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Autore: Shine_    20/08/2017    4 recensioni
[XV parte Car Wash; Zayn/Liam]
Quando Liam crolla Zayn gli è accanto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Liam Payne, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Car wash e seguiti'
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You can reclaim your crown

 

 

«There's nothing left
So save your breath
Lying in wait
(Caught inside this tidal wave)
Your cover's blown
Nowhere to go
Holding your fate
(Loaded I will walk alone)»

- Blow me away, Breaking Benjamin

 

 

I'm the self inflicted, mind detonator. I'm the one infected, twisted animator

Schivare il colpo dell’avversario. Proteggere il viso. Attaccare. E poi colpire, colpire, colpire.

Liam avvolse le braccia attorno alla sacca mentre prendeva dei respiri profondi per calmare le pulsazioni frenetiche del cuore, spinse la fronte contro la pelle nera e si concentrò sulla canzone che stavano trasmettendo le casse appese alla parete della palestra. Si allontanò dalla sacca quando gli sembrò di aver aspettato un tempo sufficiente per recuperare le forze e spinse i guantoni l’uno contro l’altro, tornando a colpire con più precisione e forza negli stessi punti.

- Non ti sembra di star esagerando?-

Scosse il capo con un grugnito e sfogò una parte dell’energia in accumulo sul paradenti, irrigidendo la mascella e tornando a colpire con forza. Prima il destro, poi il sinistro e ancora il destro, il destro e…

- Liam, ora basta.-

Si scansò con un verso infastidito quando una mano si posò sulla spalla ma non si oppose all’ordine fatto a seguirlo, lasciandosi cadere poi su una panchina nel corridoio e gettando i guantoni a terra in un gesto pieno di rabbia. Si chinò in avanti con il busto mentre prendeva dei respiri affannati, gli avambracci a premere contro le cosce e gli occhi fissi sulle mani tremanti, mosse il capo in un cenno all’invito a restare immobile e aspettò l’indebolirsi del rumore dei suoi passi per premere le spalle contro il muro e distendere le gambe.

- Tieni. Bevi.-

Accettò la bottiglia d’acqua che quello di ritorno aveva spinto contro il palmo, prese dei lunghi sorsi fin quasi a finirne tutto il contenuto e spinse il capo contro il muro con un sospiro, chiudendo gli occhi e cercando di ignorare il peso dello sguardo della persona che si sedeva al proprio fianco.

- Sto bene.- grugnì dopo due minuti interi, evitando di sollevare le palpebre e restando nella stessa posizione, scrollò le spalle al verso scettico che era risuonato accanto a lui e passò una mano sul viso per liberare la fronte imperlata di sudore dalle ciocche. - Non hai altri posti in cui andare? Non ho bisogno di una balia o di un protettore o di qualsiasi cosa tu voglia…-

- Tu mi hai chiesto di seguirti.-

Rispose alla veritiera affermazione con un verso scocciato, scosse la gamba per far cadere il suo palmo dal ginocchio e borbottò: - Se avessi saputo quanto potessi essere rompicoglioni non avrei accettato la tua compagnia.-

- Come se non mi conoscessi, Liam.-

Spinse la nuca contro il muro con un verso carico di irritazione, ignorando l’attimo di dolore per lo scontro, e grugnì: - Ti ho detto che sto bene. Perché non torni da mia sorella?-

- Perché se dovessi lasciarti in questo modo tua sorella non vorrà vedermi mai più. Assicurato. E perché torneresti subito a sfogare la tua rabbia senza pensare alle conseguenze. Qualcuno dovrà pur essere la voce della tua coscienza.-

Roteò gli occhi alla conclusione del suo discorso e con un tono annoiato borbottò: - Peccato che io non voglia alcun grillo parlante. E ho già detto che sto bene, o sbaglio?-

Si decise a spostare gli occhi dal soffitto per puntarli sulla compagnia indesiderata e cercò di non mostrare troppe emozioni, lamentandosi del colpo ricevuto contro la gamba e restando in silenzio alla successiva serie di domande che aspettavano una qualsiasi risposta – “Per quale motivo stai facendo così? Deve essere successo qualcosa. Hai qualche problema in campo? Un litigio con qualche amico? Zayn?

Si chinò in avanti con il busto, spinse i gomiti contro le ginocchia e nascose il viso tra i palmi, evitando in questo modo di esporsi alle emozioni o parlarne. Non si allontanò quando la sua mano pesò tra le scapole, un contatto che serviva in qualche modo a tenerlo ancorato a terra e concentrato su quella sensazione, ma non pronunciò nemmeno una parola, preferendo premere i polpastrelli contro le palpebre e la pelle.

- Oh, andiamo.- Scosse il capo alla richiesta nascosta in quell’esclamazione, si concentrò sulle parole della canzone che aveva riempito il silenzio creato dalla conclusione della precedente e restò ancora in silenzio mentre sentiva l’altro insistere a dire: - Devi parlarne con qualcuno.-

- Non ho nulla.- ribatté con un tono controllato, si scambiò un’occhiata con quello che lo fissava pieno di scetticismo nello sguardo e sospirò quando capì di non potersi liberare di lui, mormorando: - Sono una serie di cose. L’incidente, il football, la draft che si avvicina.-

- Oh, quello stronzo che non vuole lasciare in pace Zayn. Come dimenticare.- si affrettò ad aggiungere con un tono sarcastico e un sorriso che stonava con l’espressione del viso tesa dalla rabbia. Inarcò un sopracciglio quando l’unica “parola” dell’altro fu un semplice verso di comprensione, strinse i palmi sulle ginocchia e tornò sull’argomento per pronunciare: - Credevo davvero avrebbe funzionato questa volta. Un divertimento di un paio d’ore non vale la perdita di tutti i denti o qualche ossa rotta.-

- Oppure crede che io non sia capace di farlo?- continuò con le labbra increspate in una smorfia, spostò gli occhi sulla compagnia improvvisamente silenziosa di Dominic e sbuffò, non capendo per quale motivo ora che voleva parlarne lui si chiudeva. Prese la bottiglietta dalla panchina e la finì in un lungo sorso, comprimendo la plastica nel pugno per deformarla e ridurre le sue dimensioni. La lanciò poi nel cestino poco distante da loro e sbuffò infastidito quando colpì il lato, finendo a terra. Si alzò quindi dalla panchina, percependo la pesantezza delle gambe per lo sforzo cui aveva sottoposto il corpo, e si piegò per recuperare la bottiglietta, lanciandola dentro il cestino con un gesto deciso e carico di rabbia.

- Forse è proprio quello, no?- riprese a dire, voltandosi verso Dominic che recuperava i guantoni da terra e li teneva sulle gambe, agitò una mano per trovare il filo del discorso e insistette: - Non sembro uno di quelli che si lascia prendere dalla rabbia e non capisce più un cazzo. Non si aspetta che io faccia davvero quel che ho detto.-

- Forse dovrei solo dargli una piccola lezione e fargli capire che…- Scosse il capo con uno sbuffo, bloccando le farneticazioni dal principio, sfregò il palmo contro la fronte e sussurrò tra sé e sé: - L’unico a rimetterci sarebbe Zayn. E l’ultima cosa che voglio è che quello si avvicini a lui.-

Si fermò di fronte a Dominic con un sopracciglio sollevato, come se volesse sentire il suo parere, ma quello era chiuso nel silenzio da quando aveva iniziato a parlare. Un atteggiamento insensato vista la richiesta fatta a parlarne. Avrebbe dovuto pronunciare qualche frase su come la violenza non avrebbe risolto nulla, su come fosse più importante il dialogo e l’indifferenza. Era quello che gli ripetevano sempre tutti in quei momenti di rabbia ma da lui non l’aveva mai sentita una volta da quando si conoscevano.

Aprì e chiuse la bocca più volte per chiedergli consigli, spiegazioni, qualsiasi cosa che lo facesse smettere di pensare a come voleva risolvere quel piccolo problema. Incassò il colpo leggero contro la nuca e lo seguì con la fronte increspata dalla confusione verso gli spogliatoi, evitando di portare alla luce tutti i dubbi che quell’esporsi aveva portato con sé.

- Andiamo a mettere del ghiaccio su quella spalla, quarterback. La tua prima partita si avvicina e nessuno di noi vuole una sconfitta dei Cougars in casa.-

 

///

 

Liam aveva preferito restare in silenzio durante il tragitto dalla palestra a casa, Dominic gli aveva offerto un passaggio sia all’andata sia al ritorno ma non sembrava intenzionato a proseguire il discorso avuto poco prima. O almeno, quello che Liam aveva creduto potesse trasformarsi in una conversazione, in consigli, e che invece si era rivelata solo uno sfogo personale senza alcun commento da parte del maggiore. Non appena Liam aveva occupato il posto del passeggero e aveva notato lo stesso comportamento chiuso dell’altro, aveva alzato il volume della radio per riempire il silenzio; le dita che muoveva ritmicamente sulle ginocchia e gli occhi rivolti ai quartieri di Houston tra cui sfrecciavano in quel tardo pomeriggio. Fu con estrema gioia che riconobbe le villette in prossimità della propria abitazione, aspettò Dominic fermasse la vettura e aprì la portiera pronto a recuperare il borsone e lasciarsi alle spalle quella strana giornata che era servita solo a stressarlo ulteriormente.

- Payno, aspetta.-

Poggiò il gomito contro la portiera con uno sbuffo quando si sentì chiamare da quello alla guida, rivolse lo sguardo nella sua direzione per non essere maleducato e socchiuse gli occhi all’introdursi del discorso con un tentennante: - Riguardo quel che hai detto prima…-

- Lascia stare, Dom. Sto bene. Non ho intenzione di andare a spaccare la faccia a nessuno, anche se mi piacerebbe immensamente. Sono calmo, so controllare la rabbia.- ripeté con un tono svogliato, recitando la frase che volevano sentirsi dire tutti quanti, ruppe il contatto con i suoi occhi quando la sua espressione si fece pensierosa e strinse un pugno quando lo sentì accennare alla persona con cui avrebbe potuto parlarne, rispondendo con un freddo “Ci penserò”.

- Andrai a parlarle perché sai che è la cosa migliore in questi momenti.-

- Ho detto che ci penserò.- ribatté con l’irritazione che gli faceva tremare la voce, sbatté la portiera con forza dopo aver grugnito un ringraziamento e ignorò i suoi richiami per dirigersi a passo svelto lungo il vialetto e verso il portone d’ingresso. Fortunatamente non aveva avuto la terribile idea di seguirlo e bloccarlo, si era voltato per accertarsene e aveva intravisto la macchina già a qualche villetta di distanza. Dominic non insisteva mai su quell’argomento; lo portava alla luce e permetteva in questo modo di lasciarlo in un angolo acceso della mente di Liam. Forse avrebbe dovuto innervosirlo come comportamento ma era diventata una sorta d’abitudine con gli anni ed ora aveva bisogno di qualcosa che si ripetesse per trattenerlo in quella quotidianità.

Si appoggiò con le spalle al portone d’ingresso, chiuse gli occhi e deglutì per ricacciare la bile in fondo alla gola. Cercò di muovere le dita e non chiuderle a pugno, togliere la tensione dal corpo con dei respiri calcolati e regolari, e non appena fu certo di essersi calmato a sufficienza da affrontare un discorso senza gridare dalla frustrazione, camminò nel corridoio e ricambiò il saluto allegro della madre, permettendole di stringerlo in un abbraccio perché sembrava sempre intuire o respirare nell’aria quei momenti.

- Ho fatto la tua torta preferita, sai? L’unica torta che mi viene bene per strane circostanze misteriose.- Ridacchiò contro la sua spalla, rilasciando un sospiro e un poco della tensione che lo teneva rigido con la schiena, tenne ugualmente le braccia tese lungo i fianchi mentre la madre lo tratteneva in quell’abbraccio quasi impacciato e si allontanò di un passo per spezzare quel legame, piegando le labbra in un sorriso più convinto per rassicurarla. Rispose con uno sbuffo all’invito che gli aveva rivolto a farsi una doccia veloce e raggiungerla per mangiarne una fetta, mosse un palmo per salutarla e recuperò il borsone dove l’aveva lasciato cadere prima dell’abbraccio, uscendo dalla cucina e facendo un gradino per volta della scala che conduceva al piano superiore e alla camera.

Rivolse uno sguardo alla sorella che lo aspettava a braccia conserte in cima alle scale, un’espressione fastidiosamente preoccupata in viso, e rispose con un grugnito al solito “Stai bene?”, per poi sbattere la porta della camera con relativa calma all’aggiungersi del “Dominic mi ha accennato volessi parlare”. Era sufficiente come risposta? Sì, a giudicare dal silenzio che era seguito mentre si lasciava cadere nel letto. Altrimenti avrebbe già bussato alla porta, la sua testa sarebbe sbucata da una fessura sempre più profonda e poi la sua presenza sarebbe stata fissa nella stanza fin quando non si fosse deciso a esprimersi con le parole.

Allungò le braccia fino a toccare con le dita la testata del letto, gli occhi fissi sul bianco del soffitto, e mosse regolarmente i piedi per seguire il ritmo della canzone su cui stava cercando di concentrarsi con tutta la mente. Aveva sempre funzionato quel metodo, la musica aveva davvero un effetto terapeutico. Bastava mettersi le cuffie e la musica nelle orecchie, unita a una corsa, toglieva tutta la rabbia e la tensione dal corpo. In quel momento però avrebbe dovuto accontentarsi solo della musica, in palestra aveva portato i muscoli all’estremo e sentiva la stanchezza pesare sulle gambe. Recuperò quindi il cellulare dalla tasca, allungò un braccio per raggiungere le cuffie che aveva lasciato sul comodino e cercò nella raccolta qualcosa che potesse farlo rilassare completamente, sistemandosi con le spalle contro i cuscini e abbassando le palpebre per lasciarsi catturare sin dai primi accordi.

Il cellulare vibrò nella pausa tra la prima canzone e l’inizio della successiva, aprì gli occhi per scoprire chi lo cercasse e piegò le labbra in un sorriso quando aprì la chat di Zayn e trovò i due messaggi – «Ho mandato la domanda» e «Ora arrivano quei fastidiosi dubbi ma è troppo tardi»

Spostò gli occhi sul soffitto, mosse una gamba per concentrarsi meglio su tutto quel che voleva scrivergli e compose semplicemente un «Mi manchi», portando alla luce la nuda verità e il bisogno di sentirlo vicino.

«Vieni a prendermi e fuggiamo insieme?»

Si mise seduto nel letto con uno scatto alla risposta immediata del ragazzo, spense la musica e abbandonò le cuffie sul cuscino, scendendo le scale di fretta e rispondendo alle domande della madre sull’impazienza che mostrava con una stretta nelle spalle, un tenue sorriso e “Devo uscire con Zee, possiamo mangiare dopo la torta?”. Non aspettò una risposta, mosse la mano per salutarla e raggiunse il garage senza incrociare altri familiari, recuperò due caschi dallo scaffale e ne infilò uno sul capo mentre si sedeva sulla sella della moto.

 

///

 

- Sei sicuro che non ti faccia male?-

- Zayn.-

- Non voglio essere la causa del… va bene, va bene!-

Liam ridacchiò divertito quando il minore pronunciò quella frase con un sospiro arrendevole, strinse le braccia attorno al suo corpo per non permettergli di spostarsi da sopra di lui a un cambio d’idea e sfregò il naso contro la sua guancia, premendo poi le labbra nello stesso punto. Prese un respiro quando a un movimento del corpo di Zayn si trovò con le ciocche a solleticargli il viso e fece scorrere i palmi lungo la sua schiena, puntando gli occhi sul cielo che diventava più scuro con il sopraggiungere della sera. Risalì con una mano fino a trovare le sue ciocche, apprezzando la loro morbidezza tra le dita, piegò le labbra in un sorriso quando percepì i loro cuori battere all’unisono e inclinò il viso per premere la guancia contro il suo capo, rilassandosi in fretta con il contatto delle sue dita sul fianco, il suo respiro contro il collo e il peso del suo corpo a tenerlo bloccato contro il prato del parco.

- Ti amo.- confessò in un sussurro nel silenzio del parco deserto, trattenne la risata esplosiva e felice quando le labbra di Zayn sfiorarono la gola e restò con il capo contro l’erba soffice mentre l’altro ragazzo usava le mani contro le spalle per sollevarsi da lui e bloccarlo in quella posizione. - Ti amo, Zayn.- ripeté con un sorriso dolce, gli occhi fermi su quello che lo fissava irradiando felicità mentre con le dita gli sfiorava delicatamente il profilo del viso, chiedendogli di ripetere ancora una volta con il divertimento evidente nella voce.

Liam sforzò i muscoli dell’addome per sollevarsi dal terreno, tenne le mani sulle sue braccia mentre rotolavano uno sopra l’altro, invertendo più volte le posizioni, e si bloccò con una risata e i palmi tra i ciuffi d’erba accanto al viso di Zayn, sporgendosi per premere baci leggeri dalla sua fronte fino al suo mento mentre ripeteva quella confessione, quel “Ti amo” che faceva stringere le dita del minore sulla maglia come reazione.

- Ancora una volta.- Inarcò un sopracciglio alla sua richiesta, si tenne sollevato sopra di lui, resistendo ai suoi sforzi per farlo tornare nella posizione precedente, e si chinò fino a raggiungere con le labbra il suo orecchio, percependo il brivido che attraversò il suo corpo al ripetersi della dichiarazione in un bisbiglio dedicato solo a lui.

Si spostò dal suo corpo per sdraiarsi accanto a lui, su un fianco per riuscire a guardarlo ancora, e sollevò un braccio per togliere i ciuffi d’erba intrappolati tra le sue ciocche, usandolo poi per circondare le sue spalle al cambio di posizione messo in atto dal minore che gli permettesse di unire le loro labbra in un bacio. Spostò un palmo contro la sua nuca per guidare quel contatto più profondo e premette le loro fronti una contro l’altra quando si separarono per respirare, intrecciando poi la mano libera alla sua con un sorriso felice a curvare gli angoli delle labbra verso l’alto.

- Ti inviterei a casa mia per continuare…-

-… ma ci sono i tuoi genitori, le tue sorelle e domani hai scuola.- concluse per lui con un cenno del capo, indicando in quel modo di essere quasi nella sua stessa situazione, sollevò le loro mani unite per sfiorare con i polpastrelli la sua guancia senza spezzare quel legame e liberò un’altra risata leggera e divertita al chinarsi di Zayn per lasciare un bacio sulla punta del naso e raggiungere poi le labbra per riprendere quel che avevano interrotto.

Liam rilasciò un verso confuso quando si separò da lui pochi minuti dopo, sollevò il viso per cercare di seguire le sue labbra e corrugò la fronte alla domanda fuori luogo che aveva pronunciato Zayn con un tono cauto – “Riesci a dormire ora la notte?

L’immediata risposta semplice che voleva fornirgli morì in gola di fronte al suo sguardo premuroso, mordicchiò l’interno delle guance mentre rifletteva su quel che avrebbe potuto confessare e optò per fornirgli la verità, biascicando: - Non sempre.-

- Gli stessi incubi, Leeyum?-

Scosse il capo con incertezza e ripeté: - Non sempre.-

Inclinò il viso fino a premere la guancia contro l’erba, rompendo in questo modo il legame creato dai suoi occhi intensi, permise alle sue dita di scorrere tra le ciocche ma non tornò con lo sguardo su di lui ai suoi richiami, preferendo chiudere gli occhi e scuotere il capo agli inviti a parlarne.

- Preferisco non farlo… ora.- puntualizzò con un tono più basso, rilasciò un sospiro e puntò gli occhi sul viso del ragazzo tanto vicino che aveva sulle labbra un sorriso affettuoso mentre accarezzava con estrema cura il volto di Liam.

- Io sono qui, Leeyum.- Mosse il capo in un cenno di comprensione e avvolse le braccia attorno al suo corpo, chiudendo gli occhi quando il suo peso fu più tangibile delle parole. S’inumidì le labbra, pronto a svelare almeno una parte dell’insieme dei pensieri, aprì la bocca e la richiuse subito dopo con un sospiro quando niente di quello che voleva pronunciare trovò una traduzione in un discorso coerente. Preferì evitare di farlo preoccupare con il silenzio, rafforzò la presa attorno a lui e nascose il volto contro il suo collo, mormorando: - Diventa difficile distinguere gli incubi dalla verità quando sono preoccupato per te.-

Riuscì a scacciare più in fretta la tensione dal corpo con il suo profumo nelle narici, il peso del suo corpo a tenerlo bloccato contro il terreno e le sue dita tra le ciocche e sul fianco esposto dalla maglia che era risalita con i movimenti. Percepì le sue labbra contro la fronte e rilasciò un sospiro al suo sussurrare che “Io invece mi preoccupo per te”.

Cercò di scherzare con il “Ci preoccupiamo assieme”, ma non capì se fosse riuscito nel suo intento perché la risposta di Zayn fu solo un cenno del capo. I suoi occhi attenti fissi su di lui, la carezza che aveva lasciato sul viso, servì a farlo rilassare nel silenzio insistente del parco.

 

///

 

Il fruscio delle fronde degli alberi lo stava cullando dolcemente mentre si teneva chiuso con le braccia attorno alle gambe, il mento poggiato su un ginocchio e gli occhi rivolti all’estensione della baia di Tabbs che con la lenta risacca toccava regolarmente le piccole imbarcazioni abbandonate sulla spiaggia. Focalizzò l’attenzione sul peschereccio in lontananza, concentrandosi poi sullo stridio dei gabbiani per ignorare ancora un poco la presenza della persona seduta accanto a lui in silenzio e in attesa. Distese le gambe di fronte a sé quando percepì gli arti intorpidirsi per la rigidità cui li aveva sottoposti, puntò gli occhi sui piedi che muoveva ritmicamente e mosse il capo in un cenno per accettare l’invito a fare una passeggiata, porgendo una mano alla donna per aiutarla ad alzarsi. Fece qualche passo lungo la strada poco trafficata che delineava il confine tra l’acqua e la terra e preferì ancora una volta il silenzio mentre ascoltava il rumore provocato dalle suole contro il terreno e i sassi.

- Mi ha fatto piacere ricevere la tua telefonata e la tua visita, Liam.-

Inclinò il viso per rivolgerle un sorriso impacciato e sussurrò: - Non credi sia un grosso passo indietro tornare a parlare con te?-

- Ne hai parlato con Josh o Dominic?-

- Dominic.- rispose con un movimento affermativo del capo, torturò le mani tra loro mentre continuava a camminare e con una smorfia sulle labbra riprese il dubbio esposto poco prima, dicendo: - Mi ha consigliato di parlarne con te. Vuol dire che pensa che io non sia in grado di gestire tutto questo.-

- O forse è lui a credere di non riuscire a darti l’aiuto di cui hai bisogno in quest’occasione.-

Corrugò la fronte mentre rifletteva sulle sue parole, strofinò insistentemente una mano tra le ciocche e sospirò, mormorando: - Sì, forse è anche quello.-

Si strinse nelle spalle alla domanda che aveva posto per cambiare argomento, qualcosa che gli facesse prendere tempo per parlare eventualmente del motivo che l’aveva portato a Baytown, e prese un respiro per non rispondere di fretta, calibrando con cura le parole mentre diceva: - Louis ha avuto anni pessimi, ora sta meglio. Non credo abbia avuto molta scelta.-

- Il mondo non si ferma ad aspettare quando i tuoi genitori…- si fermò dal proseguire per prendere un respiro, distese le mani che aveva istintivamente chiuso a pugno e aspettò le pulsazioni tornassero a una frequenza meno rapida prima di decidersi a riprendere il discorso. Parlare con i denti stretti dalla rabbia sarebbe servito solo a farlo farneticare senza senso.

- L’ultima volta che abbiamo parlato temevi di perdere la sua amicizia.-

Mosse il capo in un cenno per confermare la frase pronunciata con cautela dalla donna, si torturò l’interno della guancia con i denti e puntò lo sguardo verso la curvatura che prendeva la strada, mormorando: - Credo sia anche felice ora. O almeno… ha permesso a se stesso di essere felice. Quello è un passo in avanti, giusto?-

Spostò gli occhi sulla donna che annuiva con un verso di conferma, indirizzò lo sguardo sulle punte delle scarpe e solo dopo altri minuti di silenzio si decise a sussurrare: - Con Danielle è finita dopo un po’ di anni. Lei è andata in Europa, io sono rimasto ad Houston.-

- E non hai sentito il bisogno di parlare con me?-

Mosse il capo con lentezza nei due sensi opposti per negare e cercò di mettere nel “C’era Josh” una spiegazione per la donna che ora annuiva con un sorriso e parlava dei “buoni amici” che aveva accanto.

- Ho conosciuto un ragazzo.- pronunciò poi con più sicurezza, strofinò le mani sudate contro i jeans e senza spostare lo sguardo dall’estremità dell’albero in lontananza, continuò: - Si è trasferito qualche anno fa e c’è un gruppetto di suoi compagni che non vuole lasciarlo in pace. Lo insultano, certe volte pesantemente, e sono arrivati spesso a picchiarlo.-

Rallentò il passo per riuscire a prendere dei respiri profondi, strinse un pugno e cercò di tenere il filo del discorso mentre costringeva le parole a uscire dalla gola e rivelarsi con il tremore della voce nel successivo elencare: - Io ho visto tutti i lividi. Li ho ancora nella testa. Tutti quanti. Ci sono notti in cui li rivedo continuamente. Mi dice che devo stare tranquillo, che non capiterà più. Come può esserne tanto sicuro? Non hanno mai smesso. Non vogliono smettere. E io li rivedo, sempre. E non faccio nulla per impedirlo.-

Storse le labbra in una smorfia quando riconobbe il dolore provocato dalle unghie contro i palmi, scrollò appena le braccia per disperdere in fretta la tensione e usò quel silenzio per respirare profondamente, concentrarsi sulla prima canzone che gli veniva in mente fino a scacciare la rabbia dal corpo.

- Ne hai parlato con qualcuno di questa situazione alla sua scuola? Con i suoi genitori?-

Mosse il capo in un cenno per rispondere ad entrambe le domande e con più calma nella voce aggiunse: - Mi ha detto che ne avrebbe parlato con qualche professore o il preside. Qualche responsabile che possa fare qualcosa di concreto.-

- Non mi sembra tu sia convinto di questa soluzione.-

Allargò le braccia con uno sbuffo e ribatté: - Non hanno fatto nulla in tutti questi anni. Perché la situazione dovrebbe cambiare ora?-

Non la lasciò concludere la domanda successiva, capendo subito dove volesse arrivare con quel “Temi per la sua…”,  ed esclamò: - Ovvio! E ci sono notti in cui non riesco a dormire. Continuo a ripensare ai lividi, a quello che potrebbero fargli ancora, al mio essere così… lontano e impotente.-

Rilasciò un sospiro e con un tono inquieto confessò: - Non mi basta più colpire la sacca. Sento che non serve più a calmarmi. Riesco solo a immaginare la faccia di quella persona e quello che potrei fargli se solo…-

Passò una mano sul viso e strofinò il polso contro le palpebre per eliminare le lacrime che si stavano formando e che erano pronte a scivolare lungo le guance, inarcando un sopracciglio con confusione alla domanda della donna che sembrava quasi riecheggiare nel silenzio della baia.

- Se immagini di lasciarti andare alla rabbia cosa provi, Liam?-

- Sto bene?- tentennò con gli occhi rivolti alla donna che aspettava una risposta senza giudizio nello sguardo, ma abbassò ugualmente il tono di voce quando confessò: - Soddisfazione, anche.-

Lei aveva solo commentato con un verso pensieroso che gli aveva fatto subito ricordare gli anni di sedute, gli sforzi fatti a riconoscere i momenti di rabbia e controllarli prima che potessero esplodere in vere e proprie crisi. Deglutì più volte per scacciare il groppo che gli chiudeva la gola e strofinò un palmo contro la fronte, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi con un sospiro.

- Zayn non riuscirebbe più a guardarmi in faccia. Lui è… contrario alla violenza.- Mosse il capo in un cenno dopo aver pronunciato quella frase, sfregò il pollice contro l’indice e corrugò la fronte, ripensando ai vari momenti in cui aveva perso momentaneamente il controllo sulla rabbia in sua presenza. E se Zayn avesse avuto paura di lui? Non solo non avrebbe approvato un simile comportamento, ne avrebbe avuto paura.

Il pensiero che Zayn potesse arrivare a temerlo l’aveva fatto arrestare di colpo. Sollevò gli occhi sulla donna che si era fermata con lui e percepì la tensione stringergli lo stomaco quando lei domandò: - E tu non odi più gli scatti d’ira?-

Abbassò il capo quando non riuscì ad affrontare oltre il suo sguardo e ribadì quel che aveva sempre sostenuto in tutti quegli anni con la confessione: - Non li ho mai sopportati.-

 

///

 

- Ricordo di averti proibito di muoverti.-

Liam roteò gli occhi con uno sbuffo e rivolse poi un’occhiata offesa al proprietario del piede che gli aveva colpito la coscia per rispondere di quel suo disubbidire a un ordine. Schiuse le labbra in un lamento, sfregando il palmo contro il punto colpito, e ripeté il gesto di poco prima con il movimento annoiato degli occhi quando lo sentì ripetere quell’autoritario “Devi stare immobile”. Riuscì a spostarsi appena in tempo per non ricevere lo stesso trattamento di poco prima e gli mostrò la lingua in una risposta infantile, lasciando libera la risata divertita ai borbottii di quello che stava seduto a gambe incrociate nel letto con un blocco da disegno tra le cosce e una matita stretta tra i denti.

- Sai che è una richiesta impossibile? Il nostro corpo non è mai fermo.- replicò prontamente Liam con un cenno sicuro del capo e le labbra arricciate in un sorriso, diede una veloce occhiata al ragazzo che scuoteva il capo con un sospiro e si coprì la bocca con un palmo per non ridere di fronte alla sua espressione seria e al suo borbottare che “d’un tratto sei diventato un esperto?”.

Si strinse nelle spalle con un mezzo ghigno sulle labbra e piegò il viso su un lato, intrecciando lo sguardo con il suo e caricando subito l’espressione di tutto l’affetto che provava per lui. Rilasciò una risata quasi isterica quando una mano gli coprì interamente il viso, gesto che trovò una spiegazione nell’imprecazione successivo e “Non guardarmi così, Leeyum”, sfiorò con le dita il suo polso e le avvolse attorno ad esso per liberare il volto e replicare con semplicità che “è solo la mia faccia”.

- Non è solo la tua faccia, signorino.- ribatté prontamente il moretto che si lasciava trattenere per il polso e usava la mano libera per picchiettare ripetutamente l’indice contro il suo petto. - Quello è il tuo modo per distrarmi e dirmi che posso mettere un secondo da parte il disegno e darti attenzioni.-

- Puoi mettere un secondo da parte il disegno e darmi attenzioni, Zee?- ripeté la sua ultima frase con la mano avvolta attorno al suo polso, le labbra che gli sfioravano i polpastrelli e un sorriso che avrebbe dovuto dare al viso un’espressione di totale innocenza. Usò la presa su una sua mano per attirarlo contro il proprio corpo, ignorando l’inizio della sua lamentela sulla promessa che gli aveva fatto due minuti prima, e si sdraiò nel letto con un sorriso soddisfatto quando l’altro ragazzo fu costretto a seguirlo e bloccarsi sopra di lui. Sfregò le labbra contro la sua guancia e mormorò: - Così è già meglio, visto?-

Ridacchiò agli sbuffi che stava rilasciando il moretto e allargò le braccia per liberarlo dalla stretta, osservando con una piega divertita sulle labbra i suoi tentativi di mantenere in viso un’espressione scocciata mentre usava i palmi contro il petto per sollevarsi e si sedeva sui talloni tra le gambe aperte del castano che si costringeva ora a non ridere e mantenere un’apparente indifferenza in viso.

- Resterò immobile, Zayn, e potrai disegnarmi quanto vorrai. Così hai detto.- lo rimproverò il moro con un’occhiata semi-seria e l’indice contro il viso del castano che sembrava faticare a non liberare la risata per come tratteneva il labbro inferiore tra i denti con la luce di divertimento nei suoi occhi.

- Cercherò.- sussurrò Liam con la fronte corrugata e gli occhi che andavano quasi a incrociarsi pur di tenere controllato l’indice che Zayn muoveva sul viso, lungo il naso e che andava poi ad attorcigliare attorno a una ciocca che cadeva sulla fronte. Storse le labbra in un piccolo broncio e ripeté: - Ho detto che cercherò di restare immobile. Tu ti diverti a disegnare, io non mi diverto a restare immobile e fingere di essere in una posa naturale.-

Spinse il capo contro il cuscino quando Zayn si sporse con il busto verso di lui, le mani ai lati del viso per sostenersi in quella posizione, e rilasciò uno sbuffo alla decisione nel tono della sua voce mentre gli intimava di stare immobile e aggiungeva commenti su quanto in quel modo sarebbe stato più vicino al soggetto del ritratto. Increspò le labbra in un broncio offeso al suo recuperare il blocco, prendere posto tra le gambe che teneva aperte e dedicare ancora una volta attenzioni solo al foglio bianco, alla matita e allo schizzo che nasceva con tutte quelle premure. Non riuscì a mantenere però l’espressione offesa in viso, si arrese subito quando le sue dita si posarono sulle labbra per fargli abbandonare il broncio contrariato. Inclinò il viso per premere la guancia contro il cuscino al lento passaggio della sua mano lungo il mento e la gola, percependo un fiotto di calore focalizzarsi sulle gote alla lieve pressione del pollice contro la voglia, e prese un respiro rumoroso quando si rese conto di averlo trattenuto durante quel breve processo.

- Non ci riuscirò mai.-

Curvò un sopracciglio verso l’alto all’ammissione di Zayn, non riuscendo a incrociare il suo sguardo perché lui era troppo concentrato con le dita sullo scollo della maglietta, e attese in silenzio il proseguire del suo discorso, una spiegazione per quell’affermazione, mentre abbassava gli occhi per osservare le mani che si stringevano alla stoffa bianca e il blocco che con sua soddisfazione stava abbandonato contro una gamba.

- Non riuscirò mai ad avere un disegno di un tuo nudo completo. Basta guardare quanta fatica sto facendo ora per la tua faccia.-

- Non è colpa mia.- si difese subito con un borbottio, osservò confuso l’espressione scettica sul suo viso e seguì il cenno del suo capo, spostando subito le mani dalle sue cosce che stava stringendo da quel cambio di posizione e ripetendo con più grinta: - Sei tu ad avere poca concentrazione.-

- Sono le tue mani a essere una distrazione.-

Rispose a quell’accusa con uno sbuffo, sollevò le mani davanti al suo viso e con fare saccente incrociò le braccia dietro il capo, borbottando: - Ora non hai più distrazioni… o scuse.-

Intravide prima la piega delle labbra di Zayn, poi la stanza si riempì della sua risata e si unì subito a lui, premendo le gambe contro i suoi fianchi per trattenerlo mentre invertiva le posizioni e lo bloccava con la schiena contro il materasso.

- Potrei inviarti delle foto mentre sei via. Così potrai allenarti senza cadere in tentazione.- propose con un tono divertito e un ghigno sfacciato sulle labbra, coperte subito dal palmo di Zayn che tra una scossa del capo e una risata lo supplicava di abbandonare il progetto con un ripetitivo “Niente foto di nudo, abbi pietà”.

Corrugò la fronte pensieroso e sfiorò il suo polso con le dita, seguendo le linee circolari dello Yin e dello Yang impressi sulla sua pelle. Aspettò qualche altro secondo nel silenzio e poi si decise a sussurrare: - Ogni artista ha il suo punto debole, giusto? Qualcosa che proprio non gli riesce. Quindi io sono la tua maledizione.-

Puntò gli occhi oltre la sua spalla, verso una zona sicura della parete spoglia, e cercò di riflettere su quanta verità aveva messo in quell’ultima affermazione scherzosa. Se solo Zayn avesse saputo...

- Non c’è proprio nulla di brutto in te, Leeyum.- Abbassò per un secondo le palpebre per scacciare il tormento dagli occhi e, quando focalizzò l’attenzione sullo sguardo di Zayn, ricambiò il sorriso con uno più titubante, memorizzando il contatto delicato delle sue dita sul viso mentre pronunciava con forse eccessiva leggerezza: - Sei così buono, non puoi essere una maledizione.-

 

///

 

Non c’è nulla di brutto in te, Liam.

Non odi più gli scatti d’ira?

Sei così buono, non puoi avere una maledizione.

Nulla di

 

Strinse forte i pugni mentre lasciava che fosse Zayn a trascinarlo lontano. Lontano dal ragazzo che continuava a seguirli, a istigarlo a prendere di nuovo le difese del terrorista. La mano di Zayn stretta attorno all’avambraccio lo stava guidando verso la sicurezza della macchina ma Liam non voleva lasciare il discorso appena avuto incompleto. Non era stato abbastanza vedere Zayn dare uno spintone all’idiota per farlo allontanare da loro, nemmeno vedere l’affronto nella sua espressione quand’era finito a terra a causa di quelle due spinte. Non erano sufficienti le parole, non avrebbe mai smesso. Eppure si stava lasciando muovere da Zayn che tra i borbottii e “Ha paura perché il preside ha minacciato di chiamare a casa alla prossima occasione” lo stava portando lontano da quel che doveva risolvere. Subito. Quello era il momento perfetto.

-… o forse hai troppa paura? Sei un codardo, Payne. E dire che un tempo avrei voluto essere come te. Ora mi fai solo ribrezzo.-

S’impose con fermezza per non procedere oltre, nonostante Zayn si stesse impegnando per fargli compiere quei pochi passi e raggiungere la macchina, spinse le unghie contro la pelle tenera dei palmi per fermare il tremolio che stava risalendo lungo le braccia e prese dei respiri profondi mentre si concentrava sulla presa sempre più salda delle dita che ora stavano strette attorno al polso.

- Hai paura di deludere la tua puttana?-

Diede uno strattone al braccio per liberarsi di Zayn che stava commentando la mancanza di stile dei suoi insulti, invitandolo ad andare in macchina e ignorare i suoi patetici tentativi di cercare attenzioni. Camminò nella direzione del gruppetto che si era formato alle loro spalle, ignorando i richiami di Zayn, e diede uno spintone al ragazzo causa di tutti i tormenti, stringendo poi le dita sul colletto della sua divisa per non farlo finire subito a terra.

- Prova a ripeterlo.- pronunciò ogni parola con una fredda lentezza, i pugni stretti mentre lo obbligava a stare quasi sulle punte dei piedi per come lo sollevava da terra.

- Il terrorista lo apprezza il cazzo americano? Vuoi far provare anche me?-

Era evidente avesse scelto determinate parole per scatenare una forte reazione, a giudicare dal tono basso che aveva usato e dal sorriso maligno sulle sue labbra. Liam però non fermò il pugno che scagliò contro la sua guancia e ignorò i richiami di Zayn a lasciar perdere per rispondere con altrettanta ferocia ai pugni dell’avversario. La tecnica era uguale a quella utilizzata per colpire la sacca da boxe, ma il contatto delle nocche con il viso di quel bastardo gli portava molta più soddisfazione.

 

Non odi più gli scatti d’ira?

Non li ho mai sopportati. Non li ho mai… Dio, se era appagante però sfogare tutta quella rabbia e sentire i suoi lamenti per ogni colpo andato a segno.

 

 “Non scendere al suo livello, Lee”.

 

///

 

Ti ringrazio del passaggio. Buona giornata”. Le ultime parole che Zayn gli aveva rivolto erano state di un’apatica formalità, come se avesse passato il tragitto in macchina a ripeterle per rendere la frase vuota di qualsiasi significato… qualsiasi emozione. Liam aveva tenuto gli occhi fissi di fronte a sé, le dita ancorate al volante, mentre faceva di tutto per ignorare la breve pausa nel suo respiro, quell’attimo di indecisione prima che la portiera venisse chiusa.

Solo una volta rimasto nel silenzio della vettura e del garage si rese conto di aver sprecato l’opportunità di parlare con Zayn, cercare di spiegare il comportamento avuto fuori dalla sua scuola e accennare in qualche modo alla rabbia che talvolta oscurava la capacità di giudizio e… no, non era corretto liberarsi in quel modo delle responsabilità. Non si era lasciato dominare dalla rabbia cieca, aveva sfruttato quella rabbia per dare una lezione al ragazzo che aveva perseguitato Zayn per anni. Ricordava persino con una certa soddisfazione il rumore di quella lotta, i pugni che andavano a colpire i punti giusti tra lamenti dolorosi e insulti. E lo sguardo spaventato… no, terrorizzato di Zayn una volta la soddisfazione di entrambe le parti aveva portato alla fine dello scontro. Non si poteva dire chi avesse vinto tra loro perché riportavano quasi gli stessi segni sul viso, ma Liam era sicuro di non poter vantare il titolo di vincitore mentre quegli occhi nocciola sempre così carichi di affetto si facevano sempre più liquidi e spaventati. Non aveva vinto, se il risultato era quello sguardo sul viso di una persona che teneva a lui.

Zayn aveva paura di lui. Non c’era alcuna soddisfazione nell’aver dato una lezione a un bulletto, se Zayn ora lo considerava tanto quanto lui un mostro.

Sollevò gli occhi verso lo specchietto, storse le labbra in una smorfia quando notò il sangue rappreso sul sopracciglio e lungo la guancia, tastò con le dita lo zigomo su cui era certo sarebbe comparso presto un livido e chiuse la mano in un pugno quando notò le nocche insanguinate, distogliendo in fretta lo sguardo con la bile che risaliva dallo stomaco.

Scese dalla macchina con dei movimenti goffi, una mano premuta contro l’addome per contenere il dolore e i conati di vomito, si appoggiò con la schiena alla portiera una volta chiusa e prese dei respiri tremanti, contando fino a cinque prima di camminare verso l’uscita del garage. Doveva solo raggiungere la camera. Arrivare in camera e trovare la musica. Smettere di pensare al terrore negli occhi di Zayn. Doveva concentrarsi su un’azione per volta.

Fu con qualche fatica che riuscì a inserire la chiave nella toppa, le mani gli tremavano e la vista si era fatta sfocata, aprì il portone e varcò la soglia, muovendosi nel corridoio con dei passi quasi meccanici mentre le scale che l’avrebbero condotto al piano superiore e alla camera si facevano più vicine. Era così preso dal raggiungere quell’obiettivo, così immerso nei pensieri distruttivi, da non essersi accorto della presenza delle sorelle in sala, nonostante stessero discutendo animatamente e lo stessero invitando a gran voce a raggiungerle per parlare della novità grandiosa che non poteva perdere. Si dimenticò del sangue sul viso quando la pressione di una mano sulla spalla lo bloccò nella lenta camminata verso le scale, si ritrasse con un verso infastidito e si trovò sommerso dalle occhiate preoccupate delle due sorelle e dagli inviti a raccontare tutto quanto.

- Lasciami passare.- riuscì a dire tra i denti alla sorella maggiore che stava sul primo gradino delle scale e scuoteva il capo con le braccia spalancate. Cercò di creare una via di fuga nello spazio libero tra il suo braccio e il corrimano perché gridare loro che era solo un mostro avrebbe peggiorato le cose, farneticare senza senso che Zayn lo odiava e non voleva vederlo più avrebbe aperto la strada a troppe domande cui non aveva intenzione di rispondere in quel momento.

Strinse le dita sul legno del pomello posto all’estremità del primo pilastro della scala quando una presa sulla maglia lo costrinse a indietreggiare e abbandonare l’impresa di superare la barriera creata dal corpo di Nicole, prese un profondo respiro per calmare il battito frenetico del cuore quando la voce carica di preoccupazione di Ruth cercò di farsi spazio nell’agglomerato di rumorosi pensieri - “Vogliamo solo sapere cos’è successo, Lee” - e scrollò le spalle con un movimento brusco per liberarsi della sua mano, percependo il tremore salire dalle dita lungo tutte le braccia.

- Non ve ne fotte nulla!- rispose alle loro suppliche con un tono alto e scocciato, i pugni che stringeva per sfogare la rabbia su se stesso e non sulle due che continuavano a studiarlo e scambiarsi occhiate nervose, spinse un piede contro lo zoccoletto in legno alla base della scalinata per non avventarsi contro la sorella maggiore e con la stessa aggressività riprese a dire: - Non vi riguarda! Sono fatti miei. Sono solo fatti miei. Vi faccio paura? Avete paura? Allora dovete lasciarmi in pace!-

Si agitò fin da subito quando un paio di braccia si avvolsero attorno all’addome, insistendo con regolarità sulla natura di mostro, su quello che meritava e sul voler restare solo, ma la stretta non sembrava accennare a diminuire mentre le grida andavano via via ad affievolirsi e i singhiozzi rendevano complicato ascoltare gli inviti di Ruth a prendere respiri profondi. Si aggrappò alle braccia della sorella che gli stava inginocchiata di fronte mentre annaspava in cerca di ossigeno, rendendosi conto man mano che passava il tempo di essere seduto su uno scalino e di star respirando in modo affannato e rumoroso. Abbassò il capo con gli occhi lucidi quando tornò completamente in sé e nascose il viso contro la spalla di Ruth, vergognandosi della crisi appena avuta davanti a loro. L’ultima risaliva a tre anni prima e aveva promesso loro non sarebbe accaduto più. L’aveva promesso e…

- Respira, fratellino.- Chiuse gli occhi e ubbidì alla richiesta, cercando di concentrarsi sulla sua voce o sulla mano di Nicole che si muoveva lungo la schiena. Scosse il capo quando Ruth gli domandò se volesse chiamare Dominic e restando contro la sua spalla, sussurrò: - Non voglio parlarne, per favore. Sto bene.-

Era sicuro Ruth e Nicole si stessero scambiando le solite occhiate preoccupate, confuse, indecise se ascoltare la sua richiesta o pensare per lui, quindi preferì non sollevare il viso dalla spalla della sorella quando lo chiamarono, offrendosi per aiutarlo a ripulire il viso. Si spostò da Ruth con un movimento brusco all’accenno fatto da Nicole alla madre che avrebbe potuto spaventarsi al suo ritorno, strabuzzò gli occhi al presentarsi di quella situazione nella testa e con una cadenza ripetitiva nella voce farfugliò: - Non ditele niente. Non deve sapere. Non voglio farla preoccupare.-

Percepì la gola chiudersi e gli occhi farsi lucidi quando sputò fuori solo l’inizio del: - Non voglio che pensi di me… che si senta in colpa per come…-

Mosse il capo in un cenno veloce alla promessa di Ruth sul mantenere il segreto, decidendo di fidarsi di lei, e si aggrappò alla mano che gli tendeva per alzarsi su gambe instabili. Non aveva una crisi da anni e odiava quella spossatezza, quel doversi affidare alle sorelle per farsi accompagnare in camera perché i muscoli tremavano dallo sforzo e minacciavano di abbandonare ogni resistenza e farlo cadere sulle ginocchia. Evitò di concentrarsi sul cambio di percorso, sull’ennesimo invito fatto a lasciarsi pulire almeno dal sangue, rilasciò un sospiro arrendevole e puntò gli occhi sulla ceramica bianca del lavandino per non sollevarli sul riflesso che lo specchio gli mostrava. Avrebbe odiato tutto quel che sarebbe apparso su quella superficie.

Strinse i denti con un sibilo sofferente al bruciore provocato dal disinfettante sulle nocche, distese le dita come gli chiedeva Ruth e spostò il viso su un lato per cercare di nascondere loro le lacrime causate dalla vergogna. Come aveva potuto credere potesse essere una buona idea mostrarsi a Zayn con tanta violenza? Sapeva quanto fosse contrario a certi atteggiamenti. Gli aveva chiesto di abbandonare quel prendersi cura della situazione, quella resa dei conti basata sulla violenza. Non l’aveva mai promesso, ma sapeva con un comportamento di quel tipo poteva solo deluderlo.

La camminata dal bagno verso la camera la fece con passi meccanici, consapevole delle sorelle che lo seguivano con cautela, si sedette su un angolo del letto e rispose con un verso indefinito alla proposta di Nicole di poter fargli compagnia. Recuperò il cellulare dalla tasca, osservò lo schermo con gli occhi lucidi e una smorfia sulle labbra e lo poggiò al proprio fianco, portando le mani sulle ginocchia per controllare meglio il loro tremolio. Strinse le dita sul tessuto dei jeans quando l’oggetto iniziò a vibrare sul lenzuolo e, sollevando lo sguardo su di loro, notò come fossero focalizzate entrambe sullo schermo che si illuminava con dei messaggi.

Ignorò la richiesta di spiegazioni scritta sui loro visi quando voltò il telefono per nascondere lo schermo e si sdraiò nel letto, dando loro le spalle e rannicchiandosi con le gambe strette al petto. Non aveva alcuna intenzione di rispondere a Louis, che era stato informato da Harry, sulla scenata avvenuta fuori dall’edificio scolastico. Era sicuro il ricciolino avrebbe saputo raccontare tutto nei dettagli, cosa che sicuramente aveva già fatto. Che voleva sapere in più da lui? Se era arrivato vivo a casa? Se aveva distrutto la macchina? Non gli era mai importato nulla di quelle crisi, perché cominciare proprio quel giorno?

Piegò le braccia contro il petto, le mani unite in una presa salda contro la bocca e i denti premuti contro la pelle dell’indice, strizzò gli occhi alla vibrazione successiva del cellulare e deglutì bile all’accenno che le sorelle avevano fatto a Zayn. Non poteva essere Zayn perché, ora che aveva visto in cos’avrebbe potuto trasformarsi con un po’ di collera, gli sarebbe stato ben lontano per paura.

- Se anche fosse Zayn non voglio sentire quello che ha da dirmi.- rispose alle insistenze delle sorelle, liberando la pelle dalla presa dei denti e sfiorando il segno con il pollice, aprì gli occhi per fissare la cornice di foto e sull’onda del discorso precedente, biascicò: - Saranno solo spiegazioni su quel che ho fatto di sbagliato e su come siamo diventati incompatibili.-

Distese le dita quando tutta la tensione cui aveva costretto il corpo iniziò a farsi sentire, storse le labbra in smorfie per come la pelle bruciava e puntò gli occhi sulle nocche arrossate mentre la voce calma di Ruth insisteva in quel chiedere spiegazioni che non voleva fornire. Era stato chiaro sul voler restare solo e non volerne parlare, perché non ascoltavano mai certe richieste?

- Non avrei dovuto cedere.- sussurrò dopo aver lasciato correre qualche minuto di silenzio teso e corrugò la fronte mentre l’attenzione si focalizzava sul disegno che Zayn gli aveva fatto mesi prima al bar, attorniato da tutti i disegni che ne erano poi seguiti. Non aveva una crisi da tre anni, da quando aveva creduto di poter sedare tutte le paure con una corsa e un po’ di musica. Poi era riuscito faticosamente a riprendersi con l’aiuto di Josh e Dominic. C’era riuscito, anche senza l’aiuto di una seduta. L’aveva visto come un segno di miglioramento e ne era stato così felice, orgoglioso per quel che aveva evitato in tutti quegli anni.

E ora? Ora cosa stava succedendo?

Non poteva “guarire”, come aveva ingenuamente chiesto durante una delle prime sedute. Si era illuso forse di essere più forte, di aver sconfitto una volta per tutte quella rabbia o di aver acquisito almeno gli elementi per batterla. Eppure erano le sue dita a tremare e la gola gli doleva per come aveva gridato durante quella crisi. Era una fortuna che non ricordasse nemmeno una parola perché si vergognava a sufficienza per come si era mostrato ancora una volta debole e succube di quella forza.

- Non avrei dovuto… L’ho istigato io. Non avrei dovuto farlo davanti a lui. Avrei dovuto aspettare… aspettare di essere solo con lui. Avrei potuto seguirlo e…- s’interruppe con una scossa del capo e farfugliò: - No, non avrei dovuto e basta. Io non sono come lui. E ora Zayn sa che sono un… un…-

- No, Lee, no.-

Si lasciò stringere dall’abbraccio di Ruth solo perché era troppo stanco per reagire, ripetere che voleva essere lasciato solo a pensare continuamente a quel che aveva fatto, a come aveva potuto credere di aver trovato la soluzione migliore per tutti. Rispose con un verso al “Sei solo Liam” e chiuse gli occhi con un sospiro per ascoltare quel che la sorella gli chiedeva con un tono cauto contro l’orecchio – “Lascia andare i pugni. Prendi un respiro. Come facevamo da bambini”.

- Dominic crede io stia per scoppiare.- pronunciò in un sussurro debole dopo aver lasciato correre un paio di minuti di silenzio e non rispose quando la sorella girò la domanda verso di lui. Quel “Senti di star per esplodere?” che non voleva prendere in considerazione per quel che portava con sé. Non aveva bisogno di altre sedute. Perché nessuno voleva vederlo che stava bene ma aveva solo paura?

- Vuoi sentire anche tu come Nicole ha ricevuto finalmente la proposta di matrimonio che stavamo tutti aspettando?-

Si rigirò nel letto con gli occhi strabuzzati per fissare la sorella maggiore che rideva e sollevava le mani con un rossore appena accennato sulle guance, corrugò appena la fronte e sussurrò: - Non volevo rovinare il tuo giorno.-

Tenne lo sguardo fisso su di lei che scuoteva il capo, si sedeva sul letto e passava poi le dita tra i ciuffi per spostarglieli dalla fronte, dicendo: - Non hai rovinato nulla, Lee. Ora come ti senti? Stai meglio?-

Negò con il capo in un movimento lento, pronunciò a fatica un sincero “Non lo so” e spezzò il legame tra i loro occhi, facendosi coraggio per chiedere con un tono incerto: - Faranno in tempo a sparire per il tuo matrimonio?-

Riuscì a tendere le labbra in un sorriso, rincuorato dalla risata che era riuscito a ottenere dalla sorella, e sollevò un braccio per invitarla a prendere posto nello spazio libero del letto. Era sempre piacevole circondarsi di affetto dopo una crisi, lo aiutava a ignorare tutta la vergogna provata e concentrarsi sulle sensazioni suscitate dai loro abbracci, dalle brevi frasi cariche di amore.

- Sono sicura sparirà tutto. Non sarai costretto a fare l’anima dannata di James Dean.-

Rilasciò una risata liberatoria a quel commento, si lasciò baciare le guance dalle sorelle e con un tono più leggero, pronunciò: - Sono sicuro a Frank piacerà Zayn. Finalmente qualcuno potrà batterlo nelle sue discussioni infinite su quanto Superman sia meglio di Batman.-

Increspò la fronte in un’espressione incerta e spostò gli occhi dal soffitto verso la sorella maggiore, chiedendo: - Posso invitare Zayn?-

Annuì con un sorriso felice quando Nicole ribatté: - Credevo fosse scontato. Lui è il tuo ragazzo.-

Avrebbe dovuto lasciare passare qualche giorno per permettere sia a Zayn che a se stesso di riprendersi dalla sorpresa causata da quella lotta, poi avrebbe potuto parlargli, chiarire, spiegarsi. Doveva solo darsi il tempo di accettare quel che la lotta aveva irrimediabilmente portato alla luce e trovare il coraggio di affrontare tutte le conseguenze di quel gesto.

 

 

«I get lost, I get lost a lot and you meet me there
I can close my eyes and find you anywhere
I can hold you close while you wonder free
But the long walk home says you're good for me»

- Every songbird says, Sam Beam & Jesca Hoop

 

 

Le dita sfioravano con delicatezza i tratti del bozzetto di un viso mentre i ricordi completavano quel disegno con il sangue rappreso sul labbro spaccato, il livido sulla guancia e la totale apatia che per un istante aveva eliminato la luce dai suoi occhi scuri. Accarezzò quei punti, quasi a voler lenire le ferite sul vero volto con quei tocchi, e strofinò con nervosismo il punto bagnato dalla lacrima, storcendo le labbra in una smorfia quando con quel gesto rovinò il tratto che definiva il sopracciglio. Chiuse il taccuino con un verso scocciato e incrociò le braccia sopra di esso sulla scrivania, poggiando la guancia nell’incavo del gomito mentre si distraeva con le dita che spingeva contro la testa della piccola tartaruga che oscillava per seguire il ritmo.

Spostò lo sguardo dal piccolo oggetto verso la porta che si apriva l’attimo dopo il lieve bussare, sollevò le spalle con uno sbuffo all’invito fatto a scendere per cena e ignorò i passi della sorella maggiore per concentrarsi sull’antistress che aveva trovato. Era meglio osservare la testuggine, era più semplice seguire il movimento oscillatorio su cui lui aveva potere, piuttosto di dare pieno controllo ai pensieri, ai ricordi, o spiegare per quale motivo non avesse fame.

- Una settimana intera a chiuderti in camera dopo scuola.- stava dicendo la sorella che picchiettava le dita contro la scrivania in un ritmo snervante. - Persino papà ha detto che stai esagerando.-

- Sono indietro con il programma.- Optò per una mezza verità, diede un colpetto al capo della tartaruga e osservò come riprendesse a oscillare in varie direzioni per colpa dell’eccessiva forza. - E non è vero che è una settimana che non mangio… o vi evito. Ho solo preso a cuore i miei doveri di studente, come dice lui.-

- Zayn.-

Rilasciò uno sbuffo al tono usato dalla sorella, quella preoccupazione mista a un velato ordine a parlarne, e rivolse lo sguardo dall’altra parte della stanza mentre mugugnava: - Sono solo preoccupato.-

Roteò gli occhi con un verso infastidito al “Questo è già qualcosa” che la sorella aveva pronunciato con una punta di divertimento e si costrinse a restare immobile in quella posizione, così accovacciato sulla scrivania, quando il suo palmo si posò sulla spalla e la sua voce domandò altre spiegazioni.

- Per Leeyum.- sussurrò senza più alcuna voglia di mentire ancora, si sollevò subito dopo e si mosse sulla sedia per guardare negli occhi Doniya mentre con apprensione nella voce chiedeva: - Tu l’hai visto?-

Si scoraggiò quando vide il suo capo muoversi con la negazione e abbassò lo sguardo sui piedi coperti dalle calze al suo specificare di non averlo visto in università per tutto quel tempo, scuotendo il capo per come cercava di rincuorarlo con accenni a possibili esami o impegni con la squadra.

- Se sei tanto preoccupato per lui…- Sollevò gli occhi dalle calze per fissare la sorella e storse le labbra in una smorfia al suo concludere: -… prendi il telefono e scrivigli. Oppure chiamalo.-

Si sporse verso la scrivania per recuperare il cellulare, lo sbloccò in fretta per far sparire la foto usata come salvaschermo e aprì subito la chat che gli interessava, mostrando alla sorella tutti i messaggi mentre si affrettava a dire: - Non risponde nemmeno alle chiamate.-

- Hai provato a cercarlo a casa sua? Hanno un telefono anche loro, non vivono nel…-

La interruppe con un verso scocciato e ribatté con un tono puntiglioso: - Ho chiamato e Ruth mi ha detto che ha bisogno di tempo.-

Fissò la sorella che muoveva una mano come a chiedergli quale problema ci fosse ancora e lasciò cadere il cellulare sulla scrivania in un gesto irritato, ripetendo con un ritmo lento per calcare su ogni parola: - Sono preoccupato per Leeyum.-

Ignorò il tono disinteressato con cui Doniya lo invitava a spiegarsi meglio, il “Per quale motivo?” che non aspettava davvero una risposta, e agitò appena una mano prima di farfugliare con incertezza: - Forse perché crede ci siamo lasciati.-

- Credo Liam sia abbastanza intelligente da capire che hai bisogno di studiare per…-

Si coprì il viso con le mani per bloccare in parte il verso irritato e all’occhiata perplessa della sorella, spiegò: - Non si tratta di quello. Sono certo lui stia pensando che ci siamo lasciati. Ho specificato che avevo bisogno di tempo per studiare, ma sono sicuro lui abbia visto le mie parole in tutt’altra luce. Quindi ora non risponde ai miei messaggi.-

- Io penso lo studio ti abbia fatto male.-

Scosse il capo per negare più volte alla sua affermazione, notando il suo sopracciglio inarcarsi sempre più, e si lasciò prendere per un braccio per seguirla fuori dalla stanza e verso la cucina. Doniya non sapeva quel che era successo, non aveva visto come si era avventato sul compagno di scuola e nemmeno quanto era stato impassibile per tutto il viaggio in macchina. Aveva cercato di parlargli una volta davanti a casa, spiegando di aver bisogno di tempo per studiare, ma Liam aveva tenuto gli occhi fissi di fronte a sé e non era più tanto sicuro avesse sentito anche solo una parte del discorso, almeno quel “Ti amo” o “Prediti cura di te”. Avrebbe dovuto costringerlo a spegnere la macchina e seguirlo, ma era ancora troppo scosso dalla lotta cui aveva assistito, dal sangue che gli macchiava la maglia e gli ricordava perfettamente le grida e le suppliche a smettere.

- In ogni caso, se sei tanto preoccupato, puoi sempre farti trovare fuori da casa sua.-

- Non voglio costringerlo a vedermi o parlarmi.-

Costringerlo a dare spiegazioni quando l’unica cosa che gli aveva chiesto era più tempo.

- Parla con i suoi amici, allora. Così smetti di chiuderti in camera a riflettere, tutto questo non ti fa per nulla bene. Ti preoccupi per Liam, noi siamo preoccupati per te.-

Sfregò una mano contro la nuca quando la sorella lo lasciò solo nel corridoio, la passò poi sul viso con un sospiro e varcò la soglia della cucina con un sorriso impacciato al trovarsi al centro dell’attenzione familiare. Sollevò una mano come a volerli salutare e si affrettò a prendere posto a tavola, ignorando i bisbigli tra le sorelle più piccole che sembravano più inviti fatti a Safaa di tacere su un certo argomento.

Abbassò lo sguardo sulla mano della sorellina che si stringeva al polsino della felpa e inarcò un sopracciglio, invitandola a procedere con la domanda che sembrava stargli tanto a cuore.

- Se vieni preso da quella scuola tanto lontana, non ti dimentichi di noi?-

- Non potrei mai dimenticarmi di voi, Safaa.- rispose subito con un palmo sul suo capo e un sorriso intenerito, chiedendo poi: - Per quale motivo questa strana domanda?-

- Vuole solo impietosirti per avere la tua stanza.- Si sporse sul tavolo per osservare Waliyha che riprendeva a mangiare con un sorriso soddisfatto dall’aver stroncato i piani della sorellina e scosse il capo con una risata quando lei continuò: - Lo sanno tutti che la sua stanza sarà mia, perché sono più grande.-

Sollevò le spalle con un sorriso divertito all’ammonimento nello sguardo della maggiore quando propose una “classifica delle favorite” e strofinò le dita contro il mento, fingendosi pensieroso per qualche secondo prima di spiegare alle due tanto attente che “Si tratta di togliere un punto a chi non rispetta le mie regole e vince chi mantiene meglio il punteggio di partenza”.

Vide le due studiarsi incerte e stringersi poi la mano, accettando quelle condizioni nella gara che doveva essere onesta e senza alcun tipo di favoreggiamento. Portò la mano destra al cuore e sollevò la sinistra mentre con un tono deciso prometteva di essere imparziale fino alla fine.

 

///

 

- Vi siete lasciati?-

Zayn si guardò attorno per essere certo di non aver addosso lo sguardo di nessuno, rivolgendo poi un’occhiata scocciata a Harry che gli stava accanto nella fila della mensa e continuava indisturbato a riempirsi il vassoio.

- Non ho detto questo.- borbottò Zayn con la fronte corrugata quando Harry si voltò verso di lui e ripeté: - Hai detto che lui crede che…-

- Appunto!- esclamò per interromperlo dal proseguire oltre, lo seguì lontano dalla fila e verso il loro tavolo in disparte mentre con un tono di voce più basso aggiungeva: - Lui crede ci siamo lasciati dopo quel casino. Non sono certo sia così, però non risponde ai miei messaggi in cui gli chiedo di parlare. E non posso comparire a casa sua e costringerlo a farlo. Sono cose che non si fanno, dal momento che mi ha chiesto solo del tempo. Per questo ti ho chiesto di parlare con Louis e chiedergli…-

Si bloccò con un verso sorpreso quando Harry si strinse nelle spalle, sganciando indisturbato una bomba con quel suo indifferente “Liam non parla con lui”.

- Come sarebbe a dire che Liam non…-

- Quel che ho detto.- lo interruppe Harry con un tono puntiglioso, bevve un sorso d’acqua e poi mostrando lo stesso disinteresse di poco prima, spiegò: - Ho raccontato di quel che è successo a scuola e Louis ha cercato subito di mettersi in contatto per capire. Non gli ha risposto e… quindi ora mi tocca distrarre due persone dalle stranezze di Liam.-

Il calcio sotto il tavolo contro la gamba di Harry fu inevitabile quando lo indicò con una forchetta e pronunciò con eccessiva serietà: - Non ti aspettare che mi metta tra le tue gambe.-

Zayn non riuscì a chiedere altre informazioni sullo strano comportamento di Liam, credeva Louis fosse il suo migliore amico e di poter risolvere con lui quella catena per avere informazioni sul castano, perché Eleanor si era seduta al loro tavolo con uno sbuffo scocciato senza rivolgere loro un saluto. Si scambiò un’occhiata perplessa con Harry e aprì appena la bocca per rivolgere la domanda curiosa alla ragazza che li aveva raggiunti, ma lei l’aveva anticipato, sibilando: - Hanno deciso di chiudermi fuori.-

Inarcò un sopracciglio quando quella frase non servì a spiegare molto la sua presenza tra loro, osservò la decisione con cui brandiva la forchetta per infilzare i pezzi di carne e piegò il viso su un lato al suo specificare: - Jason ha deciso che il gruppo doveva tagliarmi fuori e loro l’hanno fatto senza neppure opporsi.-

La stavano fissando entrambi sempre più confusi, dei grossi punti di domanda evidenti sul loro volto, ma non fecero in tempo a chiedere nuove informazioni che lei si affrettò a pronunciare con eccessiva grinta: - Il tuo ragazzo l’ha umiliato davanti a tutti i suoi amici e ora spera di mantenere lo status quo nel suo gruppo costringendoli a ignorare me. Perché o smetti di essere amico della feccia o sei la feccia.-

- Mi disp--…- bloccò il resto delle scuse nella gola con un verso quando Eleanor gli puntò contro la forchetta con uno sguardo deciso e “Non ci provare a dirlo”. Sollevò le braccia come a mostrarle di essersi arreso e spostò lo sguardo su Harry che teneva gli occhi concentrati su un punto della mensa in cui era certo si trovasse il tavolo dei più popolari. Persone con cui lui aveva un buon rapporto perché nessuno aveva mai odiato Harry Styles.

- Mi hanno detto che sono state costrette. Hanno solo paura di perdere certi privilegi e finire dall’altra parte della fazione. Se gli voltassero tutti le spalle, invece di lamentarsi di lui, non avrebbe più nessuno da comandare e resterebbe solo.-

Si strinse nelle spalle, non sapendo come rispondere a Eleanor che a nessuno importava granché di ribaltare degli equilibri che esistevano da anni, e preferì concentrarsi sul proprio piatto mentre vedeva l’amica ignorare tutto il vassoio e prendere tra le mani il budino.

- Non so se avercela con lui o con tutti i caproni che gli stanno dietro.- la sentì insistere con rabbia, la stessa che mostrava con il gesto di immergere il cucchiaino nel budino e portarlo alla bocca poi con un verso soddisfatto, sollevandolo per mostrarlo con un fin troppo serio “Questo budino è ottimo”.

Scosse il capo con un sorriso divertito per come aveva cambiato improvvisamente discorso, mosse la forchetta tra tutte le pietanze scelte che non gli erano sembrate disgustose e sollevò gli occhi su di lei quando la sentì pronunciare: - Danielle mi ha detto che vi siete visti.-

- Un po’ di settimane fa, sì. Non è ancora partita?- domandò con interesse, dimenticandosi del cibo che aveva sul piatto per osservare con cautela quella che portava alla bocca il cucchiaino, si stringeva nelle spalle e con le guance appena arrossate spiegava che “Sta valutando le opzioni”.

- Ti ha detto altro del nostro… incontro?- insistette con le curiosità, seguì la negazione del capo di Eleanor e ascoltò il suo breve riepilogo nel “Odia Louis e vi augura il meglio”.

- Solo questo? Nient’altro?- insistette con un poco di irrequietezza nella voce, vide il sopracciglio di Eleanor tendere verso l’alto e sospirò quando lei con grinta difensiva pronunciò: - Non ha intenzione di rendersi ridicola quando Liam è stato chiaro a non volerle dare alcuna possibilità. Sa di aver perso la sua occasione. Penso sia questione di accettarlo davvero e permettersi di ricominciare.-

Mosse il capo in un cenno per mostrarle di essere del suo stesso parere e sussurrò: - Spero davvero possa essere felice.-

- Sì, anche io.-

Si torturò le mani da sotto il tavolo quando dalla breve frase di Eleanor intuì si nascondesse un atteggiamento difensivo nei confronti dell’amica, passò una mano sul viso e sospirò, vedendo i suoi occhi sollevarsi dal budino per un solo istante e approfittando di quel momento per trasmetterle sincerità con il bisbiglio: - Non ho nulla contro di lei. E mi dispiace per come l’ha trattata Louis quel giorno. Credo sia un po’ troppo protettivo nei confronti di Liam.-

Distolse lo sguardo da Eleanor per fissare il ricciolino che aveva sbuffato con un cenno d’assenso, la forchetta che portava alla bocca con un gesto deciso e il criptico “Non sai quanto” che non aveva voluto spiegare a nessuno dei due mentre continuava a mangiare con gesti meccanici.

 

///

 

 - Siete sicuri sia una buona idea?- domandò Zayn mentre cercava di tenere il passo dei due che camminavano con sicurezza davanti a lui e si completavano a vicenda con quel “Assolutamente certi” che non era servito granché a rassicurarlo. Intravide in lontananza l’insegna del ristorante cui erano diretti e quando lo sguardo si posò sul gruppetto lì fuori tutti i dubbi tornarono più forti di prima, facendogli domandare: - Non si sentirà messo alle strette?-

- Nessuno lo mette alle strette. Josh ci ha invitati con loro. Se ha problemi con noi, sono fatti suoi.-

Non riuscì a intromettersi nel discorso di Louis, spiegargli che forse stavano affrontando quella situazione di petto, e lo seguì con una camminata incerta, in netto contrasto con la fierezza con cui l’altro si muoveva per avvicinarsi sempre più al gruppo che parlava fittamente. Capì subito quanto avesse ragione con quell’indecisione ad accettare l’invito a cena per “unire il gruppo” quando si trovò davanti a loro, rivolgendo un saluto con un cenno del capo e gli occhi bassi pur di non incrociare alcuno sguardo. Come aveva fatto ad accettare con tanta facilità quell’invito? Non aveva nemmeno il coraggio di guardare Liam negli occhi, figurarsi affrontare un discorso per spiegargli che aveva compreso male tutta quella situazione.

Fu Louis a rompere il ghiaccio e forse sarebbe stato molto meglio tenere quella tensione imbarazzante perché la sua frase, pronunciata con un tono velenoso, li gettò con un balzo in un argomento che Zayn avrebbe voluto affrontare con più cautela – “Sbaglio o mi sembra di vedere Liam Payne tra noi? Ci ha degnati della sua presenza o è solo un ologramma?

Sollevò gli occhi da terra quando sentì Josh intromettersi con rabbia con l’ordine fatto a Louis a stare zitto, cercò l’appoggio di Harry che sembrava quanto lui confuso da quella situazione e aspettò Liam rivolgesse lo sguardo sorpreso su Louis per poter osservarlo indisturbato. Sembrava tanto stanco, se le occhiaie e il colorito pallido potevano darne un’indicazione, e schiacciato da qualche forza che gli bloccava le spalle in una posizione arrendevole.

- No, Josh! Ora basta. Devi smetterla di proteggerlo in questo modo. Deve smetterla di chiudere fuori le persone dalla sua vita. Devi smetterla, Liam. Non sei giustificato a farlo. Mi hai capito?-

Trattenne il respiro quando il castano distolse lo sguardo da Louis, senza nemmeno ribattere, e sentì un nodo allo stomaco per come suonava stanca la sua voce mentre si rivolgeva solo a Josh, dicendo: - Te l’avevo detto che sarebbe stato meglio non venire. Non sono il benvenuto.-

Zayn si bloccò dal fare un passo in avanti perché Louis si era intromesso ancora una volta con la rabbia che sporcava le sue parole, il tono della voce che suonava duro e di un sarcasmo freddo nella frase “Ogni scusa è valida per non affrontare i tuoi fottuti problemi”.

Si scansò da Louis, indietreggiando appena dal gruppo, al passo in avanti di Josh che si metteva tra i due con le dita di una mano strette alla maglia di Liam che tentava di andare via e una contro il petto di Louis per non farlo procedere oltre.

- Sei un grandissimo stronzo, lo sai?-

- Josh, per favore. Non voglio restare qui.-

- No, tu ora mi ascolti!- Fissò inorridito Louis che spingeva via Josh e non poté che trovarsi d’accordo con il concetto che stava dietro il rabbioso: - Non hai una motivazione valida per averci ignorato tutto questo tempo, ti è chiaro? Eravamo preoccupati e ci hai chiusi fuori.-

Sembrò a Zayn di essersi trovato improvvisamente al centro di tutto, la supplica negli occhi di Liam era evidente mentre lo inchiodava sul posto, e non riuscì a non prendere le sue difese, sussurrando: - Forse aveva le sue ragioni per…-

Non riuscì a concludere perché Louis emise un grugnito infastidito, scosse il capo con un movimento brusco e introdusse un discorso in cui si sentiva completamente estraneo, di cui sembravano essere a conoscenza tutti tranne Harry e lui – “Sono stato al tuo fianco dopo ogni seduta, ricordi? Avevamo dei simboli da rispettare. Hai dimenticato anche quello, tra tutto quanto? Li abbiamo decisi insieme, Liam. E tu non mi hai risposto. Avevo solo bisogno di uno stupido simbolo.

- Mi dispiace.-

- Fai bene a sentirti in colpa.-

Zayn spostò lo sguardo tra i due con una smorfia sulle labbra; non aveva capito molto del discorso di Louis, ma era certo non fosse quello il modo di affrontare un discorso tanto delicato. Attaccare Liam non sarebbe servito a nulla perché l’avrebbe solo fatto chiudere ulteriormente e allontanare da loro.

Mosse il capo in un cenno quando Josh s’intromise dicendo: - Stiamo facendo una scenata inutile. Vogliamo entrare?- e puntò gli occhi su Liam, vedendolo negare con la testa, un debole sorriso sulle labbra e le preoccupazioni di poco prima che si manifestavano nel suo spiegare che “Forse è meglio che vi lasci soli”, assieme al difensivo “Mi dispiace di aver rovinato la vostra serata”. Seguì il successivo allontanarsi da loro con gli occhi puntati sulla sua schiena, sperando quasi fosse sufficiente a farlo voltare e parlare almeno con lui, ignorò le lamentele di Louis per il colpo che Josh doveva aver dato contro la sua nuca o il borbottio successivo “Prendi sempre la strada sbagliata. Devi smetterla di essere impulsivo”, fece un cenno ad Harry per chiedergli di ordinare per lui e cercò di raggiungere Liam con uno scatto veloce delle gambe.

Riuscì a fermarlo con una mano attorno al suo polso, prima che potesse attraversare la strada, aspettò si voltasse verso di lui e schiuse le labbra, pronto a iniziare da un qualsiasi lato quel discorso che doveva assolutamente avere con lui. Lo fissò confuso quando lo anticipò con un “Mi dispiace” che non gli sembrava avesse senso in quel momento e inarcò un sopracciglio quando insistette, spiegando: - Mi dispiace di averti fatto preoccupare.-

- Solo questo?-

Si sentì un poco meglio quando Liam mosse il capo in un cenno, forse tutte le preoccupazioni che aveva avuto in quella settimana erano state davvero inutili, ma tutta la confusione tornò in fretta quando lo sentì insistere con quel “Mi dispiace davvero, Zayn”.

- L’hai già detto, Liam.- sussurrò con le sopracciglia corrugate mentre tentava di interpretare la sua espressione sconfitta, il suo sospiro e il cenno d’assenso. Strabuzzò gli occhi con un verso sorpreso quando il suo sguardo deciso si focalizzò su di lui, non riuscendo a comprendere il tono di sfida con cui aveva pronunciato: - Hai paura di me?-

- Che stai dicendo?-

- Hai paura che possa perdere il controllo e far del male anche a te?- Continuò a fissarlo in silenzio durante l’esposizione quasi cinica di quella domanda e piegò il viso su un lato quando sembrò perdere per un momento la freddezza e l’apatia per insistere: - Perché non succederà mai. Anche se non dovessimo… anche se tra noi due… non farei mai del male alle persone a cui tengo, alle persone che amo.-

Restò in silenzio con le labbra schiuse dalla confusione, gli occhi che teneva puntati sul suo viso, e domandò: - Chi ti ha messo in testa l’idea che ho paura di te?-

Cercò di non soffermarsi sulla risata fredda di Liam, su come sembrava starsi proteggendo da lui con quella corazza d’indifferenza che lo portava poi a spiegare con un movimento delle spalle che “Ci siamo lasciati perché hai paura di me”.

- Ho paura per te, Liam!- esclamò d’istinto al veder realizzarsi l’ipotesi che Liam avesse potuto pensare a una loro rottura per quelle due settimane. Rilasciò con un sospiro tutta l’energia quando notò gli occhi scuri di Liam diventare più lucidi, strinse i denti sul labbro per scaricare in quel modo la tensione e, quando lui spezzò il legame tra i loro sguardi, sussurrò: - Mi avevi promesso non avresti fatto nulla di stupido.-

Allungò un braccio nella sua direzione e strinse le dita attorno alla sua mano, confessando in un bisbiglio: - Ho avuto paura per te, sono preoccupato per te. Non ho mai avuto paura di te. Capito, Liam?-

Rafforzò la presa sulla sua mano quando puntò gli occhi su di lui, cercando di non farsi scalfire dalla durezza e dall’eccessivo sarcasmo con cui pronunciava: - Non mi dispiace di aver dato una lezione a quello. Di averti fatto preoccupare, sì. E non voglio usare come scusa tutta questa… storia degli scatti di rabbia improvvisi. Sono andato in terapia per anni e so come calmarmi, come fermarmi. Non ho voluto farlo quel giorno. E non mi pento di nulla.-

- Liam.-

- Evidentemente non sono il ragazzo perfetto che credevi di conoscere.-

- Liam…-

- E non mi dispiace nemmeno di aver rovinato quell’immagine che avevi di me. Sono stanco di rispettare sempre quel che credono di me.-

- Non hai rovinato proprio nulla, Liam.- pronunciò con un tono deciso e una luce di fierezza negli occhi, strinse la sua mano quando tentò di liberarsi dalla presa debole e insistette: - Io amo te, Liam. Non qualsiasi idea tu credi di aver messo nella mia testa. Nessuno crede che tu sia perfetto e nessuno si aspetta che tu indossi i panni del ragazzo d’oro. Abbiamo tutti i nostri difetti e nessuno, Liam, nessuno vuole che tu nascondi i tuoi. Siamo preoccupati per te e ti vogliamo bene.-

Diede uno strattone alla sua mano quando tentò di dargli le spalle per andarsene e sibilò: - Sei importante per tutti noi, Liam. Possiamo anche prendere a cuore tutta questa storia e cercare di risolvere nel modo sbagliato, ma teniamo a te. Non puoi chiuderci fuori dalla tua vita quando le cose vanno male perché non serve a proteggerci e non aiuta te.-

Allentò la presa sulla sua mano fino a lasciarla quando vide Liam muovere il capo in un cenno, il sospiro che aveva rilasciato come i tentativi di allontanarsi, e sfregò le dita lungo il suo braccio con un sorriso incoraggiante. Lo osservò mentre dava un’occhiata titubante alle sue spalle, forse verso il locale in cui li aspettavano gli altri, e accettò con un movimento del capo la flebile confessione di aver bisogno di ancora qualche tempo.

- Tranquillo, Liam. Devi solo sapere che siamo qui per te.-

- Ti prometto che è solo questione di altro tempo.-

Lo osservò con un’increspatura triste sulle labbra quando si trovò ad affrontare ancora una volta le sue spalle, fece uno scatto nella sua direzione, si fermò e poi lo chiamò, cercando di mostrarsi forte mentre sussurrava: - Avvisami quando arrivi a casa, per favore.-

Sentì un poco della tensione lasciarlo quando Liam annuì con un sorriso stanco e gli fece la promessa di mandargli un messaggio al varcare la soglia di casa. Scosse il capo al suo chiedere con un borbottio di porre delle scuse a Louis e al suo mostrare confusione, spiegò: - Non hai niente di cui scusarti. Ha sbagliato ad aggredirti in quel modo. Qualsiasi fossero le sue ragioni, non hai colpe.-

- Hai appena detto che…-

- Non è accettabile il suo comportamento, Liam. Anche se poteva avere ragione.-

Lo abbracciò di slancio quando non accennò a riprendere la direzione di poco prima, forse ancora confuso da quelle ultime parole, e lo tenne stretto con una mano contro la sua nuca, sussurrando: - Sono sempre qui per te.-

Rilasciò il resto della tensione accumulata in quelle settimane con un sospiro quando le braccia di Liam si avvolsero attorno a lui e si mantenne in equilibrio sulle punte dei piedi per non lasciarlo andare subito e approfittare di ogni istante di quel momento tra loro. Si separò dopo qualche minuto, notando con piacere un sorriso più vitale sulle labbra di Liam, e sfregò le nocche contro la sua guancia, ripetendo in un bisbiglio: - Ricordati il messaggio.-

- Prima mi lasci andare a casa e prima avrai il mio messaggio.-

Spinse un pugno contro la sua spalla con uno sbuffo e gli puntò contro l’indice, cercando di intimidirlo dicendo: - Tu prova anche solo a dimenticarlo e vengo sotto casa tua a tirare sassi contro la tua finestra.-

Cercò di chiudere nel cuore la risata allegra di Liam, il movimento buffo che doveva imitare il portamento rigido di un soldato, e tenne gli occhi fissi sulla schiena mentre lo vedeva allontanarsi sempre di più, tornando verso il locale solo quando non riuscì più a distinguerlo nel buio della sera.

 

///

 

Zayn aveva pensato tutta la settimana a quel momento, valutando ogni possibile variante nel piano e scoraggiandosi ripetutamente, ora che si trovava davanti al portone di quella villetta con l’indice sollevato per suonare il campanello non era più così sicuro dell’idea di partenza. Nei pochi messaggi che Liam gli mandava era chiaro preferisse restare solo, che si sentisse persino in colpa a mettere quella distanza tra loro, e lui nelle risposte aveva cercato di togliergli quel peso, descrivendogli giornate di studio intenso non completamente veritiere. Farsi trovare quel sabato mattina fuori da casa sua era stata una decisione presa tra un esercizio di matematica e l’abbozzo del sorriso che ricordava sulle labbra rosee di Liam. Forse era stato stupido presentarsi da lui, costringerlo a parlargli e soprattutto convincersi di riuscire a far comparire di nuovo quel sorriso rilassato sulla sua bocca. Non poteva tornare indietro ora, i genitori avrebbero fatto troppe domande ed era già complicato mantenere davanti a loro una facciata di tranquillità che non gli apparteneva quando citavano Liam e la sua assenza.

Spinse il polpastrello contro il campanello in uno slancio di improvviso coraggio e roteò le spalle in senso semi-circolatorio, come se fosse un pugile pronto a salire sul ring e affrontare l’avversario. Liam non era suo nemico e forse complicava le cose quanto tenesse a lui, diviso tra il volerlo aiutare e accettare la sua scelta.

Prese un respiro profondo quando la porta si aprì e unì i palmi quasi a supplicarlo, tenendo gli occhi bassi mentre farfugliava: - So che è davvero stupido che io abbia deciso di venire qui. Non sei obbligato a farmi entrare o parlare con me. Ti prego, mi manchi.-

Sollevò subito lo sguardo quando sentì pronunciare il proprio nome da una voce femminile, avvampò d’imbarazzo all’accorgersi di essersi svelato tanto alla sorella di Liam e sforzò la risata tesa fuori dalla bocca, cercando poi di guardare oltre le sue spalle mentre chiedeva: - Liam è in casa?-

Corrugò la fronte, mostrandosi confuso di fronte alla secca negazione, e indietreggiò di un passo quando comparve Liam alle sue spalle, spostando lo sguardo tra i due per capire cosa stesse succedendo e per quale motivo Ruth dovesse mentirgli sull’assenza del fratello. Forse le aveva detto di non voler vedere nessuno e lei lo stava proteggendo? Quindi aveva sbagliato a presentarsi in quel modo senza chiedere a Liam perché ora era costretto a parlargli?

- Non voglio costringerti.- si affrettò a introdursi nel discorso che stava avvenendo di fronte a lui tra “Sto solo cercando di aiutarti” e “Questo è tutto il contrario di aiutarmi”, indicò alle proprie spalle con un’espressione che sperava fosse convincente mentre spiegava: - In realtà ho anche molto da studiare, ero passato solo per un saluto.-

Si fermò a metà del vialetto quando si sentì chiamare per nome e non poté far a meno di sentire l’invito che rivolgeva a Ruth a rientrare in casa, scaricando la tensione che a ogni suo passo si accumulava nelle mani che stringeva tra loro. Cercò di scacciare l’incertezza provocata da quella strana situazione e mantenne gli occhi fissi sul viso di Liam quando gli si fermò di fronte, notando più della settimana precedente il colorito pallido e la stanchezza nei suoi occhi scuri e nella piega della sua bocca.

- Che ci fai qui, Zayn?- Strinse le dita attorno alla sua stessa mano per non rivelare tutte le emozioni che con tumulti volevano venire a galla, deglutì il groppo che gli chiudeva la gola e si strinse nelle spalle con gli occhi già lucidi quando sentì le sue insistenze confuse. - Avevi detto di dover studiare. Hai qualche test che ti aspetta il prossimo mese. Zayn, è importante che tieni una buona media perché…-

- Scusa, Liam. Non volevo costringerti a vedermi… o parlarmi. Non voglio costringerti. Mi era sembrata un’idea…- Si fermò con un verso irritato quando non riuscì a concludere quella spiegazione per colpa della voce che gli si era spezzata, distolse lo sguardo da lui e strofinò insistentemente la manica della felpa contro le palpebre per eliminare dal principio le lacrime traditrici. Prese un respiro profondo per calmarsi in fretta e gli rivolse un sorriso un poco più convincente, nonostante il tremolio alle labbra mentre aggiungeva: - Ti ho visto e salutato quindi ora sono pronto a immergermi nei libri di scuola.-

- Zayn.- Incrociò le braccia al petto per riuscire ad affrontare l’occhiata perplessa di Liam, le spinse contro lo stomaco al sospiro arrendevole che aveva rilasciato e spostò per un istante lo sguardo verso il portone chiuso che indicava con un cenno e “Mi dispiace per Ruth”. Scosse il capo con un’alzata di spalle e ribatté: - Aveva tutte le ragioni per comportarsi così. Avrei dovuto avvisarti, prima di piombare a casa tua senza delicatezza.-

Curvò un angolo delle labbra verso l’alto quando riuscì a ottenere con quella frase la risata di Liam e osservò con orgoglio la piega del sorriso che gli illuminava il viso con più allegria e leggerezza.

- Non disturbi mai, puoi venire quando vuoi. Ruth ha esagerato.- sentì insistere Liam una volta interrotta la breve risata, il divertimento che permaneva ancora nei suoi occhi, e si fece attento quando spiegò: - Era solo preoccupata perché Louis è stato qui e abbiamo avuto una discussione… non del tutto amichevole.-

Inarcò un sopracciglio alla stretta di spalle di Liam e al suo riportare tra loro il discorso fatto la settimana precedente, fornendo una giustificazione al comportamento di Louis.

- Non è proprio così.- borbottò Zayn con una smorfia irritata sulle labbra, avrebbe fatto un discorso a Louis il prima possibile, e insistette: - Ci sono diversi modi per dire qualcosa e lui usa quella sbagliata. Non può sfogarsi su di te, senza pensare alle conseguenze delle sue parole.-

Non si premurò a nascondere il fastidio quando Liam prese ancora le sue difese con un’alzata di spalle e “Dimostra la preoccupazione in modo diverso”, borbottò ancora qualche mezzo insulto contro Louis e sollevò gli occhi sul maggiore quando insistette per sapere il motivo della sua visita.

- Ho pensato molto a tutto.- decise di prendere il discorso dall’estremità più lontana, darsi così il tempo di raggiungere il nocciolo della questione ed essere il più chiaro possibile a Liam che lo fissava in attesa. - Tu ci sei sempre stato per me quando ho avuto dei momenti terribili in questi mesi e voglio esserci per te.-

Si chiuse nelle spalle quando Liam lo chiamò con un sospiro, tutta la stanchezza che traspariva ora anche dalla sua voce mentre sussurrava: - Ci sei per me. So che ci sei per me. Solo che oggi dovresti pensare a studiare e non…-

- Solo qualche ora, Leeyum.- insistette con l’accenno della supplica evidente dal tono della voce e dai palmi uniti di fronte al viso e quando vide sul suo viso dell’indecisione si affrettò ad aggiungere: - Poi mi metto a studiare tutto il pomeriggio.-

Osservò l’apertura arrendevole delle braccia di Liam, quel “Dove vuoi portarmi?” che aveva pronunciato con un una punta di divertimento nella voce, e si concentrò per ricordarsi quel che aveva deciso, non trovando alcuna idea perché il piano geniale si fermava a quel punto. Raggiungere Liam, spiegargli di voler esserci per lui e… non aveva pensato ad altro.

- Non sono ancora arrivato a quel punto.- borbottò tra sé e sé, rilasciò uno sbuffo alla risata del maggiore e si grattò la nuca, socchiudendo gli occhi mentre con voce tentennante proponeva: - Ci sarebbe una bella mostra di fotografia che vorrei vedere. Però in questo modo si tratterebbe di me, non di te.-

Si coprì il viso con i palmi quando non riuscì a trovare altre proposte intelligenti. Era assurdo scoprire in quel modo quanto poco conoscesse Liam, o meglio… come ignorasse cos’avrebbe aiutato Liam a togliere la tensione dalle spalle e dal viso. La palestra? Il football? Doveva esserci altro che potevano fare assieme.

- Se vuoi andare a questa mostra posso venire con te. Non mi crea problemi, Zayn.-

Scosse il capo ripetutamente con un verso frustrato per mostrargli l’insensatezza di quella soluzione e pensò con amarezza all’occasione persa la settimana precedente di chiedere consigli a Louis… o a Josh. Josh conosceva sicuramente la soluzione e gliel’avrebbe fornita senza esitazione, al contrario di Louis che sembrava dell’idea malsana di lasciare Liam a soffrire finché non avesse trovato le palle di affrontarli.

- Voglio davvero mostrarti di esserci per te, Liam.- sussurrò con un successivo sospiro e gli occhi bassi mentre confessava: - Per favore, è importante.-

Tenne puntigliosamente lo sguardo fisso sui loro piedi perché era certo Liam lo stesse fissando dal principio di quel discorso e sollevò di scatto il viso quando sentì la sua domanda ‒ “Ti va di fare un tuffo?

- Un… un tuffo?- ripeté le sue parole con la fronte corrugata e gli occhi fermi sul ragazzo che annuiva con un sorriso, si stringeva nelle spalle e ripeteva “Credo possa farmi bene un tuffo, a te?”.

- Questo… è importante per te? Ti aiuterebbe?- Intravide un guizzo sulle labbra di Liam, il sorriso malcelato che per un istante aveva reso il suo viso meno teso, e accettò la sua proposta con dei cenni del capo e “Andiamo dove vuoi”. S’illuminò subito quando il sorriso di Liam fu più stabile e lo seguì con uno scatto quando gli diede le spalle con degli inviti a entrare in casa mentre preparava l’occorrente.

Salutò Ruth con un cenno, un poco teso per la situazione che si era venuta a creare nei minuti precedenti, quando Liam li lasciò soli per cambiarsi e ondeggiò appena sui piedi, spostando il peso del corpo per tenersi impegnato e non pensare allo sguardo che la sorella di Liam continuava a riservargli. Il litigio con Louis doveva essere stato importante, se ora lei non si fidava neppure di lui.

- Mi hai detto che voleva del tempo e ho cercato di lasciargli spazio.- si rivolse a lei con un tono basso e gli occhi rivolti a un quadro appeso alla parete pur di non affrontarla. Era già complicato inserirsi in quel discorso, portarlo avanti con l’evidente giudizio nei suoi occhi sarebbe stato impossibile. - Ho più motivi io per gridargli contro di quanti ne abbia Louis, ma non l’ho fatto e non voglio farlo. Sono solo preoccupato per lui e voglio aiutarlo. Voglio stare vicino a lui e dimostrargli che non è solo.-

- Zayn, io non voglio che tu stia lontano da mio fratello. Sono solo preoccupata quanto te. Voglio il meglio per lui e dopo quel che è successo credevo non volesse…-

- So cosa si prova a essere circondato di persone e sentirsi soli.- la interruppe con la voce che tremava un poco dall’emozione ma gli occhi decisi e fermi nei suoi mentre affermava con più sicurezza: - Voglio che lui sappia che ci sono, anche quando si sente solo. Può fidarsi di me, non ha bisogno di nascondere nulla.-

Seguì il cenno del capo di Ruth, il sorriso debole che compariva sulle sue labbra, e spostò l’attenzione su Liam che saltava l’ultimo gradino con più grinta di quella dimostrata poco prima, così come la luce che stava nei suoi occhi e sul suo viso.

- Non dirmi che in quella borsa ci sono i libri da studiare.-

Scacciò la sua mano dal laccio della tracolla che aveva usato per fargli fare dei passi in avanti e borbottò: - Avevo bisogno di una scusa credibile per uscire dalla mia stanza.-

Salutò Ruth con un movimento delle dita mentre si lasciava guidare verso il portone dal braccio che Liam aveva poggiato sulle spalle e spinse un gomito contro il suo fianco quando sentì chiaro contro l’orecchio la cantilena: - Il gattino disubbidiente corre dal suo padrone alla prima occasione.-

Sembrava l’idea di raggiungerlo e costringerlo a parlargli avesse funzionato sull’umore di Liam più di quel che aveva ipotizzato. E Zayn percepiva il cuore riempirsi della risata del maggiore che aveva ignorato totalmente il gesto per farlo zittire e aveva ripreso un discorso sui gattini, gli alberi e “Mi sei mancato, scricciolo”. Si plasmò contro il suo fianco con un sorriso felice quando la presa del suo braccio sulle spalle si rafforzò e sollevò il viso per trovare la sua bocca. Non riuscì nemmeno a sbuffare infastidito quando gli scompigliò le ciocche con una mano, si tenne stretto a lui con le dita ancorate alla sua maglia e ascoltò ogni sua parola di giornate passate in compagnia di Josh e Niall che erano quanto di più disgustoso e melenso avesse mai visto. Inarcò un sopracciglio confuso quando parlò di preparativi di matrimonio, accenni a balli che avrebbero dovuto fare al centro della pista e una breve parola sul bouquet della sposa che avrebbe dovuto recuperare. Si soffermò solo sul commento divertito che aveva fatto dell’altezza, gli diede un pizzicotto contro il fianco e sorrise fiero al verso sorpreso che era risuonato l’attimo dopo nel garage.

 

///

 

- È importante che tu chiuda gli occhi per gustare al meglio questa specialità.-

Zayn scosse il capo con una risata ma imitò quel che Liam gli aveva ordinato, abbassò le palpebre e tenne il sandwich di fronte agli occhi chiusi, prese un respiro al ridicolo “Fai entrare Galveston dentro di te” e diede un morso al panino, gustandolo in silenzio mentre si lasciava avvolgere dall’atmosfera creata dallo stridio dei gabbiani, dal rumore delle onde e dal vento tra i capelli. Si strinse nelle spalle per rispondere alla richiesta di Liam di commentare quanto appena mangiato e si leccò le labbra per ripulirle della salsa in eccesso, affondando di nuovo i denti nel pane e nella carne con un verso soddisfatto.

Rilasciò una risata nasale quando sentì Liam citare con eccessiva serietà il nome che aveva dato al sandwich - “Il panino orgasmo, che ti dicevo?” - e gli rivolse una breve occhiata di sfuggita per imprimersi nella testa il sorriso genuino che stava sulle sue labbra da parecchio tempo. Non sapeva se fosse merito della compagnia o di quella spiaggia, quel che era importante era vedere un po’ di felicità e spensieratezza sul viso provato dalla stanchezza.

- Credo ci sia troppa salsa.- si decise a commentare il minore quando a un nuovo morso delle gocce caddero tra le gambe aperte e sulla sabbia, si leccò il mignolo e il polso per ripulirsi e al verso scandalizzato di Liam ripeté quanto detto in un “Eccessiva salsa”.

Inclinò il viso per fissare quello che scuoteva la testa con dei borbottii e si spinse contro la sua spalla con un sorriso quando sentì la filippica che aveva pronunciato in difesa di quel panino, roteando gli occhi con uno sbuffo alla sua conclusione ‒ “E tanto per intenderci, Zayn, non esiste il termine troppa salsa. La salsa non è mai troppa”.

Fissò il restante panino che teneva tra le mani mentre ascoltava le enunciazioni infervorate di Liam sulla cucina sudista, su quanto doveva imparare sulle pietanze tipiche e su quanti anni aveva sprecato nella totale ignoranza da inglese in terra straniera. Fu quando introdusse il discorso sull’ignoranza da spezie che rilasciò un verso incredulo, tossì un paio di volte e accettò la bottiglia d’acqua, prendendo un sorso e un respiro l’attimo dopo.

- Mio nonno è un puro pakistano e, fidati, so cosa sono le spezie.- si difese con un’occhiata torva rivolta al ragazzo che aveva sulle labbra un sorriso di sfida e sollevò il sandwich mentre borbottava: - Qui dentro è troppa la salsa e soffoca tutto il resto dei sapori.-

Finì quel che gli restava tra le mani con dei morsi affamati, deglutì il tutto con un nuovo sorso d’acqua e si sdraiò sul telo, picchiettando i palmi sullo stomaco con un sorriso soddisfatto e un sospiro. Puntò gli occhi sulla schiena di Liam, ancora indaffarato con il suo panino, e mosse i piedi nudi nella sabbia, apprezzando l’umidità di quei granelli sulla pelle.

- Mi piace questo posto. È molto tranquillo.- commentò nel silenzio rotto dagli uccelli marini e dalla lenta risacca, allungò un braccio per sfiorare con le dita la fascia di pelle libera dal tessuto della maglia del ragazzo che gli stava seduto accanto e gli sorrise quando si voltò appena a guardarlo. Premette tutto il palmo contro la sua schiena quando Liam sembrò cercare un contatto più solido con quel lieve indietreggiare e, anche se aveva rivolto di nuovo gli occhi verso la vastità dell’oceano, annuì al suo mormorare: - D’inverno mi piace di più. D’estate c’è troppa gente.-

Trattenne il respiro quando sentì il suo sospiro pesante, la risata smorzata che aveva preceduto la scossa del capo e “Ci venivo sempre da bambino”. Risalì con i polpastrelli lungo la sua spina dorsale, cercando in quel modo di mostrarsi attento e presente, e ripercorse lo stesso tratto in una lunga discesa con le nocche contro la pelle quando respirò e confessò: - Mi portava qui la mia terapista. Non mi piacevano molto gli spazi chiusi.-

Spostò gli occhi sulle sue dita che dal tracciare dei segni sulla sabbia erano passate a muoversi sul tessuto dei pantaloni e commentò con un verso la sua frase, come a spiegargli di essere attento ed essere pronto ad ascoltare qualsiasi discorso volesse intraprendere. Piegò una gamba per riuscire a tenerla più vicino a Liam, semplificando in quel modo il percorso delle sue dita dal ginocchio fino alla caviglia, e sfregò il palmo contro la sua schiena quando prese un respiro più profondo dei precedenti.

- Stava sempre seduta a riva e mi lasciava correre fino al molo là in fondo.- Inclinò il viso per seguire quel che il braccio teso di Liam stava indicando e riportò subito dopo gli occhi sulla sua schiena, risalendo lungo la sua nuca e quel che riusciva a intravedere del suo viso, delle labbra che stava torturando con i denti in un chiaro sintomo di nervosismo. Picchiettò le dita contro il suo fianco e spinse il ginocchio contro il suo gomito per invitarlo e riprendere con quei tocchi, ottenendo la sua risata che fece sciogliere il nodo di improvvisa ansia dallo stomaco.

- Non è necessario che me ne parli. Non ho accettato di seguirti fin qui per farti parlare.- sussurrò con cautela quando il silenzio si protese con gli occhi di Liam puntati ostinatamente all’orizzonte, sfiorò con le dita la linea creata dalle ultime vertebre e insistette: - Voglio solo starti vicino, Liam.-

Seguì il movimento veloce del suo capo e si mise seduto con uno scatto al suo confessare di essere stanco e al singhiozzo che aveva spezzato l’ultima parola. Avvolse le braccia attorno alla sua vita, spinse la fronte contro le sue spalle e lo lasciò piangere tra i palmi delle mani, stringendo il tessuto della sua maglia tra le dita come ad ancorare entrambi con quella presa.

- So che non sono… che non posso… credevo davvero questa volta di… poi sono tornato a casa e mi è piombato tutto addosso.-

Spostò una mano all’altezza del suo cuore che batteva con più forza e nascose il viso contro il suo collo, respirando piano per permettergli di concentrarsi su di lui e non su tutti i pensieri che si riversavano fuori dalla sua bocca in farfugli incompleti.

- Non riesco a non… è frustrante tutto questo. Venire a patti con qualcosa che non puoi controllare del tutto. È faticoso riprendersi dopo e accettare una sconfitta sul controllo che credevo di aver trovato sulla mia vita.-

- Liam, non puoi controllare ogni…-

- Lo so, Zayn. Lo so perfettamente.- Mosse il capo in un cenno alla sua interruzione e sfregò i palmi sul suo addome, lasciandosi stringere poi una mano e intrecciare le dita con le sue. - Mi sento così… spossato e senza forze quando tutto finisce. So che non posso controllare tutto quanto, ma una parte di me è convinta che non mi sia impegnato a sufficienza, che mi sia arreso.-

Fece scorrere il pollice lungo il dorso della sua mano e inclinò il viso per premere le labbra contro la sua mandibola, cercando quasi di chiudere il suo corpo più grande e muscoloso tra le braccia per proteggerlo da tutto quel che lo preoccupava tanto.

- Quel che ti rende tanto forte è alzarti dopo una sconfitta, come dopo una caduta durante una partita.- bisbigliò con serietà, le dita di una mano strette al suo mento per farlo voltare e avere la possibilità di tenere gli occhi fissi nei suoi. - Vedila in questo modo, quarterback. Una caduta non t’impedisce di fare… touchdown?- tentennò sull’ultima parola con le sopracciglia corrugate e una smorfia sulle labbra, sfiorò la sua guancia con le nocche al breve cenno indeciso del capo di Liam e si sporse per premere un bacio delicato contro la sua tempia.

Spostò le braccia dalla sua vita a circondare le sue spalle, trascinandoselo dietro a sdraiarsi sul telo, si rannicchiò contro il suo fianco e poggiò la guancia contro il suo petto, sfiorando con le labbra il tessuto della sua maglia mentre mormorava: - Non voglio che tu sia sempre forte e indistruttibile con me, Liam. Abbiamo tutti le nostre debolezze e non sei costretto a nascondere le tue. Posso starti accanto, anche se non hai voglia di parlare. E allo stesso modo non devi sentirti in colpa se vuoi stare solo. Basta che tu sappia che ci sono.-

- Lo so, Zayn. E grazie.-

Spinse i polpastrelli contro la maglia e chiuse gli occhi quando le sue dita si mossero con leggerezza tra le ciocche, lasciandosi cullare dal battito del suo cuore sotto l’orecchio e dal rumore dell’oceano. Si addormentò subito dopo uno sbadiglio rumoroso con un sorriso sulle labbra, l’ultima affermazione di Liam che l’aveva accompagnato con dolcezza ‒ “Dormiglione come un gattino”.

 

///

 

- Malik, Styles e Calder. Vorrei parlare con voi ancora un po’.-

Le teste di tutti e tre si mossero all’unisono in un cenno affermativo, rifiutarono l’invito fatto dall’uomo dietro la scrivania a prendere posto sulle poltroncine e tennero gli occhi rivolti a quello che sistemava gli occhiali sul naso adunco. La stanza che si svuotava degli altri coetanei e loro che restavano al cospetto di quello che dopo un sospiro si decise a chiedere: - Quel che avete detto poco fa… è tutto vero?-

Solo due teste si mossero questa volta per annuire, Zayn al contrario dei suoi amici teneva le braccia incrociate al petto e un’espressione priva di emozioni in viso. Riuscì a mantenere lo sguardo fermo in quello del preside e la stessa posizione rigida ai suoi inviti a parlare e confermare quanto riportato dai due compagni di classe ‒ “È una situazione che sta proseguendo da tre anni? È corretto?

Zayn sollevò le spalle in silenzio, sicuro di avere gli occhi degli amici addosso che cercavano di trovare una spiegazione a quel comportamento freddo, e spinse gli avambracci contro lo stomaco quando alle proprie spalle si fece sentire uno schiarimento di voce e “Se permette, preside, posso confermare io quanto detto da Styles e Calder”. Per quale motivo ora anche il professore di matematica credeva di avere diritto di parola su quella situazione?

- Gradirei sentire la conferma dell’interessato di questa vicenda. Non voglio favoritismi in questa scuola.-

Non riuscì a fermare il verso sprezzante al concludersi di quell’affermazione seriosa, strinse la stoffa della camicia della divisa per farsi forza e con sarcasmo nella voce mormorò: - Effettivamente in questi tre anni non ce ne sono mai stati.-

- Quindi è la verità? Ci sono stati atti di bullismo ripetuti nei suoi confronti?-

Si rifiutò di rispondere e strinse con più forza le braccia per contenere tutta l’amarezza che voleva sputare contro quell’uomo che avrebbe dovuto proteggerlo molto tempo prima. Rivolse a Harry e al suo ottimista “Racconta tutto, Zayn! Può aiutarti lui” uno sguardo truce e tenne un tono basso per farsi sentire solo dall’amico mentre grugniva: - Non vedo perché dovrei dire una cosa che avete già confermato tutti voi. Non risolverebbe nulla.-

Riportò poi lo sguardo sul preside che si stava sporgendo sulla sedia per riuscire quasi a captare i loro discorsi e con un cenno svogliato della mano borbottò: - Ho picchiato di nuovo Jason e aspetto la sospensione. Non c’è nulla che io possa dire per discolparmi.-

- Signorino Malik…- Prese un respiro per prepararsi al proseguirsi di quel discorso dal tono fin troppo austero e sbuffò apertamente quando continuò: -… deve sapere che tengo molto ai miei studenti e…-

- Ora improvvisamente tiene a me.- lo bloccò con una smorfia sulle labbra, indicò alle proprie spalle con il pollice e insistette: - Solo perché nella mensa ci hanno visto tutti e le voci girano e la reputazione della scuola ne soffrirebbe. Tiene a me perché la mancata integrazione dei terroristi non viene vista di buon occhio al giorno d’oggi.-

- Non si permetta di…-

Sollevò le braccia con un sospiro per spegnere la rabbia che stava infiammando il viso del preside e borbottò: - Mi dia questa sospensione e facciamola finita. Mi sono stancato.-

Abbassò lo sguardo quando delle mani forti si posarono sulle spalle e intravide il capo del preside muoversi in un cenno, la sua mano indicare verso la porta e “Potete andare”. Si scansò con un movimento brusco per far cadere le mani dalle spalle e marciò verso l’uscita dello studio, evitando di ribattere con una battuta acida sulla mancanza di punizione che attendeva. Tenne puntigliosamente gli occhi sulle scarpe e ignorò i due amici che lo salutavano, pronti a raggiungee le loro abitazioni dopo quella giornata di scuola e lasciarlo solo alla richiesta fatta dal professore a restare con lui.

Non solo un richiamo dal preside. Ora era costretto a sentire un rimprovero di un professore che fingeva di tenerci a lui e all’andamento scolastico.

Lo seguì ugualmente verso l’infermeria, accettò con un mezzo ringraziamento il pacco di ghiaccio e lo portò subito contro il punto che aveva sbattuto e che gli doleva, sedendosi su uno sgabello e osservando a occhi bassi le quattro gambe di una sedia collocarsi di fronte a lui. Riuscì a restare in silenzio per quasi cinque minuti, poi sbuffò, spinse i polpastrelli contro l’involucro ghiacciato e si rivolse al professore con un insofferente “Ha bisogno di qualcosa? O vuole un aiuto per riprendere con la filippica?”.

- Vogliamo solo aiutarti.-

- Ha paura per Jason o per me? O per la reputazione della scuola?-

- Zayn.-

Spostò il ghiaccio dal sopracciglio e puntò gli occhi su quell’oggetto, riportandolo subito dopo contro la zona dolorante del viso dove era certo stesse comparendo un bernoccolo.

- Quando un professore ti chiama per nome è perché sta cercando di stabilire un legame. Sono messo così male, perfetto.-

Ignorò il sospiro che quello seduto di fronte a lui aveva rilasciato e persino la sua confessione - “Ero esattamente come te, sai?” -, strinse le dita sul pacco che premeva contro la fronte e sperò di non aver avuto una smorfia evidente sulle labbra per il dolore provato dall’inarcatura del sopracciglio.

- Posso assicurarti che proteggerti dietro questa facciata da insensibile non servirà a risolvere il problema.-

Si strinse nelle spalle e ribatté: - Non c’è stato problema per tre anni. Non vedo perché dovrebbe esserci ora.-

- Hai ragione ad essere arrabbiato con questo sistema.- Incise i denti sul labbro inferiore per fermare il verso infastidito quando la pelle tirò di nuovo all’aggrottarsi della fronte, sollevò le spalle in un gesto indifferente e ascoltò la voce del professore continuare: - Ti abbiamo deluso. Non ti abbiamo aiutato. Hai fottutamente ragione.-

Rilasciò una risata amara alla piccata conclusione e con una scossa del capo commentò: - Ora sta usando un linguaggio più giovanile per far in modo che io possa fidarmi di lei perché è dalla mia parte.-

- Zayn.-

Non rispose a quel richiamo, ascoltò il successivo “So come ci si sente” e solo a quel punto si decise a sollevare gli occhi verso il professore, cercando di trovare nell’espressione del suo viso una coincidenza con l’onestà percepita nella sua voce. Distolse lo sguardo l’attimo successivo aver trovato la risposta che cercava, sospirò e dopo una stretta delle spalle confessò: - Mi ha dato uno spintone in mensa e ha detto una cosa disgustosa. Solitamente riesco a ignorare quel che dice perché… insomma, non è uno spasso gettarsi in una rissa che sai di perdere in partenza. Ha insistito e non voleva lasciarmi andare il braccio. Gli ho dato uno spintone per allontanarlo da me. È stato lui a iniziare e poi lei si è messo in mezzo, ci ha trascinati dal preside che ha fatto chiamare i genitori di Jason, che è stato sospeso e ora siamo qui.-

Sollevò appena gli occhi dalle nocche rosse per cercare di capire il motivo del silenzio del professore, lo vide pronto a parlare e vennero interrotti dal bussare contro la porta aperta dell’infermeria. Le labbra di Zayn si stesero subito in un sorriso quando riconobbe il viso di Liam, si raddrizzò con la schiena sullo sgabello e aspettò con pazienza che i suoi lenti passi in avanti lo portassero più vicino.

- Harry mi ha detto che ti avrei trovato qui. Stai bene?-

Si strinse nelle spalle per rispondergli, nonostante non ce ne fosse alcun bisogno dal momento che stava cercando da solo di capire la situazione. Le sue dita gli tenevano con delicatezza il mento per fargli tenere sollevato il viso e i suoi occhi lo stavano ispezionando nei dettagli per trovare segni di lotta.

- Nulla di rotto, Leeyum. Solo una botta quando sono finito con la faccia contro il pavimento.- spiegò mentre allontanava il ghiaccio dalla pelle per mostrargli il punto dolorante, seguì la sua scossa del capo, il suo sospiro e ridacchiò divertito per l’improvvisa sorpresa e imbarazzo che aveva colorato le sue guance di rosso all’accorgersi dell’altra persona che era con loro.

Era esilarante la scenetta che si trovava davanti agli occhi, un esemplare di Liam Payne frustrato alle prese con un professore di matematica.

- I suoi genitori non sono in casa e hanno chiamato me per venire a prenderlo. Non è un problema che sia entrato a scuola? Anche perché era la mia vecchia scuola e… uh.-

- Non c’è problema, Liam Payne.-

- Ci conosciamo?-

- Studente brillante che ha preferito concentrarsi sullo sport. Mio marito mi rinfaccia sempre che hai preferito seguire i suoi consigli ai miei.-

Zayn ridacchiò divertito di fronte al persistere dell’imbarazzo di Liam che sfregava ora una mano contro la nuca e si difendeva dicendo: - Sono cresciuto nella sua palestra. È diventato il mio mentore.-

- E non fa altro che vantarsi anche di quello. Dice che il suo pupillo diventerà famoso.-

Zayn diede un pizzicotto al fianco di Liam e osservò poi il gesto del professore di alzarsi, premere una mano contro la spalla del maggiore e commentare con un cenno nella sua direzione di tenere controllata la “bestia”. Distolse lo sguardo da Liam quando il professore aggiunse “Ha fatto un occhio nero al suo compagno di scuola” e aspettò fossero soli per rispondere alla sua domanda con un cenno del capo, sollevando la mano che non teneva il ghiaccio per mostrargli le nocche rosse per quei ripetuti scontri contro il viso del coetaneo.

- Sempre lui?-

Annuì ancora una volta con una stretta delle spalle e osservò il pollice che sfregava contro il dorso della mano, decidendosi poi a sussurrare: - Se gli dai un bacio guarisce prima.-

Distese le labbra in un sorriso quando vide un ghigno comparire sulla bocca di Liam e mosse di nuovo il capo in un cenno affermativo, ridacchiando divertito a ogni bacio che il maggiore stava lasciando sulla pelle arrossata.

- Sono diventato un ragazzo ribelle, hai visto?- Mosse le sopracciglia in un gesto provocante e gli mostrò la lingua quando scoppiò in una risata fragorosa al lamento che era sfuggito dalle labbra a quel movimento. Commentò il suo divertimento con uno sbuffo annoiato e spinse il ghiaccio contro la fronte, ribadendo: - Fossi in te non approfitterei di questa situazione in cui sembro svantaggiato. Ho un pugno di ferro. Nessuno te l’ha detto?-

Chiuse la mano in un pugno e lo spinse senza forza contro la sua spalla, imitando il suono di un crollo. Gonfiò il petto con soddisfazione quando Liam non accennò a calmarsi, arrivando persino a ridere fino alle lacrime, e si lasciò abbracciare da lui subito dopo, ridacchiando contro la stoffa della sua felpa e confessando: - Se sapevo di farti ridere così avrei sferrato la mia arma magica tanto tempo fa.-

Si lasciò scompigliare i capelli con un sorriso e saltò giù dallo sgabello, seguendolo fuori dall’infermeria con il ghiaccio che premeva contro la fronte e la mano libera stretta alla sua felpa. Tirò la stoffa con una risata quando all’uscita della scuola intravide la Ferrari rossa e si lasciò trascinare per un braccio mentre continuava a ridere e ripetere: - Avrei dovuto sfoderare il mio pugno d’acciaio molto tempo fa. Tantissimo tempo fa.-

 

 

 

Angolo Shine:

Eccoci qui con questa terza pubblicazione estiva dell’AU car wasshhhiana. Ora si apre davanti a me la lunga pausa meditativa prima dell’ultima carrellata. Da leggersi come, la sedicesima parte se ne parla a dicembre perché è un episodio natalizio e non posso scrivere del natale con questo caldo.

Ora, per quel che riguarda questa parte… eh.

(Il titolo è un verso della canzone King di Lauren Aquilina e vi consiglio di ascoltarla perché è meravigliosa)

Decidere di riprendere in mano questa serie mi ha permesso di trovare di nuovo questi personaggi e farli maturare. O meglio, permettermi di fare il passo per quel che riguarda la caratterizzazione di Liam. Non mi sentivo pronta a dare un nome ai momenti di rabbia che compaiono nelle altre parti di Car Wash e non volevo banalizzare un discorso tanto serio quanto l’eid (disturbo esplosivo intermittente). Ho deciso di portarlo alla luce perché mi sento un poco più sicura con la scrittura e spero di aver descritto nel modo più semplice e veritiero.

I prossimi aggiornamenti dell’universo di Car Wash:

- mercoledì 23 con lo spin-off LiLo

- martedì 29 con lo spin-off Ziam

Per il resto se ne parla con l’arrivo del freddo di dicembre che porterà il natale nella famiglia Malik-Payne. Ho già in mente tanto bel fluff per riprendermi da tutto questo angst eccessivo.

Per quel che riguarda invece le altre mie storie sono fortemente convinta di pubblicare l’OS sulla sirenetta moderna per fine ottobre/Halloween. E ho ceduto tanto facilmente all’idea della telenovela Ziam (per intenderci Liam riccone e Zayn che lavora per la famiglia Payne) quando Liam ha deciso che era cosa buona e giusta indossare un completo elegante e un paio di occhiali da vista. Quel giorno sono morta e mi sono lasciata prendere dalla tentazione di quell’os che mi perseguita da anni.

Un enorme ringraziamento a chi ancora mi legge e spera, come la povera me illusa, in un ritorno dello Ziam. Ho bisogno solo di una collaborazione, non mi sembra di chiedere molto.

Come sempre potete trovarmi su Twitter per una chiacchierata di qualsiasi genere.

A presto! ♥

 

 

 

   
 
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