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Autore: lost in books    22/08/2017    1 recensioni
Una maga dal misterioso passato, un giovane con una missione, un re assetato di potere. Le loro vite si intrecceranno mentre un'antica minaccia incombe sul loro mondo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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27
 
Sandir riprese lentamente conoscenza. Prima arrivò il dolore martellante alla testa, che poi si propagò gradualmente al resto del corpo. Cercò più volte di aprire gli occhi ma il massimo che riuscì a fare fu socchiuderli. La luce che i suoi occhi tolleravano era poca e nei brevi intervalli in cui li socchiudeva riuscì a scorgere una figura china su di lui, pur senza capire chi fosse.
Qualsiasi cosa stesse facendo quella persona, lo stava facendo sentire meglio: quando il dolore si intensificava appariva quella figura e dopo il suo intervento il dolore si affievoliva e riusciva a riposare con più tranquillità.
Quando fu abbastanza in forze da essere completamente cosciente non sapeva quanto tempo fosse passato ma sapeva di trovarsi all’oasi, in una delle tende che lui e i suoi compagni usavano per accamparsi.
“Finalmente” disse una voce familiare vicino a lui.
Il giovane si girò verso Iliana che apparve decisamente sollevata nel vederlo cosciente.
“Non farlo mai più” fu quello che aggiunse, seria.
A fatica la sua mente tornò agli ultimi eventi che ricordava: aveva preso parte all’Agon e le cose stavano andando a suo favore fino a che… fino a che non aveva perso.
“Sei stata tu ad intervenire per fermare lo scontro, non è vero?” chiese lui ricordando la figura di spalle che aveva intravisto prima di svenire.
“Non potevo fare altrimenti”
“Mi dispiace, ho perso…”
Iliana lo fermò “Non scusarti. Troveremo il modo di recuperare il frammento, hai fatto anche più del dovuto”
“Non è vero. Ho fallito e tu mi hai dovuto salvare”
“Te l’ho detto. Non voglio che qualcun altro muoia per i frammenti se è una morte evitabile” la donna lo guardò intensamente e Sandir si chiese per un attimo cosa intendesse per morti evitabili e non “adesso preoccupati solo di riposare e riprenderti” poi guardò dietro di lei, dove le teste di Leon e Sera avevano appena fatto capolino all’ingresso.
Avrebbe voluto approfondire l’argomento ma sapeva che aveva perso l’occasione. Era però contento di vedere il resto dei suoi compagni.
Sera corse subito ad abbracciarlo facendo attenzione a non strapazzarlo troppo “Sono contenta che tu ti sia svegliato”
Leon gli diede una leggerissima pacca amichevole su una spalla “Lo stesso vale per me. Adesso posso capire quello che vi ho fatto passare sull’Everfrost”
“Vediamo di non replicare” disse Iliana.
“Aspettate… se prima è toccato a Leon e ora a Sandir e Iliana non può morire…” cominciò Sera.
“Non dirlo” implorò la maga esasperata.
“Vuol dire che la prossima sono io!” finì invece la ragazza facendo sospirare la donna.
“Speriamo di no” aggiunse Leon, ora vagamente preoccupato.
“Ragazzi” li interruppe Sandir “Cosa è successo dopo che sono svenuto esattamente?”
I suoi tre compagni si scambiarono una serie di sguardi ma alla fine fu Iliana a parlare “Come sai ho interrotto lo scontro. Usando la magia, per la precisione un’onda d’urto mirata ai tuoi avversari, li ho allontanati da te. A quel punto Fang ha dichiarato la tua sconfitta ma inaspettatamente non ha fatto storie quando ti ho prestato primo soccorso sul posto e quando poi ti abbiamo portato via” questo stupì il giovane che si aspettava ci fosse stata una qualche forma di protesta da parte della zia “Quindi Fang ha ancora il frammento e tu non sei ancora il benvenuto tra la tua gente. Dovrai restare qui mentre cerchiamo un modo di convincere tua zia a darci il frammento…”
All’ultima parte della spiegazione l’umore già pessimo di Sandir peggiorò ulteriormente e la maga, accortasi di non essere stata troppo delicata, cercò di rimediare “Devi comunque riposare, quindi non preoccuparti. Resterà sempre qualcuno con te”
“Quindi Sera e Leon erano all’insediamento fino a poco fa?” chiese lui.
“Già” confermò Sera “ma non abbiamo avuto fortuna. È inamovibile”
Iliana porse una ciotola con una sorta di brodaglia maleodorante al giovane, che la guardò sospettoso.
“Devi berla tutta e senza fare storie. Ti farà bene anche se non ha un buon sapore” disse lei e continuò a fissarlo fino a che non ebbe finito di berla.
“Ora noi torniamo all’insediamento. Torneremo questa sera” disse Leon.
“A dopo” salutò Sera.
Sandir e Iliana rimasero nuovamente da soli.
“Ti lascio riposare. Se hai bisogno di qualcosa sono qui fuori” disse la donna che si fermò quando aveva già allungato una mano per scostare l’ingresso della tenda “riguardo a quello che è successo durante l’Agon…no, non importa” e uscì dalla tenda senza dare il tempo al giovane di chiedere cosa intendesse.
 
I giorni seguenti trascorsero tutti allo stesso modo: Sandir riposava e uno dei suoi compagni restava con lui a rotazione mentre gli altri si recavano all’insediamento. Fang si stava innervosendo sempre di più invece di cedere e c’era il rischio che non li lasciasse più girovagare a piacimento.
Così quel giorno, il primo in cui Iliana diede il permesso al giovane, ormai quasi del tutto tornato in forze, di restare fuori dalla tenda, decisero di lasciare in pace la capo clan.
Leon, che in quei giorni aveva passato parecchio tempo all’insediamento, era stato circondato a breve dai bambini Darman che, non avendolo visto quel giorno, avevano deciso di essere loro ad andare da lui. Alcuni di loro erano rimasti affascinati dal modo di combattere di Sandir, con spada e scudo, cosa che non avevano mai visto data la natura dei combattimenti nel loro popolo, e avevano chiesto a Leon di mostrargli alcune mosse.
Vedendo quella scena Sandir provò una sensazione dolce amara. Sapeva perché i bambini si erano rivolti a Leon e non a lui: era perché per tutta la sua gente lui non sarebbe dovuto esistere. Ma allo stesso tempo era contento di vedere che i bambini si stessero aprendo con Leon e interessando a cose al di fuori del loro piccolo mondo.
Iliana era sempre all’ombra, intenta a lavorare a chissà quale artefatto. A quanto pareva aveva ancora delle scorte di materiale dalla Torre. Nessuno osò disturbarla, era completamente assorta e sembrava quasi felice occupata a fare una cosa che le piaceva e le riusciva bene.
Sera invece aveva giocato un po’ con i bambini ma poi, accortasi dello stato malinconico dell’amico, gli si era avvicinata.
“Sono adorabili, vero?” chiese Sera riferendosi ai bambini.
“Già, ma prima o poi anche loro cresceranno e cambieranno”
“Non essere così pessimista” sbuffò la ragazza pizzicandogli un braccio “A proposito di pessimi umori, dovevi vedere l’espressione di Iliana quando ha interrotto l’Agon. Questo non te l’ho detto, vero?”
“No” rispose Sandir ora interessato “Continua”
“Ha guardato tutti malissimo, sono rimasti tutti paralizzati dal terrore. Immaginati un’intera platea di Darman spaventata da una sola donna. E quando Fang si stava incamminando nell’arena  verso di te per dichiarare la fine dello scontro, era talmente arrabbiata che ha calciato la sabbia alzando un polverone” alla ragazza scappò una risatina “in effetti ora che non sei più in pericolo e non sono occupata a preoccuparmi per la tua vita, ripensandoci era una scena un po’ comica”
“Ha calciato la sabbia, davvero?” chiese Sandir, come se non fosse sicuro di aver sentito bene.
“Sì, te l’ho detto. Perché? Ha infranto qualche stupida regola dell’Agon che non conosco?” Sera non capiva perché il suo amico fosse improvvisamente così stranito, sembrava assorto in chissà quali pensieri e non reagiva “Sandir? Stai bene? Se ti senti male chiamo Iliana…” era preoccupata ma alla menzione della maga il ragazzo sembrò tornare in sé.
“Non è niente” le disse lui scuotendo la testa e offrendo un sorriso che a lei non sembrò per niente sincero “Mi ha solo stupito quello che ha fatto. Avrei voluto vedere la scena” cominciò anche a ridere ma Sera non era convinta.
Più passava il tempo e più si accorgeva di quanto Sandir e Iliana fossero simili su un determinato aspetto del loro carattere: se qualcosa li turbava molto, tendevano a chiudersi in se stessi e fingevano che tutto fosse a posto quando in realtà non lo era.
Aveva capito a sue spese che insistere era inutile, che li avrebbe solo allontanati così, ma continuava a sperare che con il tempo si sarebbero aperti con lei. Nutriva più speranze nei confronti di Sandir perché avevano la stessa età e sembrava fidarsi di lei più di quanto si fidasse la maga, ma chi poteva dire cosa sarebbe successo in futuro?
Sera ammirò il cielo sereno e senza nuvole del deserto, così tranquillo e senza pensieri, totalmente all’opposto di lei, piena di preoccupazioni, quando le parve di scorgere qualcosa di strano all’orizzonte. Sembrava una sorta di increspatura nell’aria, un fulmine solitario nel deserto. Non era molto vicino però.
“L’hai visto anche tu?” chiese.
“No. Cosa dovevo vedere?” rispose Sandir.
“Un fulmine credo. Era proprio lì” lei indicò il punto dove ora non c’era più nulla.
“Non ho visto niente”
“Forse me lo sono sognato” concluse Sera. Eppure gli spiriti come lei erano noti per avere una vista migliore di quella umana e quello che aveva visto, o pensava di aver visto, la preoccupò.
Per tutto il resto della giornata non riuscì a scrollarsi di dosso la strana sensazione che stesse per succedere qualcosa e che per qualche motivo quello che aveva visto avesse a che fare con quello.
 
Quella notte Sandir non riusciva ad addormentarsi, era troppo irrequieto.
Aveva trascorso praticamente tutto il giorno fuori dalla tenda, cosa che avrebbe dovuto farlo stare meglio, e invece l’ansia lo stava torturando ancora più di prima.
La situazione era seria, se sua zia non avesse dato loro il frammento allora se lo sarebbero dovuto prendere in un modo o nell’altro. Ma per quanto la capo clan avesse cercato di ferirlo, non riusciva a pensare di ferirla. Di ferirla ancora.
Facendo attenzione a non svegliare Leon, con cui condivideva la tenda, uscì fuori, portando con sé uno degli artefatti di Iliana che consisteva in un piccolo ciondolo che si illuminava a piacimento dell’utilizzatore. Forse un po’ d’aria fresca gli avrebbe fatto bene.
Fu quando mise la testa fuori dalla tenda che si accorse di non essere solo lì fuori. Seduta su una roccia dell’oasi, sotto forma di lupo, e con lo sguardo sulla sua tenda, c’era Snow.
Vedendolo, lei dapprima gli si avvicinò ma giunta ad una certa distanza da lui si fermò e girò il muso in un’altra direzione.
“Oh, vuoi che ti segua?” chiese il ragazzo.
A conferma della sua ipotesi, Snow cominciò a muoversi nella direzione in cui stava guardando e Sandir cominciò a seguirla senza farsi domande.
Ormai fuori dall’oasi, il lupo accelerò e per Sandir cominciò ad essere difficile seguirla. Per sua fortuna Snow, quando la distanza che li separava cominciava a diventare eccessiva, si fermava per aspettare che recuperasse terreno per poi ripartire.
Snow si fermò in una zona apparentemente spoglia tranne che per una roccia grande abbastanza da poter nascondere la sua figura. Quando Sandir la ebbe raggiunta infatti, lei si diresse nella parte opposta della roccia rispetto a dove si trovava Sandir, che cominciò a sentire il rumore di ossa che si spezzavano tipico di una trasformazione. Quando Snow riemerse non era più un lupo ma era tornata ad essere la ragazza che gli aveva portato da mangiare quando era in cella.
Aveva addosso un vestito dagli orli sbrindellati che doveva aver messo lì apposta per non ritrovarsi senza vestiti quando si fosse ritrasformata ma era scalza.
Grazie alla luce dell’artefatto riusciva a vederla bene nel buio della notte e per la prima volta vide il marchio sulla pelle della ragazza. Il fiore si trovava sulla sua caviglia destra, nella parte esterna.
“Era da giorni che cercavo di parlarti da solo ma sei sempre in compagnia” disse lei.
“Volevi parlarmi?” non aveva idea di cosa poteva mai volere da lui.
“Beh, diciamo che più che altro volevo mostrarti qualcosa” lo prese per mano, la sua pelle era tiepida “Vieni”
La ragazza si incamminò oltre la roccia e, dopo quelli che gli sembrarono cinque minuti, raggiunsero una zona in cui si trovava una pozza d’acqua. Non era di certo l’oasi, ma non era l’unica cosa lì. Sostenuto dall’acqua della pozza, cresceva un albero e, sotto le sue fronde, si trovavano due lapidi.
Snow lo lasciò andare e i piedi di Sandir si mossero da soli, era come in trance.
Giunto davanti alle lapidi ben curate poté leggere i nomi incisi sulle loro superfici. Erano i suoi genitori.
Le sue mani si sporsero tremanti verso le lapidi ma non riuscì a colmare del tutto la distanza. Si sentiva in colpa per la loro morte ma allo stesso tempo una parte di lui provava rancore nei loro confronti. Se loro non avessero perso la speranza, se non lo avessero abbandonato, tutto quello non sarebbe successo. Ma sapeva perché lo avevano fatto, cosa dovevano aver pensato. E nonostante tutto il dolore che aveva sopportato, se le cose non fossero andate a quel modo, non avrebbe mai conosciuto le persone che lo avevano reso quello che era ora.
Si fece coraggio e riuscì a toccare le lapidi. Erano fredde nel buio della notte.
Grazie alla luce che produceva l’artefatto riuscì a leggere anche le iscrizioni sulla loro superficie. Erano sicuramente state volute da Fang ed era sicuro che fosse lei a mantenerle così ben curate.
Sapeva che non c’erano più, che non potevano veramente ascoltarlo, ma decise di rivolgersi a loro lo stesso.
“Mamma, papà. Io sto bene quindi non avete niente di cui preoccuparvi. E sappiate che farò tutto quello che posso per salvare tutti dall’Oscurità, ve lo prometto”
Non riuscì ad andare oltre, aveva gli occhi lucidi ma non voleva piangere con Snow nelle vicinanze.
La ragazza ora infatti si era avvicinata fino a trovarsi a pochi passi dietro di lui. Aspettava pazientemente che fosse lui a dirgli quando voleva tornare indietro.
“Grazie” disse Sandir una volta voltatosi verso di lei.
“Immaginavo volessi salutarli” rispose lei sorridendogli dolcemente “Fang viene spesso in questo luogo e non è facile trovare il momento giusto per venire qui senza farsi scoprire. Non permette praticamente a nessuno di recarcisi. Però credo che anche Horn ci venga di nascosto”
La ragazza andò verso il tronco dell’albero e con le mani scostò due grossi sassi accanto ad esso.
“Cosa fai?” chiese Sandir ma non ottenne alcuna risposta.
Snow, tolti i sassi, cominciò a scavare con le mani e dal terreno sabbioso tirò fuori uno scrigno.
Lei glielo porse senza dire niente e lui lo aprì, troppo curioso.
All’interno c’erano oggetti che ricordava dalla sua infanzia, appartenuti a sua madre e a suo padre. Uno degli oggetti che ricordava meglio era il braccialetto che ora stringeva in mano. Sua madre non lo toglieva mai, diceva che era un vecchio cimelio di famiglia incantato per farlo resistere nel tempo e per non rompersi quando chi lo indossava si trasformava. Ricordava di essersi chiesto quanto vecchio fosse e che cosa avessero visto le persone che lo avevano indossato prima di sua madre. Non lo seppe mai.
Snow allungò le mani verso lo scrigno ma Sandir non ne capì il motivo.
“Devo rimetterlo a posto o Fang si accorgerà che qualcuno lo ha preso”
“Come sapevi che era lì?”
“Stavo cercando di capire quando sarebbe stato il momento più sicuro per portarti qui e spiandola l’ho vista mentre lo tirava fuori dal suo nascondiglio”
Sandir le porse lo scrigno ma, senza farsi vedere, fece solo finta di riporre il bracciale mentre in realtà se lo mise in tasca quando Snow si girò verso l’albero. Sapeva che era da stupidi ma voleva avere qualcosa che gli ricordasse i suoi genitori e Fang non gli avrebbe dato mai niente di loro, ne era certo.
Rimesso tutto a posto, Snow gli fece cenno di seguirla “Dobbiamo andare. L’alba si avvicina ed è uno dei momenti preferiti da tua zia per venire qui”
Dopo una breve camminata, Snow si diresse verso la roccia, si sarebbe ritrasformata. Prima che potesse farlo Sandir la fermò “Aspetta. Perché stai facendo tutto questo per me?”
La ragazza lo guardò senza mostrare alcuna emozione apparente “Mi incuriosisci”
“Ti incuriosisco?”
“Esatto. Sei l’unico sandir al mondo ad essere sopravvissuto. Sei una sorta di mistero vivente, sei una persona impossibile. L’eccezione ad una delle tre cose considerate delle certezze in questo mondo.
Uno: un Darman che non è in grado di trasformarsi non può sopravvivere se non per qualche giorno prima di incontrare una morte orrenda.
Due: l’unione fra un umano e uno spirito non darà mai frutto.
Tre: il mito che è stato sfatato come quello che riguarda i sandir. Non c’è nessun Darman in grado di trasformarsi in un drago”
“Akane” disse Sandir.
“Lei è stata la prima e unica Darman con quella particolarità. E la prima ad adottare un nome che non avesse a che fare con un tratto animale caratterizzante ma un colore per lei predominante. Il drago rosso. La stimo molto, era rivoluzionaria, ha creato una vera e propria moda all’epoca nella scelta del nome, ed è per questo che ho scelto quello che porto”
Detto ciò si nascose dietro la roccia e quando ne uscì, ora un lupo, teneva il vestito fra le zanne.
Insieme si diressero verso l’oasi, dove Snow lo lasciò per poi dirigersi verso casa sua.
Pensò che forse avrebbe fatto in tempo a dormire un po’. Di nuovo nella tenda, tirò fuori dalla tasca in cui lo aveva messo il bracciale e quando i suoi occhi si chiusero fu l’ultima cosa che vide prima di addormentarsi.
 
La mattina seguente si svegliò con la sensazione di qualcosa stretto fra le mani. Le aprì e trovò il bracciale che aveva rubato la notte precedente. Doveva averlo afferrato inconsciamente mentre dormiva.
Leon non era nella tenda, quindi dedusse che fosse andato dai Darman per tentare un’altra volta di negoziare con sua zia.
Uscì dalla tenda e si diresse nell’area dell’oasi dove di solito mangiavano per fare colazione.
Non c’era un granché ma se lo sarebbe fatto andare bene.
Una volta rifocillatosi rimase seduto su una roccia a rigirarsi il bracciale fra le mani, la mente rivolta ai suoi genitori.
Chissà cosa avrebbero pensato di lui se fossero stati ancora vivi?
“Cos’hai in mano?” la voce di Iliana lo fece sobbalzare. Non l’aveva vista quando era uscito dalla tenda e pensava fosse andata anche lei da Fang ora che lui stava meglio.
Gli occhi della donna caddero sul bracciale e si sgranarono per lo stupore. Era come se avesse visto un fantasma.
“Quello da dove salta fuori? Dove lo hai trovato?” chiese camminando verso di lui, non distogliendo mai lo sguardo dal bracciale.
“Era di mia madre. Diceva che si trattava di un cimelio di famiglia”
“E come sei entrato in possesso di tale oggetto?” la donna lo guardò sospettosa e Sandir non riuscì a nascondere un’espressione colpevole.
“Cosa hai combinato?” insistette la donna.
“L’ho preso da uno scrigno che mia zia ha seppellito dove si trovano le tombe dei mie genitori. E prima che tu me lo chieda, sì, sono stato lì stanotte”
La donna sospirò “Speriamo solo non se ne sia accorta o avrà un motivo in più per non tollerare ulteriormente la nostra presenza. Ma chi ti ha condotto lì visto che non credo proprio tu ci sia arrivato per caso gironzolando nel deserto? È stata quella ragazza, Snow?”
Lo sguardo colpevole di Sandir si tramutò in uno di stupore.
“Ho indovinato, allora”
“E tu invece come mai hai fatto quella faccia quando hai visto il bracciale? E non tentare di fregarmi, tanto l’ho capito che lo hai già visto in passato”
La maga guardò il bracciale e tese una mano aperta verso il ragazzo, che fece scivolare il bracciale, seppur riluttante, su di essa.
“È vero, l’ho già visto in passato. Mille anni fa”
“Apparteneva a qualcuno di tua conoscenza?”
“Diciamo di sì” con le dita accarezzò la superficie dell’oggetto. Si trattava di un bracciale composto da tre file di sottili catenine d’oro tenute insieme da uno smeraldo lavorato in modo da dargli la forma di una piccola biglia e chiuso da un gancino d’argento.
“Non lo vedevo da tantissimo tempo” riprese lei dopo una pausa.
“Quindi, siccome è un cimelio di famiglia, conoscevi qualche mio antenato?” chiese Sandir. Il solo pensare ad una cosa del genere lo aveva lasciato stranito.
“Chi può dirlo. Sono passati mille anni dall’ultima volta che l’ho visto. Può darsi che chi lo aveva prima lo abbia dato a qualche tuo familiare per quanto ne sappiamo”
“Forse. Mille anni sono tanti…” Sandir si accorse troppo tardi di quello che aveva detto, i suoi occhi ricaddero sulla maga, ora malinconica e con lo sguardo perso nel vuoto.
“Già, lo sono…” osservò lei.
“Iliana, scusami, io non…”
“E per cosa?” ora lo stava fissando, aveva tutta la sua attenzione “È solo la verità”
“Siamo tornati!” la voce di Sera li fece girare entrambi. La ragazza in questione, in compagnia di Leon, stava camminando sorridente verso di loro sventolando un braccio.
Iliana restituì il bracciale a Sandir, che se lo mise in tasca velocemente. Non voleva dover rispondere ad ulteriori domande su di esso quel giorno.
“Vi siamo mancati?” chiese Sera, raggiunti i due.
“Mi sono alzato da poco, non mi sono quasi accorto che eravate via” rispose onestamente Sandir, guadagnandosi un pugno da Sera.
“Va tutto bene?” a Leon non era sfuggita la tensione ancora nell’aria, anche se sia Iliana che Sandir stavano facendo del loro meglio per nasconderla.
“È tutto apposto” rispose la maga, non convincente abbastanza per il cavaliere, che però decise di far cadere il discorso.
“Ancora niente” disse l’uomo rivolto a tutti.
“Forse non abbiamo davvero altra soluzione se non rubarlo” tentò Sera.
“Vi ho già detto che non funzionerà” fu la risposta pronta di Iliana.
“Ma se continuiamo così non otterremo nulla” controbatté Sandir.
“Dovete fidarvi” gli rispose lei.
“Come tu ti fidi completamente di noi?” ribatté il giovane.
“E tu invece? Ti fidi veramente di tutti noi?” il tono con cui la donna si rivolse al ragazzo sembrò sottintendere qualcosa, confermato dal cambio di espressione di lui e dal suo silenzio. Ora tutti guardavano Sandir.
“Io…”
Un bagliore improvviso li distrasse. Una sorta di fulmine squarciò l’aria, poi un altro e un altro ancora.
“Sono come quello che ho visto ieri, allora non me lo sono immaginato. E si stanno avvicinando ai Darman” sussultò Sera.
“Andiamo” disse Leon, ma Sandir era già partito a tutta velocità verso l’insediamento lasciandoli indietro.
I tre lo raggiunsero stupendosi del fatto che si ricordasse la strada attraverso le gallerie avendole percorse molte meno volte di loro e, una volta all’insediamento, per poco Sandir non andò a sbattere contro Horn.
“Stavo venendo a prendervi. Non è sicuro all’oasi, sareste scoperti” disse lui, agitato e sollevato allo stesso tempo.
“Scoperti? In che senso?” chiese Leon.
“Venite con me” il Darman li condusse in una galleria che, risalendo la roccia, li portò sulla cima della formazione rocciosa, dove Fang e alcuni Darman stavano osservando dall’alto il lato opposto rispetto all’oasi. I loro volti non facevano presagire nulla di buono.
“Come hanno fatto a trovarci?” sentirono dire a Fang quando furono abbastanza vicini da sentire le sue parole.
Quando la donna si accorse di loro si arrabbiò ulteriormente “E lui cosa ci fa qui?”
“Mi prendo ogni responsabilità” intervenne subito Horn “l’oasi era troppo esposta”
“Sei fortunato che ho questioni più importanti da risolvere” i suoi occhi erano freddi.
“Cosa sta succedendo?” chiese Leon serio, pronto a tutto.
“Guarda tu stesso” Fang indicò la direzione verso cui stavano guardando tutti e il gruppo si avvicinò per vedere.
“Oh no” persino Sera non aveva altre parole per descrivere la situazione.
Comparso apparentemente dal nulla, fra le sabbie del deserto, c’era un enorme esercito dalle intenzioni decisamente poco amichevoli, e si stava avvicinando sempre di più.
Un sussulto improvviso tagliò il silenzio totale calato tra tutti loro. Iliana si era portata le mani alla bocca e stava scuotendo la testa incredula. A comando dell’esercito, i capelli biondo chiarissimo splendenti sotto i raggi del sole cocente, c’era Lucien.
 
  


Salve a tutti, qui lost in books.
La fine del capitolo non fa presagire nulla di buono, Sera aveva ragione.
Nel prossimo si torna nel passato di Anthemis, all’epoca in cui Iliana se ne è andata dal castello.
Mi piacerebbe metterci meno tempo tra un capitolo e l’altro ma sono piena di impegni in questo periodo…
Alla prossima!
 
   
 
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