Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Vavi_14    29/08/2017    5 recensioni
Piccole scene rubate dalla vita di sette giovani trainee che aspirano a diventare idol.
◊È un torneo di sopravvivenza dove solo i vincitori vanno avanti◊
______________
Dal cap VIII. #pizza
[…]Oltre gli schiamazzi degli attori, si sente solo il respiro pesante di Taehyung e quello di Yoongi, assieme agli sbuffi intermittenti di Jungkook, che ogni tanto lascia ciondolare la testa per poi risvegliarsi all’improvviso, guadagnandosi un’occhiata divertita e intenerita da parte di Jimin.
«Ragazzi, io ho fame».
In quel momento, le teste di tutti – tranne quella di Yoongi – si voltano contemporaneamente verso il criminale che ha osato pronunciare una frase tanto sconsiderata. Sono le undici e mezza di notte, hanno già consumato i loro panini qualche ora prima, perché mai uscirsene con un’affermazione che ha dell’utopico?
A parlare è stato Taehyung e Jimin ancora non si capacita di come abbia fatto a svegliarsi, mettere in moto i neuroni, captare gli stimoli del proprio stomaco e convertirli in parole nel giro di un secondo.
[…]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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XXIII. Sogno
 








Namjoon studia con silenzioso zelo il piccolo post it che Yoongi gli ha consegnato qualche secondo prima. Sono rimasti soli nel dormitorio; i più piccoli avevano delle lezioni da seguire, Hoseok è in sala prove da più di sei ore ormai e Jimin lo raggiungerà non appena avrà finito. Seokjin sta facendo compagnia ad Hoseok, anche se Namjoon dubita che sia riuscito a tenere i suoi ritmi per tutto il tempo. Se non altro, si accerterà che il compagno non esageri come suo solito, vista la distorsione al piede dalla quale deve ancora riprendersi.

Quando rimangono soli, Namjoon e Yoongi parlano molto. Più di quanto non facciano assieme agli altri. Anzi, a dire la verità, negli ultimi tempi, le loro interazioni si riducono esclusivamente a quei rari momenti in cui il dormitorio si svuota e la pace che li circonda finisce per divenire opprimente. Inizialmente, durante i primi mesi di permanenza nel dormitorio, faceva piacere potersi prendere qualche minuto per sé, in estrema solitudine. Ma con il passare inesorabile dei giorni, qualcosa sembra esser cambiato, e le conversazioni dei due coinquilini non sono poi così positive come una volta.

«Bello» commenta il leader, rigirandosi ancora una volta il foglietto tra le mani. Lascia che le proprie iridi scorrano ancora sui caratteri scomposti che Yoongi ha trascritto su carta, volando al di là dell’inchiostro nero per poterne afferrare anche la più nascosta sfumatura di significato. L’intensità che trascende ogni singolo vocabolo lascia sempre il più piccolo a corto di parole.
«Forse l’ultimo verso…»
Azzarda un’unica critica, perché in fondo è stato Yoongi a chiedergli un parere. L’altro annuisce, lo sguardo già perso tra i tasti del proprio computer. «Ci sto lavorando» conferma, picchiettando alcune lettere con i polpastrelli.
Nessuno dei due aggiunge nulla, almeno fin quando il leader si alza a sedere, ancora i pensieri di Yoongi stretti tra le mani. Sembra quasi che faccia fatica a liberarsene.
«Dovresti conservarlo, questo. Potremmo usarlo per una canzone del gruppo, prima o poi».
Nel riconsegnare finalmente il post it al legittimo proprietario, Namjoon incontra gli occhi scuri di Yoongi fare capolino da sopra la montatura degli occhiali. Il più grande rimane un attimo a guardarlo con un sopracciglio alzato, poi si riappropria del foglio e una leggera risata da parte di entrambi riempie l’aria circostante nello stesso momento.
«Cazzo Namjoon, per un momento ho pensato fossi serio» commenta Yoongi, massaggiandosi le palpebre, ancora l’ombra di quel sorriso un po’ amaro sulle labbra.
L’altro alza le spalle, piombando di nuovo sul materasso. «Già. Per un attimo ci ho pensato anch’io».
«Se non altro farebbe parlare di noi» aggiunge Yoongi, senza staccare gli occhi dal display luminoso.
«Potremmo usarlo per la canzone del debutto: saremmo il primo gruppo di Idol ad essere esclusi dalle scene dopo appena un singolo» continua Namjoon, seguendo la stessa lunghezza d’onda del compagno.
Yoongi si lascia scappare un mezzo ghigno, accompagnato poco dopo da un’espressione fintamente offesa.
«Andiamo Namjoon, non erano poi così tremendi» si giustifica, riferendosi ai versi che ha fatto leggere poco prima all’amico. «Un po’ di apertura mentale» lo rimprovera bonariamente, guadagnandosi un’occhiata divertita dal più piccolo. «Ne ho di peggiori».
Namjoon ammicca lievemente. «Non ho dubbi, hyung».
Lasciano passare due minuti in completo silenzio, finché il leader afferra di nuovo le redini della discussione.
«Torneresti indietro, hyung
Namjoon lascia la domanda in sospeso, attirando così l’attenzione dell’altro. «A volte sembra che tutto questo non sia affatto compatibile con noi. Le etichette, i limiti, l’opinione pubblica… le aspettative. L’essere noi stessi, hyung. Non hai mai ripensamenti, quando scrivi i tuoi testi? Quando pensi ‘No, questo non lo posso dire, e quest’altro nemmeno’. Quando ti accorgi che, a volte, ti stai annullando pur di adeguarti?»
Yoongi sospira, abbandonando la montatura sulla tastiera del computer. «Perché adesso, Namjoon?»
Perché proprio adesso, che il debutto sembra così vicino. Proprio quando quasi tutti i dubbi erano stati risolti, perché proprio nel momento in cui Yoongi stesso sembrava aver trovato una sorta di equilibrio in ciò che faceva.
Perché sempre al momento giusto.
Il leader non risponde, sa che quella di Yoongi è solo una domanda retorica.
«Ne abbiamo già parlato mille volte, Nam. Ma intanto siamo qui, tutti e due. Intanto stiamo sputando sangue per arrivare… tutti e due. Tutti noi, Namjoon». Si ferma, sa benissimo cosa sta pensando Namjoon, perché altre volte è stato lui a dirglielo, lui a rassicurarlo. A pochi passi da quello che sembrava un traguardo lontano anni luce, Yoongi condivide lo stesso, spaventoso interrogativo: E se non fosse servito a niente? Se fosse tutto, un’enorme, gigantesca delusione?
Puntualmente, quando quel dubbio atroce torna a far breccia nelle loro menti, una morsa terribile torce loro lo stomaco, rendendo vano ogni giorno speso a provare, ogni callo sulle dita procurato dal troppo scrivere, ogni goccia di sudore, ogni speranza riposta in un sogno sbagliato.
Namjoon si dà dello stupido per averci pensato ancora. Gli dicono spesso che ha un bel cervello, che è la mente del gruppo, ma allora perché continua a rimuginare su qualcosa che lo sta annientando? Gli capita frequentemente di portare alla memoria ciò che ha fatto per arrivare dove è ora; gli capita di volersi rimangiare alcune scelte, di avere le vertigini se solo pensa al passato e poi a cosa lo aspetta in un futuro prossimo. Gli capita di pensare che, forse, quel ruolo da leader non gli spetta, perché non vede come potrà essere un punto di riferimento per i suoi compagni, con tutte quelle insicurezza che si premura abilmente di sotterrare in luoghi lontani anni luce da lui.
Una lacrima solitaria gli conferma che sta perdendo il controllo sui propri pensieri. Si premura di asciugarla ancor prima di sentirla estinguersi sulla guancia, ma Yoongi non se la fa sfuggire.
«Se piangi giuro che me ne vado» lo rimbecca, senza severità nel tono di voce. Si accorge che anche la propria visuale è più sfocata rispetto al solito, però stavolta ingoierà il boccone amaro senza cedere. Dopotutto, ha perso il conto delle volte in cui è stato Namjoon a dover sopportare i suoi problemi, a cercare di capire cosa non andasse in lui sebbene Yoongi facesse fatica a spiegarsi; ad accettare di condividere le proprie paure con il più grande, ma non per questo a rinunciare di metterle da parte quand’era Yoongi ad aver bisogno d’aiuto. Forse Namjoon pensa di non essere all’altezza del ruolo che gli è stato assegnato, eppure Yoongi crede che non possa esistere qualcuno di più adatto a lui. Inevitabilmente, essere leader significa anche essere forti quando invece si vorrebbe solo sprofondare, mostrarsi sicuri anche quando i dubbi divorano l’anima, dare conforto quando, invece, si desidererebbe solo riceverlo.
«Non tornerei indietro, Namjoon».
Yoongi chiude il portatile e si mette a sedere. Il più piccolo è ancora sdraiato, con gli avambracci a coprirgli il volto.
«E neanche tu vorresti tornarci. Se siamo qui è perché lo abbiamo voluto. Se siamo qui è perché ce lo siamo guadagnato. Dove andremo, io sinceramente non lo so. Anche se tutto ora sembra sbagliato, questo dev’essere il nostro posto. Con i ragazzi, in questo gruppo. Se fossimo altrove, saremmo due persone diverse, oggi. Magari migliori, ma diverse».
Ogni scelta definisce un tassello dell’esistenza che si sceglie di vivere. Ogni scelta porta ad essere una persona, piuttosto che un’altra. Ogni scelta che ha fatto, ha portato Yoongi a poter condividere ciò che pensava sarebbe rimasto per sempre incatenato al suo inconscio, ad incontrare persone buone che hanno mostrato subito profondo rispetto e ammirazione per il suo lavoro, persone che gli hanno offerto una possibilità, per quanto incerta. Ogni scelta ha portato Namjoon a diventare uno scoglio sicuro, a sentirsi utile per gli altri, ad essere una persona apprezzata ed amata, nonostante i suoi difetti. Ad essere esempio, fonte d’ispirazione e, più di tutti, amico.
Namjoon non vuole rinunciare a tutto questo. E nemmeno Yoongi.
«Comunque, nel caso vada male, posso prenderti come lavapiatti nel mio ristorante di kebab» butta lì il più grande, e l’altro non può fare a meno di lasciarsi scappare un sorriso.
«Socio» rettifica Namjoon, alzandosi anche lui a sedere.
«Desolato– replica Yoongi, fintamente dispiaciuto – per quello mi sono già accordato con Jungkook».
E poi, basta una porta d’ingresso spalancata all’improvviso, un rumore assordante di borse lanciate sul pavimento e scarpe tolte dai piedi con poca grazia – Hoseok che non la finisce di parlare sebbene non abbia più nemmeno un briciolo d’energia rimasto in corpo, Jimin che si interessa delle lezioni di Jungkook e dell’adorabile gattino che Taehyung asserisce di aver trovato vicino al dormitorio nonostante voglia solo crollare sul letto, il maknae che importuna Seokjin chiedendogli cosa avrebbero potuto preparare per cena perché da lì a poco sarebbe morto di fame e lo avrebbe avuto sulla coscienza, e il più grande che, anche dopo un’intera giornata passata fuori, ha subito in mente un menu perfetto per la serata da proporre agli altri. Basta questo perché tutti quei giorni spesi a provare, quei dolorosi calli alle dita e ogni singola goccia di sudore e fatica acquistino finalmente il senso di una speranza riposta nel giusto sogno.

 
 
 
 












_________
Avevo una voglia matta di scrivere una cosa del genere; spero tanto che i dialoghi e la situazione in generale vi siano sembrati adeguati.
Fatemi sapere, se vi va, cosa ne pensate. ^^

Grazie, a presto!


Vavi
 
 
  
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