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Autore: iamnotgoodwithnames    23/08/2017    4 recensioni
"Al cuore non si comanda, non c’ha mai creduto ai modi di dire, non li ha mai voluti prendere neppure in considerazione, assurde frasi dette, ripetute così tante volte, da così tante bocche diverse, da perdere significato; da diventare banali cliché.
Eppure, alla fine, c’è rimasto incastrato anche lui in uno stupido cliché.
Al cuore non si comanda, si ripete, cercando di perdersi nel buglio di sogni che non sono mai piacevoli, cercando di dimenticare che, suo malgrado, la sua intera vita, per colpa di due iridi d’un pungente azzurro cielo, è diventata un banalissimo, insopportabile, cliché."
[Theo x Liam][Introspettiva][Slow Build][Spoiler!6A][Slice Of Life][Missing Moments][OC][OFC x Greenberg / Mason x Corey]
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Corey, Liam, Liam Dunbar, Mason, Nuovo personaggio, Theo Raeken
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Moonbeams Bonds'
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~ Chapter Four : Things Can Change ~
 

Deve ammetterlo, quanto meno a sé stesso, il letto di una roulotte è definitivamente più comodo dei sedili posteriori della sua auto, da quando si è dato al vagabondaggio non ha mai riposato così bene, nessuna interruzione, nessun poliziotto a minacciare di sequestrare il mezzo, persino gli incubi sono stati decisamente più sopportabili.
A giudicare dall’orario, che segna le undici e mezza, deve aver dormito per più di otto ore e, ad ascoltare il silenzio che aleggia all’esterno, potrebbe anche essere l’unico già sveglio, ma un odore, ormai noto, che giunge debole dalla porta chiusa, lo fa ricredere.
Sbatte le palpebre un paio di minuti Theo, schiarendo la vista e la voce, prima di alzarsi ed aprire, ritrovandosi a fissare una piatto ricolmo di caramello


“vuoi dei pancake?”


Esordisce Esme, sorridendo allegra


“ne ho fatti alcuni in più – dice, posizionandoli sopra al piccolo tavolo concentrico – nel caso ne volessi”


Forse Theo non sa come reagire, né cosa rispondere, ma il suo stomaco ha idee ben più chiare, l’odore dolciastro dei pancake ancora caldi ne risveglia l’appetito, saranno almeno due settimane che non fa colazione, che non consuma pasti regolari a dire il vero


“immagino che sia un sì – ridacchia Esmeralda, udendo il lieve brontolio che proviene dal ventre della chimera – vuoi un caffè, un thè, dell’acqua?”


Chiede poi armeggiando tra le credenze della stretta cucina e Theo la osserva, in un’indecisione che è interrotta dalle parole della castana


“in genere bevo sempre un caffè, prima di cominciare la giornata, se vuoi qualcosa chiedi pure”


Probabilmente per necessità la chimera, infine, decide di rompere il silenzio e parlare, rispondero alla gentilezza


“sì – si schiarisce la voce, ancora impastata dal sonno – un caffè, va bene”


Esmeralda annuisce, sorridendo raggiante, volgendo l’attenzione alle tazze, le dita sottili si muovono rapide preparando la miscela ed un odore amaro, di chicchi di caffè macinati, si sprigiona nella roulotte.
In un bagliore involontario Theo ricorda l’ultima volta che qualcuno gli ha offerto qualcosa, in una notte in cui, esattamente come ora, non sapeva cosa dire o cosa fare, in una notte in cui osservava, come ora, mani ben più frenetiche armeggiare con maggior confusione tra le mensole di una cugina rischiarita solo da tiepidi raggi lunari che filtravano tra ciuffi castano scuri; scompigliati, arruffati da sospiri e sbuffi.
È involontario, il ghigno che dischiude le labbra della chimera, piegandone il lato destro verso l’alto, non se ne accorge neppure mentre addenta famelico un pancake, sporcandosi le dita di caramello ed educatamente Esme gli porge alcuni tovaglioli ed una forchetta, facendo sentire Theo quasi un’idiota per aver assalito la colazione, ma i bagliori di gentilezza che le animano le iridi nocciola rendono impossibile persino vergognarsi


“sembri felice”


Dice soltanto, poggiando le due tazze al tavolo e sedendosi a qualche centimetro dalla chimera


“devo dedurne di essere un’ottima cuoca?”


Scherza delicata Esme, stringendo la bevanda ancora fumante tra le dita, soffiando al bordo nel tentativo di raffreddarla


“grazie”


Mormora Theo, sollevando lo sguardo dal piatto al volto disteso della giovane che, per un’istante, un solo fugace istante assume le sembianze di un viso ormai lasciato nel passato, un viso che un tempo era solito preparargli colazioni confortevoli ogni mattina e si deve costringere a distogliere l’attenzione Theo, tornando a fissare i plumcake, cercando di scacciare ricordi lontani che preferirebbe poter dimenticare.
E deve essere riuscita a notarla, quell’ombra malinconica scurirne le iridi, Esme che della tristezza è, suo malgrado, abile lettrice


“mio nipote adora la tua auto”


Dice allora, cercando di prevenire e scacciare pensieri sgraditi dalla mente dell’ospite, agendo d’istinto, seguendo esperienze passate e, forse, ha funzionato perché iridi glauche la guardano animate da lieve curiosità ed Esmeralda ridacchia cristallina


“cosa ti sembra più strano – chiede, sorseggiando il caffè – che un bambino voglia un auto o che io abbia già un nipote?”


Theo inspira, afferrando la tazza tra le dita, decidendo di procedere lento in una socializzazione che, in un certo senso, si sente quasi in dovere di concedere


“siete in tanti”


Probabilmente, riflettendoci, dovrebbe rivedere le sue qualità da oratore, magari cercando di essere meno rude, ma infondo deve riprenderci l’abitudine, ha passato mesi interi in un ciclo infernale e quando ne è uscito non ha avuto molto tempo per socializzare, non come si dovrebbe, ma Esme non sembra esserne infastidita, anzi il sorriso, se possibile, è divenuto persino più sereno


“già – dice, giocherellando con il cucchiaio al bordo della tazza – tre fratelli, due sorelle, un nipote ed un altro in arrivo a breve, e mio padre”


Incredibilmente numerosa, è il primo aggettivo che Theo riesce a collegare a quella famiglia che sembra, malgrado il numero, enormemente unita


“Valerian si è sposato sette anni fa  – prosegue solare Esme – Eveline era incinta, i suoi genitori non la presero molto bene e così si trasferì con noi, in un certo senso è una delle poche tradizioni gitane che abbiamo rispettato"


Ride, impacciata, vagamente imbarazzata, scostandosi ciocche castane dagli occhi, incastrandole dietro le orecchie, sono una massa informe, aggrovigliata, i suoi capelli, scomposti, agitati e frizzanti; le si addicono


“comunque non preoccuparti per l'auto, non te la ruberà – scherza, arricciandosi fili castani tra le dita – ma proverà a contrattare, va forte col baratto deve aver ripreso da suo padre, gli ha insegnato troppi trucchetti”


E Theo l’ascolta parlare di quella famiglia che, malgrado il sospetto, malgrado la diffidenza, ha scelto di ospitarlo, di concedergli un posto in cui stare, senza fare domande, senza chiedere altro, fidandosi delle parole di Esmeralda, che senza neppure aver indagato a fondo ha deciso di garantire per lui, un estrano, uno sconosciuto incontrato per caso.
Gli sembra ancora assurdo, gli appare ancora innaturale, se fosse stato al loro posto, probabilmente, avrebbe ignorato, sarebbe passato oltre, l’egoismo lo avrebbe spinto a non concedere neppure la possibilità di una tenue fiducia e, di sicuro, se il Theo di un tempo fosse qui, se potesse vederlo, riderebbe di lui; che sembra persino in difficoltà nell’approfittare di una gentilezza così tanto manifesta.
Le persone cambiano, persino lui, a dispetto di quanto possibile, a differenza di quanto si crede, le persone malgrado tutto cambiano; forse è inevitabile.


“non voglio sembrarti invadente – soffia, titubante, Esme – ma sono incline ad una curiosità eccessiva”


È un risolino nervoso quello che le anima le labbra, tra le iridi nocciola una richiesta di permesso a cui Theo risponde appena, in un cenno fugace del capo, quanto basta per concederle di proseguire in una socializzazione che, infondo, le deve


“ecco, noi, la mia famiglia – balbetta, la difficoltà di parole che non sa come pronunciare – siamo gitani rumeni, siamo abituati a vivere in roulotte come questa, è parte della nostra cultura, ma…tu…non lo sei…io, insomma…sei mai andato a scuola?”


Si aspettava di tutto, ogni possibile imbarazzante domande, ogni scomoda verità, si aspettava davvero di tutto, tranne questo.
Tra le iridi glauche della chimera si delinea, chiaro e nitido, lo scetticismo di una domande che non è neppure certo sia possibile considere tale, arcua appena un sopracciglio chiedendosi come sia possibile che, tra le mille e più cose che avrebbe, di diritto, potuto chiedergli abbia scelto la più assurda ed impensabile; come dovrebbe rispondere?
Annuisce soltanto, del resto anche cercandole non le trova parole da aggiungere ed Esme lo guarda, occhi illuminati da infantile curiosità


“e com’è? Sai io ho sempre studiato qui, da autodidatta”


Chiede, mossa da un’innocenza fanciullesca e  Theo deve riflette un po’ prima di riuscire a parlare


“uno schifo”


Dice soltanto poi, sintetizzando i pochi anni in cui, lui stesso, ha frequentato un edificio di pubblica istruzione, è decisamente più facile che spiegargli come neppure lui, dopo tutto, possa davvero dire di aver sostenuto  una normale istruzione


“quindi è come nei film?”


Domanda ancora, evidentemente non soddisfatta dalla risposta, Esmeralda


“più o meno”


ci pensa Theo, cercando di far mente locale, ma di film che parlano di scuola ne ha visti davvero pochi, ad essere onesti di film non ne ha mai visti molti, gli unici che ha guardato risalgono all’infanzia, prima dei suoi nove anni, prima che abbandonasse una casa, la colazione mattutina, una scuola, la famiglia, la stabilità e i film.
A ben vederla, infondo, la loro vita non sembra poi troppo diversa; si stupisce la chimera aggrottando la fronte


“in realtà – soffia poi, spinto quasi dal bisogno di liberarsi di vecchie menzogne – non ci sono mai andato molto a scuola”

“nel senso che saltavi le lezioni?”

“nel senso – sorride sghembo, scuotendo appena il capo – che ho saltato molte cose, in generale”


Ad Esmeralda quello sembra il primo passo verso una conoscenza che sente necessaria, di cui in verità freme dalla curiosità di scoprire e non pensava che, con quella sua innocente domanda, sarebbe riuscita a giungere ad un simile sviluppo, inaspettato deve ammetterlo; ma che attendeva sin dal primo giorno in cui trovò il coraggio di parargli


“hai sempre vissuto – coglie l’occasione Esme – così, saltando cose?”


Ne sorride Theo, un sorriso flebile, lieve come la brezza estiva che allieta la mattina, un sorriso fugace, sincero, che in ben poche occasioni ha plasmato le sue labbra per impercettibili istanti


“in un certo senso – prova, allora, la chimera – sì, decisamente”


Ed è un inizio, si dice Esmeralda, guardando quel giovane aprirsi appena, scacciare il mutismo, rifiutare l’orgoglio, fidarsi lieve e si convince, sempre di più, che infondo sia solo questo ciò di cui abbia bisogno; parlare, parlare senza paura alcuna, senza il timore di giudizi, parlare soltanto.
E lo sente, è l’intuito che glielo suggerisce, la fiducia e le parole stanno arrivando; lentamente. 

 
~~~~~~~~~~
 

“perché non me lo hai detto?”


Esclama indignato Mason, essere lasciato fuori, così, dai problemi dell’amico è qualcosa a cui non è abituato, qualcosa a cui non ha neppure mai pensato di dover fare l’abitudine.
Liam s’infossa nelle spalle, un bambino indifeso, indossando un viso da angelo che non fa presa sull’amico


“credevo di poterlo risolvere – pigola, in un soffio – da solo”


E scrolla il capo Mason, massaggiandosi le tempie, sforzandosi dall’urlargli che, infondo, è davvero un idiota certe volte, soprattutto quando segue la testardaggine


“non sei riuscito a trovarlo, immagino”

“no – inspira, socchiudendo gli occhi il mannaro – non ancora”

“e non sai più dove cercarlo”


Liam mugugna infastidito, non è di certo piacevole dover ricordare i recenti fallimenti, né tanto meno dover ammettere che non sa più dove cercarlo, né come


“non può essere andato troppo lontano”


Ne conviene Mason, confermando le parole che il mannaro si ripete da ore ormai, deve essere ancora a Beacon Hills, deve trovarsi ancora nei paraggi, deve; non gli è permesso, concesso, neppure pensare di allontanarsi, non senza dirglielo.
Ed in realtà, se lo chiede improvvisamente Liam, chi ha concesso a lui il diritto di pretendere di sapere, di decidere per Theo, da chi gli è stato concesso l’arrogante diritto di dover essere al corrente di ogni suo spostamento?
Se lo è preso, da solo, quel giorno in cui scelse di liberarlo da qualsiasi posto in cui fosse rinchiuso, quel giorno in cui scelse di distruggere l’unica possibilità di rispedirlo indietro, quel girono in cui scelse di fidarsi; se lo è preso da solo il diritto di essere sempre a conoscenza degli spostamenti di Theo.
Ed, allo stesso modo, si è distratto dal suo stesso volere da solo; lasciando che altri pensieri ne offuscassero la responsabilità che, tiene a ricordarsi, ha scelto di prendersi.
Tutto questo, si ripete Liam, perché è un idiota.


“è così importante trovarlo? – esclama poi Mason, le sopracciglia aggrottate ed un’ovvia osservazione – insomma, andiamo, dopo tutto quello che ha causato non è meglio così?”


Non riesce neppure a trovarle le parole il mannaro, come può pensare che sia giusto, lasciarlo andare, ignorarlo, pretendere persino di dimenticare che sia mai esistito; come può riuscire a pensarlo?


“cosa? – il volto plasmato da confuso stupore – non credi che sia rischioso? E se, se facesse qualcosa di pericoloso? Non credi sia più…saggio, controllarlo?”


Cerca di ignorarla Liam, quella voce flebile che gli sussurra nelle orecchie che forse, proprio in quest’istante, potrebbe anche essere in pericolo e loro non avrebbero modo di saperlo, di fare qualcosa per impedirlo.
Cerca di concentrarsi, invece, sull’espressione d’innocente indifferenza che plasma il volto di Mason


“credo che in quel caso lo scopriremmo  e lo fermeremmo – scrolla le spalle con ovvietà l’amico – ma finché non farà nulla”


prosegue, dando quasi per scontato che potrebbe fare qualcosa da un momento all’altro


“non vedo perché dovremmo preoccuparcene”


Già, esattamente come pensava, sembra essere l’unico Liam a cui il pensiero di aver perso di vista Theo lo turba, in un modo incomprensibilmente persistente, s’infossa nelle spalle inspirando lentamente; probabilmente l’unica soluzione possibile è fingere.
Lasciare Mason fuori dalla situazione, per una volta, una singola volta, e risolvere la questione da solo; senza poter avvertire, né contare sull’aiuto di nessuno.


“Liam – mormora poi Mason, volgendo lo sguardo incerto al volto contratto da silenziosi pensieri dell’amico –  non ne abbiamo mai parlato”


Il mannaro lo guarda, arcuando le sopracciglia nella confusione di un’affermazione che giunge improvvisa, sconnessa dal precedente discorso che continua ancora a catalizzare la sua attenzione 


“di te ed Hayden – specifica allora Mason – perché vi siete lasciati? Non me lo hai mai detto, posso capire la distanza, le difficoltà che comporta, ma…c’è altro vero?”


C’è altro, si ripete quelle parole Liam, fissandosi il joystick tra le mani, deglutendo impercettibilmente; c’è altro.
Sì, c’è, forse c’è altro.
Cosa, questo, con esattezza, non saprebbe dirlo.
Sa solo che qualcosa, dalla Caccia Selvaggia, da quando tutto è finito, è cambiato; drasticamente eppure invisibilmente cambiato.


“non era più come prima”


Ammette, in una mezza verità che è tutto ciò che può concedere e Mason sembra studiarle, valutarle attentamente, quelle parole


“che significa?”

“quello che ho detto – soffia Liam, guardando in tralice l’amico – non, non sentivo più quel che sentivo prima e…lei ha capito, tutto”

“non l’amavi più? – chiede, animato da logici dubbi Mason – così, all’improvviso?”

“le cose cambiano – è un grido trattenuto la voce del mannaro, stringe il joystick tra le nocche pallide – lo hai detto anche tu, le persone cambiano, le situazioni cambiamo”


Il tonfo del controller al suolo riecheggia tra le pareti della camera, in una lancio che precede il balzo in avanti di Liam, tenere la rabbia sotto controllo, ultimamente, se ne rende conto sempre più spesso Mason, sta diventando davvero difficile; quasi come un tempo, quasi come quei primi giorni in cui ancora non potevano neppure immaginare cosa significasse essere una creatura sovrannaturale.
Si alza, avvicinandoglisi lentamente, poggiandogli cauto le mani tra le spalle tese e nelle iridi celesti dell’amico si posa un velo lucido che le fa tremare, smarrite e confuse


“le cose possono cambiare all’improvviso"


Sussurra Liam, aggrappandosi alle braccia dell’amico, lasciandosi cingere in un abbraccio che, per ora, è tutto ciò di cui ha bisogno; condividere un silenzio denso di domande a cui trovare risposte, è tutto ciò che al momento necessita. 
 



 
Piccolo avvertimento, per chiunque fosse interessato, l'interattiva che ho in questo forum sta procedendo e a breve assicuro che posterò il capitolo; lo sto solo revisionando. 
Tornando a questa storia invece ringrazio tutti coloro che leggono silenziosamente, recensisono e seguono; davvero grazie mille. 
Spero che il capitolo vi piaccia e che i personaggi siano abbastanza accurati. 
Come al solito qualsiasi commento o critica, purché costruttiva, è ben accolta. 
Grazie ancora, 
a presto

PS: la mia mente è un posto strano, per qualche assurdo motivo Liam e Theo mi fanno pensare un pochino a Spiderman e DeadPool. 
 
 
 
   
 
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