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Autore: PawsOfFire    18/08/2017    4 recensioni
Russia, Gennaio 1943
Non è facile essere i migliori.
il Capitano Bastian Faust lo sa bene: diventare un asso del Tiger richiede un enorme sforzo fisico (e morale) soprattutto a centinaia di chilometri da casa, in inverno e circondato da nemici che vogliono la sua testa.
Una sciocchezza, per un capocarro immaginifico (e narcisista) come lui! ad aggravare la situazione già difficoltosa, però, saranno i suoi quattro sottoposti folli e lamentosi che metteranno sempre in discussione gli ordini, rendendo ogni sua fantastica tattica fallimentare...
Riuscirà il nostro eroe ad entrare nella storia?
[ In revisione ]
Genere: Commedia, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Furia nera, stella rossa, orso bianco'
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Nota iniziale:

Buonsalve! non sono sparita anche se, con questo ritmo vi do il permesso di prendermi a bastonate potrebbe così sembrare.
Mi sono concessa una piccola vacanza nelle terre del buon Bastian e, tra una birra e l'altra, ho perso la cognizione del tempo (?)
Mi scuso profondamente per il ritardo ripromettendomi puntualità.
Vi lascio al capitolo, adesso. Grazie a tutti voi per seguirmi nonostante il mio ritmo altalentante. Diventerò precisa, un giorno! ma non oggi






Scrutai con lo sguardo l’orizzonte.
Semisepolti sotto un manto di caduche foglie secche rimanevamo in silenzio, sdraiati sul morbido terreno fangoso nel quale erano state scavate naturalmente le nostre figure.
Così, in caso di prematura dipartita, avremmo avuto delle belle tombe di terra, un lusso che non molti potevano permettersi.
Il cielo cupo e grigio, carico di pioggia autunnale, reggeva come una cornice silente la nostra attesa, facendo frusciare di tanto in tanto vampate di foglie, lasciandole volteggiare a mezz’aria come ballerine dorate.
Nel silenzio più totale solo la nostra mitragliatrice cantava.
Dietro di essa si nascondeva la sottile figura di Tom oramai completamente ricoperta di foglie. Solo il cappellino nero ed un continuo borbottare facevano presagire la sua esistenza.
Daniel, agitato come sempre, stava invece in disparte, raggomitolato sotto un albero con gli occhi sbarrati e contornati da spesse occhiaie.
Non riuscendo a sottostare ai ritmi di sonno e veglia dei russi decidemmo all’unanimità di lasciarlo perennemente in guardia mentre noi dormivamo.
...peccato che, in qualità di vedetta, sia pessimo. Ogni singolo scricchiolio lo faceva sussultare. La naturale conseguenza dunque era quella di venirmi a svegliare per un cazzo di ratto, una pigna caduta o una qualsiasi altra follia partorita dalla sua mente.
Non si muoveva, respirava appena, paralizzato dal terrore insensato delle foglie.
La sua ignoranza rischiava di vanificare i nostri sforzi.
In un attacco d’arte avevo ricoperto la Furia, già tinta mimetica per l’occasione (a quanto parte per l’inverno 43 il cachi autunnale è alla moda ed io non mi esimo in fatto di tendenze) di foglie secche. Nascosto dietro di noi, il panzer era /quasi/ invisibile.
A conti fatti Daniel e la sua divisa nera erano bersagli facili ed appetibili.
“Kemple” ringhiai a denti stretti, facendogli cenno di prendere posto accanto a Klaus, l’unico che “ci sa fare con i bambini”
“Ho paura” rispose la recluta con un acuto pigolio, abbastanza forte da far svegliare eventuali russi nell’arco di cinquanta metri.
“Silenzio, dannazione!” Sbottò Tom, spostandosi la sigaretta dal lato sinistro della bocca mentre ricaricava la mitragliatrice poggiata sul treppiedi. La nebbia copriva il fumo, per questo il pilota ne stava approfittando per dare fondo alle sue scorte.
“Quando fare silenzio lo decido io, Weisz” mi ritrovai saggiamente ad obiettare.
Il giovane sergente roteò gli occhi con disappunto, tornando a seppellirsi sotto il mento di foglie.
“Kemple, vieni subito qua altrimenti ti sbatto davanti alla corte Marziale per aver disobbedito ad un tuo superiore” Lo intimai nuovamente. Questa volta con le cattive, però.
La recluta tirò su con il naso rumorosamente, asciugandosi gli occhi appena umidi.
“Capitano...ho più paura delle foglie che del tribunale, in realtà.”
Ah beh,
Le priorità.
Non riuscivo a capire se stesse bluffando, conscio che non avrei mai fatto una cosa simile, oppure stesse dicendo la verità. Ma, a conti fatti, era troppo stupido per arrivare ad un ragionamento così sopraffino.
Però nessuno frega il Capitano Faust, oh no.
“Come preferisci” lo assecondai, tornando a lucidare le lenti dei binocoli.
“Lo sai che quando vieni impiccato ti caghi addosso? Vuoi davvero morire con le brache sporche di merda davanti a tutti?”
Daniel trasalì, diventando rosso in volto.
Essendo un pisciasotto di prima categoria con i calzoni sempre zuppi aveva un’idea piuttosto concreta di cosa significasse vergognarsi a morte in pubblico.
Anche con una corda al collo.
Per questo lestissima la recluta scivolò nel fango con gli occhi chiusi e le mani alle orecchie, spostandosi con i gomiti come una specie di grosso millepiedi.
Klaus, molto più paziente di me in fatto di ragazzini, si premurò consolarlo, facendogli scivolare sulla schiena qualche foglia per renderlo meno visibile.
Spero vivamente che ci forniscano un capo mimetico al più presto.
I russi hanno già provveduto da un pezzo a camuffarsi. Ce ne siamo accorti a loro spese mentre pulivamo i cingoli della Furia da un piccolo incidente nei confronti di un cecchino sovietico.
Mentre Klaus e Martin erano intenti a sradicare tessuto e muscoli dalle ruote Daniel, fifone e curioso come non mai, aveva raccolto un bellissimo Mosin-Nagant* dalla mano ancora chiusa del camaleontico malcapitato.
“Capitano, guardi qua! Ora sono un cecchino!” urlò, imbracciando alla buona quel grosso fucile con un gigantesco periscopio.
Tentammo di zittirlo ma lui, esaltato, parlava usando un tono di voce troppo alto.
Maledetto l’ufficiale che lo ha considerato idoneo alla guerra. Temo inizi ad esserci penuria di uomini, così accettano cani e porci.
Io, in quanto essere magnanimo e votato per l’amore universale (nei miei confronti, possibilmente) farei in modo che anche le donne potessero arruolarsi, come succede tra i russi.
Battaglioni misti, ovviamente. Già mi vedo, possente ed energico Capitano guidare quattro giovani sottoposte...ovviamente combattive, abili, infinitamente belle , desiderose di eseguire i miei ordini ma soprattutto versatili nell’eseguire diverse mansioni, anche fuori dall’ambito militare...insomma…
“Capitano! Una foglia gigante si muove!”
Stavo dunque divagando in castissimi pensieri di soldatesse in divisa succinta che leste mi chiamavano per grado implorandomi di poter fare manutenzione al carro (Non al Panther, l’altro) che Daniel mi gettò brutalmente nella realtà. Preso dal panico, la giovane recluta sparò in aria, cadendo a terra per il contraccolpo.
Questo in cambio del buon Gerste. Che pacco pazzesco.
La cosiddetta “foglia gigante” oltre ad essere in grado di muoversi, era munita di mitragliatrice e non ci mise molto ad aprire il fuoco.
Solo l’intervento tempestivo ed inaspettato di Fiete, oramai un cane adulto e consapevole del suo valore militare, ci salvò.
Un morso ben assestato al braccio fece mollare la presa all’uomo che, colto dal panico, tentò di scappare cadendo a terra.
Solo così riuscii ad avvicinarmi al nemico per piantargli una pallottola in fronte e prendermi il merito.
Daniel, non contento, pianse lacrime amare rialzandosi. Provò a sparare ancora una volta ma il fucile non rispose al suo comando.
“Capitano, ho rotto questa meraviglia, sono affranto...”
“Devi ricaricarlo, prima”

Un lieve verso di stupore sfuggì dalle labbra del ragazzo. Mi ringraziò ma il mio udito selettivo lo ignorò, preferendo concentrarsi sui guaiti festosi del Caporale Fiete.

~

Ho divagato un po’ troppo.
Torniamo a noi, alla nostra postazione sepolta dalle foglie.
Mentre noi quattro, membri della vecchia guardia, osservavamo il territorio alla ricerca del nemico per decidere come spostarci la giovane recluta aveva estratto dall’interno della giacca un numero di Signal** recante in copertina una foto di un bombardiere al decollo.
Incapace, disinteressato e vigliacco. Forse sto espiando attraverso di lui un peccato commesso in una vita precedente.
“Capitano...”
E stupido, naturalmente.
“Ho capito perché non riesco a dormire. Questa terra è infestata da fantasmi”
Cercai di ignorarlo fin quando non mi sbatté l’articolo in faccia.
“Vede, qua! c’è scritto chiaramente...affari esoterici...”
Presi un respiro profondo. Con suo grande disappunto sfogliai la rivista fin quando non trovai un inserto dedicato a delle allegre infermiere di provincia.
“Se proprio vuoi esimerti dal conflitto, ricordandoti caldamente che la diserzione è un reato punibile con la morte, almeno fallo bene. Anzi, no, dammi un po’ qua che queste signorine meritano attenzione...”
Purtroppo dovetti concedere loro solo un breve ed intenso sguardo. In quanto Capitano dovevo dare il buon esempio. Restituii dunque la rivista al suo proprietario, premurandomi di farmela prestare qualora ne avessi avuto bisogno.
La recluta annuì sbrigativamente, infilandosi nuovamente la rivista all’interno della giacca.

~

Dopo aver scandagliato il territorio alla perfezione finalmente decidemmo di ripartire.
Tom, tra tutti, sembrava apprezzare maggiormente la nuova Furia rispetto agli altri, me compreso.
“Finalmente sembra di guidare per davvero!” esclamò, accendendo il rumoroso e bollente motore che da lì a poco avrebbe eliminato anche il più flebile strascico di gelo dai nostri corpi che, fino ad un momento prima, giacevano immobili tra il fango umido e la nebbia gelida.
“Quello vecchio era un cazzo di sasso gigante. Beveva più del Capitano ed è già tutto detto...”
In effetti in quel preciso momento mi stavo dissetando con un distillato di patate*** ma non era questo il problema.
“Negativo, Weisz. Con questa bottiglia” che sollevai con enfasi, tanto non poteva vederla “Faccio ben più strada di quanta possiate immaginare. A tal proposito...Kemple, tu bevi?”
“No, signor Capitano! La mia rigida dieta si basa sul seguire i fondamentali dettami del super uomo, signore! Il fumo è caldamente sconsigliato, così evito le sigarette ed aberro le prostitute per non mischiare il mio puro sangue germanico, signore!”

Ci fu un minuto di silenzio. Pesantissimi sessanta secondi interrotti solo dalla risata fragorosa di Tom. La sua inusuale ilarità si rovesciò su di noi, facendoci subire una bella accelerata nella lentezza dei quaranta chilometri orari del Panther.
“Che gran portento, Daniel!” Lo schernì, levandosi la bava con il dorso della mano
“Ricordami solo una cosa. Da dove provieni...”
“Wuppertal, Signor Sergente!”
“Il treno che dondola deve averti dato alla testa...****”
“Onorato che lei conosca il nostro orgoglio, lo Schwebebahn, Signor Sergente!”
“Ci sono stato un paio di volte, sono di Dussledorf, io”
“Non ci sono mai stato, Sergente! Mi dica, è una bella città?”

Il dialogo proseguì nel suo corso naturale. Daniel, con gli occhi a cuore nel sentir parlare della sua città natale, gesticolava euforico peggio di quegli alpini italiani che incontrai tempo fa.
Continuò a parlare del suo treno sospeso anche dopo la molestissima apparizione di un T-34 che, a muso diritto e minaccioso, era apparso oltre una fitta cortina di alberi, spezzandone i tronchi come se fossero di burro.
“Quindi lo prendevi tutti i giorni...” Tom continuò il discorso, portandosi al fianco del carro con una saggia retromarcia, lasciando che la torre ruotasse per portare il fianco fuori dal tiro nemico.
“Si! Andavo a scuola con quello! Era bellissimo osservare la città dall’alto...”
I russi dovevano averci localizzato, immaginai. Insolitamente stupidi, i nemici cercarono di avanzare ancora, noncuranti della riva di un fiume sassoso e profondo nel quale stavano per precipitare a picco.
Noi, dall’altra parte della riva, ci godevamo l’insolito spettacolo.
...Se non fosse stato per un secondo carro, un altro T-34 che, saggiamente, era rimasto in disparte. Un impercettibile fruscio a più di cinquanta metri che cercava di fiancheggiarci, la stella rossa ben visibile sulla torre.
“E’ coperto!” Li informai. Ordinai immediatamente a Martin di caricare il cannone quando la voce innocente di Daniel rispose con: “Che domande fa, Capitano? Certo che è coperto, è un treno come tutti gli altri...”
“Si sposta a destra!”
“In generale va in linea retta, Capitano...”
“Stai zitto, Kemple! Tu ed il tuo fottuto treno! Guarda avanti e spara...anzi, no. Stai zitto e non fare nulla.”

La recluta si rabbuiò. Mentre Tom cercava di fiancheggiare il nemico che altrettanto cercava di proteggersi, Daniel tirò nuovamente fuori dalla giacca Signal e, quieto, si lesse tutto d’un fiato un bel articolo sulla Luftwaffe.
Dal carro sprofondato uscirono cinque uomini. Umidi ed impacciati dalle casacche gonfie d’acqua i soldati correvano goffi e lenti davanti al nostro carro.
“Kemple”
“Si, Capitano?”
“Posi quella fottuta rivista e faccia quello che avrebbe dovuto fare.”
“Come fa a sapere che sto leggendo, signor Capitano?”
“Ammazza quei russi, avanti!”
mi ritrovai ad urlare alla radio mentre, con uno scarto di pochi secondi, il T-34 esplose un colpo lungo la nostra fiancata. Mirò in basso ma non a sufficienza per rompere il carrello, incassandosi nella placca protettiva e forandola abbastanza in profondità da divenire una minaccia per il motore
“Vedi a cosa porta la tua inefficienza, Daniel?” Sbottò Tom che, tra tutti, sembrava quello che meno tollerava la presenza del giovane inetto che, in risposta, si tramutò in una fontana di lacrime.
Solo dopo esserci concentrati a sufficienza ad ignorare Daniel riuscimmo ad assestare un brutto colpo alla torretta russa che, dopo una resistenza iniziale, si ritrovò fumante e scardinata. Fuggirono prima che riuscissimo ad infliggergli un ultimo colpo al motore, facendo divampare il carro ancora acceso in una pira gigante.
Apprezzammo particolarmente il fatto che il nemico, prima della fuga, avesse spinto avanti il carro in modo tale da sprofondare in acqua in caso di incendio. Noi tedeschi siamo sensibili all’ambiente e vedere questo bel bosco bruciare avrebbe abbassato notevolmente il nostro morale.
...Mai come quello di Daniel, però. Chino in un angolo il giovane piangeva disperato in preda ad una sorta di attacco di panico.
Klaus lo invitò ad uscire da carro per prendersi una boccata d’aria.
Lo accompagnò verso la riva del fiume. Noi, insensibili veterani, li guardavamo da lontano mentre il più vecchio lo aiutava a pulirsi nel fiume le brache zuppe.
“Non preoccuparti di loro” gli disse Klaus, strofinandogli i capelli in un gesto quasi paterno.
“Non sono cattivi, si sono semplicemente dimenticati quanto siano duri i primi tempi quaggiù.”

Note:
* Mosin-Nagant: uno dei principali fucili da cecchino usato dai russi
**Signal: controparte tedesca di "Life". Ebbe un grandissimo successo e venne tradotto in tutte le lingue dei paesi dell'asse.
*** Vodka, in poche parole. Ma distillato di patate sembrava decisamente più elegante per l'occasione.
**** Wuppertal e Dusseldorf appartengono allo stesso lander, in Renania-Westfalia, e sono molto vicine come posizione. Wuppertal è caratterizzata per questo treno sospeso "
schwebebahn" (letteralmente "treno che dondola") attivo dal 1901. Questo mezzo di trasporto è caratteristico della città, oltre ad essere unico nel suo genere. 

   
 
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