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Autore: queenjane    20/08/2017    1 recensioni
Catherine Raulov cresce alla corte di Nicola II, ultimo zar di tutte le Russie, sua prediletta amica è Olga Nicolaevna Romanov, figlia dello zar. Nel 1904 giunge il tanto atteso erede al trono, Aleksej, durante la sanguinosa guerra che coinvolge la Russia contro il Giappone la sua nascita è un raggio di sole, una speranza. Dal primo capitolo " A sei settimane, cominciò a sanguinargli l’ombelico, il flusso continuò per ore e il sangue non coagulava.
Era la sua prima emorragia.
Era emofiliaco.
Il giorno avanti mi aveva sorriso per la prima volta."
Un tempo all'indietro, dolce amaro, uno spaccato dell'infanzia di Aleksej, con le sue sorelle.
Collegato alle storie "The Phoenix" e "I due Principi".
Preciso che le relazioni tra Catherine e lo zar e la famiglia Romanov sono una mia invenzione, uno strepitoso " what if".
Al primo capitolo splendida fan art di Cecile Balandier di Catherine.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Periodo Zarista, Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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Il  solito egocentrismo trionfante, mica lo hai viziato solo tu, rilevava poi Olga, ma la crisi di Alessio, forse la più grave che avesse mai avuto, l’aveva toccata profondamente, al pari dei suoi genitori, si faceva molte domande, temeva il futuro e si rifugiava dietro maschere di allegria, leggeva tanto e cavalcava quando poteva, una sorta di liberazione .
Alessandra fu lieta per la guarigione del figlio, ma la sua ripresa era molto lenta, come accennavo.
Adesso veniva incolpata di avere contaminato i Romanov con la malattia della sua razza, Nicola ancora più compianto per l’avere il fardello di una simile moglie, che gli aveva dato un solo maschietto fragile come vetro.
Alix si sentiva come se fosse stata abbandonata da tutto il mondo e cercava, gelida, la solitudine, adesso tutti la consideravano un Pechvogel, un uccello del malaugurio che recava sol catastrofi e lutti, tutti ricordavano come  fosse spuntata dietro a una bara, quella di Alessandro III, suo suocero, deceduto poche settimane prima delle nozze con Nicola.
I russi erano un popolo superstizioso e lei pareva accompagnarsi alla mala sorte fin dagli esordi, sposa in tempi di lutto, massacri e lotte, quattro figlie prima di avere un fragile maschietto, che si accompagnava a dubbi personaggi, come Rasputin, ve ne era di che sparlare.
Si rifiutava di dare il suo contributo ai preparativi per la grande celebrazione del tricentenario dei Romanov, che avevano preso il potere nel marzo del 1613.
E la vita batteva alla porta.
 


Nel novembre 1912 conobbi Luois de Saint Evit, membro dell’ambasciata francese a un tè benefico organizzato dall’imperatrice madre.
Alto, sorridente e bellissimo, aveva qualcosa di trascinante, come una calamita.
Senza falsa modestia, sapevo di essere una ragazza molto carina, se non bella, alta e sottile, con un buon nome e una dote ottima, chi mi avrebbe sposato avrebbe fatto un affare con i fiocchi, tranne che non si discuteva di precise politiche matrimoniali, per quanto a mia diretta conoscenza, il granduca Dimitri Paulovic Romanov sul momento si dedicava alle liaisons piuttosto che a cercare una fidanzata ufficiale.
Tanto era, venivo guardata, ammirata, lodata.
E sapevo che la stagione dei matrimoni sarebbe giunta pure per me, un principe o chi. ( Tutto avrei poi immaginato, la prima volta che (r)incontrai  Andres che avremmo fatto a botte)
Questione di profumo, pelle, attrazione, combinazione di sorte, di lui mi piaceva tutto, come inclinava la testa, sorrideva e parlava, i movimenti delle mani.
Quando lo incontravo, rischiavo di diventare rossa come una bacca di agrifoglio.
Bacche di agrifoglio che ornavano le composizioni che Olga faceva quell’anno, candele di cera d’api, di varie grandezze scalate, munite di quella pianta e nastri e foglie di elleboro.
L’albero di Natale nel salone principale, era magnifico, alto e decorato in modo stupendo, profumava di resina, dei biscotti appesi, come le arance e i mandarini, di non minore bellezza quelli più piccoli per i bambini.
E la neve cadeva abbondante, era stupendo anche solo passeggiare, nelle pause,  mentre i rami degli alberi spogli del parco imperiale si stagliavano contro il cielo come braccia di ballerini pronti a un giro di danza, tema cui mi fermavo spesso.
“Ti ricordi, quando ero bambina avevo paragonato Mama a un albero di Natale, suntuoso e bellissimo, tanto era splendida, adorna di gemme, pronta per un ballo. A lovely Christmas’s tree.  “
“Sì. Era molto bella. “ Alessandra era invecchiata, rughe marcate e ciocche grigie, eredità dei giorni di Spala di quel tremendo autunno.
Al momento era sul suo divano,nella sua adorata mauve room,  oppressa dalla sciatalgia e dal mal di denti, al buio, depressa e scoraggiata, nemmeno i suoi amati fiori le recavano conforto, rifiutava di vedere persino le figlie, tanto era giù di tono.
Glissai ogni commento. Mia madre era pimpante e ringiovanita, sempre in salute, correva dietro a mio fratello e non spendeva fortune in creme e lozioni per il corpo, invecchiava anche lei, ma senza strepito, aveva ben avuto ragione lo zar Alessandro II a pronosticarle avvenenza e amore, lei e Alix erano in contrasto, sempre, non in termini di rango, quanto di soddisfazioni..
Discorso troppo lungo e complicato, mia madre non era la buona della situazione e la zarina la strega piena di difetti, che sarebbe stato troppo facile, poniamo che è più semplice apprezzare una persona sempre allegra e non una tragica, e Alix aveva ragione a dolersi e preoccuparsi, a temere per il bambino, peccato che raggiungesse livelli ossessivi, tralasciando il resto. Per me, tanto più ero triste, maggiormente sorridevo ed ero arguta.
“E questo Natale sarà molto bello. Progetto di pattinare sul ghiaccio, costruire pupazzi di neve, fare epiche battaglie sempre con le palle di neve..
“Partecipare a qualche ballo.. Sia a dicembre che in gennaio “
“Come quello per i tuoi diciotto anni”Una celebrazione come un’altra.
“Già. “ Pensai a Luois. E percepii di arrossire.  
“Sei rossa come una bacca. Chi speri che ci sia?”
“Più di una persona.” Glissando tout court.
“Già sarà bello e divertente.. “ Tacqui, per certe cose era come una ragazzina, romantica e sognatrice, io avevo baciato un ragazzo, mi ero invaghita di un altro. Come lei, diciamo che la sincronia, pur mutando, era rimasta.
Un segreto segretissimo, oso pensare, Alessandra sarebbe inorridita, io traviavo sua figlia, davvero .. Certo.
Come se Olga dormisse in piedi, senza alcun palpito di curiosità, rispetto ai dogmi materni, che predicava il dovere assoluto, ogni cosa che divagava poteva essere dissolutezza e perdizione, le sue care bambine, che non sarebbero mai cresciute.
Ignorando gli sviluppi del corpo femminile, come se non si crescessero i fianchi, il seno, l’altezza, tacendo del ciclo, le vestiva da bambine e bambine dovevano restare, due a due, The Big Pair and The Little Pair.
Come no, ripeto.
Olga era la persona più generosa che conoscessi, a dispetto dei suoi difetti, che erano in numero imperiale, appunto, a 16  anni aveva chiesto ai suoi genitori di aiutare una ragazza inferma di Carskoe Selo, dava offerte e faceva lavori di acquarello e cucito per i vari comitati di bisognosi come le sue sorelle.
E via così.
Omettendo le curiosità, a 14 anni aveva consultato insieme a me un manuale di anatomia, avevamo letto “Madame Bovary” e “Anna Karenina”, rigorosamente di nascosto.
Sapevamo la meccanica, capivamo solo in parte il desiderio.
Olga poteva essere ingenua, non stupida. Ed evitava di ricordare la prima volta che aveva avuto il ciclo, era stato un trauma.
Quando aveva la luna storta era indisponente, dispettosa e intrattabile, per quanto le volessi bene non ero cieca ai suoi difetti, rispetto a quello che combinai poi erano bazzecole, tracciamo una linea, lei ribatterebbe che le mie sono lacrime da coccodrillo, con ragione, peraltro.
Non ci avrei scommesso,tuttavia penso che si fosse scambiata dei baci e qualche stretta di mano con un ufficiale dello yacht imperiale, tale V.
Si era messa a ridere quando le avevano recapitato una cartolina su cui era fotografato il David di Michelangelo, le sue grazie nude, uno scherzo anonimo.
Più tardi, mi aveva confidato che aveva una mezza idea dell’autore, sospetti ma non certezze.
Nei giorni successivi avevo notato che passava molto tempo con tale V., chiacchieravano, mai nulla di scandaloso, sorvegliati come erano da mille  occhi d’Argo.
 Lui le piaceva, e viceversa, a impressione mia, che erano quelle di una ragazza smaliziata, ironica, ma sempre ingenua, sotto alcuni punti di vista, almeno allora,tranne che V. era sempre un ufficiale e non si sarebbe rovinato vita e carriera mettendo addosso le mani alla figlia dello zar.


Dai quaderni di Olga Romanov alla principessa Catherine” ..una mano stretta dietro le porte, il cuore in capriole e i primi baci, il mondo era bello, non mi aspettavo nulla se non il suo sorriso, era una luminosa estate, dilatata nel tempo e nel ricordo. V. mi piaceva, vivevo il presente, poi vennero i giorni di Spala e non ci pensai più, vi era altro su cui affannarsi, ma a novembre mia madre mi diede il lieto annuncio che V. si sposava con Olga K. Ironico, non trovi? Seppi solo dare le mie congratulazioni“


Un Natale splendido, l’ultimo che avremmo trascorso insieme, in tempo di pace, meno male che gli dei non ci avevano concesso il dono della preveggenza.
La messa solenne, i pasti, lo scambio dei doni, una mano stretta, ero bello magnifico, facemmo pupazzi e battaglie con la neve, sorvegliata speciale Anastasia, che una volta in una palla di neve aveva messo un sasso, colpendo Tatiana.
Voleva essere uno scherzo, per poco non terminò in tragedia, che la prese in testa.
Azzurro, calore, senso di appartenenza, che torna solo nel rombo del tempo passato.
Tears in heaven. 
 

 
   
 
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