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Autore: Allison_McLean    05/09/2017    0 recensioni
Allison McLean è una ragazza tormentata da mille demoni di cui non riesce a liberarsi, ma quando arriva al penitenziario minorile di Alkalie Lake, la sua vita cambia completamente. Qui troverà la sua strada accompagnata dai suoi stessi demoni e da una luce che scoprirà solo dopo molto tempo.
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«Intravide le sue spalle nude spuntare dalle coperte, le braccia cacciate sotto il cuscino e i corti capelli sparsi sulla federa, che le diedero l'idea di un bambino troppo cresciuto. Purtroppo, l'unico disponibile era quel Grande Lupo Cattivo con cui era costretta a condividere lo spazio vitale, un fantasma con cui non parlava mai, con cui faceva fatica a scambiare qualche casuale occhiata. Era sempre e comunque meglio di nulla : le ricordava una specie di Tate Langdon, solo più distante ed enigmatico. Nei suoi silenzi e nella sua distanza, però, trovava conforto, anche se non ne conosceva il perchè. Rimase così, a pensare a lui, non accorgendosi di quanto intensamente di stessero guardando.» dal capitolo 1
AVVERTENZA : la storia è originale, solo alcuni dei personaggi sono tratti da A Tutto Reality, gli altri sono di mia completa invenzione
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris McLean, Duncan, Nuovo Personaggio, Scott, Trent
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale
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BROKEN PIECES - Part 4
 
Aprile
L'aria era ancora fresca, ma i raggi del sole di quello splendido pomeriggio dei primi di aprile riscaldava il cortile ancora un po' fangoso dall'ultima pioggia; sottili e misteriosi vortici di vapore mattutino si alzavano dalla terra nera, rendendo l'aria ulteriormente umida ma semplicemente meravigliosa.
Non appena Allison respirò il venticello fresco, inspirò a pieni polmoni come se fosse stato il suo primo respiro. Chiuse gli occhi e assaporò appieno i raggi del sole che le scaldavano il viso, l'odore della terra umida e della pioggia ancora nell'aria; sorrise al cielo azzurrissimo, inspirando di nuovo profondamente e sentendosi rinata. Per più di sei mesi non aveva visto quella luce vitale e non aveva respirato quell'aria fresca, non aveva visto gli sconfinati prati attorno ad Alkalie Lake tornare verdi dopo l'inverno, non aveva visto il cielo turchese e senza nubi e nemmeno le montagne lontane con le cime ancora coperte di bianco. Era come ritornare alla vita.
Ora che non faceva più cosi freddo e che gli acquazzoni del cambio di stagione erano passati, i detenuti potevano godere nuovamente dell'ora d'aria al pomeriggio, un privilegio che sembrava averli fatti risorgere da tombe di carne ancora viva.
Guardandosi attorno, Allison comprese di non essere la sola a provare quella sensazione. Tutti ridevano ed esultavano alla luce di quel magnifico e tiepido pomeriggio, sorridendo al cielo e gettandosi a terra per toccare la terra soffice e scura; qualcuno aveva preso a correre come un pazzo attorno al perimetro del cortile, salutando più allegro che mai i secondini armati fino ai denti che sorvegliavano le recinzioni e le torrette; quelli ricambiavano con sorrisi tirati, rallegrati dal bel tempo e dall'allegria che quegli attimi gli avevano donato a tutti. Era semplicemente bellissimo.
-" Questo è sempre un momento meraviglioso. "
le disse Trent, avvicinandosi a lei con il suo raggiante sorriso. Entrambi fissavano incantati oltre le recinzioni; fiori gialli e bianchi puntellavano il verde intenso dell'erbetta profumata e una striscia di cemento argenteo brillante al sole, la strada che portava vicino o lontano da Alkalie Lake, interrompeva per un brusco momento quel prato abbagliante.
Nel guardare quella strada Allison provò un tuffo al cuore : quando avrebbe percorso di nuovo quella striscia di cemento per tornare a casa?
-" Beh, tra poco ti potrai godere tutto questo ogni giorno, per quanto tempo vorrai. "
gli rispose sorridente, alludendo al fatto che di lì a poco, circa un mese o poco più, il suo migliore amico sarebbe uscito dal carcere minorile; il ragazzo non mancò di percepire una punta di malinconia nella voce dell'amica, che continuava a fissare sorridente la libertà ad un passo da lei. Le passó affettuosamente un braccio attorno alle spalle, attirandola a sè e consolandola : sapeva che avrebbe sentito la sua nostalgia, esattamente come lui avrebbe fatto con lei. Era una delle poche amicizie sincere che avesse, gli dispiaceva infinitamente doverla lasciare lì praticamente da sola, però di certo non avrebbe potuto tirarsi indietro da quel giorno magnifico che lo aspettava da molto tempo, anche se avesse voluto.
-" Arriverà anche il tuo momento. "
Non aggiuse altro, perchè sapeva perfettamente che altre parole l'avrebbero fatta stare peggio. Rimasero lì per lunghi minuti, abbracciati l'una all'altro sotto quei tiepidi raggi primaverili, non accorgendosi di due occhi acqua marina che li guardavano con malinconia.
 
Quell'aria fresca era stata come la discesa dello Spirito Santo : la salvezza. Il sole era alto nel cielo turchese di quello sperso angolo al centro del Colorado e tra quei meravigliosi colori -l'azzurro della volta celeste, il verde di prati e alberi, l'oro del sole- Duncan si sentì di nuovo vivo. Era bello vedere la luce del giorno in santa pace, senza dover badare solamente alla propria accetta e a quanta legna tagliare per via dei lavori forzati.
Appoggiato alla parete di calcestruzzo grigio, guardava il cortile con aria assente, vagando con lo sguardo di tanto in tanto sulla lontanissima strada che portava via da Alkalie Lake e che si perdeva nei campi e tra gli alberi; si accese una sigaretta e passó l'accendino a quello che si poteva definire il suo migliore amico, un colosso di circa due metri e pelato con cui amava fare a botte nel ring. Si chiamava Paul Hogan, ma per la sua stazza era stato rinominato Pauliefemo; il ragazzone odiava quel nome, perciò tutti lo chiamavano semplicemente Paulie. 
-" Oh sì cazzo! "
esclamò Paul, espirando una nuvola di fumo azzurrino. Le sigarette che venivano miracolosamente distribuite dal riformatorio nelle ore d'aria erano qualcosa di pestilenziale, ma sia Duncan che il suo amico avevano fumato così tanta roba prima di Alkalie Lake che ora se ne fregavano altamente : bastava un po' di tabacco.
Duncan sorrise a quell'esclamazione e soffiò una boccata di fumo a sua volta. Non ricordava nemmeno l'ultima volta che aveva fumato una sigaretta, forse era stato cinque, sei, anche sette mesi prima. Mentre pensava a questo, il suo sguardo cadde inevitabilmente su McCord e la ragazzina; stavano parlando, sorridendosi teneramente a vicenda, e lui le circondò le spalle con un braccio. Fissavano spensierati il cielo sereno, respirando profondamente l'aria fresca degli inizi di aprile. Non si accorse che li stava osservando con una certa malinconia negli occhi acqua marina, una malinconia quasi ossessiva, che non passò inosservata a Paulie.
-" Hey amico, tutto a posto? "
chiese il ragazzone, svegliandolo dalla sua trance. Sapeva perfettamente cosa e chi stesse guardando e quello sguardo non prometteva nulla di buono, per lui in particolare.
-" Certo. "
rispose seccamente Duncan, fissandosi i piedi nascosti negli anfibi e sbuffando altro fumo.
Il pensiero di non essere all'altezza, dopo tanto tempo, riaffiorò nella sua mente.
~~~
Il Lupo Cattivo le stava girando attorno come se fosse stato un predatore che studiava la sua preda prima di assalirla; il suo sguardo di ghiaccio la fece sentire ulteriormente piccola e la obbligò a stringersi nelle spalle. Detestava quella sensazione : si sentiva di nuovo nuda sotto quelle occhiate voraci e avrebbe tanto voluto nascondersi da essi e dal mondo parallelo che custodivano con tanta gelosia.
Si bloccò davanti a lei, poco lontano dal centro del ring, guardandola pensoso eppure non tradendo la minima emozione o pensiero da quegli occhi acqua marina così dannatamente incantevoli alla luce del sole pomeridiano che filtrava dalle enormi finestre della palestra.
Gli ultimi allenamenti non erano stati molto diversi dal primo : lei continuava a perdere nei brevissimi incontri contro di lui, ma ogni volta migliorava nelle difese e nell'agilità, allungando pian piano la durata delle lotte. Era già un piccolo passo avanti. Per il resto, però, rimaneva sempre il solito scricciolo indifeso che tentava di battersi come un leone contro un leone vero. 
-" Sei veloce e agile : basta questo per battere i colossi. "
esordì, incrociando le braccia al petto nudo e guardandola freddo. Le arrivò a pochi centimetri con sole tre falcate e la fissò dall'alto, soverchiandola nuovamente. Dio, quanto si sentiva piccola e indifesa rispetto a lui, alla sua possenza e perfino alla sua bellezza. 
-" Devi concentrarti su punti specifici in cui colpire. Gola, costole, stomaco, ginocchia : questi sono i punti chiave per atterrare avversari più grossi di te. Se proprio devi colpire la testa, punta alle orecchie o al naso. "
disse, indicando quei punti sul suo corpo scultoreo e tatuato; Allison seguiva con grande attenzione, cercando di ricordare e studiare ogni mossa nella sua mente, come se si fosse trattato di un'espressione algebrica o un esperimento di scienze. In fondo, non c'era molto di diverso : ogni elemento era il componente per un composto che, se mescolato ad altri, causava una reazione. Il problema arrivava con la pratica, perchè alla teoria tutti erano bravi.
-" Ovviamente non puoi imparare tutto questo immediatamente, ma hai dato più volte prova di avere un talento naturale per picchiare con tecnica : ce la puoi fare, ci basta solo fare un bel po' di allenamento. "
A quelle parole, Allison annuì fieramente, azzardando ad incrociare lo sguardo con quello del Lupo Cattivo ma riabbassando subito gli occhi sui suoi piedi fasciati. Era ancora così difficile sostenere quello sguardo così gelido e calcolatore, quello stesso sguardo che le aveva divorato le membra nude una mattina piovosa di poco tempo prima.
-" Hai voglia di provare? "
le chiese, con una nota vagamente più gentile nella voce ferma e glaciale, e lei annuì di nuovo, sorridendo appena e timidamente. Duncan non chiedeva di meglio.
Entrambi si allontanarono di qualche passo l'uno dall'altra e cominciarono a studiarsi con quello sguardo ormai familiare di astiosa sfida per il territorio come due lupi famelici. Si sgranchirono le ossa delle dita e del collo, ghignando con provocazione e studiando ferocemente l'avversario. Malgrado avessero già avuto modo di misurarsi altre volte, ancora non si conoscevano abbastanza bene e necessitavano di quei lunghi secondi di osservazione e saggio delle reciproche intenzioni dai movimenti e dagli occhi. Conoscevano con certezza solo una cosa l'uno dell'altro : erano imprevedibili, o quasi.
Si andarono incontro quasi contemporaneamente. Il ragazzo tentó immediatamente un affondo, che però lei schivò con grande rapidità, scartando a destra e mettendo in atto i consigli di poco prima, colpendolo repentinamente appena sotto le costole affondando la punta delle dita in quel tenero punto di carne calda; si ritrovarono agli opposti del ring già con il fiatone e l'adrenalina nelle arterie; il Lupo Cattivo si teneva una mano sotto il costato. Gli aveva fatto male, quella piccola carogna, pensò teneramente. 
-" Impari troppo in fretta... "
mugugnò tra i denti, sorridendole ferinamente in un'espressione dolorante. Probabilmente l'aveva sentito, visto il ghignetto orgoglioso che gli rivolgeva; nei suoi occhi color ghiaccio brillava l'istinto.
Di nuovo si corsero incontro nello stesso momento, uno anticipando di pochi secondi l'altra. Questa volta, però, grazie ad un'abile finta, lui riuscì ad afferrarla violentemente per una spalla, affondando le grandi dita nella carne morbida tra la spalla e la clavicola e sbattendola a terra, facendola ringhiare più di rabbia che di dolore; per un secondo scorse in quegli occhi color ghiaccio una scintilla di puro fuoco, una scintilla che per anni aveva visto guardandosi allo specchio, una scintilla che lo faceva esplodere e che, a quanto pareva, faceva esplodere anche lei.
La piccoletta, svelta come un serpente a sonagli, si dimenò fino a rifilargli una potente ginocchiata nel costato, che lo fece ringhiare e rincarò la dose con un cazzotto in piena faccia, obbligandolo a lasciare la presa sulla sua spalla; il Lupo Cattivo scivolò di lato, trovandosi lungo disteso al tappeto su un fianco. E va bene, pensò, basta andarci leggero. Non appena la biondina provò da infierire, le afferrò una caviglia e la torse brutalmente, facendole perdere l'equilibrio e gridare per il dolore. Nonostante i suoi tentativi di strisciare via, le afferró di nuovo la gamba e la trascinò a sè, graffiandole le braccia contro la superficie scorticata della cerata bianca; in un attimo le fu addosso come un leone che finisce di abbattere un'antilope e la obbligò al tappeto afferrandole saldamente il collo e facendo un ponte con le gambe sopra alle sue. Entrambi ansimavano ed erano sudati, come sempre, e come sempre si sorridevano soddisfatti. 
-" Ti arrendi? "
le sussurrò, e lei si morse sensualmente il labbro, guardandolo in modo così lascivo che per un attimo ebbe paura. 
-" Mai. "
Quel colpo terrificante fu peggio di una pugnalata. In meno di tre secondi, quella ginocchiata tra le gambe lo aveva fatto ringhiare come un lupo dolorante, facendolo crollare su un fianco e obbligandolo a portarsi le mani all'inguine. Dio, quanto faceva male. Chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro la cerata, respirando con la bocca e cercando di placare il fischio odioso che gli rimbombava nelle orecchie. Faceva male. Davvero tanto male. 
Approfittando di quel momento, la ragazza lo fece voltare supino e si sedette comodamente sul suo addome, incrociando le braccia al petto e guardandolo trionfante dall'alto; riuscì a sentire il battito accelerato del suo cuore perfino in quelle cosce salde e il ritmo affannato del suo respiro. Malgrado gli occhi offuscati da lacrime di dolore, vedeva quel sorrisetto così maledettamente orgoglioso schernirlo. Quasi accecato dalla voglia di vendetta, la afferrò improvvisamente per il top e le rifilò il pugno più leggero che potè sulla guancia, facendola rotolare al suo fianco con un ringhio misto ad un grido; teneva ancora gli occhi chiusi e respirava ancora con la bocca, tentando si riprendersi dalla brutale ginocchiata nelle palle appena ricevuta. 
-" Se... Se fossi un ragazzo... saresti già morta. "
disse rabbioso e sfinito tra un ansimo e l'altro, non accorcendosi delle mani della ragazza che cercavano di allontanare pian piano la sua. Senza volerlo, per trattenerla, aveva infilato le dita nell'orlo del tessuto nero e la sua pelle era in contatto con quella della ragazza, un contatto in un punto non troppo gradito. Se ne accorse solo dopo qualche secondo e la lasciò lentamente, godendosi nel profondo quel dolce sfregamento che l'aveva fatta arrossire come non mai. 
-" Ti fa così male? "
gli chiese, dopo essersi messa seduta al suo fianco; il suo tono colpevole non mancò di colpirlo e nemmeno le sue dita leggermente scorticate dal precedente allenamento al sacco che si tastavano la guancia colpita che cominciava ad arrossarsi.
-" Passerà. "
mormorò laconico. Radunò tutte le sue forze per sedersi e nel farlo gemette. Mai nessuno gli aveva tirato una ginocchiata tanto forte in quel posto, e che di colpi lì ne aveva presi. Quella ragazzina era spaventosa : c'era troppa forza in quel corpicino.
Entrambi ansimavano per la fatica e il dolore ed entrambi fissavano il medesimo punto sulla cerata bianca del ring coperto dal loro sudore.
-" Tu? Ti sei fatta male? "
le chiese e lei sorrise dolcemente, continuando a fissare un punto nell'infinito. Lo trovava sempre molto tenero quando le faceva quella domanda.
-" Passerà. "
A quella risposta, incrociarono i loro sguardi e si sorrisero complici. 
 
Nello spogliatoio, la luce del sole che calava lentamente aveva ombreggiato malinconicamente quella stanzetta e li aveva obbligati ad accendere le luci al neon, che ora emettevano una pigra e tremolante luce bianca. Seduta sulla bassa panchina di legno lucido ma consunto, Allison si stava premendo sulla guancia un cuscinetto di ghiaccio sintetico, mentre il Lupo Cattivo le toglieva le bende dalle caviglie. Era concentratissimo come sempre su quello che stava facendo e per tutto il tempo non la guardò, nè parlò; in compenso, lei lo potè osservare con la stessa concentrazione e lo stesso silenzio, cercando di cogliere ogni dettaglio della sua pelle liscia e velata da un lucido strato di sudore. 
-" Mi dispiace per quel calcio. È stato sleale. "
mormorò, distogliendo lo sguardo dalle sue imponenti spalle tatuate, e lui per la prima volta alzó lo sguardo, che non tradì alcuna emozione particolare. Ritornò tranquillamente al suo lavoro, dando l'impressione sbagliata di essere arrabbiato.
-" Scusami tu. Non avrei dovuto tirarti quel pugno. "
Allison sorrise alla panchina, arrossendo un pochino. Non era arrabbiata con lui, anzi, se l'era meritato per la carognata che aveva fatto. Era tutto okay.
-" No, non ti preoccupare. Hai fatto bene. "
Il Lupo Cattivo la guardó per un secondo, rivolgendole un minuscolo e timido sorriso che le scaldò il cuore.
-" Fammi vedere. "
le intimò, dopo averle tolto le bende alle caviglie, sfiorandole la mano perchè la togliesse dalla guancia colpita. Nonostante avesse cercato di non usare troppa forza, le si stava lentamente formando un ematoma violaceo, contenuto dal freddo del ghiaccio sintetico. Con un gesto delicato, le posò nuovamente il cuscinetto sulla pelle, facendola arrossire. Quando le prese il polso sinistro, quello libero, gemette, ritirando violentemente l'arto ma ringhiando per un dolore ulteriore. L'espressione di Duncan s'imbronciò, fissando la ragazzina con rimprovero. Nel suo sguardo c'era un sentore di colpa che non avrebbe dovuto avere.
-" Ti fa male? "
-" È solo una sciocchezza... "
gli sussurrò, guardando altrove e accennando un sorrisetto. Non avrebbe abboccato nemmeno cent'anni più tardi. Le sfilò rapidamente le bende e, con le grandi dita, cominciò a tastarle dolcemente l'arto, dal polso alla mano, e sentì che l'osso del pollice era più indietro di dove avrebbe dovuto stare. Brutta storia.
-" Ti fidi di me? "
Quella domanda sconvolse Allison, che fu colta totalmente alla sprovvista. Che cosa avrebbe dovuto rispondergli? Per fortuna, lui non attese. Le afferrò saldamente il pollice e gli diede uno strattone sicuro e ponderato, riportandolo al suo posto; lei ringhiò per il dolore, che le si presentò come un lampo di luce accecante da cui non si potè ritrarre, e per un attimo si ritrovò ad essere appoggiata alla spalla del Lupo Cattivo, soffocando un grido straziato in gola. Dopo aver ripreso fiato, si allontanò in fretta dal suo corpo e guardò altrove, arrossendo; sul palmo dell'altra mano sentiva ancora il calore del suo corpo.
-" Devi esserti schiacciata la mano quando sei caduta. Vuoi una fasciatura? "
La ragazza si limitò a scuotere la testa, sorridendo timidamente. 
Dopo averle tolto le bende anche sull'altra mano, il ragazzo si alzò gemendo e solo allora Allison potè notare con rammarico un livido sul suo costato e che camminava con le gambe leggermente rigide e divaricate. Sembrava distrutto. 
Molto timidamente gli si avvicinò mentre lui accostò una mano agli sportelli degli armadietti, respirando un po' affannosamente. Era molto preoccupata dalla sua espressione feroce da lupo ferito, ma soprattutto da quelle penose boccate d'aria prese con la bocca.
-" Siediti, per favore... "
gli disse, e nel suo tono trasparì preghiera piuttosto che comando. Il Lupo Cattivo obbedì quasi meccanicamente e osservò la ragazzina mentre si accovacciava davanti a lui, il viso pesto a causa del suo pugno e la schiena arrossata, così come una delle caviglie, quella che lui aveva afferrato violentemente per trascinarla tra le sue spire. Lo obbligò a sollevare il braccio sinistro e cominciò a studiare con occhio rapace il livido che gli si stava formando sul costato. La sua mano delicata e pallida si avvicinò pian piano alla sua pelle, quasi come se stesse per accarezzare un predatore feroce, e per un attimo la vide esitare; le sue guance erano in fiamme. Le afferrò il polso con rude dolcezza, quasi d'istinto, e avvicinò delicatamente la sua mano finchè non si posò sul suo livido; la sentì deglutire e la vide arrossire ulteriormente, anche se cercò di mascherare il suo imbarazzo con la poco solida maschera della sicurezza. Tastò timidamente la carne, premendo le dita fine sul livido e facendogli emettere un sibilo sommesso. Faceva male. 
Si riprese la mano con una fretta fulminea, carezzandone le punte con l'altra, come se avesse sfiorato il carbone ardente. La sensazione sui suoi polpastrelli in realtà era simile a qualcos'altro, qualcosa di più complesso e arcano, qualcosa che non si sapeva spiegare, ma che era sicuramente molto caldo.
-" D-dovresti farti vedere in infermeria. Non mi sembra che sia rotta, ma è un brutto colpo. "
sentenziò Allison, distogliendo lo sguardo dal suo corpo. Non si era mai sentita esplodere in quel modo. 
-" Beh, forse mi hai rotto qualcos'altro. Letteralmente, per una volta. "
Quella battuta, nonostante il tono freddo, la fece arrossire e sorridere e le diede un minimo di coraggio per guardare il Lupo Cattivo in faccia. Anche lui le sorrideva un pochino. 
-" Mi dis... "
-" No, non c'è problema. Impari in fretta : è un'ottima consolazione. "
Allison allargò il suo sorriso, ma il senso di colpa non abbandonò i suoi occhi.
~~~
-" Io lo ammazzo! "
sbraitò Trent, battendo un pugno sul tavolo di metallo e facendo saltare i vassoi; tutta la sala mensa si voltò verso quel tavolino, secondini compresi, e videro il detenuto McCord con il viso paonazzo dalla rabbia e i denti digrignati. Allison si fece minuscola e paonazza a sua volta, cercando di scomparire da quel posto. Purtroppo, non ci riuscì. 
-" Per l'amor del cielo Trent, calmati... "
-" Col cazzo che mi calmo! Come diavolo ha osato?! "
Il ragazzo faceva riferimento al livido bluastro sulla guancia di Allison e alla sua causa; anche Berry aveva fatto una brutta smorfia quando lei gli aveva spiegato il perchè di quel segno orribile sul suo viso, ma non aveva fatto altro. Trent invece...
-" Ma come si permette quello stronzo di metterti le mani addosso?! "
Li stavano guardando tutti, una cosa che Allison detestava con tutta sè stessa.
-" Non mi ha messo le mani addosso, maledizione, sono cose che capitano quando fai lotta libera, non ti sembra? "
sibiló la ragazza, e allora la collera di suo fratello sembrò scemare lentamente nei suoi occhi verdi e profondi come pozzi di meraviglie. Ora capiva come si sentiva Valery quando lei faceva le sue scenate di gelosia o iperprotettività, ma si disse anche che non avrebbe smesso. Non era nel suo carattere essere contenuta, non quando si parlava di sua sorella. Probabilmente era lo stesso per Trent. 
Valery. Quel pensiero la colpì. Era da parecchio che evitava sua sorella, ma ora le fu impossibile. Chissà cos'avrebbe detto lei di quel livido. Probabilmente sarebbe esplosa e avrebbe chiamato Viktor, in modo che la razione di botte fosse stata doppia. Sorrise mentalmente al pensiero di sua sorella che prendeva a pugni Duncan o qualsiasi altra persona : impossibile, non la sua Val. 
Trent si stava guardando attorno e quando avvistò il suo bersaglio -momento in cui lo avvistò anche Allison- si alzó e fece per raggiungerlo a grandi falcate, ma la sua amica si gettò prontamente oltre il tavolo ad afferrargli un polso. Gli occhi verdi sempre benevoli del ragazzo saettarono sfolgoranti nei suoi, che lo pregavano di sedersi e tornare a finire la colazione. Ormai non le importava dell'intera mensa che li guardava, il Lupo Cattivo compreso, voleva solo che Trent si sedesse. 
-" Ti prego. Siediti. "
La fermezza della voce di Allison quasi gli fece gelare il sangue e, malgrado la sfrontata e testarda determinazione nel voler rifilare un gancio in faccia a quel pomposo coglione persistesse, si accomodò nuovamente sulla sedia e tutto parve tornare normale.
-" Io lo ammazzo... "
ripetè, stavolta mormorando, e poi tornò alla sua colazione. 
Allison lanciò un'occhiata fugace al Lupo Cattivo, che se ne stava al suo solito tavolo a mangiare il suo rancio mattutino con la sua solita tuta arancione, i suoi soliti capelli corvini sparati e ancora umidi dalla doccia e gli occhi acqua marina accesi di una luce meravigliosa quanto morbosa. 
La stava guardando a sua volta, con un sorrisetto d'insana superbia, quella dei teppistelli che a volte aveva visto per le strade di San Francisco, misto ad un non so che di dolce tipico dei ragazzini infatuati. Lei arrossì come non mai e distolse lo sguardo. Nessuno l'aveva mai guardata in quel modo, pensò, e dentro di sè sorrise. 
 
Trent stava a pochi passi da lei in quell'angusto corridoio del piano di sopra. Era un posto più buio rispetto ad altri ed era verniciato di un odioso indaco scurito a causa dell'umidità penetrata nell'intonaco. Ricordava quel lungo e cupo corridoio : per arrivare alle celle del piano superiore era passata di lì in febbraio, nei giorni dopo la tentata aggressione, quelli che lei aveva nominato I giorni del profondo rosso per un motivo a lei ignoto.
Allison prese titubante la cornetta, come se fosse stata uno strumento del Male pronto a risucchiarla in un oscuro vortice di follia. Era stato Berry a chiamarla, dicendole che c'era una chiamata per lei, e Trent, dopo una breve occhiata complice, l'aveva seguita attraverso i corridoi di Alkalie Lake in quell'insolitamente nuvolosa giornata di aprile in cui l'aria era fresca e tutto sembrava aver perso colore senza i raggi del sole. 
Si portò la cornetta di plastica nera all'orecchio e prima di parlare deglutì a vuoto.
-" Pronto? "
-" Ally? Sono zio Chris. "
Un peso si levò leggiadro dal suo petto e potè tornare a respirare. Grazie a Dio, era zio Chris. La sua voce era diversa da come la ricordava, un po' spenta e forse anche malinconica, stanca, ma le diede comunque una sensazione che non ricordava di aver mai provato, quella di ritrovare qualcuno che pensava non avrebbe rivisto più. Era immensamente felice di risentirlo dopo quasi  sette mesi di lontananza.
-" Ciao zio. Come stai? "
-" Vado avanti, come tutti. Tu? Stai bene? "
-" Certo, qui va tutto bene. La mensa sta migliorando e mi sono adattata bene all'ambiente. Per fortuna, non sono sola. "
Le dita di Trent che s'intrecciavano alle sue la fecero sorridere, anche se continuò a fissare la parete davanti a sè. 
-" Bene, sono contento. Avevo in mente di venirti a trovare. "
Il cuore di Allison sussultò a quella frase e nei suoi occhi parve accendersi una candela, una torcia, un faro nell'oscurità della sua solitufine interiore, in quel vuoto provocato dalla distanza dalla sua famiglia, dalle uniche due persone di cui le importava davvero dopo l'incidente di mamma e papà, avvenuto più di undici anni prima. Era un vuoto sordo e cieco, un vuoto che non poteva essere rimpiazzato. Un vuoto lacerante che si allargava ad ogni secondo di più, inghiottendo ogni briciolo di luce che ancora aleggiava restio nel cuore della ragazza. 
-" Davvero?! Quando? "
-" Questo fine settimana, sabato. Ti va? "
Sentì lacrime di gioia affiorarle agli occhi, ma le ricacciò indietro : non era una notizia per cui piangere, anzi. Non vedeva ormai l'ora che arrivasse sabato. 
-" Certo! Certo che mi va! "
-" Ottimo, allora sarà fatto. "
-" Perfetto. Ah, zio... "
Respirò a fondo prima di formulare quella domanda, prima di pronunciare quel nome sacro quanto quello di Dio Padre. Era difficile, ma non sapeva perchè. Da mesi e mesi non pronunciava quel nome, lo sentiva solo nella sua mente, di giorno nei ricordi e di notte negli incubi. Ora quel nome sembrava aver accumulato la forza distruttrice di un uragano, ma solo per Allison.
-" Valery come sta? "
-" Lei sta bene. Si è ripresa, anche se le manchi infinitamente. Ne parleremo sabato, se ti va. "
-" D'accordo. "
In realtà, Allison non aveva voglia di parlarne. Lei stava bene, era tutto quello che voleva sapere. O tutto quello che si stava autoconvincendo di voler sapere. 
La sua attenzione fu attirata dalla grande mano di Berry che si posò delicata sulla sua spalla; con l'altra mano le fece cenno che il tempo della chiamata era scaduto e lei annuì.
-" Adesso devo andare. Ci vediamo. "
-" D'accordo, ci vediamo. Ti voglio bene piccola. "
Sorrise.
-" Ti voglio bene anch'io. "
Riappese la cornetta al muro e sospirò, appoggiando un avambraccio alla parete e accostandovi a sua volta la fronte. Era stata la telefonata più sfiancante della sua vita.
~~~
 C'erano cose che non si cancellavano. Il Tempo poteva toglierle dalla pelle, ma non dalla mente. Il Tempo poteva rimarginare le ferite, ma non guariva le cicatrici. Il Tempo era soltanto una mera illusione, una maledetta aspirina contro un'emicrania incurabile, una medicina scadente che non aveva alcun vero potere. Nulla si dissolveva, le ceneri non si disperdevano, i ricordi non sfumavano, i demoni non affogavano.
Lei era distesa nella sua vasca da bagno, con il suo vestitino lilla e i capelli morbidamente sciolti sulle spalle, bagnati dall'acqua traboccante e rosata. Le sue braccia bianche e penzolanti oltre il bordo di ceramica erano squarciate, grondavano sangue che si mescolava all'acqua e che strisciava velenosa verso i suoi piedi, in rivoletti cremisi come serpi dannate pronte a ghermirla; tra le dita fine stringeva ancora una delle lamette da barba di Peter, una di quelle maledette lamette che troppe volte le aveva detto di gettare via, le lamette che avevano rovinato la vita di entrambe.
Cercò di urlare, ma nulla uscì dalla sua bocca, solo un debole fiato. Fece per avvicinarsi al suo corpo esanime, quando le palpebre abbassate dolcemente si spalancarono, rivelando vitrei occhi viola profondi come pozzi nell'Oblio, vuoti come l'oscurità di una grotta buia e dimenticata. La sua testa si voltò verso di lei, paralizzandola, e le sue carnose labbra rosse si piegarono in un ghigno malefico più che in un sorriso, il sorriso che i suoi demoni mettevano prima di ghermirla nella notte.
-" Non puoi scappare... Non puoi scappare... NON PUOI SCAPPARE! "
 
Scattò seduta sulla sua branda, soffocando un grido in un suono asmatico, un suono simile a quando si ritorna in superficie dopo un'eterna apnea. Lacrime amare le rigavano il viso pallido, che si asciugò in fretta con il dorso della mano, mentre il resto del corpo era imperlato dal sudore freddo che conosceva così maledettamente bene, così come i tremori convulsi di chi sta per avere un crollo psicologico. Si stropicciò ferocemente gli occhi, respirando boccate d'aria a pieni polmoni, nel tentativo forse di cancellare quelle orribili immagini che da più di un anno la tormentavano senza sosta, ogni giorno e ogni notte. Quella volta, però, erano state peggio di ogni altra. Era stato l'incubo più terribile che ricordasse.
Il lungo lunedì di paura. Quel maledetto lunedì di paura, pensò, e rivide le pallide e delicate braccia di Valery aperte dal polso fin quasi al gomito, grondanti di sangue rosso e dall'aspetto delicato. Un conato di nausea s'impossessó del suo stomaco e stavolta non si potè trattenere. Si gettò giù dalla branda, atterrando male e quasi slogandosi una caviglia, per poi inginocchiarsi davanti al WC e rigettare violentemente la cena con rantoli e gemiti. Quando i conati finalmente smisero di attanagliarle lo stomaco, tirò lo sciacquone e si abbandonò sulla tavoletta di plastica, versando tutte le lacrime amare che in quei mesi pensava di aver perlomeno accantonato in un angolo della sua mente. Erano lacrime semplicemente disperate, lacrime di rabbia e di miseria, di un sentimento così orrendo e rivoltante, così struggente e devastante che Allison si sentì crollare sotto il peso di esse. 
-" Signore, oh Signore, ma cosa ti ho fatto?! Che cosa ti ha fatto lei perchè tu le facessi fare questo?! "
mormoró devastata tra quella cascata di lacrime che non accennava a placarsi, parlando a quel Dio che non credeva l'avrebbe mai ascoltata, come mai l'aveva ascoltata prima di allora. 
Si calmò solo dopo lunghissimi minuti passati a piangere su quella maledetta tavoletta del WC mezza distesa sul gelido pavimento della cella con le gambe nude. Respirò profondamente, cercando di riprendere il controllo di sè stessa; si rialzò a fatica, poggiandosi al piccolo lavandino in cui tuffò il viso per risciacquarlo dalle lacrime e togliersi dalla bocca il sapore rivoltante del vomito. Aveva le ginocchia molli, faceva fatica a stare in piedi, ma per fortuna non ricrolló su sè stessa, malgrado ci mancasse poco.
Dei quatti movimenti provenienti dalla branda del Lupo Cattivo attirarono la sua attenzione, ma non sollevò lo sguardo dalla ceramica bianca ingrigita del lavandino; scorse il ragazzo con la coda dell'occhio, nella penombra della notte, che si avvicinava a lei con circospezione, quasi a non volerla spaventare. Si fermó a pochi passi da lei e la guardò con la sua consueta, apatica calma. Aveva assistito a tutta la scena minuto per minuto : era stato straziante vederla ferita quasi mortalmente dai suoi stessi demoni, qualsiasi essi fossero.
Ora era lì, appoggiata a quel lavandino con indosso solo un paio di mutandine e una canottiera nera, i capelli totalmente scompigliati e il pallore di un malato terminale. Ma forse non era il suo corpo che stava per morire nelle più atroci sofferenze del mondo. 
Le sfiorò la spalla con la mano e lei si ritrasse appena, con calma, ma lui insistette. Le carezzò con dolce rudezza la pelle liscia a volte intaccata da qualche cicatrice lasciata dall'acne, cercando di confortarla come meglio poteva; a quanto pareva, nonostante quello fosse stato un gesto semplice, quasi banale e forse stupido, la ragazzina sembrò riprendersi minimamente. 
-" È... È tutto a posto... "
mormorò con voce rotta, portandosi il pugno alle labbra come per coprire un colpo di tosse. Il suo sguardo si fece leggermente più duro nel buio e lei parve percepirlo. 
-" Non mentire con me. "
La sua voce risultò più fredda di quello che intendesse, ma cercò di rimediare con le sue dolci carezze sulla lattiginosa pelle nuda della spalla. Era gelida, quasi come se fosse morta. Era terrificante. Le strinse dolcemente l'arto e quel contatto sembrò rinvigorirla ancora un poco; la sua stretta era salda, sicura, ma allo stesso tempo timida e confortante. 
Si allontanò per un momento da quel corpo fragile come una statuina di cristallo e forte come una roccia e quando tornò le passò dolcemente attorno alle spalle la sua camicia, che le arrivava fino a metà delle cosce. I suoi occhi color ghiaccio saettarono luminosi verso i suoi, incuriositi e sorpresi da quel gesto così premuroso, così gentile, così insolito. 
-" Sei gelata : ti prenderai un malanno. Torna a letto. "
Allison ubbidì automaticamente, senza alcuna protesta, arrampicandosi svogliatamente sulla scaletta a pioli e stendendosi sul suo materasso, infilandosi nel capo insolitamente caldo e stringendovisi dentro, come se fosse stato un rifugio sicuro dal mondo intero; profumava di muschio bianco, di una punta di sudore e un odore quasi selvatico che riconobbe come quello del ragazzo. Fu il Lupo Cattivo a coprirla nuovamente con il suo piumino, allungando le lunghe e muscolose braccia attorno al suo piccolo corpo, avvicinandole poi, anche se con un po' di rozza timidezza, il suo adorato Pinky. 
-" Sai dove sono, s-se hai bisogno di qualcosa. "
Allison annuì, accennando un piccolo ed intenerito sorriso alla sua premura, una premura che la spiazzò. 
Quando si allontanò e vide la sua possente schiena tatuata nella penombra, una piccola, minuscola, insignificante ed ombrosa parte della sua mente le sussurrò che non era sola a combattere i suoi incubi, che un Lupo Cattivo l'avrebbe aiutata, se gliel'avesse chiesto o meno.
 
Nella sua branda, stava trattenendo a stento i tremori. Non sapeva perchè, ma continuava ad avere i brividi e non riusciva a dormire. Era la prima volta da un bel po' di tempo che gli capitava. 
Si rigirò per l'ennesima volta nel letto, facendo penetrare sotto il piumino sbuffi di aria gelida e rabbrividendo nuovamente, e puntò i suoi occhi lupini color acqua marina sulla ragazzina. Infagottata nella sua camicia e nel piumino, con l'unicorno di peluche tra le braccia, sembrava essere una bambina, un'adorabile bambina bisognosa di affetto. Ora sembrava serena, dormiva profondamente, anche se nella penombra Duncan distinse una certa ostilità nell'espressione corrucciata del suo visetto pallido. 
Quella ragazzina mi farà ammattire, pensò, un pensiero che si stampava nella mente per non tirarne fuori altri. Altri come quello della sensazione di non essere abbastanza, quell'infausta, odiosa, ripugnante sensazione di non essere abbastanza. Credeva di aver superato quella fase della sua vita quattro anni prima, quand'era un quindicenne sbandato con il cervello in pappa. E invece no, eccola lì di nuovo, rispuntata come l'ortica in un prato incolto. Non sei abbastanza. Ogni volta che la guardava un folletto bastardo nella sua testa gli ricordava quasi divertendosi che non sarebbe mai stato abbastanza per lei.
Si voltò ancora una volta, dando la schiena alla ragazzina. Poi chiuse gli occhi e il mondo tornò a spegnersi.
~~~
Quel sabato pomeriggio c'era un sole caldo e piacevole; un venticello rinfrescava l'aria dall'insolita calura che scaldava il cortile di Alkalie Lake e tutti gli sterminati prati circostanti. Non una nuvola in quell'immensa distesa turchese che era il cielo e gli uccellini cinguettavano tranquilli, portando una certa allegria tra i detenuti. 
Allison sedeva a gambe incrociate in un angolino non molto lontano dalla recinzione, con lo sguardo perso sui prati verdi in cui spuntavano macchie di fiori gialli o lilla e le cime lontane delle montagne ancora appena spolverate di bianco sulle alte ed irraggiungibili cime. La terra secca e tiepida faceva salire il suo amaro ma piacevole odore e il venticello trasportava quasi pigramente il profumo lontano dei boschi non molto lontani, un odore a lei familiare e a tratti genetico. Era tutto semplicemente bellissimo.
Trent era accanto a lei e con un bastoncino disegnava nella terra color nocciola forme semplici : alberi, fiori, soli, stelle. Evidentemente, si annoiava un po' , contrariamente a lei. Avrebbe passato l'eternità sotto quel cielo, di giorno o di notte che fosse, a rimirare il paesaggio circostante pur sapendo che ci sarebbe voluto molto tempo per poterlo raggiungere di nuovo. La libertà : un concetto ormai sfumato, un quadro sbiadito in quella galleria d'arte che era la sua mente. 
Entrambi i ragazzi aspettavano impazientemente l'ora delle visite ed entrambi avevano lo stomaco attorcigliato per l'emozione, anche se Trent lo lasciava trasparire leggermente di più da quei suoi begli occhioni verdi, che al sole diventavano quasi color dei prati che li circondavano. Da giorni, esattamente come lei, era in trepidante attesa di rivedere i suoi familiari. Allison non ricordava che le avesse mai parlato di loro, nè che gli avessero fatto visita, telefonato o scritto. Sembrava quasi che Trent non avesse nessuno fuori da quella serie di tre recinzioni, o almeno così era stato fino a quel momento. 
Si perse ad osservarlo, notando solo in quel momento che portava i capelli poco più lunghi di quando si erano incontrati la prima volta; aveva lo stesso sguardo gioviale, la stessa aura amichevole che l'aveva inaspettatamente accolta al riformatorio, niente del suo grande amico era cambiato. Era sempre lo stesso e, stranamente, sentiva di conoscerlo ormai da una vita. Il pensiero che di lì a meno di un mese sarebbe uscito dal riformatorio, che probabilmente non l'avrebbe visto mai più, le spezzò il cuore. Si costrinse a cacciarlo via, lanciando lo sguardo sui monti lontani e respingendo le lacrime. 
-" Non mi hai mai parlato dei tuoi incubi. "
esordì dopo qualche minuto Trent, puntando i suoi dolci occhi verde prato su Allison, che non smise di osservare il panorama attorno a sè. 
No, non l'aveva mai fatto. 
-" Posso chiederti che cosa sogni? "
Le rivolse quella domanda perchè sapeva benissimo che lei non era lì. Era da tutt'altra parte, persa in mezzo alle foreste a correre coi lupi, ad esplorare le caverne nelle montagne, a volare alta nel cielo in compagnia delle aquile. 
-" Mia sorella. "
rispose semplicemente, con voce piatta e assente. 
Passarono vari secondi prima che Trent tornasse a parlare.
-" Anch'io ogni tanto faccio degli incubi. Per la maggior parte delle volte vedo il mostro che pensavo si nascondesse nel mio armadio quand'ero bambino, solo che non è un mostro, è reale, è umano. "
Gli occhi di Allison si posarono su di lui come ali di farfalla, illuminati dalla splendida luce di quel sole accecante alto nel cielo di metà aprile. Gli sfiorò il braccio con le dita fine e delicate, leggermente scorticate dai contatti violenti con il sacco da boxe, in un gesto di pura comprensione che quasi lo spaventò. 
 
La sala per gli incontri era un locale non troppo grande illuminato da un'intera parete di finestre opache da cui filtrava mistica la luce del tardo pomeriggio. Il pavimento di linoleum azzurrino era perfettamente lucidato, così come i piccoli tavolini in metallo ordinatamente disposti per la saletta. Quel posto era così luminoso che quasi non sembrava di essere ad Alkalie Lake, un mostro di cemento grigio topo che devastava un paesaggio mozzafiato in mezzo alla rada campagna del Colorado, cento miglia a nord ovest di Castle Rock.
Un brusio contenuto animava quella stanzetta isolata del riformatorio, un concentrato di qualche tuta arancione e vestiti civili di mille colori diversi, e tra quei mille colori diversi spiccava un pregiato completo di cotone grigio e una camicia di lino azzurrina.
Riconobbe suo zio non appena mise piede nella stanza. Se ne stava compostamente seduto a quel tavolino isolato, a fissare il metallo lucente teso come una corda di violino; i suoi occhi neri come ossidiana erano luccicanti, malgrado con il tempo avessero perso la vitalità che li caratterizzava, e la sua pelle, più pallida rispetto a come la ricordava, faceva risaltare le prime rughe d'età e le minuscole striature grigie tra i capelli corvini e la cortissima barbetta attorno alla mascella e la bocca. Nonostante tutto, però, lo trovava ancora un uomo affascinante e in gran forma. Chris McLean non era mai stato un brutto uomo, anzi.
Allison si trattenne a stento dal corrergli incontro, con il cuore che martellava sempre più forte ad ogni passo e lo stomaco sempre più in subbuglio; Berry le teneva dolcemente una mano attorno al braccio ammanettato, una prassi che il regolamento non gli permetteva di evitare, e percepiva chiaramente ogni sua emozione soltanto guardandola.
Quando Chris la vide, un sorriso raggiante gli illuminò il volto e non potè fare a meno di alzarsi in piedi : era spiazzato dalla bellezza della sua nipotina ormai diciassettenne da parecchi mesi. La sua pelle era sempre del colore del latte, quello dei capelli era molto simile ai raggi del sole e i suoi occhi erano ancora di quel penetrante azzurro ghiaccio che a volte lo speventava, eppure era così diversa. Sembrava più muscolosa, più formata, perfino più vecchia di ciò che era in realtà; nel suo sguardo c'era qualcosa di diverso, così come il suo sorriso : parevano più duri, più forti, esplosioni di energia pura domate a stento. Davanti a sè, aveva una spledida, giovane donna forte e indomabile e non più una ragazzina ribelle.
Non appena Berry le tolse le manette, Allison si gettò tra le braccia dello zio, aggrappandosi al suo collo e affondandoci il viso, respirando il suo familiare e costoso profumo di marca; lui la sollevò da terra, stringendola a sè più felice che mai. Per la prima volta da anni, si sentì come rinato. 
-" Gesù, bambina mia! "
esclamò, affondando le dita nei lunghissimi capelli biondi tenuti sciolti solo per quell'importantissima occasione. Ancora non poteva credere di stringerla tra le braccia dopo cosi tanto tempo passato distante, divisi da chilometri di strada e da un'impenetrabile barriera di cemento.
-" Ciao zio. "
rispose calma lei, esprimendo il suo entusiasmo solo con un radioso sorriso.
Dopo un lungo abbraccio, si accomodarono al tavolino tenendosi le mani. Ad entrambi non sembrava vero di essere lì.
-" Come stai? "
-" Tutto bene. Qui non è poi così male. Ho incontrato brava gente, per la maggior parte sono dei ragazzoni a cui piace passare la giornata a leggere o in palestra. Mi sono adattata. Tu? "
Chris sorrise malinconicamente e annuì, un moto che lei aveva inevitabilmente ereditato.
-" Anch'io me la passo bene. Con gli affari tutto okay, a casa anche, anche se tu non ci sei. Sentiamo tanto la tua mancanza. Perdonami se non sono passato prima, pensavo che avessi bisogno del tuo spazio per ambientarti..."
Allison imitò suo zio, sorridendo e annuendo con lo sguardo puntato altrove. Per fortuna, suo zio la conosceva fin troppo bene. 
-" I nonni? "
-" Continuano ad infestare le nostre miserabili vite. "
A quella risposta, non poterono fare a meno di ridere. Allison ricordava più che bene le pesanti litigate con i suoi nonni, con nonna Sophie in particolare, e ricordava il modo lento e indolore con cui si era allontanata sentimentalmente da loro. Era stato un periodo lungo e brutto della sua vita, un periodo che l'aveva profondamente segnata ma che, ad un tempo, l'aveva temprata.
Ora peró, dopo quel breve momento d'ilarità, arrivava il groppo in gola, lo stesso pessimo groppo che le impediva di pronunciare il nome tanto amato, il nome sacro della sua Luce. Odiava doverlo fare, odiava torturarsi a quel modo, ma per lei, per sapere anche solo la minima stupidaggine sul suo umore, sul suo stato d'animo, si sarebbe gettata nelle fiamme dell'Inferno.
-" Valery? "
chiese in un sussurro, cercando poi di deglutire a vuoto. Era strano come solo fino a poco tempo prima urlava quel nome ai quattro venti ed ora non era nemmeno capace di mormorarlo, quasi nemmeno di pensarlo. I traumi sono i nomi delle loro vittime, pensò. O dei loro attori.
Lo sguardo di Chris non mutò, non s'incupì nè si rattristò. Era un buon segno.
-" È in gran forma. Ti scrive tutti i giorni : tiene dei quaderni solo per scrivere quello che le succede nel corso della giornata nella speranza che un giorno tu li legga. Ehm... T-tra poco annuncerà il suo fidanzamento con Viktor. "
Il fiato le si mozzo in gola come se qualcuno le avesse appena tirato un pugno dritto in faccia, un pugno infinitamente più forte di quello che le aveva rifilato il Lupo Cattivo e di cui ora vi era soltanto una leggera ombra quasi invisibile. Sua sorella stava per fidanzarsi? Davvero? 
In quel momento, la canna di una .38 carica in bocca non le sembrava una pessima idea, anzi. S'immaginò nella sua cella, con quella bella .38 putata alla tempia e bang!, le sue cervella che davano un tocco di colore alle pareti. Niente male.
-" Ally, tutto bene? "
Quello che doveva essere un Mmh-mmh di consenso uscì come un gemito strozzato e tutt'altro che di consenso. Respirò profondamente, strinse con forza le mani lisce di suo zio e cercò di contenersi. Era tutto a posto, lei era felice. Lei era felice. Andava tutto bene, adesso. 
-" Lo so che è dura, ma... "
Chris fu interrotto da un cenno della mano della nipote, che chiuse gli occhi in un'espressione di convulsa repulsione. Sì, era dura. Era maledettamente dura vedersi finalmente sbattere in faccia che nulla sarebbe stato più come prima, che lei non sarebbe stata più di un quaderno su cui riportare le proprie avventure, belle o brutte. Era dura veder spegnere definitivamente l'ultimo fiammifero nell'oscurità, l'ultimo bagliore di speranza che per così tanto aveva strenuamente difeso da tutti i demoni che la invitavano a sprofondare definitivamente. 
Passarono un altra buona mezz'ora a parlare di altro, dei pettegolezzi locali di Castle Rock, dei prossimi progetti di lavoro di Chris, delle sue avventure con Chef e di molte altre cose che potessero distrarla dalla devastante ed implicita notizia di non far più parte del suo stesso mondo. Quel tempo passó in fretta mentre il resto della stanza si svuotava lentamente o lasciava il posto ad altri visitatori, che sostutuivano il brusio di poco prima, le risate o le lacrime. 
Arrivò Berry ad interromperli, dicendo cortesemente al signor McLean che l'ora di visita era scaduta. Zio e nipote si abbracciarono con passione, infondendosi forza e coraggio a vicenda, cercando e trovando il sostegno di cui avevano bisogno per andare avanti. Era sempre confortante l'abbraccio timido eppure forzuto del suo zietto, quello che l'aveva cresciuta come se fosse stato un padre e che aveva cercato di proteggerla fino all'ultimo, più da sè stessa che dal resto del mondo. Non l'avrebbe mai ringraziato abbastanza per tutto quello che aveva fatto per lei.
-" Riguardati, mi raccomando. "
sussurrò Allison e Chris sorrise contro la sua tempia.
-" Certo. Certo. Anche tu. Tu voglio bene piccola. "
-" Ti voglio bene anch'io. "
E Chris McLean se ne andò, non senza guardarsi indietro, scomparendo oltre una porta di metallo opaco; prima che il suo malinconico sorriso svanisse, Allison pensó di rivederlo di almeno dieci anni più giovane e solo in quel momento si rese conto che sembrava invecchiato di dieci anni. Era un ragionamento da pazzi, ma era fondato, o almeno nella sua mente.
Con le braccia nuovamente ammanettate, Allison stava tornando alla sua cella in compagnia di Berry, quando vide che Trent si stava dirigendo dalla parte opposta scortato da un altro secondino. 
-" Hey! Un secondo! Ho bisogno di McLean solo cinque minuti. Può venire con me? "
chiese il ragazzo, non lasciando il tempo a nessuno per saluti e formalità varie. I due secondini si scrutarono apaticamente per qualche secondo, poi scossero entrambi le spalle. I due ragazzi erano grandi amici, ma erano molto pacati, tranquilli : non c'erano problemi di tentate fughe o cavolate del genere.
-" Solo cinque minuti, peró. "
puntualizzò Poynter, con uno sguardo stancamente apatico.
Tutti e quattro si diressero alla saletta delle visite, i due detenuti spalla a spalla persi nei loro pensieri. Quando rientrarono nuovamente, una ragazza in fondo alla stanza si alzò in piedi, con gli occhi illuminati da lacrime di gioia. Era poco più alta di Allison, con i capelli a caschetto colorati di nero e blu e molto pallida, con gli occhi corvini cerchiati dalla matita nera; indossava un adorabile maglioncino verde acqua, una gonna nera, calze nere al ginocchio e delle All Star, ovviamente nere. Era una ragazza molto carina e graziosa, dall'aria amichevole e allo stesso tempo solitaria, una persona a cui ci si affeziona al primo sguardo.
Non appena Poynter tolse le manette a Trent, lui corse dalla signorina, prendendola tra le braccia, sollevandola da terra e coprendola di baci, anche appassionati. La sorpresa di quelle effusioni così piene di passione e ardore e del tutto inaspettate da uno come McCord lasciò immediatamente il posto alla tenerezza nel vedere due anime unite in un modo così insolitamente e visibilmente profondo, un modo del tutto differente da quelli che era abituata a vedere di solito fuori da Alkalie Lake. Il modo in cui si guardavano era semplicemente unico, come se in quel momento, l'una tra le braccia dell'altro, il mondo fosse scomparso attorno a loro. Nulla esisteva più, tranne loro. 
Parlottarono sotto voce per qualche minuto, ridacchiando e commuovendosi, abbracciandosi e baciandosi ancora. In quei lunghi, sereni minuti, Allison li osservava da lontano, sentendosi improvvisamente un vuoto sordo nel petto, il vuoto di chi ha ormai perso il cuore e sa che non lo riavrà più indietro. Allora è così che ci si sente quando si trova l'amore, quello vero. Quel pensiero sembrò spezzarla, ma non lo diede a vedere e continuò a sorridere con stanchezza e malinconia ad uno degli spettacoli più meravigliosi della natura e probabilmente della sua vita.
-" E questa qui è la tigre, Allison McLean. "
sentendosi chiamare, la ragazza si svegliò, arrossendo un pochino per la timidezza. Fece un passo avanti, invitata dal suo grande amico, ma non proferì parola. Si sentiva di troppo in quell'allegro terzetto. La ragazza, però, le sorrise in modo raggiante, mostrandole tutta la sua simpatia, e le si avvicinò con sicurezza e benevolenza, quasi come un angelo. Per un attimo, le sembrò di vedere una versione più dark e sicura di sè di Valery.
-" È un piacere conoscerti, Allison. Io sono Gwen, Gwen Clark. "
Inaspettatamente, Gwen la abbracciò, trasmettendole mille dolci emozioni che solo una grande amicizia poteva infondere; ricambiò volentieri quell'abbraccio quasi fraterno, chiudendo gli occhi e assaporando il suo profumo di narcisi. Era una ragazza adorabile, la ragazza perfetta per il suo migliore amico. Non le serviva conoscerla per saperlo, le era bastato guardarla.
-" Scusate, la detenuta McLean dovrebbe essere già nella sua cella. "
li interruppe Berry, tornando per un secondo il secondino perfetto che aveva incontrato per la prima volta quel lontano ottobre che sembrava essere un ricordo lontano anni e anni. Nel profondo della sua mente, Allison lo ringraziò : in quella stanza, in quel momento, si sentiva la persona più sola al mondo.
-" È stato un piacere conoscerti... Spero di poterti rivedere. "
le disse Gwen, sorridendole affabilmente mentre Trent le circondava le spalle con un braccio, e lei ricambiò quel sorriso con una languida tristezza che non si premurò di nascondere; anche se ci avesse provato, non ci sarebbe riuscita. 
-" Lo stesso vale per me. "
Nei corridoi per tornare alla sua cella, sentì quel vuoto nel suo petto, il posto in cui avrebbe dovuto esserci il suo cuore, che stava sanguinando copiosamente. 
~~~
Quella sera cadde la prima pioggia di primavera. Le gocce battevano leggere tutt'intorno ad Allison, che si sentì come a casa in quella sequenza di rumori inquetanti e rilassanti ad un tempo; quasi le sembrava di sentire il profumo della pioggia, carica dell'odore di terra e foresta, un profumo che lei amava e che sentiva come suo. Le mancava così tanto...
Mentre ascoltava la sinfonia della natura e s'immaginava il profumo di quell'acqua gentile, si spazzolava distrattamente i lunghi capelli biondi davanti al piccolo specchio posto sopra il lavandino dell'angolo toletta. In quel riflesso un po' lercio vedeva una strana versione di lei, come se quello fosse stato lo specchio della sua anima, quasi come il quadro di Dorian Gray. I suoi capelli erano molto più lunghi di quando era arrivata ad Alkalie Lake e la pelle ancora più lattiginosa; il suo corpo le sembrava molto più formato, meno tozzo e più modellato sulle curve di una donna, anche se l'allenamento le stava dando un minimo di muscolatura in più. I suoi occhi, nonostante tutto, erano rimasti gli stessi, trasparenti specchi sulla sua anima nera cerchiati da aloni scuri di tristezza e insonnia. Era il riflesso di un fantasma quello che vedeva, un tessuto morto e inesistente che persisteva in una dimensione non umana.
Il pettine strapazzato incontrò un nodo ostinato nella sua chioma bionda ed Allison, con un fiotto d'ira che le attraversò tutto il corpo, diede uno strattone così potente che si strappò parecchi capelli dalla ciocca e quasi ruppe il pettine. Con un ringhio di rabbiosa frustrazione, scagliò il povero strumento di plastica nel lavandino, sui cui bordi poi si appoggiò per cercare di calmarsi e di ricacciare indietro le lacrime di frustrazione. Purtroppo, non ci riuscì. Era da sabato che non ci riusciva.
Il Lupo Cattivo alzò il suo sguardo acqua marina dal suo nuovo libro, puntandolo sulla ragazzina accostata ostinatamente contro il bordo del lavandino; le braccia le tremavano leggermente e il suo respiro, dai movimenti convulsi della sua schiena, sembrava troppo veloce e troppo lento allo stesso tempo. Pareva che fosse sull'orlo di una crisi di nervi, cosa non molto lontana dalla realtà e per un attimo rivide la ragazzina piegata sul WC a rimettere la cena e piangere come solo chi vorrebbe mangiarsi un proiettile poteva fare. Era uno dei mille ricordi della sua vita che non voleva avere.
Dopo un lungo e profondo respiro, posó da parte il suo libro, scese con calma dalla branda e le si avvicinò pian piano, come faceva sempre, evitando di commettere una cretinata, spaventandola con movimenti troppo bruschi. Si fermò per soli cinque secondi ad osservarla. I lunghissimi capelli biondi le ricadevano sul viso e la canottiera bianca dava mille impressioni, tipo quella dello sciatto, della pazzia, della possessione demoniaca, ma lui la trovava semplicemente una ragazzina. Una ragazzina tanto forte quanto fragile. Una ragazzina che stava lottando contro i suoi demoni da tanto, troppo tempo e che stava per crollare. 
-" Ci vuole un po' di pazienza. "
le disse con la sua solita calma apatica, e Allison alzò per un momento lo sguardo luccicante, incrociando il suo e sorridendo con amara ironia. Mi parli di pazienza quando avrei solo bisogno di sanità mentale, pensó, scuotendo la testa e sentendo un retrogusto pessimo in bocca. Stranamente, prenderlo in giro non le piaceva, la faceva sentire male senza un vero motivo.
-" Odio questi dannati capelli. "
mormorò, ricordando tutte le sere in cui zio Chris glieli pettinava e tutte le treccine che le aveva acconciato Valery. Sì, odiava quei capelli più di ogni altra cosa sul suo corpo, perfino più dell'acne, che fortunatamente ora era scomparso, lasciandole peró ricordi indelebili sulla sua pelle cadaverica; li odiava perchè li amavano le uniche persone nella sua vita che contavano qualcosa e da cui era stata costretta a separarsi probabilmente per sempre.
Il Lupo Cattivo si avvicinó ulteriormente, recuperando dal lavandino il povero pettine di plastica verde sbiadito; nelle sue mani sembrava un giocattolino, osservò divertita Allison, che sperò con tutta sè stessa che non facesse quello che pensava volesse fare. Dal rossore sulle sue guance e il modo in cui studiava il pettine, aveva peró intuito molte cose. 
-" P-posso? "
le chiese con timidezza e dentro di sè lei rise. In certe occasioni, tipo quella, la sua tenerezza era quasi ridicola : alto più di un metro e novanta, con un corpo scultoreo e meravigliosamente tatuato, una forza impressionante... ma con la tenerezza di un gigantesco orsacchiotto di peluche. Dovette trattenere le risa e limitarsi ad un sorrisetto sotto i baffi, rispondendogli semplicemente annuendo.
Il ragazzo si posizionò fieramente dietro di lei e con le grandi mani cominciò a studiare con attenzione ogni ciocca bionda, carezzandola, saggiandone la morbidezza e controllando le doppie punte; dallo specchietto, Allison riusciva chiaramente a vederlo, con la sua espressione concentratissima che ormai le era più che familiare e degli strani brividi sotto pelle ogni volta che la sfiorava per sbaglio, che le carezzava la chioma, che incrociava per un nanosecondo il suo sguardo nello specchio, arrossendo come un bambino infatuato. 
Pian piano, cominció a farle scorrere il pettine tra i capelli, un movimento che, a differenza di quelli che faceva lei, era lento e dolce, ponderato e prudente, attento a non strattonare i nodi facendole del male. Era incredibile quanta delicatezza nascondesse tra quelle mani scorticate da picchiatore. 
-" Dovresti spuntarli : le punte sono rovinate. "
mormorò, non staccando i suoi occhi concentrati dalla chioma bionda della ragazzina, che sorrise sornione al pavimento.
-" Li taglierei a zero, se ci fosse qualcuno con un paio di forbici e un rasoio elettrico a darmi una mano. "
-" In teoria ci sarebbe. Due volte al mese si ha il permesso di tagliarsi barba e capelli. "
A quella notizia, gli occhi di ghiaccio di Allison scattarono sullo specchio, incrociando quelli color acqua marina del ragazzo. Riabbassò lo sguardo dopo pochissimi secondi, tornando a torturarsi goffamente le mani. Era una bella novità, quella.
Quando ogni nodo, anche quello più ostinato, fu sciolto, il Lupo Cattivo cominciò a dividerle la chioma in tre grandi ciocche e ad intrecciarle con meticolosa premura dopo aver arraffato l'elastico nero che aveva poggiato sul lavandino e averlo stretto tra le labbra. Le sue mani erano incredibilmente delicate e abili, gentili ed esperte, quasi più delle sue. Sorrise di nuovo ai suoi piedi, arrossendo violentemente. Le piaceva quella sensazione indescrivibile, le piaceva davvero, e trovava molto intrigante il modo in cui tratteneva l'elastico tra le labbra fine. Chissà quante ragazze aveva ammaliato con quei semplici dettagli... Si costrinse a pensare a tutt'altro, tipo alla pioggia che ora si era fatta battente fuori da Alkalie Lake, dove le nubi plumbee avevano coperto il cielo con la loro cappa cupa, trasformandolo in un grigio quadro di morte.
Quando terminò la sua opera, la assicurò con l'elastico e la guardò con una certa punta di soddisfazione nello sguardo; Allison si porto una mano ai capelli, spostando la grande treccia su una delle sue spalle e osservando il lavoro perfetto che quel misterioso ragazzo aveva appena svolto : non un nodo, nè una ciocca fuori posto, soltanto due ciuffi ad incorniciarle il visetto pallido. Era semplicemente perfetto.
-" È... È bellissima. "
affermò spiazzata, ritrovando un minimo di sè stessa nel suo riflesso grazie a quella treccia. Il Lupo Cattivo, ora due passi più lontano e al suo fianco, la osservava fiero con le braccia conserte al petto coperto solo dalla canottiera grigia e un mezzo sorriso sulle sue labbra fine, ormai circondate da un po' di barbetta incolta. Lo trovava quasi buffo, troppo giovane e troppo adulto ad un tempo.
-" Mi dispiace solo che entro domattina saranno punto e a capo... "
-" Vorrà dire che userò quel pettine più spesso. "
A quella risposta, Allison si voltò di scatto, gli occhi di un naufrago sperduto e il cuore di un cavallo imbizzarrito; lui continuava a guardarla con quel sorrisetto che diceva più di mille parole, il sorrisetto che mai nessuno in vita sua le aveva rivolto. Deglutì a vuoto, perdendosi definitivamente in quelle iridi acqua marina. 
-" G-grazie... "
mormorò timidamente, spostando gli occhi sui suoi piedi e chiudendosi le braccia attorno al corpo. Quegli occhi la facevano sentire nuda, senza veli nè sul corpo nè sull'anima. Era il primo che la faceva sentire così, senza corazze con cui proteggersi dal mondo, eppure sentiva che, in un certo qual modo, lui sostituiva quella corazza. Per un secondo rivide il momento in cui, mesi prima, l'aveva costretta a quel freddo muro di piastrelle, proteggendola da Scott Laughton. 
Quel ricordo le fece automaticamente fare un brusco passo indietro, come se fosse stata sfiorata da un tizzone ardente, mettendo in allarme il Lupo Cattivo. 
-" È tutto okay. "
si affrettò a dire, nella speranza che la bevesse, ma da quello sguardo color del mare non trapelava dubbio alcuno che quella fosse una menzogna. 
-" Per questa volta farò a finta di crederti. Su, va' a letto. Devi riposarti. "
Allison non riuscì a sottrarsi a quell'ordine e si arrampicò sulla sua branda; come qualche sera prima, il Lupo Cattivo le rimboccò il piumino caldo, avvicinandole dolcemente Pinky e lasciandole un'affettuosa carezza di buona notte sulla spalla. Gli sorrise affabilmente senza una ragione, forse per ringraziarlo di non farla sentire completamente abbandonata, e stranamente crolló subito addormentata.
 
Continuava a fissarla senza riuscire a prendere sonno. Se ne stava lì, steso sul fianco, a guardare la ragazzina dall'altra parte della stanza. Dormiva come un sasso, teneramente abbracciata al suo unicorno rosa, con i due ciuffi che aveva lasciato fuori dalla treccia che le scendevano sul viso da fantasma. Sembrava tranquilla, almeno quella notte, cosa per cui si rasserenò.
La guardava senza pensare a nulla, senza porsi alcuna domanda sui suoi frequenti e bruschi risvegli, sui sui spasmi e attacchi d'ansia, su quegli occhi che sarebbero stati bene su un condannato a morte. Non si poneva certe domande perchè non voleva pensare a quello che c'era dietro ad ogni suo movimento.
Si voltò, puntando gli occhi sul soffitto buio della cella e strofinandosi il viso con le mani. Sapeva perfettamente che non avrebbe preso sonno quella notte. Per un attimo volle strapparsi i capelli dalla testa : detestava le notti insonni, erano momenti in cui pensava troppo. 
Tornò a guardare la ragazzina, sempre uguale, sempre addormentata, sempre adorabile, sempre bella. Nella debole luce della notte pareva uno spirito tormentato che cercava disperatamente rifugio nel sonno, e forse era così. Invidiava la sua capacità di addormentarsi così in fretta. Si chiese se aveva sviluppato quella capacità perchè il sonno a volte è il rifugio migliore da quello schifo che è la vita. A quella domanda non trovò risposta, soltanto la debole vibrazione del suo respiro calmo. 
~~~
Non sapeva da quanto stesse prendendo a pugni quel sacco da boxe, ma doveva essere da parecchio, visto che la cerata aveva cominciato a chiazzarsi di rosso. Quando si controllò le mani apparentemente delicate, vide che le nocche erano scorticate e sanguinanti. Ottimo, pensò, non sento nemmeno più il dolore. In realtà lo sentiva eccome, il dolore, solo che era in un posto peggiore delle mani o del corpo in sè, ecco perchè non percepiva quelle potenti scariche elettromagnetiche che attraversano la carne fino al cervello in una complicata rete di comunicazioni nervose.
Non stava picchiando contro il sacco per allenamento, bensì per sfogo. Pensare a picchiare la distoglieva dal pensare a Valery di nuovo fidanzata, di nuovo tra le braccia di un ragazzo che, nonostante fosse il caro vecchio Viktor Blaine, avrebbe volentieri ucciso. L'idea che sua sorella stesse di nuovo baciando un ragazzo, che stesse passeggiando al Rockford Lake mano nella mano con lui, che uscissero e che lei indossasse per lui il vestitino viola le faceva andare il sangue al cervello, ottenebrando completamente la sua razionalità e lasciando il posto all'istinto puro di mamma lupa con i cuccioli ancora troppo piccoli. Avrebbe voluto piangere, ma c'era troppa gente in palestra e non le piaceva in generale piangere. Era qualcosa che pensava di aver smesso di fare molto tempo prima di Alkalie Lake, qualcosa che era finito con il lungo lunedì di paura. E invece era ancora lì, ma in fondo le lacrime erano parte dell'uomo come gli organi interni o le ossa : se mancassero, l'uomo sarebbe morto.
Rivide per un momento il viso angelico di sua sorella che le sorrideva affettuosamente, che le chiedeva se sarebbero state insieme per sempre quel giorno sulle rive del Rockford Lake, mano nella mano, una domanda a cui aveva risposto : Sei mia sorella, no? Già. Ma ora non erano più insieme. 
Nulla improvvisamente sembrò avere più senso. La vide china sulla sua scrivania a scrivere su uno dei suoi quaderni con la sua penna preferita, a raccontare di tutto quello che stava accedendo fuori da Alkalie Lake nella speranza che prima o poi Allison lo avrebbe letto. Era una visione tanto bella quanto dolorosa, rivedersi come un fantasma che deve essere materializzato in qualcosa come appunto un quaderno, qualcosa che doveva esistere malgrato si sapesse che non sarebbe stato nulla più che carta scritta.
Crolló a terra a gambe incrociate, prendendosi il viso tra le mani sanguinolente, e cominciò a versare lacrime velenose, il sangue del suo cuore che scorreva a fiumi dai suoi occhi di ghiaccio. Le guance le bruciavano come se fossero state percorse dalla lava e sentì nel petto un dolore sordo e penetrante, un dolore oltre ogni fisicità e ogni limite umano, il dolore di un amore mostruoso, quello della ragione di vita perduta, dell'acqua che scorre via dalle dita di un assetato. 
Percepì qualcuno che le si sedeva a fianco e che poggiò una mano sulla spalla, una mano grande e gentile, una mano che ora le era familiare e che le scaldava dolcemente la pelle. Per un attimo pensó di urlargli di andarsene via, ma il calore che le infuse non la fece sentire sola, perciò si lasciò andare e singhiozzò finchè non pensò di aver finito ogni lacrima che aveva lasciato indietro.
   
 
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