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Autore: Jessie_Tzn    18/08/2017    1 recensioni
«Dalla finestra della sua camera, Iris riusciva a vedere in lontananza gli aerei che spiccavano il volo e che, allontanandosi, diventavano sempre più piccoli fino ad essere un puntino di luce e, infine, sparire del tutto.
La ragazza dai folti capelli ricci voleva sparire come quegli aerei che ogni giorno vedeva decollare e viaggiare tra le nuvolette bianche del cielo. Forse la soluzione a tutti i suoi problemi era quella: andare via da quei luoghi, da quelle persone, da quei pensieri.»
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo II- Qualche riccio e qualche storia




La dolce fanciulla si destò dal suo sonno mentre i raggi del Sole illuminavano già la sua camera dalle pareti color panna. Si sedette sul bordo del suo lettino e passò qualche minuto a riflettere su questo nuovo giorno che avrebbe dovuto affrontare. In seguito il suo sguardo andò a posarsi sull'orsacchiotto bianco che le teneva compagnia ogni notte e che sembrava, con lo sguardo, chiederle di restare.

«Non guardarmi così. Se dipendesse da me, tornerei a dormire» disse guardandolo. Accennò ad un sorriso, infilò le pantofole, si alzò dal letto e si diresse verso la stanza da bagno. Fece velocemente la doccia e si lavò i denti mentre ripassava nella mente gli argomenti studiati il giorno prima. Questo non la divertiva particolarmente, ma tra le poche cose che andavano a costituire quella che era la sua vita vi era la scuola. Aveva un'ottima media, la più alta della sua classe nonostante i vani tentativi di superarla di una certa Teresa, un'acidissima ragazza dagli occhi verdi come il veleno e la cui simpatia era paragonabile ad un doppio ceffone in pieno viso, di quelli che lasciano il segno delle dita sulle guance. Iris di certo non era un abile raccontatrice di barzellette, né era il divertimento in persona, ma non era nemmeno antipatica. Era timida, ma era molto gentile nei suoi modi, nei suoi atteggiamenti e nel suo modo di relazionarsi con gli altri. Essendo molto brava in ogni materia, i suoi compagni le chiedevano spesso aiuto e lei era sempre disposta a spiegargli ciò che non avevano capito. Lo faceva volentieri, anche se erano le stesse persone che in un'altra occasione non le avrebbero nemmeno rivolto la parola.

Fece colazione con un paio di fette biscottate e poi corse alla fermata dell'autobus il quale, incredibilmente, era in orario. Da casa sua alla scuola non ci voleva tantissimo tempo, ma era abbastanza da potersi concedere di osservare il panorama dal finestrino: strade, giardini, villette, palazzi. Persone che correvano in ufficio in giacca e cravatta e altre che, con lo zaino in spalla, camminavano adagio; persone che erano al telefono e altre che caricavano le valigie in auto. 
Iris provava ad immaginare le loro storie, i loro problemi, i loro sogni. Quel signore pelato in giacca e cravatta, ad esempio. La ragazza aveva rapidamente organizzato nella sua mente un'intera scena: lui tornava a casa e la moglie lo accoglieva dandogli un bacio dolce sulle labbra che lui ricambiava. Arrivava poi, urlando come tutti i bambini, il suo figlioletto che tra le mani reggeva una pallina colorata e gli chiedeva di giocare. Il pelatone andava in camera ad indossare qualcosa di più comodo e quando tornava era subito pronto a fare qualche tiro con il suo piccolo campione. 
Il suo problema era il tempo. A causa del troppo lavoro non riusciva a passare molto tempo con la sua famiglia e di questo sua moglie lo rimproverava spesso ma mai con aggressività perché capiva che il marito faceva sacrifici per permettere loro di vivere con serenità. 
Il suo sogno era diventare capo ufficio e non rischiare più di perdere il suo lavoro da un momento all'altro.

Mentre elaborava queste teorie, l'autobus era già arrivato a destinazione. Una volta scesasi guardava intorno e tutti i suoi coetanei erano ancora fuori i cancelli a fumarsi una sigaretta prima di entrare. Era già tardi ma avevano la scusa dei ritardi dei mezzi pubblici e quindi sentivano di potersi autorizzare a perdere altro tempo. Iris, invece, camminava spedita verso l'entrata.

Raggiunse la sua classe e, dopo aver salutato il prof con un educato "Buongiorno", andò al suo posto. 
Il suo compagno di banco era lì seduto ad aspettarla.

Lorenzo era uno dei pochi che non fumava e se Iris avesse dovuto descriverlo a qualcuno, tra le prime caratteristiche che avrebbe elencato, avrebbe menzionato i numerosi bracciali e anelli che portava rispettivamente al polso e alle dita. I suoi anelli facevano parte di una preziosa collezione della sua saga preferita: il Signore degli Anelli. La ragazza gli chiedeva spesso di prestargliene uno, ma quello era "il suo tesoro", giusto per restare in tema. Iris lo chiamava Riccio pervia dei suoi capelli: li portava corti ai lati, ricci e un po' più lunghi al centro. Di solito qualche ciuffetto ribelle si poggiava sulla sua fronte e lui passava intere ore a cercare di aggiustarlo.

«Passi più tempo tu con la mano tra i capelli che un parrucchiere.» commentava ironica l'amica e lui le sorrideva.

Il loro banco era stracolmo di scritte, disegni e calcoli svolti a matita. Si erano sempre ripromessi che un giorno li avrebbero cancellati ma ovviamente quel giorno non arrivava mai e, dopo circa cinque mesi, la superficie del banco non era più verde come prima, ma era di un grigio matita misto a varie sfumature di nero penna, rosso penna e blu penna. Di solito la rossa e la blu erano sempre prese in prestito da qualche compagno di classe perché le numerose penne colorate di Iris sparivano nel nulla dal primo giorno di scuola.

«Nuova opera d'arte?» gli chiese mentre Lorenzo con la matita stava tracciando le linee per disegnare un volto. Il ragazzo aveva una forte passione per l'arte che manifestava in ogni spazio libero tra una materia e l'altra, tra un sogno e l'altro, tra una pagina e l'altra. Era stato costretto a scegliere la ragioneria dai suoi genitori per via della vicinanza dell'istituto alla scuola elementare che frequentava la sua sorellina più piccola, Emma. In questo modo lui poteva passare a prenderla all'uscita da scuola e poi tornare a casa.

«Emma» rispose disegnandole i capelli lisci e corti e poi gli occhi che sarebbero dovuti essere castani come i suoi, ma non aveva i colori per farli.

Nel frattempo erano entrati tutti i suoi compagni di classe che, con aria sofferente, prendevano posto in aula. Tra di loro vi era anche Ugo che con il suo animo ribelle e un bicchiere di plastica contenente del caffè faceva il suo ingresso trionfale.

«Le posso offrire anche una sigaretta, Maffei?» domandò irritato il prof di diritto con la penna tra le mani.

«No, grazie prof. Me l'hanno offerta i miei amici stamattina, sarà per la prossima volta.» e così dicendo fece un sorriso soddisfatto e gettò il bicchiere ormai vuoto nel cestino dei rifiuti.

«Signorina Occhipinti, vuole spiegarci lei la lezione del giorno?»

«Certo prof!» acconsentì veloce.

Iris fece un respiro profondo per gestire l'ansia dell'interrogazione e poi iniziò il suo discorso fluido ed elegante che spiegava nei minimi particolari la composizione della Costituzione italiana, la storia e le sue caratteristiche.

«Complimenti Occhipinti, sempre meglio!» ne seguì un ennesimo segno positivo sul registro rosso sempre aperto sulla cattedra.

«Puoi tornare a respirare, adesso» le sussurrò Lorenzo ridacchiando e le mostrò il disegno completo e colorato con le sfumature grigie della matita. Delle labbra carnose e un piccolo nasino si erano aggiunti ai tratti iniziali ed Emma era meravigliosamente ritratta su quel foglio precedentemente destinato a raccogliere appunti.

Lo diceva sempre la nonna: «Il sogno è quella gomma che si posa tra le mani di chi la desidera e cancella ciò che è scritto per riscrivere il destino»

 

 

 

   
 
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