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Autore: mido_ri    25/08/2017    0 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Mar, 7 novembre, pomeriggio

Io e il poliziotto finimmo di pranzare dopo le tre. Facendo due calcoli, sarei dovuto essere a casa di Riccardo entro un'ora, ma dovevo includere anche il viaggio a piedi.

"Non so neanche dove mi trovo, penso che arriverò davanti casa sua strisciando per la stanchezza"

- Ti serve un passaggio? -

Mi voltai verso l'uomo che apriva lo sportello del passeggero, come se avessi già accettato.

- O-okay...grazie -

Entrai nell'auto, nonostante non mi piacesse per niente l'idea di viaggiare di nuovo lì dentro.

- Devi andare a casa di Riccardo, giusto? -

- Sì... -

Avevo lo strano presentimento che quell'uomo volesse ficcare il naso nel mio tranquillo pomeriggio con Riccardo.

- Ah...che nuvole grigie! -

Alzai gli occhi e guardai i nuvoloni carichi di pioggia, pronti a mandarla giù in qualsiasi momento.

- Proprio come i tuoi occhi -

Fissai l'uomo seduto accanto a me, aveva un volto sereno e prestava attenzione alla strada.

- V-veramente sono azzurri... -

Si voltò a guardarmi e sorrise impercettibilmente.

- Dipende, ora sono grigi -

Poi riprese a guardare la strada e parlò con fare scherzoso.

- Anche i tuoi occhi sono delle grandi nuvole grigie piene di pioggia? -

Non potei fare a meno di sorridere anch'io.

- No, sono un limpido cielo estivo-

- Questo è da vedere -

Quella frase mi stupì; avrei voluto ribattere ma, al posto delle parole, in gola non sentii nient'altro che un sapore amaro.

- Ecco, siamo arrivati -

Guardai l'orario sul display del mio cellulare, erano ancora le tre e ventisette minuti.

- Sei in anticipo? -

- Abbastanza... -

- Be', non penso che ti caccino fuori di casa, anche perché sta iniziando a piovere -

In pochi secondi, il terreno che circondava la casa passò da un marrone chiaro a un colore scurissimo, simile al nero; il cielo si oscurò del tutto e grandi gocce d'acqua piovana cominciarono a ticchettare sul tettuccio dell'auto.

- Non vorrei fargli sapere che sono stato con lei... -

- Inventa una scusa, ma fai in fretta, altrimenti vedranno la mia macchina -

- D'accordo... -

Scesi dal veicolo e mi incamminai verso la porta.
Suonai il campanello con aria irrequieta, temendo che potesse aprirmi di nuovo quella strana vecchietta, ma ai miei occhi si presentò semplicemente un nanetto con una felpa che gli arrivava alle ginocchia e i capelli scompigliati. Un nanetto che fece fare le capriole al mio cuore, come sempre.

- Ciao! Sei in anticipo -

Si affacciò alla porta per spiare dietro di me, alzò le sopracciglia quando si accorse che stava piovendo.

- Oh, entra! -

Mi condusse dentro casa e mi fece accomodare sul divano, lui fece lo stesso mentre si copriva la bocca con una mano, intento a sbadigliare.

- Scusami, è che potevano accompagnarmi solo a quest'ora, altrimenti sarei dovuto venire a piedi... -

"Cascaci, cascaci, cascaci"

- No, non ti preoccupare -

Rise in un modo adorabile.

"Altro che Noemi, uhmpf!"

- Stavo dormendo -

Si diede una sistemata ai capelli e si guardò i piedi nudi.

- O-oh..a proposito -

Si sfilò la felpa e me la mise in grembo.

- Questa è tua, l'hai dimenticata ieri -

Arrossii all'istante al pensiero che Riccardo avesse dormito con la mia felpa addosso.

- N-non spogliarti così...non hai freddo? -

- Certo che sì -

Cambiò idea, mi tolse la felpa di dosso e la gettò sul divano accanto, poi si sedette in braccio a me, con la testa contro il mio petto e le piccole mani strette sulle mie spalle.

- È così che si fa, no? -

- Stai cercando di vendicarti di una certa Noemi? -

Alzò la testa e mi guardò con due occhi ridenti.

- No, no, ma ti pare? -

- Hai ragione, lei non mi si è seduta addosso in questo modo, non ancora...ahi! -

- Avevi una zanzara in faccia -

- Sì...come no, una zanzara in autunno -

Rise e appoggiò di nuovo la testa sul mio petto.

- Ma non dovevamo studiare? -

- Ovvio che no -

- Ro! -

- Tu vuoi studiare? -

- Ovvio che no -

- Perfetto -

Stette così per un tempo indefinito, con i piedi che penzolavano senza sfiorare il tappeto e le labbra che emettevano sospiri quasi inudibili.

A un tratto si scostò e prese il telecomando.

- Guardiamo un film! -

Si alzò e corse in cucina, lo seguii.

- Uhm...vediamo -

Si arrampicò sul ripiano in marmo e allungò le braccia verso un mobile in alto.

- No, no! -

Circondai i suoi fianchi stretti con le mani e lo costrinsi a scendere.

- Faccio io -

- Prendi i pop corn e mettili nella padella, io vado a vestirmi -

"Come se avessi mai preparato questi cosi"

Prima che potessi chiedere come si accendeva il gas e dov'erano olio e sale, il più piccolo si era già dileguato correndo a piedi nudi sulle scale.

Mi trovò fermo come un palo a fissare i costosi mobili di legno.

- Allora? Non hai fatto ancora niente? -

- Pensi davvero che io sappia cucinare? -

Il ragazzo sbuffò e si piegò dinanzi al mobile che mi stava di fronte, dopo mezzo secondo se ne uscì con una bottiglia d'olio.

- Era così introvabile? -

- S-sì... -

Non sapevo neanche come si chiamasse quel film, fatto sta che sembrava essere infinito.

- Ro, ma che cavolo di film hai messo? -

Si asciugò un occhio umido con un lembo della mia maglia e tirò su con il naso.

- Bambi -

Come se fosse stata una parola magica, subito dopo aver pronunciato quel nome la sua faccia fu invasa dalle lacrime.

- Ehm...non piangere, su, su, è solo un povero cerbiattino -

- Tu non capisci! -

Mise in pausa il film e affondò definitivamente la faccia nella mia maglia.

- Cosa c'è da capire? -

Scosse la testa.

- Perché tutto a lui?! Se potessi mi prenderei un po' del suo dolore -

Sospirai e gli circondai la schiena con entrambe le braccia.

- Ne hai avuto fin troppo...quel coso ti assomiglia, sai? -

- Quale coso? -

- Quell'animale... -

- Il cerbiattino? -

- Sì... -

Tirò di nuovo su con il naso e alzò il viso per puntare i suoi occhi lucidi nei miei.

- Quindi stai dicendo che ho una vita di merda come la sua? -

"Prima o poi comprerò il manuale: Come flirtare senza istigare al suicidio gli altri"

- No...ma che dici -

Mi grattai la nuca e rivolsi lo sguardo altrove.

- Intendo dire che sei carino come lui -

- Oh... -

Di tutta risposta riprese a piangere a dirotto, mentre io affondavo una mano nella ciotola dei pop corn.

Mar, 7 novembre, sera

Non appena i titoli di coda ebbero cominciato a scorrere sullo schermo della TV, afferrai il telecomando e spensi tutto, mentre l'altro continuava a soffiarsi il naso e asciugarsi gli occhi.

- Ti sei ripreso? -

- No! -

Si premette un cuscino in faccia e si raggomitolò sul divano; proprio in quel momento la serratura della porta principale scattò e un uomo alto e robusto, tutto incappucciato, fece il suo ingresso.

- Ah...quanta pioggia! Oh! Ciao, Alessio -

Si svestì con molta fatica, rimase con indosso la camicia e il pantaloni scuri.

- Brr, che freddo! Accendo il camino...Ro, che è successo? -

Il ragazzo si strinse ancora di più attorno al grande cuscino che aveva fra le braccia, come quegli insetti che, in caso di pericolo, assumono la forma di una pallina per difendersi.

"Che schifo gli insetti"

- Ro, ci sei? -

Finalmente tornò umano e rivolse al padre il suo viso arrossato dal pianto.

- Alessio mi ha costretto a vedere Bambi! -

- C-che?! Ma se non l'avevo mai visto in vita mia prima di oggi! -

Riccardo tirò fuori la lingua e sorrise, almeno si era ripreso.

- Alessio, non ti preoccupare, so benissimo che Ro guarda Bambi minimo una volta a settimana -

Risi insieme a lui, ma ammutolii all'istante quando il rombo di un tuono squarciò l'aria e subito dopo una marea d'acqua si rovesciò all'esterno, come richiamata da quel suono.

- Ah...cavolo. Con tutto questo vento non posso neanche accendere il fuoco! -

Si strofinò le mani e si diresse ai fornelli.

- Allora ragazzi, avete fame? -

Riccardo annuì, feci lo stesso.

Dopo mangiato, ci sedemmo tutti e tre sul grande divano al centro del salotto, fissando con sguardo vuoto lo schermo della TV che citava "nessun segnale".

- Stasera ci è andata proprio male! -

Poi una voce femminile riempì la stanza, seguita da immagini che si distinguevano appena a causa dei fastidiosi quadratini che occupavano l'intero schermo.

"Grandioso, allarme straripamento! Adesso col cavolo che torno a casa con tutte le strade bloccate!"

Roberto, come se mi avesse letto nel pensiero, parlò con tono premuroso.

- Penso che stasera non potrò riaccompagnarti a casa, è un problema per la tua famiglia se rimani con noi stanotte? -

Sussultai per la sorpresa.

- C-come? -

- Be', le strade sono state bloccate, per caso vuoi dormire sotto un ponte? -

- N-no...ma... -

- Ci penso io ad avvertire i genitori di...Matteo? Dettami il numero -

- O-okay... -

Feci come mi aveva chiesto, poi mi voltai verso Riccardo con un'alzata di spalle; lui sorrise e mi fece cenno di seguirlo di sopra. Assecondai il più piccolo e sgattaiolai via dal salotto, mentre Roberto aveva ancora il telefono all'orecchio.

Dalla stanza al piano di sopra era ancora più facile sentire la tempesta che imperversava all'esterno; premetti il viso contro il vetro del balcone, ma con la poca luce era quasi impossibile distinguere le figure, a parte gli alberi più vicini piegati dal vento.

- Hey! Vieni qui -

Riccardo sbattè due volte la mano sul letto per indicarmi il posto a sedere. Mi misi accanto a lui, chiedendomi cosa avesse voglia di fare per passare il tempo, ma mi deluse quando si portò una mano alla bocca e sbadigliò silenziosamente.

- Vuoi già andare a dormire? -

- S-sì... -

- Ma hai dormito anche oggi pomeriggio! -

Si strinse nelle spalle e gattonò sul letto fino a raggiungere il pigiama sotto il cuscino; vedendolo fare quel gesto, mi venne in mente un piccolo dettaglio.

- E poi io non ho il pigiama, come dormo? E domani come faccio ad andare a scuola senza zaino? -

- Non sarebbe una novità vederti senza zaino -

Sbuffai.

- Sì, ma il mio pigiama! -

- Te ne presto uno io! -

- Certo...non entra neanche alle formiche -

Alzò gli occhi al cielo e si avvicinò al mio orecchio.

- Allora vuol dire che dormirai nudo -

Rabbrividii e fui vicino al dargli una spallata.

- Speraci -

- Oh, invece è proprio quello che succederà -

Fece una faccia maliziosa, una manciata di secondi dopo mi ritrovai a petto nudo a tremare per il freddo.

Mer, 8 novembre, notte

"Chissà che ore sono? Sarà passata la mezzanotte?"

Cercai di girarmi dall'altro lato facendo meno rumore possibile; Riccardo dormiva da un pezzo, potevo capirlo dal suo respiro veloce e regolare. Ogni tanto il rombo di un tuono mi faceva sussultare, l'altro invece non accusava niente; inoltre la luce tremolante dei lampioni esterni si infiltrava attraverso le grate delle persiane chiuse.

"Cosa darei per dormire tranquillo come lui ogni notte"

Come a voler svalorizzare la mia tesi, il ragazzo si girò verso di me e sospirò pesantemente, poi si lasciò sfuggire un gemito soffocato dalle coperte.

"Forse sta facendo un brutto sogno"

Mi limitai a osservare la sua fronte leggermente corrugata e le labbra che di tanto in tanto l'altro stringeva o schiudeva appena.
A un tratto la sua mano si chiuse a pugno sulla stoffa del cuscino e tremò impercettibilmente. Fui tentato di raggiungerlo nel mondo dei sogni con una carezza o con qualche parola di conforto, ma la porta della stanza si aprì all'improvviso, svelando una figura che conoscevo.
Socchiusi gli occhi e cercai di regolare il respiro sull'ombra di quello di Riccardo. Roberto si sedette al bordo del letto tentando di non svegliare nessuno dei due.
Si chinò sulla figura che mi stava accanto e le portò una mano al viso con delicatezza.

"Mi ricorda tanto mio padre..."

Mi sforzai di non farmi sfuggire alcun verso o sospiro, e la cosa divenne ancora più complicata quando l'uomo si chinò nuovamente sul corpo addormentato di Riccardo, incastrando il viso nel suo.

"Decisamente non mi ricorda mio padre. Ma che cavolo sta facendo?!"

Sollevai di più le palpebre sperando di non essere scoperto, ma non feci in tempo a vedere nulla perché quel gesto durò un paio di secondi. Trattenni il fiato finché l'uomo non fu definitivamente fuori dalla stanza, poi lanciai uno sguardo disperato al ragazzo che dormiva accanto a me, ignaro del fatto che il cuore mi stesse battendo all'impazzata.
Attesi per un tempo indeterminato, deciso a lasciare quella casa il più presto possibile.

"Sta succedendo di nuovo. No, non è possibile"

Presi un respiro profondo.

"È normale che dopo tutto quello che hai passato tu sia paranoico, questa casa non ha niente di strano"

Strizzai gli occhi e scossi velocemente il capo.

"Sei. Un. Paranoico. Del. Cazzo."

Ma non riuscivo a stare fermo, andava contro la mia natura.

"Hai visto male, non fare cazzate"

Mi alzai dal letto e mi fiondai sullo schienale della sedia dove avevo poggiato i panni.

"Alessio, calmati"

Mi vestii in fretta e furia e sgattaiolai fuori dalla stanza.

"Cosa pensi che dirà Riccardo quando non ti troverà affianco a lui domani mattina?"

Aprii la porta e lasciai finalmente quella casa che mi dava pena di nuovo.
Una volta fuori, presi il cellulare e mi frugai in tasca alla ricerca del bigliettino con il numero del poliziotto; chiamai l'uomo, ma dopo il primo squillo terminai la chiamata e rimisi il telefono a posto.

"Perché stai scappando? Ti sei rincitrullito? Alessio!"

Mi guardai le mani, tremavano.
Rimasi lì imbambolato a fissare la casa, ma al posto della costruzione potevo vedere soltanto il viso glaciale e spento di quella donna.

"È un attacco di panico, devi calmarti. Torna dentro!"

Mi piegai sulle ginocchia e cominciai a prendere dei respiri profondi.

"No! Io non ci torno lì dentro!"

Non capivo neanche perché io stesso avessi così tanta paura, sapevo solamente che al posto di Roberto avevo visto una figura vestita di nero, senza volto, che aveva fatto congelare l'aria nella stanza.

"Alessio, non esiste nessuno stalker, ritorna dentro"

"Stai zitto!"

La luce accecante di un lampo mi riportò alla realtà per qualche secondo, giusto il tempo di farmi rendere conto che ero sotto un acquazzone.

"Merda!"

Iniziai a suonare il campanello mentre rabbrividivo di freddo sotto le gocce d'acqua affilate come aghi, che sembravano volermi trapassare la pelle.
Quando la porta si aprì, il faccione preoccupato di Roberto mi riscaldò il cuore; l'uomo mi fece entrare e non esitò a mettermi una coperta calda sulle spalle.
Riccardo scese le scale a rotta di collo, aveva l'aria sconvolta.

- Cos'è successo? -

Guardò prima me, poi il padre.
Aprii la bocca per parlare, ma le parole si bloccarono in gola.

"Non lo so neanche io..."

- S-sa... -

Tossii rumorosamente.

"Salvami"

Si sedette accanto a me e prese a passarmi una mano sulla schiena per tranquillizzarmi.

"Grazie..."

Roberto si alzò dal divano e si strofinò i palmi delle mani sulle cosce.

- Su, su, non è successo niente -

Mi accarezzò una guancia con due dita. Rabbrividii.

"Fredde"

- Alessio, non preoccuparti. Dopo tutto quello che hai passato è normale...ora va' a riposarti -

Seguii il suo consiglio e, accompagnato da un Riccardo preoccupato al mille per mille, andai in bagno e mi asciugai per bene.
Il ragazzo mi prestò dei vestiti che gli andavano un po' larghi, ma ugualmente di taglia troppo piccola per me; in ogni caso non mi lamentai, mi bastava non morire di freddo.
Ci sedemmo sul suo letto, io non riuscivo a far altro che fissarmi i piedi.

- Ale...sono quasi le tre, vieni -

Mi prese per mano e mi guidò verso il cuscino candido. Mi stesi, ma non riuscivo a rilassarmi, il mio corpo era rigido e freddo come una pietra.

- Hey, non hai detto una parola...ti va di dirmi come ti senti? -

"Ha ragione, forse condividere i miei problemi con lui potrebbe farmi sentire molto meglio. Se solo riuscissi a cacciare queste maledette parole di bocca..."

Il più piccolo mi abbracciò e mi strofinò la testa sul petto, come un gatto, poi mi rivolse uno sguardo caldo e determinato, che mi diceva "puoi fidarti".
Finalmente sentii la gola liberarsi e boccheggiai in cerca di più aria.

- I-io...credo di averlo rivisto -

- Che cosa? -

- Lo stalker -

- Ale... -

- Sì, lo so, è solo che...mi sono sentito... -

- Lo so come ti sei sentito -

Sorrise, anche se non ce n'era alcun motivo, poi spense la luce e riappoggiò il capo sul mio petto.
Mi sussurrò qualcosa all'orecchio.

- La prossima volta che ti senti così...non farti problemi, io ci sono -

  
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