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Autore: Francesca Lightwood    31/08/2017    0 recensioni
Dopo la Guerra Oscura, in cui molti Shadowhunters hanno visto la morte con i loro occhi o soltanto sfiorarli, un po' di pace -o una bozza di qualcosa che si può definire tale- ha iniziato a farsi spazio nelle loro vite. Le storie che troverete qui sono indipendenti l'una dall'altra, ma sono dei momenti di felicità per tutti i personaggi della nostra saga preferita. Una passeggiata a Londra, i primi passi di qualcuno e tanti altri momenti dolci.
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Per Magnus Bane, il sommo stregone di Brooklyn, ed il suo ragazzo Alexander era finalmente arrivata la pace, accompagnata da una pelliccia bianca che copriva il suolo di Idris. Max Michael Lightwood-Bane, il figlio dalla pelle di zaffiro che i due ragazzi avevano trovato davanti all’Accademia e adottato tempo prima, se ne stava seduto davanti alla finestra con il suo pigiamone arancione da gatto a guardare i fiocchi di neve volteggiare e posarsi a terra davanti ai sui occhietti. Era una delle prime feste di Natale vere e proprie da anni e la tenuta dei Lightwood brulicava di gente: Maryse e Robert Lightwood stavano tornando insieme, un passo alla volta, dopo una separazione alquanto brusca successiva alla morte del minore dei loro tre figli, non senza problemi. Avevano solo imparato a non caricarli sulle spalle dei loro giovani figli e lasciarli vivere in pace;  Jace e Clary, tornati da poco da una vacanza alle Hawaii e quindi più abbronzati di tutti quelli nella stanza; Simon e Isabelle seduti con dei vecchi amici di Magnus, tra cui la sorprendente Catarina Loss - altra stregona amica del Nascosto dagli occhi di gatto da un tempo che ormai non veniva più contato. Nel frattempo però il piccolo bimbo dalla pelle blu si era stufato di stare lì a guardare quello spettacolo senza poter uscire, quindi aveva rivolto la sua attenzione a qualcosa di decisamente più divertente: i cubi da gioco. Si mise diverse volte ad impilarli, ma il passatempo gli diede noia presto. Aprì le manine e una scia dello stesso colore dei suoi occhi si diresse verso i cubi che si spostarono, girarono e capovolsero fino ad ottenere la parola pappa e il rumore di uno scampanellìo. Alec si presentò da lui ridendo del metodo trovato così tanto ingegnoso per la mente di un bimbo di un anno e lo prese in braccio mentre i giocattoli incantati li seguivano facendo rumore contro il parquet della tenuta.
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Il pisolino successivo al pranzo fu qualcosa di meraviglioso per il bebè: zia Isabelle gli aveva cambiato il pannolino ed era andata a sedersi sul davanzale della finestra con lui in braccio, poi lo aveva sistemato con la testolina riccioluta sull’incavo del gomito e aveva iniziato a cantargli un’antica ninna nanna in francese, che lo zio da cui aveva ripreso il primo nome amava tanto da bambino.
“…À la claire fontaine
Je m’en allant promener
Il y a longtemps que je t’aime
Jamais je t’oublierai…”
Il sussurro che era fuoriuscito dalle labbra di Izzy sorprese i presenti e quasi tutti si erano silenziosamente avvicinati ad ascoltare e guardare il piccolo che si aggrappava ad un dito della zia e, con un sorrisino sulla bocca, si era addormentato beatamente. Max sognò il gatto del suo papà e un prato verde, poi la neve tanto bella e i pacchettini di Natale incartati di blu per indicarne il proprietario.
Entrambi si svegliarono insieme, dopo circa un paio d’ore, e si trovarono davanti una marea di gente, chi seduta a terra, chi in braccio a qualcuno, chi stravaccato sui divani che li osservava e sorrideva del bel quadretto: una delle più belle e temibili Cacciatrici di Demoni che stringeva a sé un fagottino vestito di bianco con il pollice tra le labbra e i piedini accavallati. Persino il signor Lightwood, che non aveva tirato più le labbra in un sorriso da tempo si sciolse a guardarli, così abbracciati e felici, per una volta lontani dai pericoli del Mondo Invisibile. La pace durò poco e fu il turno dei regali: Magnus fece apparire sul tappeto persiano che copriva l’intero salotto ogni pacchetto, suddiviso in pile per ciascuno degli invitati. Magnus stava da un lato del salone con il suo compagno  e dall’altra, in braccio a Isabelle,stava seduto il loro bimbo con un angioletto di pezza tra le mani e il ciuccio in bocca. Al via scartarono i propri regali e l’aria si riempì di pezzetti di carta regalo stracciata, voci che leggevano biglietti e ringraziamenti. Fu Clary a rompere il vociare che si era creato, presentandosi da loro con le tute da sci e gli scarponi da neve.
“Forza, tutti fuori! Non nevica più, si può uscire!”
La buona notizia da lei annunciata non fece che mandare tutti ancor di più nel caos: Isabelle si rifiutava categoricamente di infilare gli scarponi perché antiestetici, Jace aveva fatto incastrare la cerniera e aveva perso i guanti da qualche parte, Simon aveva messo i doposcì storti e così via, come dei ragazzini. In tutto quel trambusto gli unici pronti erano Clary, Alec e Max, che si era visto con dei vestiti diversi per la terza volta in un giorno. Ci volle un’ora affinché tutti fossero veramente pronti, ma con pochissimi minuti il giardino si riempì di grida di gioia: Alec si era lasciato convincere dal suo parabatai a costruire due trincee per fare a palle di neve ai due lati più corti del cortile e aveva lasciato il fagotto al suo compagno. Erano entrambi seduti a terra a costruire un piccolo pupazzo di neve quando Max aveva iniziato a fissare un rametto con cui fare,  a detta del suo papà che glielo aveva spiegato con la magia, un braccio. Il piccolo stregone aveva puntato le manine sul  ginocchio dell’altro e aveva alzato il sederino per mettersi in piedi. Quando ci riuscì tutto parve fermarsi per Magnus: il suo bimbo era riuscito a stare in piedi da solo e ora, con le manine davanti a sé  per stare in equilibrio, stava andando a prendere il rametto per completare la sua opera e poi, barcollando ma sempre da solo, era tornato dal suo papà con un sorriso talmente orgoglioso che nessuno avrebbe potuto rovinargli il suo momento di gloria.
“Alexander! Alexander muoviti, corri!” Gridò Magnus con tutto il fiato che fosse riuscito a raccimolare nonostante la sorpresa. Alec, ovviamente, non arrivò da solo visto che Magnus aveva sempre avuto un contegno tale per ogni cosa che, per aver urlato, doveva aver assistito ad una tragedia. Fortunatamente non fu un dramma quello che si trovò davanti, ma uno spettacolo: Max, che aveva sentito la neve scricchiolare sotto gli scarponi dei suoi familiari e dei suoi amici, si era voltato verso di loro e rideva, con gli occhi chiusi e il ciucciotto appeso alla catenella sul petto, battendo le manine nei guantini di felpa.
“Bravo Max! Complimenti principino! E bravo l’eroe di casa LIghtwood!” e tanti altri auguri piovevano da ogni lato. I suoi papà facevano a turno per fargli le coccole e sollevarlo, così come gli zii e le zie e il pupazzo se ne stava lì, completo e con un lo stelo di un fiore come sorriso. 
   
 
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