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Autore: theprophetlemonade_    24/08/2017    3 recensioni
«Alexander, non ti spaventa — dice Magnus alla fine — sapere che puoi provare dei sentimenti così forti per qualcuno che una parte di te ancora crede di conoscere a malapena? Perché a me spaventa da morire. Qualcuno che un giorno spunta nella tua vita, all'improvviso, e ti lascia senza alcuna possibilità di scelta a riguardo».
Alec incontra, nello specchio del suo bagno, un uomo che afferma di essere dall'altra parte del mondo. Da quel momento in poi la situazione s'impenna.
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Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clary Fairchild, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve, gente! 
Scusate l'ora insolita, ma ho passato tutto il giorno sui libri: Settembre è maledettamente vicino, la sessione autunnale è alle porte e quindi sono giusto un po' sommersa da appunti, libri e quant'altro. Voi? Siete alle prese con gli esami o state facendo i compiti prima del rientro scolastico? 
Vi lascio il capitolo cinque, in cui veniamo a conoscenza di un altro membro del cluster... Come al solito grazie a chiunque abbia dedicato un po' del suo tempo a questa storia. Buona lettura, buona serata e a rileggerci al prossimo capitolo! Baci, 
Starsfallinglikerain. 


 
Capitolo 5
 

«Dunque, Magnus è incazzato» esordisce Simon.   
«Magnus è sempre arrabbiato per qualcosa» ribadisce piano Raphael. «Semplicemente, non lo dà mai a vedere».
«Sì ma — stavolta è davvero incazzato. Cioè, può dirlo anche Jace. E Jace è la persona più ignara che io conosca».
«Ohi!».
Alec aggrotta le sopracciglia, spegnendo la macchinetta del caffè quando ha finito di prepararlo. Se ne versa una tazza — non si sente di offrire agli altri cinque ospiti invadenti più ospitalità di quella che ha già, involontariamente, garantito loro. Inoltre, sono tutti capaci di gustarlo quando lo beve; spera che a loro piaccia il caffè molto zuccherato. Spera anche che non piaccia loro.     
Esce dalla cucina e li trova tutti e cinque — Jace, Clary, Simon, Raphael e, ora, Maia — ammassati nel suo salotto. Sembra parecchio più piccolo del solito con tutti lì.            
«Perché dovete sempre venire tutti qui?». Alec sospira pesantemente e sia Clary che Maia si voltano a guardarlo, Simon e Jace ora si stanno guardando come due bambini su un campo da gioco. «Un giorno Izzy tornerà a casa e mi troverà a parlare da solo. Non avete delle case, voi?».        
«Beh, magari se cominciassi a visitarci» commenta Clary, ma ciò non fa che aumentare il cipiglio di Alec. «Scusa, Alec. Ma è vero. Riunirsi dove ci sei tu è la cosa più semplice».    
«Soprattutto per spettegolare su Magnus» aggiunge Maia. Ad Alec piace Maia. È un po' permalosa, come lui, ma ha uno spiccato senso dell'umorismo e non sopporta gli idioti — Jace — facilmente. «In questo modo non può sentire, nemmeno per caso».  
Alec sospira  rumorosamente, comprimendo le labbra  in una linea stretta, piatta e distintamente indifferente. Fa il giro del divano e colpisce Jace sulle gambe, costringendolo a spostarsi per fargli spazio. Alec crolla sui cuscini e prende un lungo e forte sorso di caffè prima di rivolgersi alle cinque persone che lo stanno fissando.     
«Che c'è?» chiede.    
«Magnus è incazzato» ripete nuovamente Simon, come se ciò chiarisse ogni cosa.           
«Sai che significa qualcosa di totalmente diverso per me rispetto a ciò che significa per tutti voi» dice Alec.  Decide di assecondarli. «Perché è arrabbiato?».       
«È incazzato per ciò che è successo l'altra notte» spiega Jace. «Nel vicolo, con te e Maia. Pensa che abbiamo corso un rischio, esponendoci, o una cosa del genere».          
«Dice che avrebbe potuto essere il Circolo» chiarisce Clary, quando nota l'espressione vacua di Alec. «Valentine. Che stava seguendo Maia. Evidentemente alcune persone sanno come riconoscere quando qualcuno ha un visitatore nella propria testa e dobbiamo stare più attenti».     
«Magnus che ficca il naso negli affari altrui, come al solito» dice Maia, ma non è infastidita. Alec pensa che sembri un po' colpevole. Raphael le lancia un'occhiata dall'altra parte della stanza, dove ha occupato la poltrona di Alec, non disposto a sedere sul divano con loro.          
«Ma non è stata dura» dice Alec lentamente. «Il, uhm... Il Circolo, o in qualunque modo si chiamino. Solo un ubriaco. Ce ne siamo occupati». Guarda Maia, che incontra il suo sguardo, e annuisce.   
«È quello che ho detto io» dice Jace. «Ho detto che avevi tutto sotto controllo, e Magnus nemmeno c'era, quindi non può neppure giudicare. Sei un poliziotto, hai a che fare con questo genere di cose tutti i giorni. Magnus nemmeno sa ciò che sai fare».        
«Non so fare niente di più di quanto non sappia fare tu» dice Alec a bassa voce, liquidando il complimento, nonostante gli avesse scaldato il cuore. Essere apprezzato per essere competente è sempre stato il modo più semplice per entrare nelle sue grazie.   
«Non è questo il punto» li interrompe Raphael. «Magnus continua ad essere arrabbiato perché avete corso un rischio».         
«E l'alternativa qual era, esattamente?». Simon aggrotta le sopracciglia. Quando nessuno dice nulla, incrocia le braccia sul petto, gonfiando le guance in modo comico. «Già, lo immaginavo».   
«Non ti stiamo contrastando, stupido» dice Jace, sporgendosi per colpire Simon sul ginocchio. «Siamo tutti contenti che Alec fosse lì e l'abbia potuta aiutare. Lydia che ne pensa?».    
«È d'accordo con Magnus» dice Maia. «Più o meno». Dall'altra parte della stanza Raphael borbotta qualcosa che suona come palla al piede.    
«Sappiamo tutti che Magnus è solo preoccupato» sospira infine Clary. Sposta lo sguardo verso la finestra di Alec, come fa spesso quando lo visita. Alec pensa che stia cercando di assorbire più luce solare che può, prima di tornare nel piovoso Nord Ovest, sul Pacifico. «Ovviamente non contesta ciò che Alec ha fatto, accorrendo ad aiutare. Non è così. Solo — sapete che ci sta solo tenendo d'occhio. Come sempre. Non vuole che ci succeda ciò che è già successo a lui». 

 
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Alec cerca Il Circolo su Google quella notte e il primo link su cui clicca lo porta su un qualche sito aziendale di un'organizzazione per la salvaguardia biologica che si pavoneggia di essere ben finanziata e multinazionale e multigovernativa e tutta quella sorta di buffonate prive di significato. La seconda riga della descrizione della compagnia menziona il loro studio sulle mutazioni genetiche negli esseri umani, e sì — c'è questa sensazione opprimente nel petto di Alec. Qualcuno si sta preoccupando, da qualche parte nel mondo. Se la rabbia è nel suo petto e la tristezza sulle sue spalle, l'ansia si arrampica sotto le sue costole inferiori come una serie di ragni che camminano su verso la trachea per lasciare ragnatele nella sua bocca.     
Alec si chiede se sia stato disattento. Quando è iniziata tutta questa situazione non ha mai considerato, nemmeno nei suoi sogni più assurdi, che ci fossero persone là fuori che potessero essere una minaccia per lui. Per loro. Non capisce il perché o quale sia lo scopo; gli altri erano rimasti vaghi quando l'aveva chiesto. Non lo sanno nemmeno loro. Forse Magnus non ha detto loro il motivo. Forse anche Magnus lo conosce a malapena.
Alec ripensa a tutte le volte che ha finto di parlare al telefono in metro, l'aveva fatta franca borbottando sottovoce mentre era al distretto, o aveva minimizzato quando Raj gli aveva chiesto se stesse imparando il tedesco.
Si chiede se l'enigmatico Magnus classificherebbe anche tutto ciò come un rischio. Probabilmente sì.
Alec non si sente bene. Lo sente nella pancia. È decisamente suo; nessun altro si vergogna abbastanza da competere con Alec Lightwood.
Maia ritorna quella notte, da sola, e gli dice grazie ancora, Alec, nonostante continui ad insistere sul fatto che probabilmente avrebbe potuto cavarsela da sola. Alec non la contraddice — le crede. L'aria che la circonda non lo indurrebbe ad andarle contro in una rissa.    
Prima che se ne vada, lo guarda a lungo e fissamente e gli dice con un sorriso mesto e sghembo: «Sei una brava persona. È stato bello conoscerti, Alec».      
Tuttavia — quella notte, Alec sogna Magnus, lontano in un qualche altro paese, il suo volto è offuscato, ma ce la sta mettendo davvero tutta per tenerli al sicuro da una minaccia che, la maggior parte di loro, vede come invisibile. La sensazione martella nel suo petto.     
Si sveglia la mattina seguente, mentre suda freddo e si ripromette di stare più attento. Di sforzarsi di più. Di fare meglio.           

 
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«Dovremmo lavorare sul visitarci quando siamo sicuri che ognuno è solo, o se ha davvero bisogno d'aiuto» annuncia Alec una mattina. Jace e Simon sono lì, brillanti e svegli  nel loro fuso orario, e Maia continua ad apparire e scomparire, dicendo loro che deve lavorare e non può fermarsi a chiacchierare. Hanno cercato di convocare Clary, ma era addormentata, e Raphael stava... dando le solite vibrazioni che urlavano vaffanculo, tenendo chiunque lo cercasse a distanza.      
Dunque, sono solo loro tre. Il che è... un tormento, suppone Alec, perché Jace sta ancora lavorando su questa problematica cotta che ha per Simon, che Alec non invidia minimamente, e Simon continua ad essere a malapena tollerabile.      
«Cosa intendi per "davvero bisogno d'aiuto"?» chiede poi Simon. «Perché saper parlare francese e tedesco con le ragazze che incontriamo in tour è davvero un grande vantaggio ora e non voglio perderlo. Sembra che a Magnus non abbia mai dato fastidio, quindi —». 
Jace lo colpisce energicamente sulle costole e Simon grugnisce, riservando a Jace il suo più patetico sguardo assassino. Alec dà dei colpetti con i piedi.   
«Senti, sto solo —» dice Alec, con un sospiro. «Sto solo cercando di essere protettivo. Semplicemente, non fate gli idioti. Ma potrebbe essere un'ardua impresa».         
Jace ride, ma l'occhiata che gli lancia Alec gli fa realizzare rapidamente che, attualmente, c'è più di un idiota nel salotto di Alec.          
«Se Magnus è il papà del cluster, tu sei decisamente la mamma» si imbroncia Simon, prima di scomparire nel nulla. Alec sbatte le palpebre lentamente, ma Simon non torna.   
Jace sospira, reclinandosi sul divano, appoggiando le braccia aperte sul dorso. Alec gli sta di fronte, immobile, con le braccia ancora incrociate sul petto.   
«Siediti, mamma» dice. «Mi stai esasperando».      
Alec resta in piedi.    
«La connessione psichica non poteva venire senza fregature, vero?» dice infine Jace. «Sarebbe stato troppo bello per essere vero».  

 
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Alec vorrebbe tanto essere in grado di visitare gli altri a comando; crede che dormirebbe davvero meglio se potesse controllare ognuno di loro quando vuole farlo e non solo quando passano a visitarlo. La faccenda del Circolo lo sta tenendo sveglio di notte più di quanto non voglia ammettere — nonostante non possa dire che ci siano molti segreti fra di loro. Sanno che non dorme.    
Cerca di farselo insegnare da Jace, ma Jace non è un bravo insegnante. E poi prova con Simon e Clary, ma in un certo qual modo sono probabilmente anche peggio.         
«È solo — istintivo, capisci?» spiega Simon. «Io — Io  penso a chi voglio parlare o a ciò di cui ho davvero bisogno, poi sbatto le palpebre, e sono — Qui. Lì. Ovunque».          
«Si tratta di focalizzarsi sul pensiero di dove vuoi andare» aggiunge Clary. Arriccia il naso e poi strizza gli occhi, mimando il processo di pensare intensamente — ma in realtà sembra solo costipata. Apre di nuovo gli occhi e incontra lo sguardo vacuo di Alec. «Dunque — se ho bisogno che qualcuno mi faccia sentire meglio, penso a Simon, o —». Simon sorride e Clary lo colpisce sulla spalla. «O se ho bisogno di un consiglio, di solito vado da Lydia, o da Magnus ovviamente. Se voglio il silenzio, vedo se Raphael è in giro, e se voglio... Se voglio lamentarmi di qualcuno, allora vado da Maia. Se voglio sentirmi al sicuro, beh — vengo da te, o da Jace».           
Alec cerca di non pavoneggiarsi per il complimento, ingoiandolo severamente e mantenendo neutrale la sua espressione.    
«Quindi devo solo — Concentrarmi su chi voglio visitare?».         
«Certo!».
Alec chiude gli occhi e cerca di rilassarsi — un'ardua impresa, considerando quanto sia sempre fortemente ferito — e visualizza Jace nella sua mente. Va' da Jace, va' da Jace, pensa come un mantra. Apre gli occhi, sperando di trovare l'Inghilterra — ma Clary e Simon lo stanno fissando seriamente, come un paio di cagnolini.
«Nessun successo?» chiede Clary.   
«Nessun successo» replica Alec.      
«È così strano» si lamenta Simon. «Potrei farlo così su due piedi, sai? Schioccare le dita e bam, ecco Jace, ecco Clary, ecco —  questo probabilmente non aiuta, vero?».    
«No» dicono Clary ed Alec all'unisono.       
«Ma» dice poi Simon. «Sei riuscito a visitare Maia, quindi non è che ti sia impossibile. È solo difficile. Forse vieni convocato solo quando uno di noi è in pericolo di vita. Sarai tipo il nostro angelo custode. O un supereroe! Batman! Sarebbe forte».          
Preferirei che nessuno fosse in pericolo di vita, pensa Alec.           
«Probabilmente Magnus lo saprebbe» sospira Clary con fare malinconico. «Non l'ho visto molto, ultimamente —  sta lavorando un sacco, ma dice che sta cercando di fare più ricerche su Valentine e il Circolo. Lui e la sua amica Catarina evidentemente hanno un sacco di contatti grazie al loro lavoro —  qualunque cosa significhi».
«Sai, non sono del tutto certo che Magnus sia un avvocato» riflette Simon. «Tipo, abbiamo mai visto una prova reale che lo è? Non sappiamo nemmeno dove viva! Penso che sia una spia. Dei servizi segreti internazionali, o qualcosa del genere. In realtà, probabilmente ha una rete di spie che lavora per lui. Perché lui sarebbe il capo, ovviamente. Magari è della CIA? Dell'FBI? Spiegherebbe un sacco di cose — beh, non i vestiti o i glitter, ma praticamente tutto il resto sì».     
Simon continua a sproloquiare, ma Alec smette di ascoltarlo. Riprova a pensare a Jace, e poi a Maia, e a Raphael, tanto per esserne sicuro. Ma non accade nulla. Pensa a Lydia e poi a Magnus, ma sembra un'ulteriore forzatura cercare di spingersi laddove potrebbero esserci le persone che ancora deve incontrare. Pensa al suo confidente delle tre del mattino, che conosce così bene, ma... ancora nulla.  
I suoi pensieri si rivolgono ad Izzy, dunque, il che non è inusuale, ma sa che non erano riusciti a beccarsi nelle scorse settimane. I loro orari di lavoro non coincidevano e Alec ha trascorso molto tempo rintanato nella sua stanza a parlare con gli amici immaginari nella sua testa, piuttosto che cenare con sua sorella.
Si chiede come sarebbe se Izzy facesse parte del cluster. Sa che non funziona così — ci ha messo poco a notare che hanno tutti la stessa età, mentre Izzy ha tre anni in meno rispetto a lui — ma non può fare a meno di pensare che sarebbe capace di visitarla, come se fosse tanto semplice quanto respirare.
Forse è qualcosa che ha a che fare con la distanza. Forse ha solo bisogno di essere più vicino a tutti loro. E non in modo misurato in miglia, ore, o dal volo di un corvo. Ma... Ma Raphael li tiene tutti a distanza e non ha problemi a visitarli, quando si sente di farlo. E poi c'è Jace, che, a parte Izzy, è probabilmente l'amico più stretto che Alec abbia mai avuto. È praticamente come un fratello. Alec crede che dovrebbe funzionare.
Ma sembra una causa persa. Alec non è il tipo che molla facilmente, ma diamine, non sa cos'altro tentare. Non gli piace non avere il controllo; sembra come un mal di mare che non riesce a togliersi di dosso, nauseato e tremante. La sua gola è secca, cartavetrata sulla lingua. Cos'altro può fare? Pregare, forse. Raphael sembra tenerlo parecchio in considerazione.          

 
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Un sentimento raggiunge Alec alle tre di notte, una notte fra tante. Lo risveglia, come una ninnananna che ostacola il suo stesso obiettivo. Si chiede se non abbia sopportato più sentimenti negli ultimi dodici mesi che in tutti i venti-e-qualcosa anni della sua vita.  
Qualcuno nel cluster, il suo ospite assiduo, si sta mettendo in comunicazione. Succede spesso, e mentre Alec desidera essere infastidito per il suo riposo interrotto, non si ritrova mai ad essere totalmente arrabbiato. Se fosse Simon, o Clary, o anche Jace, forse sarebbe più arrabbiato — ma è semplice riconoscerli quando lo visitano, e la sensazione che lo sveglia non è quella, non lo è mai: è ondeggiante e viola e riempie il petto di Alec come una serie di nuvole scure gonfie per la troppa pioggia.    
Potrebbe essere Raphael, oppure Maia, ma è nebuloso. C'è densità nell'aria quando accade, il che fa sì che Alec si chieda se sia Lydia o Magnus o se sia invece proprio qualcun altro, il suo cervello è troppo pieno di altre persone per farci i conti.   
Di chiunque si tratti, dorme e si sveglia ad ore irrequiete, le sue ore di sonno sono in qualche modo peggiori di quelle di Alec. Forse c'è un'alba da osservare, o un tramonto a cui dire addio; forse sogna frammentariamente, come Alec, e desidera sprecare ore insonni ad una finestra, da qualche parte, ad osservare la città dormire.     
Nelle notti precedenti ad Alec è stato trasmesso desiderio e malinconia, ricordo e nostalgia, tristezza e serendipità. Questa notte, comunque, il sentimento è tempestoso. Non è un sigillo, né sobbolle, ma brontola — di nuovo, come un tuono. Rapidamente, Alec si chiede se la pioggia che crede di sentire stia battendo contro la sua finestra.    
Questa notte la persona dall'altra parte del legame sta aspettando che qualcosa cambi: un fulmine, forse. È assorta nei propri pensieri, il che fa percepire ad Alec la propria testa piena e soffocante.      
Ed è bizzarro — come se tutto il resto non lo fosse mai stato —, perché come fai ad essere così al corrente dei più intimi pensieri e sentimenti di qualcuno senza nemmeno sapere qual è il suo colore preferito? O come prende il caffè? Il colore dei suoi occhi alla luce della luna? 
Alec preme il palmo della sua mano sul suo petto, conta i suoi respiri ancora sonnolenti, gonfia l'addome e lo sgonfia ad ogni inspiro ed espiro. Chiude gli occhi all'oscurità grigia della sua stanza e cerca di dare conforto alla persona nella sua testa, pur essendo consapevole di non esserne capace. Il sentimento viola freme.
E tuttavia, continua a pensare Alec, lo conosco.      

 
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Nonostante tutto, la vita di Alec riesce a sistemarsi con uno schema abbastanza regolare. I suoi genitori ancora non parlano a lui o ad Isabelle, ma se ne sta facendo una ragione, anche se il buco nel suo petto alle volte fa male. Il lavoro è stabile, sta cercando di ottenere una promozione entro la fine dell'anno, che dovrebbe tradursi in turni più regolari e una migliore opportunità per combattere la sua insonnia. Si può trovare un cameratismo sconcertante  nelle conversazioni a senso unico nel linguaggio delle emozioni che ha tutte le notti, ma la sua capacità di concentrarsi ne ha sofferto. I suoi occhi bruciano fin troppo spesso. Alcuni giorni sono duri — New York ha un ventre disgustoso, egli vede cose che nessuno mai dovrebbe vedere — ma altri giorni sono buoni, e quelle giornate sono quelle che devono contare.
Clary continua a fargli visita, di tanto in tanto,  quando percepisce un bagliore nell'insicurezza di Alec. Non solleva mai la questione,  ma Alec nota abbastanza velocemente che c'è una correlazione fra il modo in cui si sente e quando vede Clary. In cambio, le offre ciò che può, anche se non è molto. Spinge la propria testardaggine attraverso il legame quando la sente titubare riguardo a una qualche decisione, o le dà una strigliata quando fa l'egoista, oppure è la voce della ragione quando sta considerando l'idea di fare qualcosa di particolarmente incosciente.    
Fa lo stesso per Simon, e lascia che Maia e Raphael prendano in prestito la sua forza e il suo silenzio ogni volta che lo richiedono. Per quanto riguarda Jace, Alec spera che sappia che gli guarda le spalle.
Li tiene tutti sott'occhio, vive stando all'erta. Si siede sul bordo della sedia, attendendo che il bisogno di stare in piedi tutto il tempo passi. Le sue gambe tremano agitate sotto alla scrivania. Non è niente a cui non sia abituato. Ha già Izzy e Max — quindi cosa saranno mai altri sei pseudo-fratelli a cui badare?
E questo è il modo in cui incontra Lydia, infine.     
Gli altri non parlano granché di lei — o almeno, parlano molto più di Magnus. Ma, da ciò che Alec ha intuito, Lydia è intelligente e competente e tutto ciò che ad Alec piace riguardo a una persona. È anche esattamente il tipo di persona che i suoi genitori avrebbero voluto sposasse, una volta. Il pensiero è blu, e un qualcosa di pesante grava sul suo cuore, un pendolo che oscilla avanti e indietro e che lo riporta velocemente al suo metronomo. Qualcuno nel cluster pensa a lui, la stessa persona che va e viene alle tre del mattino e si siede sul davanzale, da qualche parte, e desidera così prepotentemente che raggiunge Alec attraverso le sue mura. Per un po', si è chiesto se potesse essere Lydia, ma quando la vede, sa che non è così.
Lydia appare dal nulla nei recessi d'autunno, quando le foglie sono arancio e danzano con la brezza, ancora croccanti e scricchiolanti e non ancora trasformate in poltiglia sul marciapiede.        
«Ho bisogno di un consiglio» dice, sedendoglisi accanto su una panchina a Central Park un giorno. È in uniforme, sta sorseggiando una tazza di caffè nel bel mezzo di una pattuglia mentre aspetta che Raj conduca un'anziana signora alla fermata dell'autobus più vicina. 
Lydia non sembra fuori posto a New York City. I suoi capelli sono raccolti in un'alta coda, i pantaloni del suo tailleur sono eleganti e di un blu profondo, i suoi tacchi ragionevoli.  Le sue mani sono ben curate e il suo trucco è fine e professionale. Potrebbe provenire da un qualsiasi palazzo multipiano lì intorno e Alec non batterebbe ciglio. È affilata e severa e Alec dubita che i suoi pensieri notturni siano diversi da affari e numeri. Il che lo può capire, ma non è —.           
Non continua quel pensiero.
«Ciao» dice, chinando la testa per osservare il proprio caffè, sperando di nascondere la propria bocca da occhi indiscreti mentre parla con se stesso.  «Non dovremmo parlare in pubblico».        
«Non sono in pubblico» dice Lydia. «E non c'è nessuno qui intorno. Stai tranquillo. Non te lo chiederei se non fosse importante. Sembrava che Jace e Clarissa pensassero che fossi tu quello da convocare». 
Alec volta il capo per osservarla. Austera com'è, non pensa che il suo sguardo sia a rischio. Se non altro, sembra determinata. Non è di certo qui per chiacchierare.   
«Ho bisogno di alcuni documenti. O, per essere più precisi, ho bisogno di accedere al database del dipartimento di polizia di New York».          
Alec aggrotta le sopracciglia.            
«Non è legale» dice, rigido.  
«Non è la domanda che dovresti farmi, Alec» dice e c'è una mania sulle sue labbra. «No, non penso che lo sia, ma è per Magnus, quindi è necessario». Il suo tono è superficiale. «Non l'hai ancora incontrato, vero?».
«No, non ancora».     
Lydia ridacchia.        
«Fortunato» dice. «Per essere uno che accumula favori, sa perfettamente come riscuoterli quando ne ha bisogno».
Quando Alec le lancia un'occhiata veloce, sospettoso, lei continua.           
«Si tratta del Circolo. Io e Magnus stiamo cercando di raccogliere informazioni. Quindi no, non è legale, ma è necessario, se preferisci».      
Alec si mordicchia le labbra e lascia che gli occhi vaghino per il parco. L'erba è ancora verde, brillante contro i colori vermigli delle foglie che cadono, ma il freddo si rimesta nell'aria. Lì vicino ci sono dei bambini che giocano con gli skateboard, e più avanti Alec riesce ancora a scorgere Raj che cerca di  discutere con una nonnina, ma a parte loro non c'è nessuno. Le nuvole sono immobili nel cielo e la luce del sole che vi filtra attraverso è grigia e spenta; la sensazione di essere immerso in una bolla lo pervade.         
O forse qualcuno gli sta deliberatamente sottraendo dal petto la preoccupazione, per poi rimpiazzarla con l'autocontrollo.
«Quindi hai bisogno» dice Alec lentamente, i suoi occhi vagabondano attorno a loro con un ultimo rapido movimento prima di ritornare su Lydia, il suo viso è ancora serio. «Di entrare nel dipartimento di polizia di New York?».          
«Sì» afferma. «Ho bisogno di accedere solo ai primi livelli. Superati quelli, posso decriptare l'IP e lavorare in remoto da Sydney.  Ci sono alcuni file di casi che potrebbero esserci utili, riguardanti il Circolo — o questo è ciò che ci hanno riferito i contatti di Magnus. Tuttavia, qualsiasi cosa su cui riusciamo a mettere le mani è preziosa, a questo punto».          
Ecco perché Lydia è venuta da lui, pensa: non perché è un poliziotto e può offrirle ciò di cui ha bisogno, ma perché sa che prenderà la faccenda sul serio. Non che Clary e Simon e Jace e il resto non lo farebbe, ma ad Alec sembra che siano distaccati rispetto a ciò che sta succedendo, ridendo e scherzando e andando di qua e di là per il mondo senza nemmeno lasciare il comfort delle loro case.
Lydia sa che Alec vuole proteggerli. È tutto ciò che ha sempre voluto. Però —.  
Beh. È irrilevante.     
Alec percepisce le sue parole sferragliare nello spazio all'interno del suo petto. È sempre stato il tipo da seguire il manuale, fino a rompersi la schiena per seguire le regole. Il dovere è come una marea, che vortica costantemente attorno alle sue caviglie, strattonandolo da una parte e dall'altra, avvolgendolo stretto. Ma si conosce. Prendersi cura delle persone a cui tiene verrà sempre al primo posto, anche se deve guadare una corrente contraria per arrivarci.            
Annuisce. Lydia, ovviamente, sa perfettamente ciò che sta pensando.      
«Non lo approvo» dice fermamente. Poi aggiunge: «Dimmi ciò che devo fare».  
Lydia sorride e gli dà dei colpetti sul braccio.         
«Il giorno in cui Magnus si metterà in contatto con te sarà un incubo per tutti noi» dice e, quando Alec aggrotta le sopracciglia, si corregge velocemente. «In senso buono. Nel miglior senso possibile. Ha bisogno di qualcuno come te. Probabilmente, anche più di quello che pensa».       

 
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Alle tre di notte, Alec percepisce gratitudine. È dorata come il miele e calorosa e stucchevole in un modo che gli fa desiderare di allontanarsene con imbarazzo — ma l'unica cosa che può fare è rigirarsi nel letto.
Lydia, sei tu? pensa, e poi quando il pensiero del Circolo e quella notte nel vicolo gli vengono alla mente, ci riprova: Maia? 
«Va' a dormire, Alec» dice Maia, apparendo e scomparendo nello stesso momento. Alec ansima, tirandosi il piumino sopra la testa e avviluppandosi nell'oscurità umida e afosa. La gratitudine ancora svolazza, formicolandogli sulle dita.            
Sei Magnus? pensa infine e aspetta, controllato, una risposta in silenzio. Non gli giungono parole, ma il sentimento ronza, caloroso e splendido. Alec riprende fiato.
   
 
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