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Autore: Nirvana_04    28/08/2017    3 recensioni
SPIN-OFF DE "IL TREDICESIMO RE"
Un racconto rubato al vento, sui Campi Eliòpei.
Bastian ha solo dieci anni quando è costretto a trasferirsi ad Aproeb. La città, sita tra il verde delle colline e il blu del mare, è troppo delicata per chi è cresciuto a Velenia; ma un incontro inaspettato cambierà le sorti del giovane Spettro e quelle delle persone che intrecceranno il proprio cammino al suo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti del Veto'
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«Lui è Aci…»
«Miva!» Aci la strinse in un abbraccio stritolante e le stampò un bacio sulla guancia, pericolosamente vicino alle labbra. «È bello vederti!»
Bastian ridacchiò, cercando di trattenere l'ilarità davanti all'espressione sconvolta della ragazza. Miva lo guardò come per dire: ma chi diavolo è questo? «È di Dihastìr» le spiegò semplicemente.
Ella parve scandalizzata ancora di più davanti alla sua calma.
La marcia, prima a Baleor e poi verso Zebenya-eg, era stata tranquilla, ma Bastian l'aveva vissuta con una sensazione estraniante. Il suo plotone si era diretto, solitario, a sud, abbandonando il riparo delle colline e dei prati conosciuti per addentrarsi nel mondo delle risaie. Avevano incontrato piccoli gruppi di donne e bambini di Baleor che si dirigevano verso la capitale, controcorrente rispetto alla loro direzione, ed era stato con l'animo in subbuglio che avevano affossato la voglia di seguirli. C'era stanchezza negli uomini, molti del suo plotone erano con un passo dentro la vecchiaia, gli altri erano troppo giovani. Come Miva. Non doveva essere sorpreso per come la ragazza aveva affrontato il viaggio: testa alta e sguardo fiero. Nei suoi occhi brillava ancora la scintilla di chi ha una fede a cui aggrapparsi. Ogni tanto ella gli aveva lanciato sguardi che lui aveva ricambiato con espressione sicura e un sorriso solo per lei. Aveva guidato il plotone, aveva sorretto l'animo dei suoi uomini; parte di lui era stata partecipe della loro angoscia e aveva tentato di lenirla con quelli che erano stati gli insegnamenti di suo padre. Ma dentro di lui aveva fremuto.
«Lui è Tristall. Quello laggiù è Galbion.» Fece un cenno verso una capigliatura riccioluta e rossa, mentre presentava persone un po' a caso per distrarla. Aci era disarmante a volte, difficile da digerire in un primo momento. Ma era un ottimo arciere, il migliore se parlavi con lui e il suo orgoglio. «Sono i ragazzi di cui ti ho parlato» le sussurrò nell'orecchio, stringendola per un attimo a sé.
«Ci mancherebbe!» esclamò Aci, intendendo di averlo sentito. «Ci hai tormentato, e a ragione, con ricordi e commenti su questa ragazza. Il minimo era ricambiare il favore. Spero che non abbia detto troppe fesserie su di me, tesoro.»
Miva sorrise in modo affettato, una vena che pulsava sulla tempia. Bastian prese le distanze di sicurezza. «Chiamami di nuovo ‘tesoro’, e ti do in pasto la tua stessa lingua per cena.»
Aci rimase a bocca aperta mentre le risate di Tristall e Galbion lo schernirono. «Le hai dato giustizia, Bastian» commentò Galbion, e tese una mano verso di lei. Miva la strinse. Poi fu il turno di Bastian.
Sentì la presa di lui delicata e decisa allo stesso tempo. «È bello rivederti, amico.»
«Amico?» recuperò la parola Aci. «Amico, un corno. Ti ho dovuto inseguire per settimane prima di farti spiccicare una parola. E quello che hai saputo dirmi è stato… defeca.»
Persino Miva rise a quel maldestro tentativo di indorare la battuta. Bastian si godette quelle note di tranquillità, poi si concentrò finalmente sull'orrenda visione che si stendeva alle spalle dei suoi compagni.
Erano giunti alla loro meta, si erano uniti all'Estrema Guarnigione.
La Falda era quasi emersa del tutto, all'orizzonte il Veto brulicava di macchie nere e dorate: i mostri stavano martoriando le coste nell'attesa di poter balzare sopra di loro. Le Cuspidi si ergevano come oscure sentinelle davanti ai loro occhi, pilastri altissimi che immettevano verso quella via del supplizio. Bastian si chiese, come aveva fatto la prima volta, a cosa servissero quelle maledettissime pietre. Erano un monito così grande da poter anche scoraggiare una belva. Ma quale reale potere avevano? Erano solo il simbolo permanente di ciò che li attendeva ogni cinque anni. Le nebbie coprivano l'oriente durante gli anni di pace; le Cuspidi, invece, restavano lì, a ricordare loro qual era il loro sfortunato destino.
Già, sfortuna! Il Dio del Fato era contro di loro.
«Sei di Dihastìr, allora?» stava chiedendo Miva.
Aci ammiccò. «Uomini come me nascono solo lì, te… Miva.»
«Non ha niente di meglio d'offrire la tua città?» lo provocò, una mano al pomolo dell'elsa. Bastian notò che aveva legato il fazzoletto blu ancora al polso. Peccato, pensò, si sarebbe sporcato in fretta, avrebbe cambiato per sempre colore.
«Beh» si grattò la guancia, «qualcosa possiamo trovarla. Perché, ti piacerebbe vederla? Magari quando la guerra sarà finita, puoi fare un salto. Tu e Bastian, che dite? Sarete miei ospiti!»
«Sarebbe bello…»
«Cos'è quella faccia? Suvvia, tesoro, vedrai che…» La gomitata spezzò la frase.
Galbion ridacchiò.
«Riesci a non ucciderlo mentre sono via?» chiese all'improvviso Bastian alla ragazza. «Devo andare nella tenda del Mataj per ricevere gli ordini.»
Miva annuì e alzò gli occhi al cielo. Gli comunicò semplicemente guardandolo: non ho bisogno della balia.
Bastian rise e fece un cenno verso l'arciere, come a dire che il problema era un altro. Si separò da lei con un sorriso complice e si diresse verso l'accampamento, posizionato a mezzo miglio da Zebenya-eg. Tristall, in quanto Arantar come lui, lo seguì.
«Signore!» si annunciarono i due.
Il Mataj di Baleor era un guerriero forzuto; per quanto alto, i muscoli lo facevano sembrare tozzo. Il mantello gonfiava la sua figura e, nonostante le temperature poco primaverili, egli portava solo un corsetto a mo' di corazza. Incuteva terrore.
«Benvenuti, uomini!» li apostrofò, facendoli segnale di allontanare le formalità. «Bene, bene. Sempre più giovani. A quanto pare, Baleor non è l'unica disperata, vedo.»
Un'altra ineluttabile verità: gli uomini morivano troppo presto e ormai si chiamavano ‘bambini’ e alcuni della Leva di svezzamento a guidare i plotoni. Il mondo stava per crollare.
Non ancora.
«Signore, gli ordini?»
L'uomo sbuffò. «Vediamo.» Guardò le mappe sul tavolino e imprecò. «Non c'è molta scelta.» Tornò a scrutarli in modo molto schietto. «La Via è una sola e chi sta davanti muore per primo. Morte veloce» li rincuorò. «Non fanno prigionieri i primi giorni.
«Il plotone di Aproeb sosterrà il fianco di sinistra. I due di Baleor reggeranno il centro delle difese. Di arcieri ne voglio uno per ogni mezza dozzina dei miei, gli altri staranno nelle retrovie. Tutto chiaro?»
I due ragazzi annuirono e si congedarono sbattendo la mano sulla coscia. Bastian aveva avuto modo di seguire gli ordini del Mataj di Baleor cinque anni prima: quell'uomo non avrebbe potuto fare il padre. Non c'era modo migliore di abbattere un guerriero che annunciargli la sua morte imminente. Baleor era formata da leoni da circo: ringhiavano come gatti, impaurivano solo i topi. Ma restavano comunque leoni. Il Mataj era un guerriero eccezionale, e non era da meno il suo secondo, Gideara.
Si avviarono verso l'accampamento dei loro plotoni. Tristall era già concentrato sulla guerra, pronto a tenere vivo l'animo dei suoi guerrieri: era un commilitone nato, viveva per stare in simbiosi con i suoi uomini; forse per questo era stato scelto dalle leve di svezzamento per fare l'Arantar. Sapeva come tenerli uniti. Vivi.
«Tristall, posso parlarti?» si fermò. Il giovane si voltò verso di lui con un mugugno distratto. «Ho fatto un errore.»
«Sì, lo so.»
Bastian si accigliò. «Come?»
L'altro fece spallucce. «Mai unire guerra e amore. Te la sei portata dietro, nel tuo stesso plotone. Questo ti renderà una minaccia per lei e per i tuoi uomini. Li farai ammazzare.»
Bastian strinse la mani a pugno. «Lei non doveva essere qui. Non avrebbe dovuto combattere, non mi avrebbe dovuto mai conoscere.»
Tristall alzò gli occhi per guardare il cielo. Sapeva che non erano le lanterne di fuoco che il guerriero stava cercando. «Sì, sarebbe stato meglio» lo sorprese. I loro sguardi si incrociarono di nuovo. «O è qualcos'altro che vuoi sentirti dire?»
Bastian sogghignò amaramente. «No, va bene così.» Si studiarono in silenzio per un po'. Gli pesava molto quello che stava per dirgli, probabilmente l'altro lo avrebbe denunciato, ma non gli importava. «Devo chiederti un favore.»
«No, non devi. Tu vuoi, non ne puoi fare a meno» socchiuse gli occhi. «Puoi darla a bere a lei, ma io vedo il fuoco della disperazione nei tuoi occhi. Lo hanno in molti da queste parti.»
Annuì, riconoscendo la sua disperazione nella cruda verità dell'altro. «Tienila al sicuro. In due forse possiamo…»
Tristall voltò la testa dall'altra parte.
«Tristall! Non verrò meno ai miei doveri, ma ho bisogno che lei stia al sicuro.»
«Ti odierà, lo sai?» I suoi occhi stavano scrutando i fuochi da campo, oltrepassando le tende. Dalla loro posizione potevano sentire i gemiti di Aci: probabilmente era giunta la sua ora.
«Non m'importa» sussurrò. Era una bugia, ma comunque sarebbe stato il male minore. «Questo non è il suo posto. La sua ora non è ancora giunta. Aiutami a salvarla.»
Tristall annuì senza guardarlo.
Tornarono dagli altri. Tristall si eresse davanti ai lembi della tenda; lanciò uno sguardo verso Aci, che saltellava lontano dalla spada della ragazza, e poi sparì dentro, a tenere compagnia ai suoi. Bastian si avvicinò con un sorriso di sollievo stampato in faccia e si diresse verso la sua donna, tenendola stretta in un abbraccio. «Scappa, Aci.»
L'arciere non se lo fece ripetere due volte, ma comunque si attardò abbastanza da augurare una buona notte ai presenti.
Miva lo guardò sparire con un'espressione corrucciata, poi gli disse: «È simpatico. Ma spero lo stesso che qualche bestia lo fagociti. Se lo prendo io…»
Bastian strinse più forte. «Aci è un arciere formidabile. Ha salvato molte vite.»
Miva fece spallucce, e il movimento la portò lontano dalle sue braccia. «Quanto costa?»
Bastian trovò la forza di ridere. «Parecchio. Dopo non ti lascia più in pace.»
«Piuttosto mi faccio catturare.»
«Non dirlo mai, Miva.» I suoi occhi ebbero un guizzo mentre un'immagine infernale tentava di sopraffarlo. «Dobbiamo sopravvivere per Quindici Decadi, non una in meno.»
«Allora smetti di trattarmi in maniera diversa. Gli uomini parlano, e non voglio trattamenti di favore» corrucciò la fronte.
Bastian ammirò una volta di più il suo austero orgoglio. «Molto bene» annuì prendendo le distanze. «In battaglia ti voglio attaccata agli uomini di Tristall, più verso il centro. A sinistra avrò l'acqua, tu proteggimi il fianco destro.»
Miva annuì con dolcezza. «Ti starò accanto fino alla fine.»


 
 
N.d.A.

Ci siamo, ormai siamo quasi giunti all'epilogo di questo piccolo racconto.
Finora gli eventi narrati erano tutti stati collegati da un fattore: i campi di eliotropi. Ogni spezzone era stato ambientato lì! E, fidatevi, lo sarà anche l'ultimo;)
Sapete già cosa aspettarvi dalla fine? E cosa ne pensate di questo primo incontro con quello che sarà il gruppo di Miva ne "Il Tredicesimo Re"? I personaggi vi sembrano fedeli alla storia principale o notate in loro un cambiamento?
Prossimo aggiornamento: 6 Settembre
   
 
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