era l’unico errore che potesse fare. Sam, sul fondo della stanza, spiaccicato al muro, adesso tremava ed aveva paura, ma era consolato dal fatto che Bobby fosse arrivato. Dean, invece, guardava la scena dal pavimento, aveva un po’ di sangue che gli colava dal naso – John lo aveva colpito dritto sul setto nasale – e sentiva dolori ovunque. Non sapeva se essere grato a Bobby per essere arrivato in quel momento, o dirgli di andare via perché lo meritava, perché Sam aveva assistito a quella cosa.
«Decido io come educare i miei ragazzi, John. Adesso vattene da casa mia» ordinò con tutta la calma che stava riuscendo a mantenere, ma la sua voce era incrinata dalla rabbia. Dean lo conosceva, era ad un passo dal prendere John a pugni, anche se non ne capiva il motivo, lui meritava quel dolore, meritava di essere punito per ciò che aveva fatto al fratello e alla madre; tuttavia, John non andava e Bobby era sempre più arrabbiato.
«I tuoi ragazzi? Un frocio e un bambino fifone?» domandò acidamente. In quel momento, la rabbia di Bobby esplose completamente e lo colpì con un pugno dritto sul naso, John barcollò colto dalla sorpresa e l’altro uomo lo colpì ancora, intimandogli ancora una volta di andare via; poi, finalmente, lo cacciò in malo modo da casa sua, minacciandolo ancora una volta di chiamare la polizia se si fosse avvicinato di nuovo a Dean. Il ragazzo, ancora dolorante, non capiva affatto cosa fosse accaduto. Non meritava quello che Bobby stava facendo per lui, John doveva finire il lavoro, doveva dargli ancora ogni colpa e picchiarlo per fargli espirare le sue colpe, forse quello era un buon modo per evitare di commettere altri errori. Non poteva andare così. Forse, nonostante tutto, John aveva ragione a trattarlo così.
L’uomo lo raggiunse dopo qualche istante e lo aiutò a rialzarsi, Dean emise un gemito di dolore, e abbassò lo sguardo, senza guardare il padre adottivo che lo guardava con l’aria severa e preoccupata: «Dobbiamo parlare, Dean» disse solenne, facendolo distendere sul divano, ma il ragazzo non aveva affatto voglia di parlare, scosse la testa senza rispondere «Da quanto tempo va avanti?» chiese, Dean tacque.
«Perché non me ne hai mai parlato?» Dean tacque ancora.
«Dean, sto parlando con te, perché non mi hai detto niente? Perché ti sei fatto picchiare? Perché non mi parli? Ragazzo, non posso perdere un figlio solo perché non vuole parlarmi» disse ancora, più arrabbiato, senza però alzare la voce. Il ragazzo lo guardava con gli occhi gonfi e le lacrime represse, perché vedere Bobby in quel modo, così triste e pieno di dolore e arrabbiato, fu un colpo troppo grande da subire per lui. Aveva deluso anche lui, era una delusione che camminava, la consapevolezza che John avesse ragione, era peggio di qualunque pugno, era una delusione vivente e non aveva più nessun appiglio a cui aggrapparsi. Come aveva fatto a cadere così in basso?
«Oggi me lo meritavo» si lasciò sfuggire «Guarda Sam è traumatizzato… John ha ragione, sono una delusione» disse, la voce rotta da un singhiozzo «Non ho mai fatto niente di buono, e Sam… Sam non merita un fratello come me, sono una delusione che cammina, anche te… ho deluso anche te, mi dispiace…» ammise, per la prima volta da quando tutto era iniziato, Dean stava parlando, stava confessando il suo tumulto interiore, e il dolore che provava.
«Tu non potresti mai deludermi» gli disse l’uomo, raggiungendolo e abbracciandolo di slancio, Dean gemette di dolore, ma lasciò che Bobby lo abbracciasse «Sam sta bene, okay?» gli disse, Dean aveva gli occhi gonfi, ma non aveva versato nemmeno una lacrima. Il ragazzino, sentendosi chiamato in questione, strisciò fino a ritrovarsi accanto al fratello e gli abbracciò il braccio, quello che non era molto ferito e lo strinse come per dirgli io sto bene, ha ragione lui.
«Bobby, io…» tentennò.
«No, ascoltami. Non devi lasciarti andare così, okay? Sam sta bene, guardalo, sta bene, è solo spaventato, ed è normale, ma non ha nemmeno un graffio» disse, Dean non alzò lo sguardo sul minore, lo tenne basso e strizzò gli occhi «Smettila di accusarti di cose che non hai fatto» gli disse, Dean non rispose, ricambiò l’abbracciò, sperando che le sue parole fossero vere, che Bobby avesse ragione e la sua vita potesse essere un po’ migliore. Restarono in quella posizione qualche minuto, poi l’uomo corse a prendere il kit del pronto soccorso e iniziò a medicare il ragazzo, che si lamentava per il dolore, Jody tornò poco dopo che John era andato via e portò Sam in un’altra camera, per tranquillizzarlo, mentre l’uomo cercava di parlare con Dean e aiutarlo a ragionare. Il ragazzo aveva bisogno d’aiuto.
Bobby guardò il suo figlioccio, e lui capì che quello fosse il momento di sputare il rospo e vuotare il sacco, che lui non si sarebbe mosso da lì, fino a che non avesse saputo tutto, allora Dean lo fece, gli disse ogni cosa, gli raccontò degli insulti, della paura di lui che gli attanagliava le viscere fin da quando era stato da lui quel pomeriggio di ottobre, gli disse che lo aveva picchiato quando aveva scoperto che lui fosse gay, e per la prima volta nella sua vita, Dean si aprì con l’uomo che lo aveva cresciuto. Gli confessò che sentiva che il senso di colpa non lo avesse mai abbandonato e che si sentisse responsabile per le cose negative che accadevano nella sua vita e in quella del fratello, che si sentiva in colpa per aver traumatizzato Sam quel giorno, che aveva assistito a quello spettacolo orribile, in modo simile a quando lui aveva assistito all’omicidio di sua madre; gli disse che quelle immagini continuavano a tormentarlo. Bobby lo stringeva, gli diceva che gli voleva bene, che avrebbero superato tutto insieme, e promise che tutto sarebbe andato per il verso giusto a partire dalla mattina seguente. Infatti, il giorno dopo, John fu denunciato e arrestato, e Dean si sentì finalmente libero di respirare, libero dalla paura e dalla violenza che quell’uomo stava riportando nella sua vita.
Dean, finalmente, smise di tacere.




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Mi odiate un po' di meno, ora? 
Ci sono delle ripetizioni a volte, perché volevo sottolineare lo stato di confusione di Dean, che non ha pensieri molto razionali, visto che è confuso ed è mosso dalla paura.
La questione John è archiviata, ma i guai di Dean non ancora, I'm sorry! C'è ancora una cosa che deve accadere e poi arriverà Cas a salvarlo da se stesso! I promise! Mi vorrete tanto bene poi, almeno lo spero! 
Sono felice di vedere che la storia sia seguita, e che stia piacendo, ne sono davvero felice! 
Spero che questo capitolo non vi deluda, sentitevi liberi di insultare quel pezzo di merda di John e coccolare Dean - attenti a Cas eh, potrebbe essere geloso se lo coccolate troppo.
Non è adorabile Sammy? Lo vedo il tipo che guarda documentari sui delfini e sulle balene e fa merenda con il fratello che lo prende in giro, buh. Era tenera come scena.
Spero non ci siano troppi errori di battutira, ho controllato 5 volte, ma a volte mi sfuggono lo stesso!
Ci si becca sabato prossimo su questi canali! 
Vi ringrazio dal profondo del mio cuore, non credevo che effettivamente potesse piacere, è tanto triste e angst. Grazie, grazie, grazie!
A presto, people! 
   
 
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