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Autore: nikita82roma    15/08/2017    3 recensioni
È la mattina del funerale di Montgomery. Kate si sta preparando per andare al distretto dove si incontrerà con gli altri prima di andare al cimitero. Riceve, però, una telefonata che cambierà la sua vita.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Terza stagione
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Kate riaprì gli occhi ed il loft non era più avvolto nel buio, ma le prime luci del chiarore mattutino lo riempivano di una luce ambrata e calda. Si passò più volte le mani sugli occhi, non si era semplicemente riposata, aveva dormito qualche ora. Era decisamente indolenzita dalla posizione in cui era rimasta per lungo tempo, ma si sentiva meglio, più riposata. Uscì da lì, richiudendo piano la porta per non svegliare nessuno, anche se si chiese se Rick non l’avesse vista, magari era andato a prendere qualcosa da bere in cucina di notte. Si convinse che no, non l’aveva fatto, perché se l’avesse vista, come minimo l’avrebbe portata a letto e non l’avrebbe mai lasciata dormire lì, non era da lui

Salita in macchina si accorse che aveva ancora qualche ora di tempo prima di andare in ospedale dal dottor McLeay. Andò al distretto, approfittando di quel tempo quando ancora era tranquillo, per studiarsi i fascicoli dell’agente Harris, cercando di capire cosa era successo per trasformare un pacifico agente dallo stato di servizio impeccabile in uno spietato assassino e perché avesse scelto proprio Katilyn.

L’unica cosa che aveva trovato che poteva aver turbato la sua vita ordinaria, era il fatto che pochi mesi prima si era separato dalla moglie, dopo molti anni di matrimonio. Non aveva problemi economici né di salute, continuava ad abitare nella sua casa che la moglie non aveva chiesto né le pagava alcun mantenimento perché non aveva voluto nulla da lui, quindi aveva tolto anche le motivazioni economiche come fattore di stress. Si appuntò su un pezzo di carta il nome e l’indirizzo della nuova abitazione della moglie, riproponendosi di andare a parlare con lei appena avesse avuto tempo. Per tutti quel caso era già chiuso, ma non per lei. Kate voleva sapere il perché, lo doveva a Diana ed anche a Katilyn.

Andò via dal distretto che ancora non era arrivato nessuno. Si impose di andare a fare colazione prima di andare in ospedale. Avrebbe dovuto cominciare ad avere uno stile di vita più regolare ed avrebbe dovuto evitare di saltare i pasti, sapeva che avrebbe corso il rischio che Castle si presentasse ogni giorno solo per ricordarle di mangiare.

 

Tre settimane. Lui era lì da tre settimane. Quando il dottore McLeay le confermò che era incinta non ebbe nessuna sorpresa, lei lo era lo sapeva. Ma ora stringeva tra le mani quel foglio che era solo l’ulteriore, definitiva, conferma di quello che già sentiva, dal momento in cui aveva pensato che potesse essere.

Guardava quei numeri, valori segnalati con asterischi, decisamente troppo alti, la prova che dentro di lei stava nascendo una nuova vita. Quei numeri, in quella mattina dal clima mite della solita indaffarata New York, quella volta, però, non erano ostili, non le facevano paura, non la angosciavano, erano solo quello che avrebbe voluto vedere. Era arrivata fino a lì con un taxi, ma andò via dall’ospedale a piedi. Voleva fare una passeggiata, alleggerirsi la mente da tutti i pensieri. Mentre camminava, invece, aveva deciso cosa avrebbe fatto per Castle, quella sera, gli avrebbe fatto un regalo di compleanno indimenticabile, ne era certa. Aveva una grande busta con tutto l’occorrente e mentre camminava decise di fermarsi in un piccolo parco. Trovò una panchina dove si sedette. Il tiepido sole mattutino la scaldava e la faceva sentire bene.

Tre settimane. Provò a pensare quando poteva essere successo e si morse il labbro pensando che di fatto era quasi impossibile trovare una data precisa, perché in quei giorni non si erano certo risparmiati. Sorrise di loro stessi, stupendosi di come con Castle avesse perso qualsiasi tipo di pudore. Prese il telefono e decide di mandargli un messaggio per fargli gli auguri. Non sapeva se fosse già sveglio oppure no.

“Auguri amore mio, questa sera ti farò una sorpresa e sono sicura che questo compleanno sarà indimenticabile”

Attese solo pochi istanti ed arrivò la sua risposta.

“Spero che sia una sorpresa con pochi vestiti addosso”

“Mi dispiace ma sei completamente fuori strada”

“Puoi anche metterne molti, poi sarò io a toglierli tutti”

“Vedremo…”

“Sai che se mi dici così non resisto fino a stasera, vero?”

“E invece dovrai farlo, Castle! Non sei tu che ami le sorprese?”

“Sì, ma amo farle!”

“Arrenditi, non ti dirò nulla”

Lo poteva immaginare sbuffare davanti al telefono non accettare la sconfitta. Non le rispose, mise via il telefono  e si godette ancora per un po’ la tranquillità di quel luogo.

 

- Hey, Castle! Tanti auguri!

Rick era appena arrivato al distretto con una grande scatola in mano e fu subito festeggiato da Esposito e Ryan.

- Hey ragazzi! Queste sono per voi.

- Wow ciambelle! - Esclamò Javier.

- Le vostre preferite, per festeggiare! Beckett dov’è?

- Non lo so, da ieri pomeriggio non l’ho più vista. - Disse Ryan.

- Ieri pomeriggio? L’ho sentita ieri molto tardi e mi ha detto che ti sostituiva nel turno di notte… - Castle era perplesso mentre guardava i due che non sapevano cosa rispondergli e furono tolti dall’imbarazzo di una risposta che avrebbe tradito o lui o lei, dalla stessa Beckett che apparve in quel momento dall’ascensore. Si bloccò vedendo lì Rick parlare con Ryan ed Esposito e quando Rick si voltò e la vide, lei lesse nel suo sguardo tutta la sua delusione. Scosse la testa con disappunto: non doveva andare così.

- Ciao Castle. - Lo salutò con un filo di voce.

- Ciao Beckett… Sai avevi ragione, credo che questo compleanno non lo dimenticherò mai. - Le disse sarcastico.

- Rick, non è come pensi.

- Non penso niente, Kate. Ciao ragazzi. - Salutò i due visibilmente imbarazzati e fece per andarsene, ma Kate lo bloccò nel corridoio e lo obbligò di fatto a seguirla in sala relax.

- Spero che hai un motivo valido per mentirmi, per dirmi che non vieni a casa perché devi lavorare ed invece non è così.

- Castle…

- Tutto potevo immaginare Kate, tutto da te, ma non questo. Non che mi mentissi così, che tradissi la mia fiducia e spero solo quella.

- Mio Dio Rick, ma cosa stai dicendo? Cosa stai pensando?

- Non lo so. La prima volta che Meredith mi ha detto che non tornava a casa perché doveva lavorare, ho scoperto che ha passato la notte con il suo regista.

- Io non sono Meredith. E se questa notte sono stata fuori, c’è un motivo.

- Ero venuto per invitarti a cena fuori questa sera, per festeggiare con te, ma immagino che non è il caso vero?

- Preferirei che stessimo a casa a festeggiare.

- Oggi non mi sento proprio di festeggiare nulla, scusami Kate se scopro che mia moglie ha passato la notte non so dove e non ho proprio voglia di festeggiare nulla.

- Sulla poltrona. Sulla poltrona di casa nostra. Ho passato la notte lì. Sono venuta a casa tardissimo e sono uscita molto presto. Tu dormivi così bene e… avevi preso tutto il letto, non volevo svegliarti.

- Non volevi svegliarmi? Ti prego Kate, inventa una scusa migliore. Ti avrei sentito se fossi venuta a casa.

- Se non vuoi credermi e non ti fidi di me Castle, io… non posso farci nulla, mi dispiace.

- Pensi che sia colpa mia? Kate, mi hai mentito! Mi hai detto che eri a lavoro perché il figlio di Ryan stava male! Come faccio a fidarmi?

- Perché sono io Rick! Se vuol dire qualcosa per te, fidati di me. Io… Ti amo, Rick. Ti amo infinitamente e non potrei mai per nessun motivo tradirti. Non è una cosa che riesco nemmeno a dire o pensare.

La ascoltò, la guardò negli occhi e quegli occhi lo sapeva, non gli stavano mentendo, eppure non riusciva ad essere tranquillo, sentiva come un graffio sul cuore.

- Mia madre questa sera è a teatro con i ragazzi del suo corso ed Alexis è fuori città con la scuola. Io vado a prendere un drink con i ragazzi della Black Pawn, più tardi. Noi ci… ci vediamo a casa allora, stasera.

- Ma certo, Rick. E ti prego, non preparare nulla, vorrei farlo io per te, oggi.

- Ok…

Beckett si avvicinò per baciarlo, ma lui alzò la testa e le diede un bacio sulla fronte, poi uscì lasciandola sola nella sala relax. Kate sbuffò amareggiata: per fargli una sorpresa lo aveva solo fatto intristire e si sentì completamente stupida.

Avrebbe voluto parlare con la Gates subito della sua situazione, ma quel giorno non era al distretto, impegnata in una riunione con gli altri capitani nella sede della polizia. Quella era una questione primaria che doveva risolvere, perché non avrebbe potuto continuare a svolgere il suo lavoro come aveva sempre fatto. Non voleva correre rischi, di nessun tipo eppure si ritrovò a pensare che senza volerlo lo aveva già fatto, con Harris, in archivio. Pensò per un attimo a cosa sarebbe accaduto se non fosse arrivato Castle, forse avrebbe fatto lei un colpo di testa, forzando la situazione, provando a disarmare l’agente e sarebbe stata lei a rischiare di venir colpita o ferita o peggio. Il solo pensiero le fece gelare il sangue nelle vene. Non avrebbe mai sopportato una situazione del genere, non si sarebbe mai perdonata qualcosa così.

- Beckett, va tutto bene? - Ryan era entrato per controllare come stesse.

- Sì, va tutto bene, grazie Kevin. - Abbozzò un sorriso all’amico.

- Io… non sapevo, se me lo avessi detto…

- Non ti preoccupare, a casa parlerò con Castle.

Ryan si sentiva in colpa, ma Kate voleva rassicurarlo, non era colpa sua.

- So che non sono affari miei, ma va tutto bene tra voi? - Chiese timido e preoccupato.

- Sì, va tutto bene, stavo solo cercando di organizzargli una sorpresa per il suo compleanno, ma evidentemente non sono molto brava in queste cose. - Sorrise amaramente.

- Beh, la prossima volta avvisa, così ti teniamo il gioco!

- Grazie, ma penso che dopo questa volta, con le sorprese ho chiuso! - Si lasciò andare ad un sorriso più sincero, mentre con Kevin uscivano da lì.

 

Non capitava spesso che Beckett cucinasse per Castle, anzi, quasi mai, un po’ perché lui non glielo permetteva, volendo viziarla con le sue doti culinarie, un po’ perché ormai scherzavano spesso sul fatto che lei non fosse capace, ma quella sera voleva farlo ricredere: non che fosse una cuoca eccellente e sicuramente lui era molto più bravo, però se la cavava e nessuno si era mai lamentato quando era andato a mangiare da lei, né i suoi ex né i suoi amici.

Arrivata a casa dopo aver fatto la spesa e comprato tutto il necessario per la cena,  come prima cosa incartò quello che sarebbe dovuto essere il regalo di compleanno di Rick e poi si mise a preparare. Il suo umore era decisamente diverso da quello che si era immaginata, ma mise da parte l’amarezza e preparò la cena che aveva in mente, convincendosi che alla fine, quando gli avrebbe rivelato la sua sorpresa, tutti i malumori di Rick sarebbero passati.

Castle le aveva mandato un messaggio avvisandola che sarebbe rientrato un po’ più tardi del previsto. Aveva già preparato tutto, i tortini di verdura e bacon li aveva appena tolti dal forno, l’insalata di patate era pronta ed il filetto con la salsa alle mele doveva solo scaldarlo al momento.

Guardava la scatola incartata come un vero regalo che aveva messo su una delle sedie del tavolo già perfettamente apparecchiato per due. Non uno davanti all’altra, come era normale ed usuale, ma su due lati vicini. Si era seduta ad aspettarlo pazientemente, non voleva ammetterlo a se stessa, ma più i minuti passavano più si sentiva tesa per quella situazione e stanca.

Osservò il loft vuoto, senza Rick. Si sentì improvvisamente ospite in quella casa dove ormai viveva da qualche mese. Ma non era il luogo che la faceva sentire a casa, ma la presenza di Castle, senza di lui era tutto diverso. Si impose di allontanare tutti i pensieri negativi che le venivano in mente: loro erano già una famiglia e adesso lo sarebbero stati ancora di più. Glielo avrebbe detto di lì a poco, sarebbe andato tutto a posto, lui l’avrebbe capita, avrebbe capito il perché di tutta quella storia, lei gli avrebbe spiegato le sue paure ed il suo bisogno di metabolizzare da sola quella notte e la sua voglia di dirglielo a modo suo, quando ne aveva la certezza. Si imponeva di non pensare a nulla che turbasse quella giornata che doveva essere solo di gioia assoluta, eppure la freddezza di Rick quella mattina era andata a smorzare il suo entusiasmo ed aveva fatto affiorare mille dubbi su tutto quello che stava facendo: veramente la conosceva così poco da pensare certe cose? Da non fidarsi di lei? Si asciugò le lacrime che erano scese al solo pensiero e diede la colpa agli ormoni della gravidanza, sarebbero stati un’ottima scusa d’ora in poi per giustificare tutto.

 

Castle rientrò silenzioso a casa quella sera. Le fece un sorriso tirato mentre lei si alzò di scatto per andarlo a salutare, ma lui tirò dritto verso la loro camera.

- Dieci minuti, mi cambio e vengo a cena - Le disse mentre chiudeva la porta della loro stanza lasciandola fuori, mettendo una netta barriera tra di loro.

Kate occupò quel tempo per finire di preparare i piatti facendogli trovare tutto pronto quando poco dopo uscì e si sedette a tavola vicino a lei.

Mangiarono in un fastidioso silenzio, senza incrociare mai lo sguardo uno dell’altra. Non era quello che Kate avrebbe voluto per quella cena, per quella giornata. Nella sua mente doveva essere tutto diverso, non così. Sentì le lacrime pizzicarle ancora gli occhi quando alzò lo guardo dal suo piatto osservandolo finire di mangiare il suo filetto.

- Era tutto molto buono, grazie. - Le disse appena finito l’ultimo boccone. Kate annuì accettando i suoi complimenti, ma non era quello adesso che le interessava. Magari in un’altra occasione sì, se quella cena fosse andata così come avrebbe voluto ci avrebbero scherzato sù, ma ora non le interessava.

- Io ti amo, Castle. - Gli disse ripetendogli qualcosa che le sembrava ovvio, ma che forse in quel momento per lui non lo era.

- Anche io. - Glielo disse senza guardarla e fu la cosa che le fece più male. Spostò la sedia per alzarsi ma Kate gli prese la mano tenendola ferma sul tavolo.

- Aspetta… c’è… il tuo regalo…

- Non dovevi disturbarti a cercare qualcosa.

- Non è stato un disturbo. È stato un piacere. - Gli porse la scatola dentro la quale aveva riposto tutte le sue aspettative.

- Cos’è? - Rick prese la scatola infiocchettata e la scosse per sentire se faceva rumore, ma nulla. Era insolitamente leggera per essere di quelle dimensioni. Spostò il piatto e l’appoggiò sul tavolo, stappò via la carta e vide una scatola dai colori pastello e l’aprì decisamente curioso sotto lo sguardo teso di Kate.

- Ehm… credo che ti sei dimenticata il contenuto… è vuota. - Gli disse facendogliela vedere.

- Lo so. - Disse lei con una smorfia mentre lui continuava a non capire.

- Ok. Lo sai. Quindi? - Chiese perplesso.

- Quindi… potremo riempirla insieme. Un po’ per volta. Mi capisci Castle? - Gli disse lentamente, ma lui era confuso stava pensando a qualcosa, ma no, non poteva essere quello.

- Riempirla insieme. - Ripeté - Ok… mi piace tutto quello che possiamo fare insieme e una scatola non me l’aveva mai regalata nessuno.

Kate abbassò la testa e sospirò. Era più difficile di quanto pensasse, ma per la prima volta da quando era rientrato a casa aveva detto qualcosa di carino su loro due. Rick seguì i suoi movimenti con lo sguardo.

- Potremmo metterci questo, per cominciare. - Così gli diede una scatolina piccola e lunga. Rick come prima cosa la scosse per sentire se anche quella fosse vuota ma sentendo il rumore sorrise e tolse il coperchio. Appena vide il contenuto il suo sorriso svanì, guardò Kate con la bocca ancora aperta e lei gli fece solo cenno di sì con la testa. Appoggiò la piccola scatola con il test di gravidanza dentro quella più grande e si coprì il volto con le mani, respirando un paio di volte profondamente.

Si rialzò di colpo quando sentì la mano di lei sulla sua spalla e la vide in piedi vicino a lui.

- È vero? - Le chiese tremando.

- Sì, è vero… - Gli rispose accarezzandogli i capelli. - È vero…

Alzò la testa verso di lei, guardandola dal basso in alto e si sentì così stupido per tutto quello che aveva pensato e le aveva detto, per come anche in quella cena l’aveva tenuta a distanza per le sue paure ed il suo animo ferito. Si sentì piccolo, minuscolo davanti a lei e alla grandezza di tutto quello che era. La attirò a se ed appoggiò la testa sul suo ventre, cominciando a piangere senza riuscire a contenersi e non voleva farlo. Kate mise tutte e due le mani sulla nuca di Rick e vedendolo non riuscì a tenersi nemmeno lei, perché le emozioni erano tante, erano troppe. Sentendo il corpo di Kate scosso dai sussulti del pianto, Castle si alzò e la baciò dolcemente sussurrandole parole di scusa che sembravano troppo poche e troppo stupide, che lei fermò con le labbra, cercando altri baci. Non voleva le sue scuse, voleva solo essere sicura che lui fosse felice, che avesse capito. Poi Rick si avvicinò con la fronte a quella di Kate che ora poteva vedere chiaramente il suo volto rigato di lacrime che nascevano dai suoi occhi chiusi. Lo accarezzò per asciugargliele e poi gli diede un lungo bacio sulla guancia, prima di appoggiarsi con la testa sull’incavo della sua spalla. Castle la avvolse in un abbraccio protettivo, stringendola a se senza alcuna pressione, ma con un legamene emotivo che andava oltre qualsiasi cosa. Non riuscivano nemmeno a parlarsi, a dirsi nulla. Rimasero solo abbracciati per un tempo che non seppero quantificare.

   
 
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