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Autore: Echocide    31/08/2017    4 recensioni
Laki Maika'i è il modo in cui ad Alola augurano 'Buona Fortuna' e sono due parole che Adrien, Marinette e Nino si sentono dire quando iniziano il loro giro delle isole.
Adrien è un ragazzo misterioso, che sembra fuggire da qualcosa.
Marinette è una giovane di Kalos, trasferitasi assieme ai genitori.
Nino è il protetto del Kahuna Fu, deciso a dimostrare il suo valore.
Tre ragazzi.
Tre destini che si uniscono in una regione piena di misteri.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Laki Maika'i
Personaggi: Marinette Dupain-Cheng, Adrien Agreste, Altri
Genere: azione, avventura, romantico,
Rating: G
Avvertimenti: longfic, alternative universe
Wordcount: 2.340 (Fidipù)
Note: Alola a tutti! Eccoci di nuovo qua sulle pagine di Laki Maika'i, con un breve capitolo di collegamento fra Mele Mele e Akala: insomma, non volevo fare come i registi di Game of Thrones e far apparire magicamente i nostri eroi ad Akala, seconda isola dell'arcipelago di Alola. Detto ciò...beh, che posso dire del capitolo? Qualcuno arriva e qualcun altro invece inizia un po' a svegliarsi (sedici capitoli, direi che è anche ora).
Come sempre vi ricordo anche la pagina facebook per rimanere sempre aggiornati, ricevere piccole anteprime dei capitoli e i miei scleri quotidiani, per quanto riguarda gli aggiornamenti delle altre storie: non temete, Miraculous Heroes 3 - capitolo 58 (che so state aspettando) arriverà a breve.
Infine, ma solo perché li metto sempre alla fine, voglio dire grazie a tutti voi che leggete, commentate e inserite le mie storie in una delle vostre liste.
Grazie tantissimo!

 

 

Plagg sorrise, osservando i tre allenatori raggiungerlo, attraversando con lentezza il pontile, e ridacchiò mentre notava che, chi più e chi meno, erano ancora profondamente assonnati: «Buongiorno, splendori» tubò allegro, ridacchiando non appena notò l’espressione contrariata di Adrien e quelle più scioccate di Nino e Marinette.
«Prima che me ne dimentichi…» riprese l’uomo, ignorando palesemente Adrien e tastandosi le tasche del camice, tirando poi fuori tre ciondoli, dandone uno ciascuno: «Questo è il ciondolo del Giro delle isole, chiunque viaggia per affrontare le prove lo porta addosso» spiegò, mentre Marinette abbassò lo sguardo e studiò il monile, che le era stato messo in mano: era in legno e aveva la forma di un triangolo a cui mancava la punta più alta; l’interno poi era suddiviso in quattro sezioni, ognuna colorata con uno dei colori caratteristici dei quattro Tapu.
Giallo, rosa, rosso e viola.
Un piccolo cordino poi dava la possibilità di appendere il ciondolo ovunque.
Marinette armeggiò con la borsa, sistemando il monile al laccio della tracolla e sorridendo, spostando poi la sua attenzione sulla barca ormeggiata nel porto e sbarrando lo sguardo alla vista dell’imbarcazione che aveva visto giorni decisamente migliori: la vela era stata rattoppata in più punti e l’intera struttura sembrava reggersi in piedi per sola forza di volontà.
«Plagg…» mormorò Nino, osservando anche lui la barca e poi voltandosi verso l’uomo al suo fianco, allargandosi un poco lo scollo della maglia e abbozzando un sorriso tremante: «Siamo sicuri che reggerà?»
«Certo, ti sembrerà un po’ antiquata» dichiarò il professore, assestando una manata sulla schiena del ragazzo: «Ma io, piuttosto amo definirla navigata» continuò, ridendo poi al suo stesso gioco di parole.
L’atmosfera si raggelò all’instante e i ragazzi osservarono l’uomo, senza saper cosa dire: «Vi prego qualcuno dica qualsiasi cosa» mormorò Adrien, inspirando profondamente: «Prima che ci uccida con queste battute da Ultimascelta»
«Amico, seriamente, forse è meglio se stai zitto» mormorò Nino, posandogli una mano sulla spalla e sospirando di fronte allo sguardo verde, che si era posato su di lui e lo fissava oltraggiato: «Veramente, fidati di me.»
«Ha un’aria decisamente classica» mormorò Marinette, cercando di mettere un freno a tutto e sorridendo impacciata: «Speriamo solo non affondi…»
«Tranquilli, tranquilli» esclamò deciso Plagg, battendosi una mano sul petto nudo: «Siete in una botte di Lastraferro»
«Ho deciso: io non parto» decretò Marinette, scuotendo la testa e fissando gli altri: «Non lo reggo per tutto il viaggio.»
«Sarà una lunga traversata» dichiarò Nino, avvicinandosi alla bagnarola e osservandola con occhio dubbioso: inspirò profondamente, mettendo un piede e, facendo un poco di forza, tastò la solidità del tutto prima di spostarsi definitivamente sull’imbarcazione: «Ok. Sembra che regga…»
Adrien sorrise, imitandolo e mettendo anche lui un piede sulla barca, voltandosi poi e allungando la mano in direzione di Marinette che, con qualche titubanza, la prese e si fece aiutare a salire a bordo; Plagg sbuffò e, senza tanti problemi, salì anche lui sotto gli sguardi sconvolti dei tre: «Ve l’ho detto è navigata ma solida come una Solidroccia!»
«Secondo voi sarebbe brutto se lo faccio addormentare da Munchlax?» propose Nino, sistemandosi il cappello e osservando gli altri due, ricevendo in cambio due guardi disperati: «Bene, vediamo fin dove ci porterà questa cosa.»
«Speriamo fino ad Akala, almeno» bofonchiò Adrien, stirando le braccia verso l’alto e sorridendo: «Non chiedo di più.»
«E’ molto lontana?»
Adrien si voltò verso la ragazza, mentre Plagg si affaccendava attorno a loro per sistemare le ultime cose per la partenza: «Due giorni di navigazione con mare tranquillo e una vera nave» sentenziò Adrien, incrociando le braccia: «Partendo adesso forse dopodomani in mattinata arriveremo.»
«Forse. Hai detto bene, bro.»
«Partiremmo anche prima se due idioti mi dessero una mano» borbottò Plagg, togliendosi il camice e offrendo una bella visuale del suo addome e delle sue spalle: «Nino, prendi quella cima e avvolgila lì; Adrien, vieni qua» i due ragazzi annuirono, eseguendo gli ordini dell’uomo e poco dopo la nave si avviò lenta nelle acque del porto, prendendo poi il largo; Plagg si mise a manovrare la vela e la velocità del mezzo aumentò vertiginosamente.
Adrien si appoggiò alla balaustra di prua, inspirando l’aria salmastra e lasciando che il vento gli scompigliasse i capelli biondi, piegando le labbra in un sorriso rilassato e alzando la testa, donando il volto ai caldi raggi del sole: «Più veloce, professore!» esclamò Nino, voltandosi indietro e ghignando, mentre Plagg eseguiva l’ordine del giovane e faceva andare un poco più veloce l’imbarcazione.
«Forse è meglio non esagerare…» mormorò Marinette, poggiando i gomiti al legno della balaustra e tenendosi il berretto, onde evitare che il vento glielo portasse via: «Se proprio devo tuffarmi, preferirei farlo vicino alla spiaggia.»
«Abbiamo portato i costumi?» domandò Nino, interessandosi all’argomento: «Magari potremmo fare un giro per le spiagge di Akala!»
«Voi dovreste solo pensare alle prove, sapete?»
«Certo, professore!»


Fu entrò nel Centro pokémon, osservandosi attorno e calamitando l’attenzione sull’uomo oltre il bancone della caffetteria: «Kahuna Fu!» esclamò Tom Dupain, non appena lo vide e gli sorrise caloroso, allargando le braccia: «Prego, venga! Lasci che le offre qualcosa.»
«Solo un po’ di lemonsucco» dichiarò l’anziano, salendo con non poca fatica sullo sgabello e sorridendo all’uomo: «Sono partiti dunque.»
«Già, proprio oggi.»
«Immagino sia dura…» mormorò il Kahuna, osservando i movimenti dell’altro mentre gli preparava la bibita: «Vedere la propria figlia partire.»
«So che è in buone mani e questo mi basta» decretò Tom, sorridendo appena: «Inoltre, Marinette è sempre stata in gamba.»
«Oh. L’ho visto» decretò Fu, ricordando la battaglia per la Grande Prova: «E’ stata veramente in gamba…»
«Fin da piccola ha sempre guardato con interesse la Lega in televisione, e anche le altre manifestazioni» spiegò l’uomo, poggiandosi al bancone e sospirando, mentre rivangava i ricordi, scuotendo poi il capo e riprendendo a preparare l’ordinazione del kahuna, posandogli poi davanti un bicchiere pieno di lemonsucco: «Penso sia stato allora che abbia deciso di diventare allenatrice, credo. A Kalos ci furono un po’ di problemi, quando era piccola, e un giovane allenatore fu la persona che riportò la tranquillità nell’intera regione…»
«Ricordo. Qualche notizia è giunta fino a qua.»
«Marinette è sempre stata affascinata da quell’allenatore, tanto che ci disse, con tutta la decisione di una bambina di sei anni, che sarebbe diventata allenatrice» Tom sorrise al ricordo, quasi rivedendo la figlia con addosso uno di quei vestiti di trina e merletti, che Sabine era solita farle indossare, il peluche a forma di Teddiursa stretto fra le mani e lo sguardo celeste deciso: «Quasi mi dispiaceva portarla via da Kalos proprio quando stava per iniziare il viaggio del suo sogno. Sono stato contento quando Plagg mi ha informato che poteva intraprendere il giro delle isole…»
«Posso capire benissimo» dichiarò Fu, annuendo e prendendo il bicchiere con entrambe le mani: «Nino non è mio nipote, ma è come se lo fosse: la sua famiglia è sempre stata al servizio del Kahuna e l’ho visto crescere, diventare il ragazzo che è ora. Un giorno, sicuramente, sarà il mio erede al ruolo di Kahuna e vederlo partire oggi è stata un po’ dura.»
«E’ sempre dura quando diventano grandi e lasciano il nido, vero?»
«Già»


Alola non le piaceva.
Era calda, troppo calda.
Già sentiva i suoi capelli gridare pietà per il maltrattamento a cui li stava sottoponendo.
Si tolse gli occhiali da sole, osservando la folla che si era ammassata all’aeroporto di Alola e si guardò intorno, pestando un piede stizzita: aveva dato a suo padre l’orario preciso di arrivo – in verità, gli aveva dato un orario con una buona mezz’ora di anticipo – eppure non vedeva nessuno lì, pronto a prenderla e a portarla dove la civiltà era veramente civiltà.
Strinse la mandibola, pronta a tirar fuori il cellulare e farsi valere con il genitore, quando si accorse dell’uomo vestito di nero che, impassibile, attendeva con un cartello in mano.
Un cartello con scritto il suo nome.
Fantastico!
Alla buon’ora!
Si diresse decisa verso l’uomo, fulminandolo con lo sguardo: «Le mie valigie» ordinò, indicando il carrello pieno di bagagli e camminando a testa alta, ascoltando il rumore che i suoi tacchi facevano sul pavimento.
Alola, era tornata.


Non sapeva cosa l’aveva svegliato: se il calcio che Plagg gli aveva tirato nel sonno o il fatto che Cosmog aveva trovato comodo dormire sulla sua faccia ma ciò era avvenuto e adesso stava guardando confuso la piccola cabina dove dormivano tutti e quattro.
Sbadigliò, portandosi una mano sotto la maglietta e grattandosi distratto il petto, mentre osservava gli altri occupanti della cabina: Nino e Plagg stavano russando bellamente, il primo stretto al suo Pikachu e il secondo completamente svaccato, tanto che occupava parte del letto di Nino e del suo; scosse il capo, spostandosi verso la zona dove Marinette aveva steso il suo lettino e si meravigliò di trovarlo vuoto.
Dove era?
Sbadigliò, tirandosi su e, attento a non svegliare gli altri due, uscì velocemente dalla cabina: si fermò sulla soglia della porta, alzando la testa e osservando la luna piena nel cielo che illuminava pallidamente la superficie increspata del mare; appoggiata alla balaustra, proprio davanti a lui, Marinette sembrava assorta nella contemplazione di tutto con il fido Rowlet vicino.
Adrien fece un passo, ma lo starnuto per la troppa vicinanza con il pokémon volatile, avvisò la ragazza che, voltandosi, rimase a fissarlo: «Non riuscivi a dormire?» le domandò il biondo, osservando grato Rowlet volare verso uno dei bracci dell’albero della barca, mentre la ragazza negò con la testa, tornando a osservare il cielo notturno.
«A Kalos non si vedono così bene le stelle» mormorò Marinette, sorridendo appena mentre Adrien poggiava le braccia sulla balaustra e alzava il viso anche lui: «Beh, a Luminopoli per la verità. Non è che abbia visitato molto…»
Adrien annuì, sorridendo mentre notava che la voce di Marinette non era balbettante come al solito: certo, aveva un tono ancora intimorito mentre parlava con lui ma, piano piano, sembrava prendere sicurezza e confidenza.
«Ti manca Kalos?» le domandò, voltandosi verso di lei e osservando lo sguardo celeste completamente dedito alla contemplazione del cielo e della luna: «Ogni volta che ne parli hai una nota nella voce…»
«E’ il luogo dove sono nata, mi mancherà sempre» dichiarò Marinette, ridacchiando poi fra sé: «Veramente, mi manca già anche Hau’oli.»
«Beh, posso capirlo...» mugugnò il biondo, poggiando il peso sugli avambracci e fissando il cielo, mentre ricordava il giorno precedente quando aveva visto la ragazza in compagnia di Nathaniel: «In fondo avevi trovato anche un ragazzo…»
«Co-co-co-cosa?»
Adrien si alzò, osservandola mentre sgranava gli occhi e lo fissava con il volto completamente arrossato, illuminato dalla luce lunare: «Ah. Mh…» il ragazzo inspirò, portandosi una mano alla nuca e massaggiandosela, guardando per un attimo in basso: «Ieri, Nino ed io ti abbiamo visto con Nathaniel e ho pensato…»
«No!»
«Cosa?»
«L-lo stavo sempliutando…»
«Eh?»
«Lo s-stavo aiutando» mormorò Marinette, stringendo il legno fra le mani e abbassando lo sguardo su di queste: «F-facevo un giro per Hau’oli quando l’ho incontrato mentre dipingeva dei cancelletti e ho pensato di aiutarlo.»
«Ah.»
Adrien annuì, tornando a fissare l’acqua che rifletteva la luce argentea e ascoltando lo sciabordare delle onde che s’infrangevano quiete contro la barca, facendola dondolare un poco: quindi l’incontro con Nathaniel era stato dovuto solamente dal caso e lei non si era accordata con la Testa di baccamodoro, Adrien sorrise al pensiero e si voltò verso Marinette, osservandola mentre, in silenzio, fissava le stelle.
«Ce ne sono veramente tante…» mormorò la ragazza, abbassando poi lo sguardo sull’acqua: «A Luminopoli non si vedono molto per via delle luci artificiali e…»
«Se non fosse luna piena se ne vedrebbero di più» decretò Adrien, sorridendo a un ricordo che gli era tornato alla mente: «Quando ero piccolo, con mia mamma salivamo sul tetto di casa e ci mettevamo a inventare nomi per le costellazioni.»
«Che cosa carina…»
«Già, lei faceva molto spesso cose del genere.»
«Doveva essere straordinaria.»
Adrien scosse il capo, abbozzando un sorriso triste: «Già» bisbigliò, chinando la testa bionda e socchiudendo gli occhi: non era solito pensare a lei, l’aveva bandita da parecchio tempo dalla sua mente e lo stesso doveva aver fatto suo padre, per questo era così cambiato…
Trasalì, quando sentì la mano piccola di Marinette posarsi sulla sua spalla e si voltò, incontrando lo sguardo celeste che lo fissava preoccupato: «Io…» la vide fermarsi, mordersi il labbro inferiore come era solita fare spesso, quando non trovava subito quello che voleva dire: «Forse l’ho già detto ma mi dispiace tantissimo, Adrien.»
Lui annuì, continuando a tenere lo sguardo in quello di lei: aveva sentito quelle tre parole molto spesso, ogni volta che incontrava qualche amico di famiglia ma mai, come in quel momento, gli erano sembrate sincere; strinse la presa sulla balaustra di legno, chinandosi un poco verso di Marinette e avvicinando il volto a quello della ragazza, tanto da sentire il suo respiro affrettato sulla pelle.
Sapeva quello che stava per fare e, allo stesso tempo, poteva dire anche il contrario: gli occhi azzurri lo fissavano sorpresi, incatenandolo più di quel che era e le sue labbra erano sempre più vicine, sempre di più, tanto che poteva quasi sentirne il sapore senza averle ancora toccate con le sue.
«Che state facendo?»
La voce di Plagg li fece trasalire e Adrien vide Marinette riscuotersi e scivolare lontano da lui, mugugnando qualcosa all’uomo e poi rintanandosi in cabina: cosa stavano facendo? Cosa stava facendo lui?
«Qualcosa mi dice che ho avuto un pessimo tempismo» dichiarò Plagg, osservando la porta dietro la quale era sparita la ragazza e poi il biondo, ancora fermo e con lo sguardo verde rivolto verso la cabina: «Perdono. Non sapevo che…beh, stavate facendo un incontro al chiar di luna. Insomma, uno non è che esce dalla cabina e pensa di vedere del dolce amore così, come se nulla fosse.»
«Non importa» mormorò Adrien, ignorando i tentativi di Plagg di farlo arrabbiare e voltandosi, tornando a fissare la luna, alta nel cielo, testimone della pazzia momentanea che l’aveva colto.
No, non era pazzia e non era neanche momentanea.
Sapeva cosa era, ma non voleva ammetterlo.

 

 

   
 
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