Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: bambolinarossa98    02/09/2017    2 recensioni
[Seconda storia della serie The Chronicle's of Mafia Family.]
🌟
[Katekyo Hitman Reborn!Crossover]
Gli Anelli Vongola, gli Anelli Mare e i Ciucciotti degli Arcobaleno.
Insieme formano il Trinisette: tre gruppi di sette pietre ciascuno che, si dice, abbiano creato il mondo...

*
[...]Il suo volto era illuminato dalle fiamme che guizzavano nel recipiente di pietra a cui era appoggiato, creando ombre danzanti sul suo viso che lei riusciva a scorgere benissimo... eppure, se doveva soffermarsi sui dettagli, questi le sfuggivano. Come un sogno che si cerca di ricordare mentre quello continua a scivolare via dalla tua mente.
*
[...]Un giorno, in un futuro lontano, potresti guardarti indietro e pensare: ma io ero davvero così? E sarà strano, nostalgico, ma anche buffo e ti scapperà un sorriso perché ti renderai conto di quanto tu sia cresciuta. -
***
Un misterioso bambino venuto dall'Italia.
Uno strano ragazzo venuto dal Giappone.
Un segreto che nasce dagli albori della famiglia mafiosa più potente del mondo.
Il destino di Marinette, ereditato col sangue.
*
[Sequel di The Third Family]
Genere: Azione, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'The Chronicle's of Mafia Family'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
REVISIONATO IL 07/06/2019


Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 06. In punizione
Fandom: Katekyo Hitman Reborn - Miraculous
Numero Parole: 6.558

 

 

 
- In punizione?! -
Marinette guardò Lal ad occhi sgranati, la forchetta a mezz'aria e la bocca ancora aperta.
- Te l'avevo detto che eri nei guai - ribatté la bambina continuando tranquillamente la cena.
Sabine e Tom si scambiarono uno sguardo.
- Che cosa è successo? - chiese Tom, guardando dalla figlia all'istruttrice.
Marinette esitò: non poteva raccontare la verità ma non sapeva neanche come mentire. Fu Lal a tirarla fuori da quella situazione.
- Ha messo a repentaglio il segreto della Famiglia - riassunse - Questo è sinonimo di irresponsabilità e sconsiderazione: è giusto che si assuma le conseguenze delle sue azioni - tagliò corto.
- Ma... non puoi farlo! - esclamò la ragazza - Può farlo? - aggiunse, incerta, rivolta ai genitori, che alzarono le spalle non sapendo cosa dire.
- Certo che posso farlo - rispose tranquillamente Lal - Sono la tua Istruttrice: dal momento in cui ho accettato questo incarico sei divenuta una mia responsabilità. Posso addestrarti così come posso punirti - spiegò, guardandola negli occhi - Ricordati che è per il tuo bene. -
- La classica scusa - sbuffò la ragazza, posando il gomito sull'isolotto e la testa sul palmo della mano - Che cosa dovrei fare? Stare chiusa in casa per una settimana? - sospirò.
- Assolutamente no - rispose Lal, posando coltello e forchetta e pulendosi le labbra con un tovagliolo - C'è una villa abbandonata poco distante da qui che Dino ha comprato di recente: visto che probabilmente la useremo, in futuro, voglio che domani dopo la scuola tu ti diriga lì e la rimetta a nuovo - spiegò. Marinette sbatté le palpebre.
- La mia punizione sarebbe... pulire una villa? - chiese, sconcertata.
- Non c'è niente di meglio del lavoro manuale per schiarisi la mente - rispose - O almeno questo è ciò che ho imparato in accademia - aggiunse, bevendo un sorso d'acqua. La ragazza boccheggiò e si voltò verso i genitori, come in cerca di aiuto.
- Beh... - Tom si scambiò un'occhiata con la moglie - Scusa, Marinette, ma sono d'accordo con lei - asserì l'uomo - Non so cosa tu abbia fatto ma se lo ritiene necessario... -
- Ma papà! - protestò la ragazza.
- Tesoro, abbiamo promesso di non interferire con il lavoro di Lal - spiegò Sabine, dispiaciuta.
- Oh, perfetto! - sbuffò la ragazza, abbandonando la forchetta nel piatto. Con un sospiro si alzò da tavola e marciò al piano di sopra, incurante dei richiami della madre.
Lal sospirò.
 
 
- Mi ha messa in punizione, ti rendi conto?! - sbottò, incredula - Non è giusto: avevo tutto sotto controllo! -
Dino trattenne una risata, guardandola con occhi accesi di divertimento, senza però commentare.
- Ho capito: la cosa ti diverte - sbuffò Marinette, alzando gli occhi al cielo.
- Scusa, ma sei troppo buffa quando ti indigni - spiegò lui, nascondendo il sorriso dietro la mano.
La ragazza sospirò, girando intorno ad un idrante per non caderci sopra.
- Siamo sicuri che possa farlo? - domandò poi, sospettosa.
- Oh, eccome se può - rispose Dino - Però, adesso che ci penso, Reborn non mi ha mai messo in punizione - aggiunse, pensieroso - Ma i suoi modi di fare sono molto diversi da quelli di Lal. -
- Lei ha detto che non è quel tipo di istruttore che va troppo per il sottile - ricordò Marinette, attraversando la strada.
- E ha ragione: Reborn è un tipo pratico, del genere "o lo fai o ti ammazzo". Non so se mi sono spiegato - rispose.
- Sì, lo hai fatto - annuì Marinette, ricordando con un brivido il breve incontro avuto con il bambino. Osservò Dino carezzare il gatto dal pelo arancione vivo poggiato sulle sue gambe incrociate, curiosa.
- Oh, lei è Akai-chan - rispose lui, seguendo il suo sguardo - È di Tayou11 ma dato che non può tenerla in casa se ne occupa Tsuna. Sai, Mitomi ha paura dei gatti e Ren12 ne è allergico - spiegò.
- Mi sono sempre piaciuti i gatti - rispose lei, guardando con occhi sbrilluccicosi il cucciolo che sbadigliava.
- Lei è così tranquilla e dolce, ti viene voglia di strapazzarla tutta - informò Dino, prendendola in braccio e strofinando la propria guancia sulla sua; Marinette provò una punta di invidia: i suoi genitori non le facevano tenere animali in casa.
- Che amore! - acconsentì, intenerita.
- Potrei vomitare - s'intromise una terza voce, pacata, facendoli sussultare tutti e due: Rika si era parata alle spalle di Dino, seduta sul letto a cui il ragazzo era appoggiato.
- Ah, Rika! - esclamò lui, allegro, per poi farsi crucciato - Tu non avevi un appuntamento con Kyoya, oggi? - chiese.
La ragazza assunse l'espressione più seria che Marinette avesse mai visto, voltandosi inquietantemente verso di lui... poi afferrò un cuscino e glielo gettò in faccia.
- Se non la finite con questa storia giuro che vi strozzo - sibilò.
- Scusa - rispose Dino, con voce soffocata e il cuscino ancora spalmato sul proprio viso: Marinette non poté trattenersi dal ridere. Rika spostò i sottili occhi viola verso di lei e sorrise.
- Io sono Rika Isogai, è un piacere conoscerti Marinette - salutò.
- Il piacere è mio - rispose lei, imbarazzata: perchè tutte le donne di quella famiglia sembravano più grandi di lei? Quanti anni poteva avere Rika: diciannove, venti?
- Ne ho diciotto - rispose lei, come se le avesse letto nel pensiero - Se è questo ciò che ti chiedevi - aggiunse - So di sembrare più grande di quello che sono - sospirò, rassegnata.
- Teme che Kyoya possa considerarla troppo grande per lui, anche se hanno solo un anno di differenza - spiegò Dino, togliendosi il cuscino dalla faccia... per poi gelarsi: Rika aveva assunto un'espressione assassina degna di un film dell'orrore.
- Ancora? - sibilò lei, con una vena che pulsava pericolosamente sulla sua tempia - Quante volte devo ripetervelo che a me non piace Hibari! - sbottò, staccando i tre tubi di metallo che aveva appesi alla cintura e montandoli con un gesto secco, creando così un lungo bastone. Dino saltò in piedi e si diede alla fuga, abbandonando il gatto sul pavimento della stanza che soffiò stizzito, con Rika alle calcagna.
Marinette sbatté le palpebre, osservando la porzione di letto che le veniva offerta, mentre in lontananza si sentivano rumori sinistri e molto inquietanti che le fecero temere per l'incolumità del ragazzo.
Si fermò davanti le scale della propria scuola, aspettando di veder apparire qualcuno: quella casa era sempre piena di gente, qualche povera anima pia di passaggio ci sarà pur stata.
Si udirono delle voci in sottofondo mischiarsi vorticosamente in un tripudio di grida, poi il rumore di passi che si avvicinavano la destò: tre paia di piedi entrarono nel campo visivo e un paio di braccia si chinarono a raccogliere Akai-chan.
- Oh, tesoro mio! - l'esclamazione, in italiano, venne dalla ragazza dai lunghi capelli arancioni apparsa dal nulla.
- Falla sparire prima che Mitomi la veda - disse una seconda voce, stavolta maschile.
- E io che credevo di potermene stare un po' tranquillo - sospirò un'altra voce, sempre maschile, ma pacata e lievemente irritata.
Qualcuno s'inginocchiò davanti al computer e un paio di occhi grigi si pararono nel suo campo visivo: era un ragazzo sui sedici anni, con la pelle abbronzata e dei corti capelli argentati che, stranamente, le ricordarono un prato13. Aveva un cerotto bianco sul naso ed entrambe le braccia coperte di bende fino alle dite. Era un bel ragazzo e, a giudicare dalla tuta che indossava e dal fisico asciutto, era evidente che praticasse qualche sport.
- Ehi, tu sei Marinette! - esclamò, dopo averla osservata per qualche istante con lo sguardo crucciato.
- Marinette? Dove? - la ragazza si sporse oltre la sua spalla, mostrando due grandi e brillanti occhi arancioni: poteva avere sui quindici anni o poco meno. Poi sorrise - Sì, è proprio Marinette! Sei identica a come ti ha descritta Dino! - informò, sorridendo. Ma Dino l'aveva descritta a tutti?! - Era da tanto che volevo conoscerti - ammise, inginocchiandosi e allontanando il ragazzo dallo schermo, così che lei potesse avere una visuale completa del terzetto - Io sono Tayomu Tokiwa - si presentò - Lui è Ryohei Sasagawa, e il musone laggiù è Kyoya Hibari - aggiunse, indicando i due ragazzi.
Marinette spostò lo sguardo sull'ultimo ragazzo: era vestito in modo abbastanza elegante con un paio di pantaloni neri, una camicia bianca e una giacchetta nera poggiata sulle spalle. Aveva corti capelli neri, con la frangia che gli copriva la fronte arrivando fin quasi agli occhi, sottili e di un azzurro chiarissimo.
Marinette si fece un altro appunto mentale: tutti i ragazzi di quella famiglia erano belli in modo anomalo.
- Ehm... salve - rispose lei facendo un cenno con la mano, sentendosi d'un tratto piccola e insignificante.
- Mh. Sei più carina di come ti avevo immaginato - commentò Ryohei, serio, con le braccia incrociate sul petto. Marinette arrossì.
- G-grazie - balbettò.
Ci furono un paio di secondi di silenzio, poi Tayou sospirò: - Non fare caso a Mr. "sono qui ma ti ignoro" - disse, indicando Hibari - A lui non interessa nessuno che non sia Rika. -
Il ragazzo sgranò gli occhi, assumendo la classica espressione da "WTF?!" riuscendo però a mantenere una certa dignità.
- Quando la pianterete con questa storia? - sbottò, voltando il capo di lato, seccato: Marinette poté giurare di vedere il suo viso farsi più roseo: vuoi vedere che...?
- Mai! - esclamò Tayou, esibendosi in un'espressione malvagia - È un po' come sfottere Gokudera per la sua cotta per Mikoto14: è troppo divertente - spiegò, sorridendo un po' più normalmente.
Marinette iniziò ad avere seriamente paura.
- Vogliamo parlare di te? - sospirò Hibari. Tayou gelò sul posto mentre Ryohei passava lo sguardo da l'uno all'altra.
- Parlare di cosa? - chiese, ingenuamente.
- Niente! - rispose lei, arrossendo vistosamente - Assolutamente niente che tu debba sapere! - aggiunse, afferrando il cuscino abbandonato sul pavimento e sbattendoglielo in faccia.
Marinette sgranò gli occhi: - Un attimo - disse prima di riuscire a trattenersi - A te piace... - iniziò, posando lo sguardo sul ragazzo che stava soffocando. Hibari si limitò ad annuire e Tayou arrossì ancora di più.
- Cambiamo argomento! - si affrettò a dire.
- Ehm... - cominciò la ragazza, venendo interrotta da qualcuno che si parò alle sue spalle.
- Buongiorno, Marinette! - esclamò una voce. La ragazza sussultò, rischiando di far cadere il telefono che fece un paio di salti in aria prima di tornare al sicuro nelle sue mani.
- A-ehm... giobuorno... cioè, buongiorno! - esclamò, quando si voltò, incontrando i grandi occhi verdi di Adrien.
- Che fai? - domandò il ragazzo, sporgendosi verso il telefono della ragazza.
- Oh, io... ehm... amici con parlavo... ma che dico?! Parlavo con amici... - spiegò, sorridendo nervosamente.
- T-Tayou... non respiro... - annaspò Ryohei, attirando la loro attenzione.
- Se non muoiono prima - aggiunse la ragazza, incerta, osservando lo spettacolino con Adrien che fissava lo schermo perplesso.
- Tayou! Non uccidere Sasagawa! - urlò una voce femminile, da fuori campo.
- Quello è un gatto?! - sbottò una voce maschile; una serie di starnuti seguì l'affermazione - Tayou! Falla sparire! - aggiunse, con la voce soffocata.
- Esci tu dalla camera: la mia Akai-chan da qui non si muove! - rispose lei, liberando finalmente il ragazzo che quasi svenne.
- Ren! Esci di qui! E porta via Mito! - sbottò la voce di Rika - Se vede Akai sono casini - aggiunse rientrando in camera. I due ragazzi videro i suoi piedi scalzi fermarsi di fianco al terzetto e scese il silenzio; Tayou abbozzò un sorrisetto, Ryohei si stava riprendendo e Hibari guardava in su.
- Hibari - salutò pacata la voce di Rika.
- Isogai - rispose lui, altrettanto pacato.
- Che mortorio, dichiaratevi amore eterno e fatela finita! - sbuffò una voce e un paio di calzini colorati entrarono nel loro campo visivo, seguiti da una ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi verdi: poteva avere quindici anni, anche se sembrava più piccola.
Rika sospirò, spalmandosi una mano sul viso - Io ci rinuncio - sbottò, rassegnata.
La ragazza ridacchiò ma si fermò di colpo di fronte a Tayou, sbiancando. I presenti s'irrigidirono.
- Mitomi... - cominciò Ryohei, serio - Allontanati. Lentamente - decretò.
Ma Mitomi sembrò non sentirlo e cominciò a tremare vistosamente. Dopo due secondi di silenzio la ragazza lanciò un urlo agghiacciante che fece sobbalzare Marinette, rischiando di farle cadere il telefono di mano, e sussultare Adrien... poi scappò via.
- Mitomi! - girando i tacchi Rika si precepitò all'inseguimento.
- Quel gatto deve sparire! - strillò una voce femminile in lontananza.
- Mizu15 non ti ci mettere anche tu! - rispose Tayou.
- Questa casa è un incubo - sospirò Hibari.
Il rumore di una porta che veniva aperta mise a tacere qualunque altra parola: - Ok, adesso basta, non c'è più niente da vedere! - esclamò la voce di Bianchi apparendo nella visuale - Tutti fuori! Sciò! Si dia il caso che questa fosse una conversazione privata - ricordò.
- Prima che Rika ammazzasse Dino, vorrai dire - commentò Tayou. Evidentemente Bianchi la guardò male perché lei si affrettò ad alzarsi - Ok, ok, abbiamo capito, ce ne andiamo! - disse, afferrando Hibari per la giacca e trascinandolo via - Muoviti, signor "vi mordo tutti" - aggiunse.
- Odio quando mi affibbi soprannomi - mormorò il ragazzo, impassibile, lasciandosi portare seguito da Ryohei.
- I soprannomi sono estremi! - esclamò lui, alzando le braccia in aria.
Bianchi alzò gli occhi al cielo e li seguì, chiudendo la porta alle loro spalle.
- Tayou! Non giù per le scale! - urlò la voce di Rika.
Il rumore di qualcosa che rimbalzava giù dai gradini fece rabbirividire Marinette e Adrien assunse un'espressione inorridita.
- Qualcosa mi dice che si è fatto male - commentò.
- Ops - mormorò Tayou - Scusa, Hibari. -
- Vi morderò a morte - rispose lui, con voce bassa e tranquilla. Troppo tranquilla.
Bianchi sospirò - Scusali, Marinette, non sanno cosa sia la privacy - rispose, piazzandosi davanti lo schermo.
- Oh, ehm... non ti preoccupare, Bianchi - rispose lei - Piuttosto, come sta Dino? - chiese, lievemente preoccupata.
- È vivo - tagliò corto la donna, sorridendo, prima di togliersi i goggles arancioni dal viso e poggiarli sul collo, mostrando i grandi occhi verdi - Ho saputo che Lal ti ha messa in punizione - disse. Marinette sospirò.
- Non ne voglio parlare - rispose, rassegnata.
- Vedrai che... - ma non finì la frase perché la porta venne spalancata ed una voce gridò quello che suonò come un "Juudaime16!"
Bianchi gettò un'occhiataccia al suo fianco - Cos'è che non capite di "conversazione privata"? - sbottò. Dei passi s'incespicarono, poi un gemito di dolore e il corpo di Hayato cadde a pancia in sotto tra Bianchi e il computer, regalando a Marinette una perfetta visuale del busto e della vita, compresa qualche ciocca di capelli argentei.
- Che ci fai tu, qui...? - mormorò, sofferente.
- Oh, insomma! - sbottò la voce di una ragazza - È la terza volta da stamattina! -
- Seriamente, non è possibile che svenga ogni volta che ti vede, Bianchi! - aggiunse una seconda voce femminile.
- Gokudera-kun! - una terza voce, stavolta maschile ma dai toni leggermente infantili, fece irruzione nella stanza - Cosa succedere qui? Perché Hibari cercato di uccidere me appena ho entrato e come mai Dino sta mezzo morto in salotto? - chiese.
Marinette inarcò un sopracciglio, stupita: evidentemente, chi aveva parlato non era molto esperto di francese perché la pronuncia era pessima, senza contare gli errori lessicali e sintattici.
Bianchi sbatté le palpebre, poi voltò lentamente il capo dall'altro lato - Non lo so - decretò.
Era una pessima bugiarda.
Due paia di gambe offuscarono la visuale e due ragazze si piegarono per prendere il ragazzo steso sul pavimento, per poi caricarlo sul letto alle loro spalle.
- Volete uscire? Sono in videochiamata! - informò la donna.
- Ma questa essere camera mia! - ripeté la voce.
Bianchi sospirò di nuovo - Ci sentiamo un'altra volta, scusami Marinette - rispose. La ragazza sorrise, incerta - Ok, tanto dovevo entrare a scuola - rispose, salutando con la mano. La donna sorrise e pigiò un pulsante sul computer, chiudendo la chiamata, non prima che un'accesa discussione (rigorosamente in giapponese) scoppiasse all'interno della stanza.
Marinette sospirò, chiudendo Skype - Mai una volta che riesca ad avere una conversazione decente con Dino - momorò, dimentica per un secondo del ragazzo in piedi accanto a lei.
- È con lui che stavi parlando? - chiese, facendola sussultare.
- Cos... io... ah, sì - ridacchiò - O almeno ci provavo, i suoi amici sono molto... ehm... vivaci - spiegò, portandosi una mano dietro la testa, imbarazzata che proprio lui avesse dovuto assistere a quel teatrino. "E molto inclini alla violenza", aggiunse, ma quello se lo tenne per sé.
Adrien rise - Sembrano simpatici - commentò. Anche Marinette sorrise, abbassando lo sguardo.
- Sì, lo sono - ammise - Un po' strani, a volte - aggiunse, lisciandosi nervosamente un codino: era il momento più imbarazzante della sua esistenza. Quando Alya apparve alle sue spalle, proferendosi in un malizioso: - Interrompo qualcosa? - per poco Marinette non la baciò.
- Cosa? Oh, no, assolutamente! - rispose lei, rivolgendosi all'amica e cercando di trattenere il sollievo: non era pronta per intraprendere una conversazione privata con Adrien, non ce l'avrebbe fatta.
- Avete saputo quello che è successo ieri? Pare che Chloé sia stata akumizzata - ridacchiò Alya, all'espressione di gratitudine dell'amica.
Marinette sgranò gli occhi - Cosa? Sul serio? - chiese, nervosamente, fingendosi sorpresa.
- Già. Mi chiedo come mai - commentò la ragazza, pensierosa. Marinette alzò le spalle.
- Chi lo sa? - rispose, torturandosi le mani: non voleva spargere la voce che Chloé era stata akumizzata per colpa sua. Più che altro per non far sapere a tutti che la ragazza aveva tentato di trasformarla in un insetto. Certe cose era meglio tenerle segrete, specialmente in un luogo in cui già molti la odiavano.
Neanche a farlo apposta la macchina di Chloé parcheggiò proprio di fronte al marciapiede e lei ne uscì con Sabrina al seguito: sembrava tornata la stessa di prima, cosa che diede un po' di conforto a Marinette.
La bionda si fermò di fronte ai gradini, davanti al terzetto, poi sorrise.
- Buongiorno, Adrien - salutò, col suo solito fare civettuolo.
- Giorno, Chloé - rispose lui, alzando la mano, anche se sembrava un po' a disagio. Gli occhi azzurri della ragazza si posarono sulla corvina e un'atmosfera di tensione avvolse il gruppo, che guardavano da l'una all'altra come aspettandosi di vederle saltarsi addosso.
- Marinette - fu tutto ciò che si limitò a dire, schiva.
Tutta l'ansia venne ridotta in mille pezzi in un colpo, come se Chloé avesse distrutto il muro di vetro che le divideva con un martello gigante. Senza neanche aspettare una risposta salì i gradini che portavano all'istituto, seguita a ruota da una Sabrina molto confusa.
Marinette si lasciò scappare un sorriso.
- No, un momento! - esclamò Alya, ad occhi sbarrati - Chloé... ti ha appena salutata? - chiese, incredula, indicando il punto in cui la ragazza era sparita.
- Tu dici? - domandò Marinette, fintamente vaga - Andiamo, o faremo tardi - tagliò corto, prendendo l'amica per il braccio che balbettava cose sconnesse, non potendo proprio trattenersi dal ridacchiare. Sembrava assurdo ma, dall'arrivo di Lal, tutto sembrava andare per il verso giusto.
 
 
 
 
Quando vivi in un appartamento di tre piani, di cui uno adibito a negozio ed uno a soffitta/camera, persino la villetta più anonima del pianeta ti sembra una reggia.
Il punto era che, quella, anonima non era per niente.
Quando Marinette era uscita di casa dopo pranzo, come se stesse andando alla forca, con Lal in braccio che stringeva un foglietto con l'indirizzo, si era fatta mille seghe mentali su quanto grande potesse essere quella villa. Quando erano arrivate a destinazione Marinette ebbe l'impulso di svenire: la villa era dipinta di un candido bianco perla, su per giù poteva avere sei o sette piani e grandi vetrate con le tende chiuse. Cosa cavolo doveva farci, Dino, con una reggia del genere?!
- Sì, è questa - decretò Lal, controllando l'indirizzo, per poi inarcare le sopracciglia - La facevo più piccola - ammise. Marinette abbassò lo sguardo su di lei.
- E io... dovrei pulirla tutta entro stasera? - chiese, flebilmente - Neanche con la Volontà di Morire ci riuscirei! - esclamò.
- Non entro stasera: entro domattina - precisò Lal, scendendo con un balzo - Queste sono le chiavi - aggiunse lanciandole il grande mazzo tintinnante, che la ragazza prese al volo con un sussulto ancora immersa nella contemplazione della sua condanna - Tornerò a vedere il lavoro domani mattina - finì, voltandosi e incamminandosi sulla strada.
- M-ma... ma... Lal! - provò a protestare Marinette.
- Ci vediamo domani - tagliò corto la bambina, facendo un cenno con la mano.
La ragazza guardò di nuovo la villa, gemette di disperazione e abbandonò la fronte contro le fredde sbarre di metallo del cancello, ignara che, solo pochi metri più su, vi era un'altra villa che lei conosceva bene.
Altrettanto ignara lo era Lal che, camminando tranquillamente diretta verso casa, si ritrovò davanti due gambe avvolte in un paio di jeans chiari; capì subito chi era, appena ebbe alzato lo sguardo e scorto il suo viso, ma non fu il nome che le passò per la testa ad uscire dalle sue labbra, bensì qualcosa di ben più agghiacciante.
- Tu sei il gatto in calzamaglia - disse, impassibile.
Il rumore di qualcosa di pesante che cadeva fu la risposta che ottenne.
 
Marinette non era il tipo che si deprimeva spesso. Certo, si disperava, si faceva mille film mentali (che spesso non finivano bene) ed era molto pessimista, ma la depressione... quella no.
Eppure, seduta a gambe incrociate nell'atrio dal pavimento a scacchi, non si era mai sentita più vicina a quel sentimento come in quel momento. Oltretutto Lal le aveva anche sequestrato il cellulare, pertanto non poteva chiamare neanche Dino per sfogarsi un po': insomma, a cosa poteva servigli una villa di sette piani nel mezzo di Parigi?!
Sospirò e si abbandonò a pancia in su sulle fredde mattonelle. Non poteva farcela. Era impossibile.
Sbuffò e si portò una mano alla catenina, giocherellando con l'anello. Quasi senza pensarci lo sfilò dai cerchi di metallo e lo mise al dito. Ed ecco quel familiare senso di tranquillità avvolgerla, come se ogni problema scivolasse via dal suo corpo senza lasciare traccia. Chiuse gli occhi e si portò la mano destra alla fronte, sospirando; pian piano, quasi senza accorgersene, scivolò in uno stato di dormiveglia.
 
- Forse dovresti metterti a lavoro - mormorò una voce maschile con una nota di divertimentro nella voce.
- Sì, forse dovrei - rispose lei - Ma non ne ho voglia - ammise.
Si guardò intorno: non era più alla villa ma seduta su una comoda poltrona accanto ad un caminetto accesso, circondata da alti scaffali con centinaia di libri.
- Un bel posticino, vero? - chiese di nuovo la voce.
- Sì - rispose lei, distrattamente - Sì, lo è - alzò lo sguardo davanti a sé, trovando una seconda poltrona occupata da una figura in ombra che se ne stava a gambe accavallate: indossava un paio di pantaloni beige, degli anfibi neri alti fino al polpaccio e una camicia bianca con una giacchetta blu; una cintura di pelle che si divideva in tre striscie dalla vita al busto mostrava la fodera di quelle che smbravano due pistole sul fianco destro e un grande coltello sul sinistro.
- Uno dei miei preferiti, non ti dispiacerà se ti ci farò ritrovare spesso - continuò dolcemente la voce. Marinette esitò, cercando di scorgere il suo viso oscurato dall'ombra della stanza.
- Chi sei? - chiese. Non aveva paura, non era in ansia e non si sentiva in pericolo: era completamente a suo agio, quasi stesse facendo una piacevole chiacchierata con un caro amico che conosceva da sempre. Lui sorrise.
- Per quello ci sarà tempo - rispose, tranquillamente - Piuttosto, che ne dici di andare ad aprire la porta? Suonano ormai da dieci minuti - consigliò, divertito, indicando con un cenno alle sue spalle. Marinette si voltò ed ebbe lo scorcio di un portone di legno scuro in quella grande libreria... poi la stanza scomparve, così com'era apparsa.
 
Marinette aprì gli occhi, trovandosi a fissare il grande soffitto a volta della villa, un po' confusa e stordita: cos'era stato? Un sogno?
Si mise a sedere e strofinò gli occhi: era stato così strano e non riusciva a collegarlo a nulla che conosceva. Di una cosa, però, era certa: conosceva la voce che le aveva parlato, ma non chi le avesse parlato.
Uno scampanellio sordo la fece sussultare e si voltò verso il portone bianco dell'ingresso: stavano suonando davvero. Svelta si tirò su, passandosi una mano tra i capelli, e corse ad aprire.
Non si aspettò di trovarsi di fronte proprio lui.
- Adrien! - esclamò, sorpresa, osservandolo per un momento ad occhi sgranati - C-che ci fai qui? - chiese, perplessa.
Il ragazzo sorrise, in imbarazzo - Ecco, ti ho vista entrare qui e mi chiedevo come mai - rispose.
La ragazza lo guardò, confusa, e lui si affrettò a spiegare.
- Io abito quì accanto - disse, indicando alla sua sinistra con la mano. Marinette sbarrò gli occhi.
- T-tu... tu abiti qui? - balbettò: come aveva fatto a non accorgersene? La storia della punizione l'aveva davvero così sconvolta?
- Ehm... già - rispose lui - Allora... non sapevo ti trasferissi - commentò.
Marinette sembrò persa per un attimo, infine scosse il capo - Oh, no, non è mia! - si affrettò a rispondere, indicando l'ampio salone - L'ha comprata Dino. È sua - spiegò - Io... - esitò e sospirò - Sono stata messa in punizione e mi tocca pulirla - ammise, rassegnata. Lui la guardò, stupito.
- Che cosa hai combinato? - domandò.
- Lascia perdere. Credimi, non vorresti saperlo - tagliò corto lei, scuotendo il capo.
- Va bene - rispose lui, incerto - C'entra qualcosa la bambina che ho incontrato poco fa? - domandò, indicando alle sue spalle. Marinette s'irrigidì.
- B-bambina? - balbettò, nel panico.
- Sì - rispose lui - Ha detto di chiamarsi Lal Mirch... o comunque qualcosa del genere - aggiunse.
Marinette desiderò sprofondare nel pavimento per non riemergerne più.
- Ehm... s-sì. P-più o meno - riuscì a formulare, troppo intontita per dare una risposta coerente.
- A proprosito: chi è, esattamente? - domandò Adrien, curioso. Marinette esitò, cercando le parole adatte per rispondere, infine sospirò.
- Non chiedermerlo, ti prego: non saprei come risponderti - ammise, sconfortata.
- Addirittura? -
Lei alzò le spalle, rassegnata. Scese un imbarazzante silenzio finché, come se provenisse dai meandri più oscuri del suo cervello, una voce non la destò.
Beh? Dì qualcosa!
Marinette sussultò e cercò di riprendere contegno - Ehm... immagino avrai da fare - buttò lì.
- Oh... eh... a dire il vero no - rispose lui - Ho la giornata libera, quindi... potrei darti una mano - propose. Fu come se una scarica di cemento a presa rapida le fosse stata gettata addosso: la ragazza si pietrificò sul posto e restò in totale silenzio per qualche secondo. Poi le parole le uscirono da sole, senza che lei le avesse elaborate o anche solo pensate.
- Sì, mi farebbe molto piacere - disse, con un tono sicuro che non le apparteneva. Sgranò gli occhi e si portò una mano alla bocca. - Cioè, volevo dire - si affrettò a correggersi - Insomma, è un lavoro lungo e faticoso, ti annoieresti... e poi è la mia punizione, tu non centri nulla! -
Oh, ma che te ne importa!
La ragazza si gettò uno sguardo nervoso alle spalle: adesso sentiva anche le voci?!
- Ma no, tranquilla, e poi a me fa piacere dare una mano - insisté lui.
- Oh... allora... d'addorco... no, cioè, adordo... dah! - prese un respiro profondo e ci riprovò - Va bene, grazie. -
Autocontrollo, Marinette, autocontrollo.
Ecco, stava impazzendo!
Sì, decisamente.
 
 
 
- Sento le voci. -
- Cosa? Marinette, sei tu? -
- E chi vuoi che sia? - sbottò la ragazza, seccata.
- Scusa, ma il numero era diverso... - rispose Dino.
- Sì, Lal mi ha sequestrato il telefono e sto usando quello di un amico - spiegò spiccia - Tra l'altro chiusa in uno sgabuzzino della villa che tu hai comprato e che mi tocca pulire - aggiunse, in un borbottio.
- Lal me lo ha detto e mi dispiace: non è per quello che l'avevo presa. Ad ogni modo, cos'è questa cosa delle voci? - chiese.
Marinette sospirò, sbirciando fuori da uno spiraglio nella porta: Adrien non c'era, segno che era rimasto in salotto a cenare. Non che avesse dubbi, insomma non credeva che lui fosse il tipo di persona che origliava, ma in quei casi era meglio essere sicuri. Richiuse la porta e si riportò il telefono all'orecchio.
- Ok. Ero nell'atrio, va bene? Quando, all'improvviso, mi addormento. Fin qui niente di troppo strano, il punto è che ho sognato di essere in una stanza circolare piena di libri - spiegò - Ero seduta davanti ad un camino e di fronte a me c'era qualcuno che mi parlava. -
- Che ti ha detto? - chiese il ragazzo, serio.
- Beh, ha detto che dovevo sbrigarmi ad iniziare le pulizie poi ha fatto un commento sul luogo, aggiungendo che non mi sarebbe dispiaciuto se mi avesse fatto venire lì spesso. Poi ha menzionato una porta e mi sono svegliata.
Adesso sento le voci: è tutto il pomeriggio che sento una vocina nella testa che commenta ciò che succede e, più di una volta, ho detto cose che non avevo neanche pensato! - raccontò. Dall'altro lato ci fu solo silenzio per qualche secondo, poi Marinette sentì la voce di Dino sussurrare qualcosa in italiano e una voce altrettanto bassa rispondere.
- Ok, Marinette, ascoltami - asserì, tornando alla conversazione - So che ti sembrerà strano ma ciò che ti sta succedendo è assolutamente normale. Ti spiegherei meglio ma non so se questa linea è sicura e certe cose è meglio non sbandierarle ai quattro venti. Domattina parla con Lal, ti dirà tutto lei - disse, tranquillamente - E se posso dirlo... beh, è proprio ciò che speravamo accadesse - aggiunse, con una nota di trionfo nella voce.
- Cosa? - chiese la ragazza, confusa.
- Ti dirà tutto Lal, domani, non preoccuparti - rispose lui - Torna a fare quello che stavi facendo e... stai tranquilla, ok? Ci vediamo! -
- Cos... no, aspetta! - ma il ragazzo aveva già chiuso. Sospirando pesantemente Marinette cancellò il numero dal registro chiamate e tornò al piano di sotto, dove Adrien stava mangiando uno spuntino procurato dopo un breve salto a casa propria.
- Grazie - disse, porgendogli il telefono.
- Non c'è di che - sorrise lui, riprendendolo. Marinette si sedette sul divano e prese un tramezzino, iniziando a mangiare in silenzio: durante tutto il pomeriggio erano riusciti a pulire tre piani completi compreso l'atrio. Se si fossero messi d'impegno sarebbero riusciti a finire entro la mattina dopo... o meglio, lo avrebbero fatto se fossero stati in due.
- Davvero, non c'è bisogno che resti ancora: è tardi e probabilmente non usciremo da quì prima di domani - disse, per spezzare l'atmosfera - E dubito che il tuo fotografo gradirà le occhiaie - aggiunse.
Ok, quella non l'aveva pensata lei.
Adrien sorrise.
- Gli dirò che ho fatto indigestione di spaghetti - rispose - Capirà - annuì, divertito. Anche Marinette sorrise.
Se la mia gioventù fosse stata normale forse me la ricordereste.
Marinette sbatté le palpebre, poi scosse il capo come per scacciare una mosca fastidiosa: Dino poteva anche dire che fosse normale... ma non per lei.
- Sul serio, passeremo la notte quì dentro... tuo padre non si preoccuperà? - chiese. Il ragazzo scrollò le spalle.
- Gli ho detto che passerò la nottata nella Villa accanto con un amico che vi si trasferirà tra poco. Credo ci abbia creduto, e poi... beh, penso che il fatto che sia vicino lo abbia convinto: può mandare chiunque in qualunque momento a controllare - spiegò.
Marinette annuì, lievemente in imbarazzo.
Non so voi, ma io credo che due adolescenti normali avrebbero passato la nottata a limonare.
Marinette si sentì il volto in fiamme: non solo era una voce fuori campo non richiesta a fastidiosa... ma pure pervertita!
- Qualcosa non va? - domandò Adrien, preoccupato, vedendola arrossire.
- Niente! - rispose lei, voltando il capo dall'altro lato.
Nonostante avessero trascorso un intero pomeriggio insieme, l'atmosfera di disagio tra loro non si era ancora del tutto spezzata: strano a dirsi ma era stato molto più facile parlare con Chloé.
- Quindi... come hai conosciuto questo Dino? - buttò lì Adrien. Marinette s'irrigidì, presa in contropiede.
- Oh... ehm... - tentennò. Cosa dire? Me lo sono ritrovato in camera senza sapere come o perché? Suonava sospetto... e decisamente ambiguo.
Dì che è un amico di Famiglia. Non è tanto lontano dalla verità.
Oh, finalmente la vocina diceva qualcosa di utile!
- È un amico di Famiglia - rispose, evasiva, scrollando le spalle.
Sii più naturale. Io non ero così.
Già, ma lei non era lui!
Oh, credimi, ci sei molto vicina.
Marinette non ebbe il tempo di pensare al signifcato di quella frase che Adrien parlò di nuovo.
- Hai una cotta per lui? - chiese, malizioso. Per poco Marinette non si strozzò con il prosciutto.
- C-cos.. cosa? - boccheggiò.
La cosa si fa interessante.
- Io... no... insomma, no! - rispose, anche se era arrossita: certo, Dino era un bel ragazzo (un idiota o un cieco avrebbero detto il contrario) ma lei non si era mai sentita attratta da lui in quel modo - È solo un amico - rispose, in imbarazzo.
Suvvia, sei una ragazza in piena tempesta ormonale: non puoi negare di essertelo fatto almeno un pensierino sconcio su di lui.
Marinette sgranò gli occhi a raggiunse gradazioni di rosso mai viste prima.
- N-non è vero - mormorò, nascondendo il viso nel suo panino.
- Cosa? - chiese Adrien, perplesso.
- N-niente! - rispose lei - Intendevo dire che è un amico molto caro, di quel tipo con cui ti senti di poter parlare di tutto, non riuscirei mai a vederlo in quel modo - spiegò, tranquillamente, prima di fare una pausa: non c'era alcun dubbio che quelle cose le pensasse davvero su Dino... il punto era che non era stata lei a dirle!
Ti sto aiutando, dovresti ringraziarmi signorinella: non è così che volevo che crescesse la mia prole.
La sua cosa?!
- Oh, capisco - annuì Adrien - Un po' come me con Nino... anche se Nino è un maschio e non potrei vederlo in quel modo a prescindere - aggiunse, lievemente perplesso. Marinette non potè trattenersi dal ridacchiare, facendo sorridere anche lui.
- Beh - decretò il ragazzo, battendo le mani tra loro - Direi di metterci a lavoro - esclamò. Marinette annuì, alzandosi: dopotutto, quella punizione non era stata poi così male.
 
 
Il fuoco scoppiettava allegro nel caminetto regalandole un piacevole tepore mentre, seduta a gambe incrociate sul tappeto, osservava la figura senza volto dinnanzi a lei: era più alta di una trentina di centimetri buoni ed era palese, dal fisico e dalla voce, che fosse un adulto.
- Immagino avrai molte domande - l'unica cosa che riusciva a scorgere di lui nitidamente erano le sue labbra, che si piegarono in un sorriso.
- Sempre la stessa: chi sei? - ripeté Marinette.
- Mi crederesti? - chiese lui, divertito.
- Non dovrei? - rispose lei, incerta. Il ragazzo allungò un braccio e prese la sua mano: era liscia e calda al tatto e il suo tocco era lieve e attento quasi come quello di un genitore, cosa che la sorprese.
- Ti do un indizio - asserì, alzandola con il dorso rivolto verso l'alto - Le risposte che cerchi sono qui dentro - disse, picchiettando il dito sull'anello.
- Ma io non so niente di quest'anello - rispose lei, alzando lo sguardo e incontrando solo due fosse scure lì dove avrebbero dovuto esserci gli occhi. Lui sorrise di nuovo.
- Capirai a tempo debito - disse l'uomo, dolcemente... poi tutto sparì.
 
 
- Marinette? Marinette! Marinette, svegliati. -
La ragazza aprì gli occhi lentamente, incontrando due grandi iridi verdi poco sopra di lei; sbatté le proprie e, pian piano, ritornò alla realtà: era stesa sul divano nel salotto della Villa, pancia e su e, sorprendentemente, la mano destra sospesa davanti a sé come a voler toccare il soffitto.
- Scusa se ti ho svegliata ma... beh, stavi parlando nel sonno e poi hai alzato il braccio: temevo che stessi per divenire sonnambula - ammise Adrien, in imbarazzo.
Marinette ci mise poco a collegare tutto, il ricordo della sera precedente con quello del sogno, e svelta si affrettò ad abbassare il braccio per poi alzarsi.
- Io... s-scusa... è che ultimamente faccio sogni strani - ammise, mettendosi seduta - C-Che ore sono? - chiese poi, per spazzare via quell'atmosfera di disagio. Il ragazzo si alzò e diede un'occhiata al proprio telefono: - Le sette e mezza. Abbiamo dormito un paio d'ore - rispose.
- Così poco? Mi dispiace, sarai stanco - esclamò lei, agitata - Dovresti tornare a casa e riposare come si deve - disse alzandosi.
- Ok, tranquilla - sorrise lui, per calmarla - Tu non vieni? - aggiunse. Marinette esitò.
- No, io... ho ancora alcune cose da fare - disse, più seria di quanto avrebbe voluto. Lo accompagnò alla porta e lì si salutarono; appena Adrien ebbe varcato il cancello, reprimendo uno sbadiglio, Lal piombò di fronte la porta quasi come se fosse caduta dal cielo, facendola sobbalzare.
- Lal! - esclamò, spaventata da quell'apparizione improvvisa.
- Dobbiamo parlare - asserì la bambina, fissandola seria, precedendola in casa. Marinette la seguì fin nel grande salone adiacente all'atrio e Lal saltò sul tavolino, girandosi a guardarla. - Togli l'anello - ordinò. La ragazza sembrò confusa, ma fece come chiesto e poggiò l'anello sulla superficie di vetro del tavolo.
Lal lo studiò a lungo prima di parlare - Hai avuto qualche altra visione? - chiese.
Marinette ci mise qualche secondo a formulare la risposta, poi raccontò del sogno fatto quella mattina. La bambina restò a lungo in silenzio.
- Quindi è così - asserì infine.
- Così... cosa? - domandò lei. Lal sospirò.
- Gli Anelli della Famiglia Vongola non hanno una predisposizione particolare su chi possa indossarli... tutti tranne quello del Cielo, che può essere usato esclusivamente da un discendente di Giotto, ovvero chiunque abbia nelle proprie vene il suo sangue - spiegò.
Marinette inarcò un sopracciglio - E... allora? - chiese.
- Questo anello... - continuò, prendendolo - ...funziona più o meno allo stesso modo: è stato legato al sangue del suo primo possessore, il Braccio Sinistro di Giotto appunto, e soltanto un suo discendente può usarlo. -
- Aspetta un secondo! - la interruppe Marinette, sgranando gli occhi - Stai dicendo che... -
- ...che il Braccio Sinistro di Giotto era il tuo bis-bis-bis nonno - rivelò Lal.
Scese un pesante silenzio tra loro, tempo nel quale la ragazza fissò la bambina ad occhi sbarrati e bocca socchiusa... poi esplose.
- CHE?! - urlò, sconvolta.
- Il tuo bis-bis-bis nonno. Il padre della madre, del padre, della madre di tua madre - specificò Lal.
- St-stai... mi stai dicendo che... il tizio che ho visto e la voce che ho sentito... era lui? - balbettò, sconvolta. Lei annuì.
Beh, adesso si spiegavano molte cose.
- Ma... - mormorò debolmente. Infine, troppo sioccata, si lasciò cadere sul divano.
- Ci sono molte cose che non so nemmeno io di questa storia - ammise Lal - Tutto ciò che mi è stato concesso di sapere è che lui fu il primo Braccio Sinistro nella storia della Famiglia Vongola e che prima era un'Hitman. Giotto lo arruolò in circostanze imprecisate e lo fece diventare un membro ufficiale della Famiglia - spiegò - Per questo sei stata scelta tu: essendo sua discendente diretta sei l'unica che può indossare ed usare questo anello - concluse.
Marinette restò in silenzio per qualche altro istante, poi deglutì.
- Ma... questo non spiega come ho potuto parlare con lui - mormorò. Lal scosse il capo.
- Ho una mezza idea ma non ne sono sicura. Se c'è una cosa certa è che l'unico che ne sa qualcosa è Reborn... ma al momento non è reperibile. Dovremmo aspettare - concluse - Per il momento cerca di estorcere più informazioni possibili a lui, anche se da quanto ho capito gli piace fare il misterioso - aggiunse, osservando l'anello che stringeva tra le dita - Evidentemente può comunicare con te solo quando lo indossi, e quì ci riporta alla voce che hai sentito quando eri sveglia, ma può mostrarsi solo quando dormi o comunque non sei del tutto cosciente - assottigliò lo sguardo e glielo porse - Per il momento, non spingiamoci più in là di quanto non dobbiamo: cercherò di far cantare Dino, so che lui sa, male che vada sapremo tutto al momento opportuno - concluse.
Marinette lo prese con dita tremanti, non riuscendo più a considerarlo l'oggetto inanimato che era prima: c'era qualcuno lì dentro, intrappolato tra i rilievi scuri e le incisioni, qualcuno che aveva contribuito alla sua procreazione.
- Torniamo a casa, hai bisogno di riposare - decretò Lal. Marinette annuì, voleva tornare a casa ma non per riposare.
Sospirò, sua madre le doveva parecchie spiegazioni.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note🎶:
11Tayomu Tokiwa, un personaggio di The Third Family.
12Ren Kobayashi, un personaggio di The Third Family.
13C'è un motivo se Gokudera lo chiama "Testa a prato".
14Mikoto Okano, un personaggio di The Third Family.
15Mizuhiiro Sato, un personaggio di The Third Family.
16In Giapponese significa "Decimo", nome con cui Gokidera è solito chiamare Tsuna.
 
 
Angolo Autrice:
Mi sto innamorando di questa storia, il che è grave.
Detto sinceramente penso che il bello inzierà proprio da qui: sto grattando sulla superificie della storia dell'anello e presto avremo sempre più indizi per raggiungere un quadro completo. Ma per vedere il misterioso nonno di Marinette dovrete aspettare il capitolo 78, nel quale apparirà in tutta la sua bellezza di venticinquenne (oh, sì, ha venticinque anni). Invece, per la storia completa dell'anello, dovrete attendere fino al capitolo 25 nel quale Reborn si deciderà finalmente a vuotare il sacco.
Vi farò rosicare fino all'ultimo. Sì.
Ringrazio
Crystal25396 per la recensione
Aly_2468 e Crystal25396 per averla inserita tra le seguite
E mi, Aly_2468 e Sugar 22 per averla inserita tra le preferite
Mi fa piacere sapere che la storia vi piaccia o che almeno vi interessi!
Come sempre ricordo la pagina facebook Multiverse, e noi ci vediamo al prossimo capitolo con: Galeotta fu la Verifica - Sessione di studio intensivo con Lal!
Baci,
bambolinarossa98
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: bambolinarossa98