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Autore: nikita82roma    14/08/2017    4 recensioni
È la mattina del funerale di Montgomery. Kate si sta preparando per andare al distretto dove si incontrerà con gli altri prima di andare al cimitero. Riceve, però, una telefonata che cambierà la sua vita.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e cercò disperatamente di pensare a qualcosa di sensato da fare e l’unica cosa che le venne in mente fu di uscire da lì. Non sapeva più nemmeno da quanto tempo seduta in quel bagno.

Mise tutto nella borsa e fece un respiro profondo ed uscì. Si guardò allo specchio del bagno, aveva un sorriso stampato sul volto e gli occhi arrossati dalle lacrime e la mente completamente svuotata di qualsiasi altro pensiero.

Il suo primo istinto fu quello di andare a casa e dirlo a Castle, dirgli che era incinta, che il loro progetto, come lo chiamava lui, era già partito. Si era però ripromessa che avrebbe aspettato i risultati che il McLeay le avrebbe dato la mattina dopo, sapeva che i test erano affidabili al 99% e che non esistevano i falsi positivi ma voleva esserne certa, più che certa, in fondo doveva aspettare solo ancora poche ore.

Sapeva però che non sarebbe riuscita a stare davanti a lui senza dirgli nulla o peggio, senza che lui si accorgesse di nulla anche solo vedendola e non sapeva cosa fare, perché aveva deciso che questa volta sarebbe stata lei a dirglielo e a farlo in qualche modo che doveva essere speciale: il giorno seguente sarebbe stato il suo compleanno e quale migliore regalo di quello? Doveva solo trovare il modo per arrivare fino al giorno dopo, senza tradirsi.

Pensò che la leggesse nel pensiero quando sentì vibrare il cellulare e vide la che la stava chiamando.

- Farai tardi anche questa sera signora Castle? - La sua voce sembrò a Kate ancora più dolce del solito. Stava per mentirgli e anche se a fin di bene, si sentì così meschina a non renderlo subito partecipe della sua felicità.

- Veramente questa sera credo non verrò a casa. Ryan mi… mi ha chiesto se potevo sostituirlo. Il piccolo Shaun non si sentiva bene e…

- Oh… certo… Vuoi che vengo da te? Hai bisogno di qualcosa? - Si offrì subito.

- No, non ti preoccupare…

- Ok…

- Ehy Castle… Ti amo, ti amo tantissimo.

- Ti amo anche io Beckett, anche se mi lasci troppo spesso solo la notte.

- Ti prometto che succederà il meno possibile da ora in poi.

 

Uscì dal distretto e si fermò a mangiare in una tavola calda. Aveva bisogno di un pasto completo, caldo e nutriente. Si accomodò in un tavolino sul fondo della sala, su un divanetto rosso che sicuramente aveva visto tempi migliori. Non c’era molta gente a quell’ora, qualche coppia che sicuramente era uscita dal cinema lì vicino, lo aveva intuito anche dai discorsi ascoltati passando, e qualche uomo da solo che probabilmente era appena staccato da lavoro, come lei. Si tuffò nel menu e leggendo i vari piatti improvvisamente le sembrò che tutti quelli le provocassero solo nausea, doveva sforzarsi però di mangiare, non poteva resistere ancora e soprattutto sapeva che non doveva farlo. Ordinò alla fine una zuppa di patate dolci, una bistecca e degli spinaci. Mangiò lentamente, sia perché il suo appetito era decisamente scarso, sia perché dove trovare un modo per occupare quelle ore e ancora non sapeva bene come. Attese che la zuppa si raffreddasse un po’, mescolandola col cucchiaio osservando il fumo che si alzava ogni volta che la rimescolava. La assaporò, poi, cucchiaio dopo cucchiaio, trovandola anche più buona di quanto pensasse per quel posto, immaginandosi i commenti di Castle su ognuna di quelle persone presenti lì, avrebbe sicuramente inventato una storia su ognuno e a lei sarebbe sembrata anche plausibile e convincente.

Quando finì la sua bistecca il locale si era quasi svuotato, non c’erano più le coppiette viste quando era entrata ed i pochi tavoli occupati lo erano da uomini soli, qualcuno anche poco raccomandabile, ma non era certo intimidita da loro, anche se un paio più di qualche volta si erano voltati lanciandole occhiate più che esplicite che lei non aveva raccolto.

Le si avvicinò, invece, di nuovo la cameriera di mezza età, che forse sperava solamente che tutti se ne andassero il prima possibile, chiedendole se voleva altro. Scoprì di avere una gran voglia di torta al cioccolato, così ne ordinò una fetta, con panna e gelato alla vaniglia. Forse pensava che erano giorni che non mangiava e in realtà era più o meno così.

Mentre era assorta nei suoi pensieri le si avvicinò uno degli uomini seduto nei tavoli davanti al suo.

- Ciao bellezza, hai bisogno di compagnia per questa sera? - Kate alzò lo sguardo risoluta, guardando l’uomo che aveva dei modi più eleganti rispetto al suo aspetto completamente trasandato e rude.

- No. - Rispose secca sperando si allontanasse.

- Sicura? Perché di solito quelle come te cercano sempre compagnia. - Disse l’uomo sghignazzando.

Beckett scostò la giacca facendo intravedere distintivo e pistola.

- Sono più che sicura che quelle come me non cercano compagnia. Soprattuto di quelli come te. - Lo guardò con un sorriso beffardo stampato sul volto e l’uomo si allontanò a testa bassa.

La cameriera tornò ma non aveva con sé il suo dolce, ma un foglio stampato che le mise sul tavolo aspettando impaziente.

- Veramente stavo aspettando il mio dolce. - Le disse Kate abbozzando un sorriso, immaginando l’errore in buonafede della donna e già stava facendo come Castle, immaginandosi la storia di quella donna, stanca dopo una giornata di lavoro.

- È finita. - Rispose lei seccamente, ignorando il fatto che da lì Kate poteva vedere la vetrina dei dolci dove c’erano ancora tre grandi fette di torta al cioccolato.

- Ma veramente lì ci sono… - La donna la interruppe senza farle finire la frase.

- Da queste parti gli sbirri non ci piacciono. Né a noi né alla nostra clientela. Credo che sia giunta l’ora di andare, dolcezza.

Kate la guardò perplessa, ma decise di non fare polemica. Pagò ed uscì da lì, subendo i commenti ben poco carini dei presenti nel locale, appuntandosi mentalmente che un bel controllo a quel posto non glielo avrebbe tolto nessuno, aveva un bel po’ di conoscenze a cui chiedere un favore.

Salì in macchina che era poco prima di mezzanotte, con una gran voglia di quella torta al cioccolato rimasta insoddisfatta. Girò un po’ fino a quando non trovò una caffetteria ancora aperta, parcheggiò dal lato opposto della strada ed entrò sperando di trovare quanto desiderava. Nella vetrina dei dolci la vide, c’era proprio una bella fetta di torta come la voleva lei.

- Vorrei quella fetta di torta e un latte caldo. - Disse al ragazzo alla cassa.

- Se non hai fretta tra pochi minuti uscirà una torta calda calda appena fatta, io ti consiglierei di aspettare! - Gli rispose sorridente.

- Va bene, non ho fretta.

- Gelato e panna insieme alla torta? - Chiese ancora il ragazzo.

- Perfetto! - Rispose Beckett con un sorriso.

Le disse di accomodarsi e le avrebbe portato tutto lui al tavolo.

Arrivò poco dopo con una tazza di latte caldo con molta schiuma e la fetta di torta appena sfornata con panna e gelato. Gustò tutto forchettata dopo forchettata, in particolar modo la panna appena montata che avevano messo generosamente a lato della fetta di torta. Beckett non potè evitare di pensare a Castle in quel momento ed al suo amore per la panna. L’avrebbe convinto che quella era mille volte meglio della sua amata panna spray e sapeva che sarebbe nata una disquisizione infinita nella quale lui le avrebbe spiegato la supremazia della panna spray rispetto ad ogni altro tipo di panna.

Sorrise tra sé e sé rendendosi conto di come ormai ogni cosa la riportava a suo marito e si chiese che cosa ci facesse lì, perché non era con lui a ridere e piangere di quello che stava accadendo a lei, a loro, come forse era giusto, come sarebbe dovuto essere. La verità che Kate ammise a se stessa tra un pezzo di dolce e l’altro, era che Kate non voleva solo avere la certezza che le sarebbe venuta dalle analisi del dottor McLeay e nemmeno che voleva organizzare qualcosa di speciale per dirlo a Rick, ma che aveva bisogno di tempo per metabolizzare, per capire che quello stava accadendo veramente, a lei, di nuovo. C’era una piccola vita che cresceva in lei e solo pensarlo la travolse di emozioni. Smise di mangiare e si portò una mano sul ventre. Proprio lì, sotto la sua mano c’era qualcosa di minuscolo, eppure già così importante, qualcosa che avrebbe di nuovo cambiato le loro vite totalmente, qualcosa che si ripromise che avrebbe protetto con tutte le sue forze. Questa volta non aveva nulla su cui riflettere, nulla da decidere o da pensare. Quella piccola vita che si stava formando sapeva già cosa era, era suo figlio, quel figlio che voleva con tutta se stessa e che, almeno per quelle ore, era egoisticamente solo suo. Aveva bisogno di rendersene conto lei, fino in fondo, prima di essere pronta a dirlo a Castle ed affrontare con lui tutto quello che sarebbe stato. Ora voleva solo vivere la felicità di quella scoperta, renderlo reale nella sua mente, fargli prendere forma nei suoi pensieri.

 

Si ritrovò a girare in macchina nel cuore della notte da sola, anzi no, non era sola, era con “lui”. Perché era così che se lo era immaginato, come una piccola copia di Castle. Pensò che fosse normale desiderarlo così, simile alla persona che amava e non solo di aspetto, lo immaginava già curioso e fantasioso come il padre. Si rese conto che quel girare senza meta l’aveva invece portata alla sua meta, a casa, sotto il loft. Lasciò la macchina nel parcheggio e salì. Entrò cercando di fare il minor rumore possibile e si mosse al buio fino allo studio di Castle. Aprì il mobile dove teneva i suoi ricordi più importanti e prese la scatola di Prince, quella che avevano messo via insieme solo qualche mese prima. Accese la luce della scrivania, regolando l’intensità al minimo, così da illuminare la stanza solo con una tenue luce. Aprì quella scatola e non si stupì del fatto che l’emozione era sempre la stessa, non era cambiata, nonostante la nuova presenza. Prese l’ecografia, l’ultima che aveva fatto. Era qualcosa di così piccolo ancora, incomprensibile per i più. Lo accarezzò, baciò quella foto e poi la tenne tra le sue mani per qualche istante. Lo ringraziò mentalmente, pensando che tutto quello che aveva, in fondo, lo doveva a lui. Se lei e Castle stavano insieme probabilmente era merito suo e si chiese cosa sarebbe accaduto a loro senza di lui, se avrebbero mai avuto il coraggio di parlarsi e di confrontarsi su quello che c’era stato tra loro e sui loro sentimenti. Gli promise che non lo avrebbe dimenticato mai e sapeva con certezza che non lo avrebbe fatto. Rimise poi tutto via velocemente non accorgendosi nella semioscurità della stanza che una delle ecografie era caduta a terra sotto la scrivania. Stava per andarsene quando fu attirata dalla porta della loro camera da letto, la aprì piano affacciandosi: Rick dormiva inconsapevole di tutto e lei benedì in quel momento il suo sonno pesante. Era sdraiato a pancia di sotto, prendendo gran parte del letto vuoto e in quel momento si chiese se quando dormivano insieme lui era veramente comodo oppure no.

- Quello è il tuo papà. - Disse senza emettere alcun suono, muovendo solo le labbra, portando entrambe le mani  sul ventre. - E ti amerà tantissimo anche lui appena saprà di te.

Si obbligò ad uscire da lì, prima che le emozioni prendessero il sopravvento in modo irrecuperabile. Chiuse piano la porta della camera, riprese la borsa dalla scrivania, pronta per andare via. Il suo fisico, però, non era d’accordo. Si sentì stanca e sopraffatta, con la testa che cominciava a girare di nuovo. Non poteva certo guidare così. Si appoggiò sulla poltrona, solo qualche minuto si disse, per riprendersi un po’. Chiuse gli occhi per qualche istante ed invece si addormentò.

   
 
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