Epilogo: La Decadenza delle Memorie
I frammenti lasciati da un tetro finale
I.
Una
leggera aroma d'arancio riempiva l'angusto locale in legno chiaro,
combattendo prepotentemente contro l'odore umido del muschio.
Il
tutto contrastava il pesante senso di nausea, alleviava il dolore.
Nelle
vuote stanze qualche goccia d'acqua produceva l'ormai unico rumore
presente; la pioggia, al di fuori, stava lentamente trascinando
l'edificio in un'inevitabile decadenza ed abbandono.
Quanti
anni erano passati?
A
giudicare dalle condizioni del legno, una decina. Forse anche di
più.
Quella
dimora era ben lontana dall'epoca in cui i suoi muri echeggiavano di
voci, risate ed incantesimi. Così distante da ormai
conservare
solamente il lezzo di morte che si levava dai dintorni.
Del
sangue era stato versato, e sarebbe tornato allo stesso modo a
bagnare il soffice terriccio in cui il cottage affondava le sue
radici.
Tecna
non riuscì immediatamente a ricordare con esattezza come
fosse
arrivata in tale oscuro luogo, ma trovò la forza di tirarsi
a sedere
per poter fissare il proprio sguardo su qualcosa di differente
rispetto alle travi di legno atte a reggere il soffitto.
Non
riconobbe il posto, non avrebbe mai potuto farlo in quanto non
apparteneva né al suo passato, né al suo
presente; ma identificò
la sottile fragranza proveniente da un singolo barattolo di vetro,
posto orizzontalmente a ridosso di una delle pareti della stanza.
La
stessa che, nelle ultime quarantotto ore aveva etichettato come un
pericolo da evitare nell'immediato. La pelle di Icy ne era talmente
intrisa che nemmeno il fumo, e le sostanze nocive che conteneva,
avrebbe potuto sovrastarla.
Il
poroso tappo di sughero aveva assorbito parte del liquido,
velocizzandone l'evaporazione; la boccetta doveva essere molto
più
recente, fatto che non suonava per niente come una buona notizia per
la fata della tecnologia.
Si
guardò intorno sospettosa, facendo attenzione ad ogni minimo
rumore
che potesse tradire chiunque – al 95% delle
probabilità poteva
affibbiare un nome a tale 'chiunque' –
avesse lasciato l'oggetto incustodito, ammettendo che si trovasse
ancora nei paraggi.
Un
flebile tintinnio delle campane tubolari attirò la sua
attenzione,
portandola alle finestre sprangate in modo spartano. La fioca luce
dell'esterno penetrava dagli spiragli fra le assi inchiodate alle
pareti.
La
pioggia, ora riflessa negli occhi color giada della fata, andava
diminuendo; non una figura, né un'eventuale presenza.
Le
campane si sfiorarono di nuovo, ma oltre alla brezza non c'era
nessuno là fuori. Del resto, una violenza cruda e sofferta
era tutto
ciò che al momento occupava la sua testa.
Ignara
degli avvenimenti consumatasi fra le mura del luogo, Tecna si
allontanò dai vetri muovendo qualche passo sul pavimento
scricchiolante.
Quanto
veloce era passato il tempo lì.
Aveva
consumato in fretta il parquet, scrostato la vernice protettiva dalle
pareti; aveva portato il rapido invecchiamento, consumando senza
pietà la struttura ed i pochi oggetti rimasti;
Logorando
le memorie.
L'anziana
casa, come gli esseri umani, aveva vissuto, era maturata ed ora si
apprestava a cadere fra le scheletriche braccia della morte. Nei suoi
ultimi attimi la solitudine ed un assordante e violento silenzio
regnavano incontrastati.
Ora
come non mai, la fata avrebbe voluto spogliare il casolare dei propri
segreti; invece si limitò a voltarsi verso la lucente
boccetta di
profumo, ancora adagiata contro la parete. Come attratta da una
sorgente magnetica si avvicinò, chinandosi ad osservare come
il
sottile strato di polvere delineasse il liscio profilo del vetro; il
liquido chiaro, come aggrappato alle pareti, occupava un volume
patetico se messo a confronto con la capacità del
contenitore. Nel
giro di qualche settimana sarebbe scomparso anch'esso.
Respiri
mozzati e rantoli echeggiavano nell'aria, muovendo le immagini, che
l'occhio percepiva in modo confusionario, in una vorticante danza
senza fine.
La
forte sensazione di smarrimento, che aveva attanagliato il corpo
della strega steso sul freddo ed incolore parquet, andava crescendo,
rinnovando la propria invadenza nei pensieri di quest'ultima.
Non
che facesse molta differenza rispetto all'alternativa: 'Allora
è
così che ci si sente a soffocare per un'emorragia interna'.
Deglutendo
un grumo di sangue, Icy si decise a sollevare completamente le
palpebre – i quali movimenti si erano fatti estremamente
lenti,
inducendola in una sorta di dormiveglia.
Dalla
profonda ferita al petto zampillava qualche fiotto di sangue, ad ogni
breve battito del suo cuore – si stupì non poco di
averne uno –
sorprendendo le sue aspettative; dopo aver subito un danno simile non
sarebbe dovuta durare così tanto.
Si
concesse un mezzo sorriso, in quanto la sua tenacia si era dimostrata
un'arma a doppio taglio in una situazione in cui avrebbe voluto
smettere di soffrire in fretta. Una flebile presenza di ciò
che
quarantotto ore prima era il suo grande potere la teneva aggrappata
alla vita, difendendone il possesso dalla propria controparte.
Per
quanto avrebbe resistito? Sarebbe passata a miglior vita in seguito
ad un crudo dissanguamento oppure disintegrata dal suo stesso
incantesimo?
Oh,
ma che importa.
Del
resto, cos'era rimasto di tanto importante per restare?
Aveva
fallito per l'ennesima volta, ed era riuscita a trascinarsene fuori
tutt'altro che illesa; Darcy e Stormy sapevano cavarsela benissimo da
sole, non in un'eventuale conquista della dimensione magica senza un
piano decente, ma per il resto si erano dimostrate grandi abbastanza
da poter proseguire per la loro strada.
Non
che avesse dei particolari pensieri inclini al suicidio,
ma
valutando tutte le eventualità, le probabilità
che potesse
sopravvivere ad una situazione simile parevano estremamente scarse.
Molto,
troppo velocemente i suoi ragionamenti andavano
perdendo la
lucidità; il
sapore ferroso del sangue le invase la gola, impedendole di prendere
anche solo un altro respiro. Forse era stato uno scherzo della
provvidenza a portarla ad una morte simile; le ricordava un
avvenimento ben preciso, ma nel momentaneo delirio della sua mente,
non riuscì a collegare tale sensazione.
Le
iridi opache si mossero velocemente ad osservare le travi del
casolare, accogliente come non era mai stato nei suoi ultimi attimi,
fissandosi solamente sull'umido e marcio legno. Nessuna memoria
attraversò la loro visuale, solo lo scuro bruno del soffitto.
Attimi
della propria vita non sfiorarono la sua mente. Rimase soltanto il
vuoto.
Tanto
meglio, meno sguardi colmi di odiosa pietà a guardarla
mentre
cercava di strisciare verso una morte poco dignitosa; quale
morte era dignitosa?
Vedere
realizzarsi la propria ambizione di crepare nella più
completa
solitudine l'aveva leggermente tranquillizzata; con le labbra che si
coloravano appena per la mancanza di ossigeno, mimò il
principio di
una frase, che aveva udito infinite volte in ventiquattro anni.
Ma,
alla seconda parola, si bloccò. L'immenso sforzo a voltare
la testa
di lato le costò una forte fitta di dolore, ma le permise di
liberare la bocca e la faringe dal denso liquido rosso.
Esso
bagnò il pavimento e sporcò i suoi capelli
bianchi, di nuovo.
Tossendo,
si prese qualche sofferente respiro, godendosi la piacevole
sensazione che l'aria fresca, passando lungo la sua gola, le dava. I
gelidi occhi, di nuovo vigili, puntarono le lucenti schegge di vetro,
dalle quali un liquido chiaro colava ancora verso il parquet.
Stronzate.
Non
ho fatto tutto ciò con il fine di morire per così
poco.
Avvertenze
e condizioni per l'uso:
L'ansia
che sia deludente? Tanta.
Inoltre,
questa robba doveva spiegare cose, ma visto che sono una f**king
moody b**ch ho deciso che comunque volevo tenerla sula vago. E'
divertente come non riesca a mettermi d'accordo nemmeno con me
stessa, fantastico.
Ah,
questa volta non ho messo la divisione in favore di uno scambio fra
Tecna ed Icy nello stesso luogo (una in sogno, l'altra nella
realtà.)
Ci sono
frasi che collegano i
due periodi, collegando strettamente i due mondi a causa del collasso
del Loop; spero non siano difficili da capire.
Vi
ringrazio da morire per aver seguito questa storia, che è
stata un
travaglio fino all'ultimo perché mettere insieme i
ragionamenti di
Tecna con termini appropriati è dura damn. Ma sono felice
che il mio
lavoro e la mia fatica siano state premiate.
Qui
si fa riferimento alla dimora che usarono le Trix in seguito alla
distruzione del loro regno, dove vissero con la madre; ci sono degli
accenni a una determinata scena, ma non ve la scrivo qui solo
perché
vorrei sapere cosa riuscite a dedurre: vi fornirò comunque
una
spiegazione.
Spero
che non vogliate uccidermi perché vi ho deluso/ho fatto un
epilogo
dove non si sa se la nostra testimonial Algida sopravvive o meno, e
che vi siate goduti questa lettura dal primo capitolo fino a qui.
Ringrazio
molto Ghillyam,
TheSeventhHeaven
e Tressa
che mi hanno sostenuta fino a qui, ringrazio chi ha seguito la storia
ed i lettori silenziosi, sperando che abbiate trovato ciò
che
cercavate. Ringrazio anche il mio prof di filosofia che ha spiegato
benissimo Nietzsche, senza il quale tutto ciò non sarebbe
venuto
alla luce.
So
che non vedrai mai questa storia perché rimarrà
segreta (fuhuhuh),
ma grazie.
Ora,
non mi resta che salutarvi, rimandandovi alla prossima.
Perché
sì, tornerò.
Mary
Una
comunicazione di servizio:
il mio nick presto cambierà da Still_Sane a Mary Rosemary
Ps:
Non volendo lasciare il dubbio logorante per aver deciso di rimanere
vaga ed inconcludente (evviva me) vi rivelo la frase rimasta alla
seconda parola sulle labbra di Icy.
Andrà
tutto per il meglio.
La
frase che il padre le ha rivolto nel capitolo precedente e che nel
corso di tempo normale sarebbe la sua ultima frase, prima che lei
fugga con la madre e le sorelle dalla capitale. Piano con i forconi.