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Autore: KeyLimner    29/08/2017    1 recensioni
L'umanità ha deciso, dopo tanto tempo passato a distruggere il suo pianeta sempre più martoriato, di adottare finalmente l'estrema misura che appare da tempo l'unica soluzione alla loro situazione insanabile: ritornare alle origini, nella Foresta. E gli abitanti di questa gigantesca Foresta - in particolare, la giovane e vivace Sole - diventano protagonisti, facendosi portavoci dell'incredulità del loro popolo di fronte all'assurdità dell'ultima Città rimasta sulla Terra.
Un futuro che è in realtà un ritorno al passato. Sarà una scelta giusta?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Arrivarono a Corteccia di Castagno quella sera.
Il sole stava per tramontare e colorava le foglie di un caldo rosso-aranciato. Jared osservò affascinato un uccellino posarsi su un rametto proprio all’altezza del disco lucente, finché l’abbaglio del sole non lo costrinse a distogliere lo sguardo. Si stropicciò gli occhi indolenziti, e con un gesto automatico si guardò il polso in cerca dell’orologio – salvo poi ricordarsi che gli era stato proibito di portare qualsiasi dispositivo elettronico con sé durante il Cammino. Sorrise. Ormai era diventata talmente un’abitudine che gli faceva strano non aver modo di sapere con esattezza che ora fosse. Comunque doveva essere tardi, quasi le otto: le giornate si erano allungate dall’ultima volta in cui ci aveva fatto caso. Che strano: sembrava passato un attimo da quell’incredibile inverno. Possibile che quei mesi non fossero mai esistiti? Che fossero stati solo una parentesi sospesa tra la sua vita di prima… e quel momento?
Per quella sera, alloggiarono al villaggio. Vennero accolti presso la sede del Cerchio locale, che si premurò di fornire loro coperte e cibo caldo.
«Non fatevi viziare troppo», li canzonò Cinciallegra. «Questa sarà l’ultima notte in cui godrete di simili comodità. Dopodiché saranno solo sassi e carne essiccata».
«Visto?», bisbigliò Rondine all’orecchio di Jared, indicando i giacigli su cui avrebbero dormito. «Qui hanno persino dei letti per ospitare gli stranieri. Lo farò presente a Nube Solitaria la prossima volta che mi dirà che non ci servono dei pagliericci in sede».
Dormirono un po’ stretti, ma ragionevolmente comodi. La mattina seguente Cinciallegra buttò tutti giù dal letto all’alba.
«Gambe in spalla! È ora di rimettersi in marcia».
Lasciarono i cavalli lì a Corteccia di Castagno per partire a piedi con i loro zaini. Il primo turno per portare la tenda fra quelli del suo gruppo era di Jared, che presto si pentì di aver fatto lo spaccone, il giorno prima, quando diceva che il suo carico non era per niente pesante. «Ce la faccio benissimo», aveva detto. «Diciotto chili sulla schiena non sono terribili come pensavo». E si era offerto di portare la tenda per primo. Pessima idea. Ora, dopo solo mezz’ora di marcia, le spalle gli bruciavano per il dolore.
Camminarono tutta la mattina. All’inizio Jared credeva di non farcela, ma dopo che ebbe preso il ritmo gli sembrò tutto molto più semplice. Del resto, tutto ciò che doveva fare era mettere un piede dopo l’altro. Uno. Due. Uno. Due. E magicamente avevano superato un dislivello di duecento metri, e poi trecento, e lui non doveva far altro che mettere un piede dopo l’altro.
A un certo punto, Volpe Azzurra si mise a cantare una canzone, e tutti lo seguirono a ruota:
«Nella neve e la bufera
marcia il bravo Esplorator.
Gambe in spalla! Mano al cuor!
Che la meta dista ancor.
Giungerò dalla mia bella,
prima che finisca il dì,
e avrò pronta una storiella
per tenerla inchiodata lì.
Narrerò dell’usignolo
che cinguetta in mezzo al bosco,
del veloce capriolo.
Il bosco è nostro! Il bosco è nostro!».
«È carina», disse Jared quando ebbe finito.
«Una canzoncina degli Esploratori. Abbiamo un repertorio infinito».
«Non sei male a cantare. Suoni qualcosa?».
«La chitarra». Volpe Azzurra fece un sorriso furbesco. «Ce l’ho nello zaino, stasera al falò ti faremo sentire un po’ di cose».
«Non è così leggera da portare dietro, una chitarra», ridacchiò Jared.
«Ma ne vale la pena».
Si fermarono a pranzare in uno spiazzo erboso. Mangiarono qualche striscia di carne essiccata e della frutta secca per recuperare le energie: la sera, dopo essersi sistemati e aver esaurito le attività della giornata, avrebbero consumato un pasto più serio.
Il primo turno spettava a Cinciallegra e Narvalo – un ragazzone robusto con cui Jared non aveva ancora mai parlato, ma gli era sembrato un tipo alla mano.
«Io e Cinciallegra volevamo proporre un gioco, prima di iniziare», disse, dopo che gli altri si furono seduti in cerchio. Tirò fuori un foglio e ci scrisse sopra tre parole, poi lo posò al centro. «Dovete dividervi a gruppi e cercare questi tre fiori nei dintorni, e poi portarli qui».
Jared sbirciò i nomi dei fiori, dubbioso: “guacciabiglia”, “zimbala” e “aspisia”.
«Mai sentiti», fece Rondine dopo averli letti. «Non avete per caso una descrizione… delle immagini… così sappiamo cosa cercare».
Narvalo scosse la testa. «Spiacente, dovrete tirare a indovinare».
«Quindi cerchiamo solo più fiori che possiamo, sperando che siano fra questi?».
«E come ci dividiamo a gruppi?», chiese Vento. «Deve essere lo stesso gruppo della tenda? Oppure facciamo a squadre?».
Il ragazzo allargò le braccia. «Fate come volete. Potete anche andare per conto vostro».
«Ma come?!».
«Sei sicuro che questa roba esista sul serio?», chiese Chiodo di Garofano, grattandosi il mento. «Questi fiori hanno dei nomi parecchio strani».
«Non fatevi tutti questi problemi», disse Narvalo. «Andate solo a cercarli».
Vento scrollò le spalle e si alzò. «D’accordo. Quanto tempo abbiamo?».
«Tutto il tempo che desiderate».
Il giovane alzò un sopracciglio, ma non fece più domande.
Si divisero. Codirosso si avviò con Faina, Volpe Azzurra con Felce Ribelle e Vento, Chiodo di Garofano con Alpaca (che a quanto pareva era la ragazza di Narvalo), e Jared con Rondine. Talia andò con Dalia, naturalmente… quelle due stavano sempre appiccicate, e parlavano poco col resto del gruppo. Jared aveva anche provato ad attaccarci bottone quella mattina, ma non aveva ricevuto un gran risultato: Talia si era fatta male ad un ginocchio prima di partire e camminare le costava molto dolore; non sembrava avere una gran voglia di fare conversazione.
Jared e Rondine non sapevano da dove iniziare. Non c’erano molti fiori in quella zona, per cui dovettero setacciare attentamente il prato e ogni cespuglio che incontravano sulla strada. Alla fine racimolarono un mazzolino di fiori dall’aria piuttosto comune e un paio di piante un po’ più bizzarre… e trovarono anche uno strano fungo violaceo, che Jared inizialmente voleva raccogliere, ma Rondine glielo sconsigliò calorosamente.
«Non toccare mai qualcosa nella Foresta se non sai esattamente cos’è. Potrebbe essere velenoso».
Jared rise. «E tu non lo sai? Mi sorprendi. Vivi qui da quando sei nata e non sai riconoscere un fungo».
«Sono sempre stata un disastro come raccoglitrice», ammise lei. «Nel nostro gruppo, quella brava era Sole. Voleva fare la Guaritrice… ma immagino tu lo sapessi già. Se ci fosse stata lei, adesso, avremmo vinto a mani basse».
«Sì, probabilmente sì». Impaziente di cambiare argomento, Jared disse: «Tu pensi che ci stiano prendendo in giro?».
«È possibile. Ma cerchiamo un altro po’, prima di tornare alla base».
Quando arrivarono, il gruppo di Chiodo di Garofano era già lì, e aveva raccolto solo un mucchio di sterpaglia. Rondine espose con fierezza il loro mazzolino. Un po’ alla volta arrivarono anche gli altri.
«Bene», disse Narvalo quando furono tutti riuniti. «Adesso che siamo al completo, vorrei dichiarare i vincitori. Sono Chiodo di Garofano e Alpaca».
Questi esultarono e si diedero il cinque.
«Ehi, aspetta un attimo», protestò Rondine. «Non mi dirai che in mezzo a quell’erbaccia ci sono anche i fiori che hai detto!».
«Non ho detto questo», ribatté lui. «Ho semplicemente detto che sono stati loro a vincere. Non avevamo stabilito dei criteri di vittoria. Non avevamo stabilito un bel niente, in realtà. Quindi io decreto che i vincitori sono loro perché sono arrivati per primi».
«Ma non è giusto!».
«No, infatti, ed è proprio questo il punto». Narvalo li guardò uno per uno. «Durante questo Cammino, abbiamo deciso di analizzare insieme i punti della nostra Legge. Prima di cominciare, ho ritenuto opportuno fermarci a riflettere sul concetto stesso di legge, e sul perché abbiamo bisogno di una legge. Il piccolo giochino che abbiamo fatto serviva a questo. Vi abbiamo mandati a cercare in giro dei fiori che… come avrete immaginato… non esistevano. Avete raccolto un po’ di piante a casaccio, riunendovi in gruppi composti da un numero arbitrario di persone (il che avrebbe messo per forza di cose dei gruppi in vantaggio rispetto agli altri), e avevate un tempo indeterminato a disposizione. Alla fine a vincere sono stati quelli che hanno fatto prima, per una decisione presa da me sul momento ma che non era tra le condizioni iniziali del gioco, e naturalmente quelli di voi che si sono impegnati di più nella ricerca si sono sentiti offesi. E giustamente, aggiungerei». Allargò le braccia. «Non c’è nessun divertimento in un gioco senza regole. Sono le regole a definire il campo d’azione, un campo d’azione in cui ci muoviamo tutti in accordo con gli altri, perché siamo stati noi stessi a sceglierle e ad accettarle».
Vento alzò gli occhi al cielo. «Quindi ci hai fatto scorrazzare per un’ora nel bosco cercando delle cose inesistenti. Lo sapevo, sei proprio un cazzone».
«Be’, comunque non sempre siamo noi a scegliere le regole del gioco», disse Jared. «A volte le regole ci vengono imposte, e noi le subiamo e basta».
«Ma quando fai parte di una comunità, automaticamente scegli di seguire le regole di quella comunità», ribatté Felce Ribelle. «Si tratta comunque di una scelta. Ti è sempre concesso andartene, se quelle regole non ti stanno bene».
«Andare dove? Dovunque andrai, ci saranno sempre regole già esistenti che a te non vanno bene».
«Puoi cercare di cambiarle», disse Narvalo. «Non ha senso scappare ogni volta che qualcosa non ti va giù. Puoi restare, e fare del tuo meglio perché le cose vadano per il verso giusto. Parlare con gli altri per capire se davvero quella regola che non ti piace è sbagliata, o ci sono delle cose che non capivi e che puoi imparare ad apprezzare… e se continui a pensare che sia sbagliata, allora cercare di far cambiare idea anche agli altri».
«E nel frattempo che fai? Segui quella regola, oppure fai di testa tua?».
«Non puoi fare di testa tua, quando fai parte di una comunità», si intromise Chiodo di Garofano. «Se nel tuo villaggio la legge vieta l’omicidio e tu vai in giro ad ammazzare la gente, non puoi pensare che vada bene, anche se tu pensi che l’omicidio sia giusto».
«Ma non tutte le leggi sono come “non uccidere”. Non tutte riguardano qualcosa che nuoce gli altri. Andiamo… vi vantate tanto del fatto che la vostra Legge è una legge positiva, che non impone divieti ma invita a fare, a coltivare buoni sentimenti e buoni pensieri. È chiaro che non posso infrangere una legge che riguarda la pacifica convivenza, se voglio far parte di un gruppo… ma per quanto riguarda le leggi che regolano la sfera intima della persona?».
«Nessuno può importi cosa pensare, certo».
«Non sono d’accordo», disse Volpe Azzurra. «Cioè… certamente nessuno può importi cosa pensare. Però, come hai detto tu, la Legge del Cerchio è una legge positiva, che ci dice cosa dovremmo impegnarci a fare per essere delle buone Guide. È quell’impegno ad accomunarci. Se già in partenza non sei disposto a impegnarti per quelle cose, a che pro entrare nel gruppo?».
Jared si sentì punto sul vivo da quelle parole.
«Andiamo, non essere drastico», disse Felce Ribelle. «Entri nel gruppo perché sei alla ricerca di qualcosa. Tutti noi siamo alla ricerca».
«Sì, ma alla base della ricerca c’è il presupposto che sei disposto a mettere in discussione quello che pensi. Altrimenti potrai andare in giro per tutto il tempo che vorrai, ma per tutto il tempo crederai di trovare solo le cose che già conosci». Volpe Azzurra guardò Jared dritto negli occhi, e lui rispose all’occhiata.
Dopo un lungo silenzio, Cinciallegra si fregò le mani. «Bene, direi che adesso possiamo montare le tende e dare inizio alle attività della giornata».
A Jared occorse un po’ per capire come infilare la paleria nel telo affinché la tenda stesse in piedi e quale fosse l’angolazione adatta per ficcare i picchetti nel terreno per fissarla. Vento gli diede una mano con i passanti e gli spiegò la procedura pazientemente. In realtà era abbastanza semplice. Poi Narvalo e Cinciallegra introdussero le attività vere e proprie del giorno, sulle leggi “Pongono il loro onore nel meritare fiducia” e “sono leali”. Per la prima, dopo aver fatto un lungo discorso sul significato della legge in sé, Cinciallegra propose lo stupido giochino che Jared ricordava di aver visto fare molte volte da ragazzino, quello di buttarsi bendati all’indietro fiducioso che il compagno alle proprie spalle fosse lì a prenderlo, e mentre gli altri si divertivano ad acchiapparsi tra gridolini spaventati e risate lui si defilò senza farsi notare. Che gioco stupido. Per la seconda legge Narvalo aveva proposto invece una lettura dell’Antigone, che trovò più interessante, soprattutto perché l’aveva studiata a scuola. Sorse una bella discussione, sulla linea di quella iniziata dopo pranzo.
Quando iniziò a farsi buio, accesero il fuoco. Volpe Azzurra creò un focolare disponendo delle pietre in circolo, e poi fece una specie di capanna di rametti, all’interno della quale ficcò un mucchietto di carta facilmente infiammabile cui diede fuoco servendosi di una pietra focaia. Quando la fiamma attecchì, iniziò a disporre velocemente altri rami in modo ordinato intorno alla capannetta per alimentarla. Jared osservò tutta l’operazione affascinato.
Costruirono una sorta di braciere su cui disposero le pentole per cucinare. Cenarono allegramente, parlando del più e del meno, poi come promesso Volpe Azzurra tirò fuori la chitarra e iniziarono a cantare. Jared naturalmente non conosceva quasi nessun brano, a parte quei pochi che gli aveva insegnato Sole, ma cercò comunque di seguire.
Dopo un po’ i ragazzi si alzarono in piedi e iniziarono una specie di danza intorno al fuoco. Biascicando una strana litania, giravano in tondo spingendo a turno le persone al centro, dove si pavoneggiavano un po’ con qualche mossa particolare. Quando fu il suo turno di essere spinto vicino alle fiamme, Jared inizialmente arretrò d’istinto, colpito da quel calore improvviso, poi accennò qualche gesto imbarazzato e si affrettò a tornare nei ranghi. Dopodiché gli altri iniziarono una serie di strani giochini… solitamente c’era uno che prendeva l’iniziativa e attaccava una canzoncina cantilenante accompagnata da alcuni gesti che gli altri ripetevano… e a Jared ricordarono tanto quelli che facevano al centro estivo, quando suo padre lo costringeva ad andarci (ancora sentiva la voce dell’animatrice nella testa: “C’è un buco nel secchio, Arturo Arturo…”).
Quando si sedettero di nuovo e tornarono alla normalità, Volpe Azzurra gli diede una gomitata e ridacchiò sotto i baffi. «Ti saremo sembrati degli strampalati. I ban effettivamente possono sembrare parecchio strani, se non sai di che si tratta».
«Ban?».
«Sta per “ballo animato”. Si usano per animare il fuoco di bivacco e riempire i momenti morti. Alla nostra età potrà sembrare un po’ infantile, ma ti assicuro che quando sei Esploratore ti diverti da morire. Poi la parte migliore è quando capita di incontrare altri Cerchi e puoi farli insieme a loro, e imparare dei ban nuovi. Crea un legame forte, con persone che non conosci».
«Non me la sono mai cavata molto con queste cose ritualistiche», disse Jared imbarazzato. «Mi sento un po’ ridicolo. Mia madre è cattolica, quando ero piccolo mi portava a messa, qualche volta. Una volta mi hanno raccontato di avermi chiesto che cosa ne pensassi della chiesa, se mi piacesse andarci insomma, e che io alzai le spalle e risposi: “È tutto un alzarsi e sedersi”».
Volpe Azzurra scoppiò a ridere. «Forte».
Gli appoggiò una mano sulla spalla, con naturalezza, come se fossero vecchi amici. Jared inizialmente si irrigidì, poi si rilassò e sorrise.
  
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