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Autore: nikita82roma    20/08/2017    4 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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Kate uscì in lacrime dalla stanza di Joy, andando a sbattere contro Rick che era lì fuori. La fermò prendendole le braccia, lei lo guardò con gli occhi rossi e umidi scuotendo la testa e sospirando. Provò ad abbracciarla ma scivolò via scendendo le scale di corsa e poi sentì solo il rumore della porta che sbatteva. Alexis era uscita dalla sua stanza e guardava suo padre senza sapere bene cosa sarebbe accaduto. Lo vide preoccupato e molto serio, le fece solo un cenno per dirle che andava tutto bene, poi entrò in camera di Joy.

La trovò distesa sul letto, con le spalle verso la porta. Si sedette dalla sua in modo che potesse vederlo. Joy lo abbracciò e lui la lasciò fare, accarezzandole la schiena ed aspettando che smettesse di piangere.

- Ti ricordi cosa mi hai detto quando è venuto Connor? - Le chiese Rick guardandola molto seriamente negli occhi e Joy non si aspettava questo suo atteggiamento, era convinta che fosse lì per consolarla e coccolarla, ma capì dalla sua voce che era diverso.

- Che per me sei tu il mio papà.

- Se tu lo pensi, io allora ti parlerò non come Rick, ma come padre. - Joy annuì, era contenta di sentirlo parlare così, nonostante lo vedesse come mai lo aveva visto. - Quella che è appena uscita non è Kate, è tua madre. È Kate per me, per Alexis, per Martha e per tutto il resto del mondo. Non per te. Quella che è uscita da qui piangendo è tua madre Joy. E lo è sempre, non solo quando tu non sei arrabbiata con lei.

Joy rimase in silenzio ad ascoltare le parole di Rick con lo sguardo basso.

- Io so che quello che hai detto era voluto, che l’hai chiamata volutamente per nome, perché sai cosa vuol dire per lei. Sei troppo intelligente per non saperlo. Non mi piace questo Joy. Per quanto tua madre possa aver sbagliato, ed ha sbagliato molto, non si merita che tu la chiami per nome, togliendole di fatto il privilegio che si era guadagnata di essere tua madre. Non è un foglio di carta, un tribunale, che stabilisce cosa lei è per te o quanto ti ama. Tu hai detto che io sono tuo padre. Eppure tra noi non c’è nessun legame di sangue e nemmeno alcun tribunale che lo ha stabilito. Perché lo hai detto allora?

- Perché tu ti sei comportato bene con me, come un papà, sei stato l’unico che lo ha mai fatto.

- Kate no? Ha fatto di tutto per starti sempre vicina, anche quando io non volevo. Non si è mai arresa. In ospedale veniva di notte per vederti, quando non c’era nessuno. Ha rischiato la sua vita per venirti a prendere quando ti avevano rapita, contro tutto e contro tutti. È uscita dall’ospedale ferita per venire da te, per rassicurarti che stava bene. Fa di tutto per uscire prima e passare ogni mattina per stare con te e salutarti. Non è perfetta Joy, ma è tua madre e ce la sta mettendo tutta. Pensi che sia facile per lei dover imparare a fare la madre di una ragazzina di dieci anni? Ok, è colpa sua ma ci sta provando in tutti i modi.

- Però poi mi lascia sempre.

- No, Joy, non ti lascia. È qui. È a casa vostra e se la conosco un po' sta piangendo da sola, per te e si sta dando colpe che non ha, che non sono sue. Ti sembra giusto? Pensi che a lei prendere questa decisione non ha fatto male? Ieri non ha lavorato fino a tardi ed io non ero fuori per lavoro. Ero con lei ed pianto tutta la sera, preoccupata perché doveva dirtelo, addolorata per la scelta che aveva dovuto fare. Questa è tua madre Joy e non si merita che tu la mandi via togliendole anche il chiamarla mamma. È una cosa volutamente cattiva e tu non lo sei. Puoi essere delusa ed arrabbiata ma non cattiva con tua madre.

- Io non volevo essere cattiva. Volevo farle capire quanto ero triste e mi dispiaceva.

- Hai scelto il modo sbagliato. Capita. Ma le dovrai chiedere scusa, anche se lei non vorrà perché tua madre si prenderà tutte le colpe, anche quelle non sue. Tu le hai detto di andare avanti, di non pensare a quello che è stato, ma per tua madre non è così. Lei ci pensa sempre. Lei si sente sempre in debito con te, per tutti questi anni. Non riesce a non pensarci, anche se ti ha promesso di farlo e non perché non vuole, ma perché non può non pensarci. È una ferita che non si rimarginerà mai per lei, come sarà per te. E se tu avrai sempre in fondo un po’ di paura che il passato possa ripetersi, lei avrà sempre presente il senso di colpa per quello che ha fatto. State male tutte e due per quello che è successo, in modo diverso. Ti capisco Joy e posso solo immaginare quante volte ti sei sentita sola, senza nessuno e magari hai pensato tante cose brutte sui tuoi genitori, ti sei chiesta perché. La vita però non è sempre giusta e a voi è stata data una seconda possibilità e Kate sta facendo di tutto per far sì che tu la viva al meglio, mettendo i tuoi interessi davanti a tutto, anche davanti a lei stessa.

- Io non voglio andare con Connor.

- Lo sappiamo e la decisione di tua madre è stata proprio pensando a questo, per non dargli possibilità o dargliene molte meno. Non voleva che lui la usasse per portarti via, lo capisci?

Joy annuì ma ancora non era molto convinta.

- Vedi, io le avevo consigliato di non dirti nulla. Avremmo preso altro tempo e nel frattempo contavo di risolvere la situazione con Connor. Lei invece voleva essere sincera con te, non voleva nasconderti nulla, per questo te l’ha detto, per non avere segreti, perché se qualcosa doveva andare storto, tu sapevi cosa stava accadendo. Lei ti ha trattata da persona grande e tu le hai risposto facendo i capricci come una bambina.

- Io… ho avuto paura… che mi lasciasse di nuovo. Io non voglio che mi lasci.

- Joy, Kate è la tua mamma. Lo è oggi lo sarà sempre. Capisco la tua paura, i dubbi, le domande senza risposta: io mio padre non l’ho mai conosciuto so come ci si sente a vivere con quel senso di abbandono che ogni tanto torna a galla.

- Nemmeno io avrei voluto mai conoscere mio padre. È colpa sua. - Disse arrabbiata.

- Tu ti fidi di me Joy? Ti fidi quando ti dico che tutto quello che stiamo facendo è per evitare che Connor possa volere qualsiasi cosa da te? Lo stiamo facendo insieme, io e Kate e lei è quella che pagherà il conto più salato, anzi lo sta già pagando. E non è giusto che la tratti così. Nessuno vorrebbe stare con te più di quanto vuole lei, nessuno si sente più in colpa di lei per non poterti dare quello che vorrebbe. Non si merita questo, lo capisci?

- Mi dispiace… papà…

- Non lo devi dire a me. Lo devi dire a tua madre. E Joy, non devi sentirti obbligata a chiamarmi in nessun modo. Rick va bene, se vuoi.

- Vorrei chiamarti papà, se Alexis non ci rimane male.

- Domani glielo puoi chiedere, ma non credo avrà nulla in contrario. Ora dormi e pensaci un po' su a quello che ti ho detto, ok? A domani Joy.

- Notte Rick.

 

Chiuse piano la porta di Joy. Uscì da lì sfinito da quel confronto, non avrebbe mai immaginato di dover fare una conversazione di quel tipo. Aveva negli occhi l’immagine di Kate che se ne andava in lacrime, avrebbe voluto scendere da lei, ma sentiva che non doveva farlo. Era certo che l’avrebbe respinto quella sera, perché ormai aveva imparato a conoscerla, aveva bisogno dei suoi spazi, come ogni volta in cui scappava.

Le mandò un messaggio chiedendole se voleva che la raggiungesse. La sua risposta fu quella che si aspettava.

“Stai con Joy, lei ha bisogno di te.”

Avrebbe voluto dirle che non era vero, che quella che aveva più bisogno di lui era lei, sapeva che sarebbe stato inutile. Evitò di dirle che aveva parlato con Joy, anzi aveva più che parlato, ma quello doveva rimanere una cosa tra loro, perché era certo che lei non avrebbe approvato, anzi avrebbe addirittura difeso sua figlia, trovando mille giustificazioni. Le disse solo ancora una volta che l’amava e che si sarebbe sistemato tutto. Lei lesse il messaggio ma non rispose e Rick non riuscì a dormire per tutta la notte al pensiero che lei era sola, così vicina eppure così distante.

 

Le foto di lei e Joy erano un po’ ovunque in casa. Le aveva stampate e incorniciate una ad una, per riempirla di lei. Erano quasi sempre sorridenti, insieme, più simili di quanto non si accorgesse quando la guardava, poi ce ne erano alcune che le piacevano particolarmente, che aveva scattato Rick, di nascosto, nelle quali erano assorte a fare qualcosa insieme o a parlarsi. Poi ce n’era una che amava molto, ed era strana perché i loro volti quasi non si vedevano, perché Joy era addormentata in braccio a lei, con il viso quasi nascosto nella sua maglia e lei aveva il suo immerso nei capelli di sua figlia mentre la teneva stretta. Era la sua preferita, tra tutte. Era quella che meglio descriveva quello che provava per lei, il desiderio di proteggerla, di tenerla con se, di amarla ed di non lasciarla mai. C’era tutto in quella foto rubata ad un attimo di un giorno come tanti. C’era tutto quello che le sembrava appena andato in mille pezzi.

Kate. Non aveva mai sentito il suo nome farle tanto male, non lo aveva mai sentito come se fosse una sentenza, un pugno nello stomaco che distruggeva tutto. Aveva percepito tutta la sua voglia di distacco, di allontanarla fisicamente e soprattutto affettivamente. Joy non era una bambina stupida, non era superficiale e non lasciava le cose al caso. Chiamarla Kate era stata una scelta, precisa, così come l’aveva chiamata mamma quella sera quando era andata da lei, perché l’aveva cercata. Usava le parole con estrema sapienza per la sua età e sapeva benissimo la differenza ed il loro significato che andava al di là della parola stessa. Aveva messo un confine tra loro. Kate aveva rinunciato a lei, ancora una volta, quindi non era la sua mamma, era Kate, perché le madri non rinunciano ai figli, perché lei non le aveva mai dato nessuna prova concreta di voler lottare per averla, perché alla prima difficoltà ora come allora, lei aveva lasciato che decidessero gli altri. E non si perdonava e non poteva chiedere che lo facesse sua figlia né nessun altro. Era solo capace di illuderla e poi farla soffrire e allora non si meritava di essere sua madre, perché per quanto si sforzasse non riusciva a rendere felice sua figlia, aveva ragione lei. Era solo Kate.

E poi c’era Rick, con i suoi messaggi, che cercava di starle vicino, che voleva starle vicino, ma lei in quel momento non poteva permetterglielo. Perché lui doveva stare con sua figlia, lui che non la deludeva mai, lui che doveva diventare il suo punto fermo, a costo di allontanarlo da sé. L’unico che le faceva vedere anche in quei momenti che in fondo a tutto ci poteva essere una piccola luce, perché voleva credere alle sue promesse che tutto si sarebbe sistemato, come diceva lui. E la sua maglia fu di nuovo un’ancora alla quale aggrapparsi, per passare quella notte tormentata.

   
 
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