Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Rivaille_02    15/08/2017    2 recensioni
«Sono Levi Ackerman, il vostro professore di educazione fisica. Vi anticipo che, alla fine di tutte le lezioni, dovrete pulire la palestra. Anche se non ci sarò le ultime ore, dovete pulirla. Ci siamo capiti, mocciosi?» spiegò severo. Il professor Levi era un maniaco della pulizia. Non c’è stata classe che non abbia pulito la palestra quando c’era lui.
«Sì prof!» risposero i ragazzi intimoriti dall’insegnante. Solo Eren sembrava non averne paura. Al contrario, quando i loro sguardi si incrociarono, arrossì.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Levi Ackerman, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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Passò un mese da quel giorno. Eren e Levi mantennero segreta la loro relazione, anche se il ragazzo andava a quasi ogni cambio d’ora in vice-presidenza dal professore. Così facendo, si guadagnò il soprannome di “ruffiano” da parte di Jean.
«Eren» lo chiamò Armin andandogli incontro. Il castano si girò e gli sorrise. Questo fece arrossire l’amico. «E-ecco...dopo sei libero?» gli chiese abbassando la testa.
«Avrei gli allenamenti...» rispose dispiaciuto.
«Domani?».
«Parto con la squadra per Ragako».
«Dopo gli allenamenti?».
«Si può fare». Armin sorrise.
«Si va in centro? Ho sentito che hanno aperto una nuova fumetteria!» propose entusiasta. Eren gli scompigliò i capelli.
«Ho i soldi contanti per il pranzo di oggi, quindi pagherai tu!» rise.
Mikasa li osservava da lontano insieme a Sasha. Si portò la sciarpa davanti alla bocca per coprire un piccolo sorriso soddisfatto. Era felice nel vederli amici come prima. L’altra stava mangiando il suo amatissimo onigiri. La ragazza l’avvertì che fra qualche minuto sarebbe arrivata la professoressa Zoë, ma lei era troppo affamata per mettere via il suo cibo. Proprio come disse Mikasa, l’insegnante arrivò e chiamò Eren alla cattedra.
«Levi ti vuole parlare. Sai dove trovarlo, no?» chiese conferma. Il ragazzo annuì. «Vedo che sei il suo preferito qui dentro. Vedi di non deluderlo, Eren!» gli sorrise gentilmente.
«Non lo farò, prof!» rispose fiero. Uscì dalla classe dirigendosi in vice-presidenza. Si trovava al pian terreno, al contrario dell'aula situata al secondo piano. Per le scale incontrò una sua amica, Mina Carolina. L’aveva conosciuta per caso mentre andava alla sede del club di calcio. Lei era in quello di pallavolo e la trovava abbastanza carina.
«Ehi, Eren!» lo salutò con la mano. Il ragazzo ricambiò con un sorriso. «Dove vai di bello?» chiese con le mani dietro la schiena.
«La nostra prof si è dimenticata dei libri nell’aula professori e mi ha chiesto di andare a prenderli» mentì. Era bravo con le bugie. «Tu che mi dici, Mina?».
«Pausa bagno!» sorrise innocentemente chiudendo gli occhi. Dopo di chè si salutarono e Eren poté tranquillamente recarsi dal suo amato professore.
Arrivato davanti alla porta, bussò. Sentendo la voce di Levi, entrò.
«Chiudi» gli ordinò. Il ragazzo obbedì. «Siediti». Obbedì di nuovo prendendo posto su una delle due sedie che c’erano di fronte alla scrivania. L’insegnante si alzò avvicinandosi a Eren.
«Perché mi hai chiamato? Sarei venuto lo stesso, lo sai» gli disse seguendo l’uomo con lo sguardo.
«Se fossi venuto tu, non saresti rimasto a lungo» si mise dietro di lui appoggiando le braccia intorno al suo collo. «Se ti chiamo io, puoi rimanere tutto il tempo che voglio» fece un sorrisetto malizioso. «Ecco perché» gli diede un bacio sulla guancia. Il ragazzo girò la testa per guardarlo.
«Perché stai qui dietro? Non vuoi venire da me?» gli chiese indicando le sue gambe.
«Abbiamo tutto il tempo, Eren...».
«Se salto la lezione, potranno insospettirsi. Farei soffrire anche Armin...» abbassò la testa pensando a quanto ci sarebbe rimasto il suo amico se l’avesse abbandonato proprio durante la lezione della professoressa più simpatica della scuola. Loro due si divertivano a farle domande insensate, tanto per divertirsi un po’ e perdere tempo. Erano le lezioni preferite dal biondo e non voleva mancare, anche se doveva stare con Levi. Si era promesso di non farlo più soffrire.
Quando Eren smise di pensare, si ritrovò Levi sulle sue gambe che gli stava sfilando la cravatta.
«Vedi di concentrarti solo ed esclusivamente a me ora, Eren» gli disse prendendogli il viso fra le mani.
«Sì, scusami» si scusò sorridendo dolcemente. A quel punto l’insegnante lo baciò mentre gli sbottonava la camicia. Notò con gran stupore che non indossava la canottiera.
«Perché non indossi niente sotto?» gli chiese.
«Fa caldo» rispose tranquillamente Eren.
«Non che mi faccia differenza». Levi sbottonò l’ultimo bottone e iniziò a baciargli il petto facendo mugolare il ragazzo. Una domanda gli venne spontanea.
«Un mese e mezzo e non so nemmeno quanti anni hai...buffo, eh?».
«Quest’anno ne faccio venticinque» rispose senza guardarlo.
«Abbiamo dieci anni di differenza allora...». Nessuno disse più niente. Solo quando Levi stava iniziando a baciare il collo del ragazzo, Eren si lamentò. «L-Levi...per favore...» gli strinse la maglietta a maniche corte.
«Che c’è?».
«A-ah...ecco...» arrossì di colpo. «Ma perché tutto questo? Insomma...non ti sei mai comportato così a scuola...».
«Domani parti, no? Non ti vedrò per una settimana. Dimmi tu come dovrei stare in questi giorni». Calò il silenzio. Ad un certo punto, sentirono bussare alla porta. Iniziarono a sudare freddo. Levi non aveva appuntamenti per quell’ora. Chi poteva essere?
Nel frattempo, in classe Armin si stava annoiando. Aveva incrociato le braccia sul banco e ci aveva appoggiato la testa. Era la prima volta. Mikasa provava a farlo concentrare, ma il biondo continuava a fissare il telefono per vedere l’ora. Hange se ne accorse.
«Che hai, Arlert? Non ti senti bene?» gli chiese preoccupata.
«Sono passati venti minuti ed Eren ancora non è in classe...mi sa dire il perché?». Da quando avevano fatto pace, non riusciva a stare senza di lui per più di cinque minuti.
«Non so quanto ci metterà Levi con lui, ma così non sei in grado di seguire la lezione. Che ne dici di andare un po’ fuori a prendere aria?». Il biondo annuì. Chiese a Mikasa di prendere più appunti possibili, mise il telefono in tasca e uscì testa bassa.
“Dovrei andare in vice-presidenza e chiedere al prof di far rientrare Eren?” pensò Armin mentre scendeva le scale con le mani in tasca. Starnutì. “In pieno Maggio? Forse qualcuno starà parlando di me...”. Continuò a camminare come se niente fosse. Ad un certo punto iniziò a girargli la testa. Riuscì ad arrivare davanti alla porta della vice-presidenza. Fece per bussare quando sentì dei gemiti provenire dalla stanza accompagnati dalla voce divertita di Eren. Il ragazzo, incredulo, rimase immobile. “Ha ottenuto quel che voleva. Dovrei essere felice in quanto suo migliore amico, no?” accennò un piccolo sorriso. Decise lo stesso di bussare. Non poteva passare l’ora senza divertirsi con lui. Dopo un paio di secondi, si sentì la voce di Levi chiedere “Chi è?”
«Arlert della 1°E. Eren potrebbe rientrare in classe?» chiese. La porta di aprì e ne uscirono il castano e il professore.
«Lo vuole Hange? Quella quattrocchi...». Armin annuì. «Va bene allora...dopo continuiamo il discorso, Jaeger» disse girandosi verso Eren. Dopo di chè, si ritirò nella stanza. I due ragazzi si ritrovarono uno difronte all’altro.
«Sai che non è vero, giusto?» domandò il biondo sorridendo dolcemente.
«Certo» rispose l’altro scompigliandogli i capelli facendolo ridere. «Scusa se ti ho fatto aspettare» sorrise. «Andiamo a perdere tempo con la prof, dai!» lo prese per mano facendo uno dei suoi splendidi sorrisi, quelli che fanno arrossire Armin. I due, allora, tornarono insieme in classe facendo a gara a chi arrivava primo, proprio come due bambini. Levi era con la schiena appoggiata alla porta. Si portò le dita alle labbra sfiorandole dolcemente. “Avrei voluto farti di più. Odio i limiti di tempo” pensò stringendo i denti.
La giornata passò velocemente ed Eren era ad allenarsi con il suo club. L’allenatrice avvertì di nuovo i ragazzi del giorno seguente. Avrebbero dovuto essere a scuola per le sette del mattino per poi dirigersi insieme alla stazione in centro. Non accettava ritardi! Durante la pausa, il ragazzo era seduto sulla panchina accanto al capitano.
«Ti dona il 10» gli disse quest’ultimo guardandogli la maglia.
«La saprò sfruttare al meglio dal prossimo mese». Eren ne andava fiero.
«Vi ho portato un po’ di acqua ragazzi» avvertì la manager porgendo ai due ragazzi due borracce d’acqua. La ringraziarono. La ragazza si mise a sedere in mezzo ai due e iniziarono a parlare della gita.
Ad un certo punto arrivò un ragazzo che stava cercando Eren, che lo riconobbe subito.
«Che succede Marco? È successo qualcosa?» domandò avvicinandosi.
«Armin...» disse soltanto. Aveva il fiatone per quanto aveva corso. Il castano spalancò gli occhi.
«Che ha fatto Armin?!».
«Ora lo stanno portando in infermeria...». Non aspettò nemmeno un secondo per precipitarsi subito lì. Non sapeva cosa gli fosse successo, ma se l’avevano portato in infermeria era di sicuro qualcosa di grave.
Arrivato davanti alla stanza, spalancò la porta e vide Armin sdraiato sul letto. Aveva gli occhi chiusi.
«Che è successo al mio amico?» chiese ai membri del club di teatro.
«È svenuto improvvisamente durante le prove...» rispose il ragazzo più grande. L’infermiera pregò tutti di uscire per far riposare il biondo. Eren chiese se poteva rimanere siccome era il suo migliore amico e la donna accettò a patto di non disturbare nessuno. E così il ragazzo prese una sedia e si mise accanto al letto del biondo che aprì gli occhi poco dopo. Il castano lo lasciò riprendere. Gli mise una mano sulla fronte: scottava.
«Non preoccuparti, Eren...» Armin gli sorrise. «Sarà solo un po’ di febbre... sai, l’influenza che gira in questi giorni...».
«Potevi ammalarti in un altro momento anche tu?! Domani devo partire dannazione...» sbatté il pugno sul materasso. Il biondo gli prese la mano. Gli disse di non preoccuparsi, che era solo una normale influenza, che sarebbe guarito in qualche giorno. Eren sospirò. Lo guardò negli occhi per qualche secondo. Aveva uno sguardo di chi aveva perso le speranze. Lo abbracciò dolcemente. «Vedi di guarire presto». Armin iniziò ad accarezzargli i capelli.
«Quando tornerai sarò già guarito» ridacchiò.
«Torno ad allenarmi...dopo ti porto a casa».
«Con la bici?». Eren annuì. L’altro sorrise divertito. «Guarda che peso...».
«Ma se l’altro giorno ti ho preso in braccio come una principessa!» il castano scoppiò a ridere mettendolo in imbarazzo.
Dopo qualche battuta, Eren tornò dal suo club per un’altra mezz’ora di allenamenti. Quando ebbero finito, l’allenatrice ricordò ancora una volta del giorno seguente facendo entusiasmare i ragazzi.
«Ehi, Eren» lo chiamò il capitano. «Vuoi che vengo a prenderti domani o pensi di arrivare in anticipo?» chiese ironico dandogli una pacca sulla spalla.
«Non voglio disturbarti» rispose ridacchiando.
«Macché! Dai, fatti trovare giù alle sei e mezza».
«Vieni a piedi?».
«Una bella camminata non fa male» sorrise. Il ragazzo accettò e lo salutò.
Una volta portato Armin a casa, rimase con lui per un po’. Poi tornò a casa sua. Dopo cena andò in camera e si buttò sul letto distrutto. Sentì il telefono squillare.
«Chi cavolo è?!» sbuffò andando alla scrivania. Quando vide chi lo stava chiamando, non si sorprese affatto. Anzi, sorrise. Rispose alla chiamata.
«Sei a casa?» chiese una voce maschile dall’altra parte della cornetta.
«Certo Levi, dove pensavi che fossi? Sotto casa tua?» scherzò Eren.
«Non sarebbe stato male». Il ragazzo arrossì.
«I-idiota...» si mise a sedere sul letto. «Perché mi hai chiamato?».
«Volevo solo sentire la tua voce» rispose con un tono stranamente dolce che fece sorridere il ragazzo. «Domani non ti vedrò a lezione... mi raccomando, non fare lo stupido».
«Tranquillo Levi».
«Con te non si può mai stare tranquilli» precisò. Chiacchierarono per un po’. Furono interrotti dalla voce di Mikasa che chiamava Eren per aiutarla, quindi si salutarono. «Eren» lo chiamò Levi prima che il ragazzo potesse chiudere la chiamata.
«Sì?» chiese rimettendo il telefono all’orecchio.
«Ti amo» dichiarò buttandogli un bacio. Il castano divenne più rosso di un pomodoro. Non si aspettava anche il bacio.
«Anch’io ti amo» rispose sorridendo. Chiuse la chiamata e andò dalla sorella.
Levi ripose il telefono sul comodino accanto al letto e andò verso l’armadio. Lo aprì e prese una maglietta blu a maniche corte. Si rimise a sedere sul materasso e si sdraiò. Si portò la maglietta al naso e la annusò. “Questa settimana mi addormenterò con il tuo odore, Eren...” pensò chiudendo gli occhi.
   
 
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