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Autore: Sospiri_amore    18/08/2017    0 recensioni
❤️SECONDO LIBRO DI UNA TRILOGIA❤️
Ritorneranno Elena, Kate, James, Jo, Adrian, Stephanie, Lucas, Rebecca, (Nik ??).
Ci saranno nuovi intrecci, guai, incomprensioni e amori.
Elena avrà dimenticato James?
Chi vivrà un amore proibito?
Riuscirà il Club di Dibattito a sconfiggere la scuola rivale?
Nik sara sempre un professore del Trinity?
Elena andrà al ballo di fine anno?
IL FINALE di questo libro corrisponde alla fine del liceo, il terzo libro sarà incentrato sulla vita adulta dei personaggi. Più precisamente quattordici anni dopo.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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IERI:
Innocue bugie



 

Il Trinity non fa poi così paura se hai gente che segue e apprezza quello che fai. Il mio fan club è stato molto efficace, è riuscito a imporsi sugli altri. Le E che ho regalato sono ricercatissime, alcune ragazzine dei primi anni hanno cercato di imitarle, ma il risultato è di qualità inferiore.

L'ultima moda a scuola è possedere quel ciondolo dipinto da me.

Il fatto che la sfoggiasse Stephanie mi ha aiutata parecchio. È molto carina, la sua famiglia è molto conosciuta a New Heaven, quindi ho sfruttato a mio vantaggio la sua popolarità.

Anche Jo l'ha attaccata allo zaino. È lo studente con la media più alta del scuola, fa parte del Gruppo A di Dibattito dell'ultimo anno e inoltre si è candidato come rappresentante di Istituto contro Adrian. Credo che nessuno studente pensasse che qualcuno avrebbe avuto il fegato di opporsi alla cricca di Rebecca così sfacciatamente.

Molti ragazzi hanno preso Jo in simpatia, i ribelli hanno sempre il loro fascino. Il fatto che avesse la mia E ha giocato a mio favore.

Kate invece non ha mai indossato la E che le ho regalato. Mai. Peggio per lei, aveva un'occasione per uscire dall'anonimato in cui vive da anni, vuol dire che resterà nell'ombra, come sempre.

 

«Devo preparare molti cartelloni da appendere per le bacheche nella scuola. Non so se faccio in tempo, ho fisica e storia da studiare». Jo sta mettendo a posto i libri nell'armadietto.

«Non ti preoccupare, ci penso io». Prendo dalla borsa il cellulare e scrivo un messaggio alle ragazze del mio fan Club.

 

Dovete preparare tanti cartelloni quante sono le bacheche a scuola. Jo ha bisogno di pubblicità per le elezioni. Spargete voce tra i fan club. Avete fino a domani mattina. Ripulite le bacheche dalle cose che non servono.

 

In meno di quindici secondi ricevo un ok di risposta.

 

«Fatto. Domani avrai i tuoi cartelli», dico io.

«Ma come hai fatto?», Jo ride, «Anzi no. Non voglio saperlo».

Stephanie ridacchia mentre Kate tiene il muso.

«Oggi ho la punizione a casa della McArthur, ha anticipato di un giorno. Mi dispiace ma non posso venire con te. Facciamo domani?», dico a Stephanie.

«Certo, i negozi sono sempre aperti. È da una vita che non faccio shopping con le amiche. Anche se è un po' frivolo devo ammettere che mi manca girare a zonzo per i negozi e far impazzire le commesse».

«Vuoi venire anche tu con noi?», chiedo con finta cortesia a Kate.

«Certo che viene anche lei, ci mancherebbe», dice allegra Stephanie, «Siamo amiche, no? Senza Kate non saremmo complete».

«Certo», diciamo in coro io e Kate senza smettere di guardarci male.

 

Possibile che la mia ex migliore amica sia cambiata in così poco tempo? 

Mi guarda dall'alto in basso, come se stessi compiendo atti tremendi contro l'umanità. Lei stessa ha avuto l'idea, ad inizio anno, di cambiare le regole al Trinity, eppure sembra l'unica a non capire l'importanza delle cose che sto facendo per tutti noi. Avere Jo come rappresentante di Istituto sarebbe una conquista importante, l'influenza di Stephanie non è da sottovalutare e poi mi sono costruita una certa fama, molti studenti mi ascoltano e fanno ciò che dico. In breve tempo la scuola potrebbe essere nostra.

 

Un gruppetto di matricole si avvicina a Jo, alcuni gli stringono la mano, altri sorridono come beoti. 

«Jonathan, posso scattare una foto a te e alla tua fidanzata?», gli chiede una ragazza dai capelli ricci. Quella sta guardando in alternanza Jo e me.

Colgo la palla al balzo.

«Certamente». Prendo a braccetto il mio amico, mi stringo a lui e lo bacio sulla guancia.

Jo arrossisce.

«Sei impazzita? Ma che fai?», mi bisbiglia Kate dandomi una gomitata nel fianco.

«Una bugia così innocua non può far male a nessuno. Andr... Hmm... Insomma, sono cose importanti per l'elezione di Jo, lo sto solo aiutando». Stavo per farmi sfuggire una delle regole di Andrew.

«A me sembra solo che ti sia bevuta il cervello», mi dice Kate sempre a bassa voce.

Non faccio in tempo a risponderle quando un rumore di tacchi ci raggiunge da dietro le nostre spalle.

 

Rebecca. Solo lei può essere odiosa anche solo camminando.

 

«Bene, bene. Chi abbiamo qui? La mia brutta copia con accessori di marca. Il poveraccio che vuole vincere le elezioni. Una sporca traditrice. E poi ci sei tu, talmente inutile che se non fosse per le tue foto non si ricorderebbe nessuno di te».

Non dico nulla a Rebecca, trattengo un sorriso per via della sua frecciatina a Kate. Jo e Stephanie, invece, scattano per difenderla.

«Credo ti convenga stare zitta. Quando sarò rappresentante di Istituto la vostra popolarità calerà parecchio», dice Jo fissando Rebecca negli occhi.

«Se credi di poter vincere sei un illuso. Lavoro alla mia candidatura da tempo, la mia famiglia è nella politica da sempre. So benissimo come affondare i tipi come te», dice Adrian boriosamente.

«Non ne sarei così sicuro. Vi conosco molto bene, so tutto di voi, come ragionate e cosa volete ottenere. Il mio aiuto a Jo non mancherà di certo». Stephanie si è piazzata tra me e Jo.

«Se volete la guerra, per noi va bene. Siete solo imitazioni mal riuscite di noi. Non siete in grado di fare nulla di male. Voi quattro siete così buoni, così per bene. Sapete cosa è giusto e cosa è sbagliato», Rebecca fa la vocina sottile. Ci sta dando degli stupidi ingenui.

 

Sghignazzo.

Osservo gli atteggiamenti di Rebecca con distacco, come mi ha consigliato Andrew. Mi faccio scivolare addosso gli insulti, non mi importa di nulla. Per la prima volta vedo Rebecca per quello che è: una poveretta aggrappata, con le unghie e con i denti, all'unica cosa che la rende felice. Essere guardata, essere al centro dell'attenzione. 

 

«Che ridi?». La mia reazione ha messo in guardia la bionda che inizia ad innervosirsi. 

Alzo le spalle divertita, non voglio darle corda.

«Come cavolo ti permetti, brutta...». La faccia rossa di Rebecca ha raggiunto una sfumatura violacea. Il suo dito indice è puntato sulla mia spalla con una certa forza.

«Adesso basta!», dice James prendendo la sua amica per i fianchi e allontanandola da me.

Jo e Stephanie si mettono alla mia destra e alla mia sinistra, hanno lo sguardo serio. Sono pronti a difendermi.

 

Se le acque non si calmano potrebbe scoppiare una rissa.

 

«Adesso ho un impegno da mia nonna. Se tu arrivi tardi, io sarò obbligato a lavorare di più, quindi sei pregata di seguirmi. Ti porto in macchina», mi dice James con decisione, non ammette repliche.

«Va bene». Alzo gli occhi al cielo e sbuffo.

Mi sento prendere la mano. È Jonathan: «Sicura che vuoi andare con lui? Se vuoi ti accompagno», mi sussurra in un orecchio.

«Tranquillo, so come gestirlo. Devi studiare e riposare, domani inizia la campagna elettorale, devi essere in forma, capito?». Accarezzo Jo sulla guancia, poi lo abbraccio.

 

James sta facendo saltare le chiavi della macchina in mano.

Vuole che mi sbrighi.

 

Sfilo tra i due gruppi, da una parte c'è Rebecca, Adrian e Lucas e dall'altra Kate, Stephanie e Jo. Percepisco la tensione, mi sembra quasi di vedere i fulmini uscire dai loro occhi, proprio come nei cartoni animati.

«Muoviti!». James cammina rapido per il corridoio della scuola, con i tacchi alti faccio fatica a stargli dietro. Raggiungiamo la macchina in pochi minuti, andavamo così rapidi che ho il fiatone.

 

Era da mesi che non salivo sulla macchina di James.

Il profumo di muschio, il rumore del motore, la morbidezza della pelle dei sedili, sono gli stessi che ricordavo. Sul sedile posteriore c'è il borsone con cui James va a giocare a tennis, la solita bottiglietta d'acqua e un paio di libri. Nulla sembra cambiato.

 

«Quindi è vero che esci con Jonathan». James sta facendo manovra per uscire dal parcheggio. 

«Jonathan ed io vogliamo essere discreti, non ci piacciono i pettegolezzi», dico io cercando di mantenere un certo distacco. Per far vincere Jo devo far credere a tutti che siamo una coppia, in questo modo ha più probabilità di successo.

«Mi pare di ricordare che l'anno scorso hai rotto con lui proprio perché voleva mantenere un profilo basso. Adesso ti va bene?». James alza le sopracciglia scettico.

«Sì», rispondo secca.

«Tranquilla, non farti illusioni. Non mi interessa con chi esci, chi baci o chi ti porti a letto. Voi due siete perfetti insieme, uno sfigato e una bugiarda sono sempre una bella accoppiata». James ha il suo solito sorrisetto malizioso.

 

Elena. C A L M A.

Non urlare.

Elena. C A L M A.

Ricorda cosa ha detto Andrew.

Elena. C A L M A.

Ti sta provocando.

 

«Già, Jo ed io siamo una bella coppia», dico cercando di mantenere il controllo e non iniziare a sbraitare.

James resta in silenzio per qualche secondo, continua a girarsi a guardarmi. Se ne sta con la bocca aperta come se volesse dire qualcosa, ma non trovasse le parole.

«Che fai? Hai un tic nervoso? Credo sia meglio che ti concentri sulla strada, io sono sempre la stessa ogni volta che mi guardi», gli dico acida.

«Hai qualcosa di strano, sei più irritante del solito. Non che normalmente tu sia una persona piacevole, ma in questo momento mi stai disgustando», dice James.

«Che carino, sei sempre così delicato con i tuoi commenti nei miei riguardi. Prendo la tua opinione e la segno su questo bel taccuino». Con le dita fingo di tenere in mano una penna e di star prendendo appunti su un foglio inesistente. Poi gli sorrido sbattendo le ciglia. Lo sto prendendo in giro senza il minimo riguardo.

«Ma chi diavolo sei? Hai bisogno di un dottore, uno bravo». James è nervoso, ha un tono più alto del solito.

«Va bene. Grazie. Lo terrò presente», dico io mostrando un sorriso smagliante, anche se in verità vorrei prenderlo a sberle.

«Credo tu stia prendendo una strada pericolosa. Li perderai tutti, uno ad uno. Quando resterai sola, nessuno ti vorrà più come amica. Come adesso con Kate», mi dice.

«Che ti importa? Tra me e Kate va tutto bene. Benissimo. Siamo le amiche perfette e sempre lo saremo. Non osare farmi la lezioncina su come mi debba o non debba comportare. Hai fatto tante di quelle porcherie con i tuoi amici che adesso diventi Mister Moralità?». Giuro che sto per scoppiare, mi trattengo a fatica.

«Appunto per questo, ne ho combinate così tante che so come andrà a finire. Non hai la scorza, crollerai, non sei fatta così. Non è nel tuo DNA», mi dice mentre parcheggia nel vialetto di villa McArthur.

«Così come? Che ho di così strano?», gli chiedo sorridente, mentre cerco di soffocare le emozioni che sto provando.

James abbassa il parasole dalla mia parte e solleva il coperchio dello specchietto.

 

Nel piccolo rettangolo vedo riflesso parte del mio volto. Le ciglia finte incorniciano i miei occhi, degli orecchini d'oro adornano le mie orecchie, la piega dei miei capelli è perfetta. Il mio volto sembra di cera, un sorriso, vuoto e freddo, è stampato sul mio volto. 

 

«Cosa farai quando crollerà tutto questo? Se non avrai Kate al tuo fianco chi raccoglierà i cocci?», mi dice James.

 

2 - Non dire mai ciò che pensi veramente, 

conta fino a cinque prima di parlare.

1.

2.

3.

4.

5.

 

«La mia vita non è affar tuo. Non voglio che ti interessi a me, in nessun modo. Faccio quello che mi va di fare e non sarai certo tu ad impedirmelo», gli dico squadrandolo con disgusto.

James mi fissa per qualche secondo poi esce dalla macchina sbattendo la portiera.

 

Un peso mi si agita bel petto. È come avessi tante mani che mi comprimessero, che mi stringessero i polmoni e schiacciassero lo stomaco.

Le mani iniziano a tremare, non riesco a controllarle. Lo sguardo si posa sul piccolo specchio che ho di fronte. Non mi riconosco più. Una lacrima scivola tra le ciglia finte.

Prendo il cellulare.

Chiamo Andrew.

Ho bisogno di sapere se sto facendo la cosa giusta.

Ho bisogno di sentirmi dire che sto facendo la cosa giusta.

Ho bisogno di conferme.

Ho bisogno di sentirmi capita.

 
   
 
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