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Autore: heliodor    05/09/2017    4 recensioni
Joyce è nata senza poteri in un mondo dove la stregoneria regna sovrana. Figlia di potenti stregoni, è cresciuta al riparo dai pericoli del mondo esterno, sognando l'avventura della sua vita tra principi valorosi e duelli magici.
Quando scoppia la guerra contro l'arcistregone Malag, Joyce prende una decisione: imparerà la magia proibita per seguire il suo destino, anche se questo potrebbe costarle la vita...
Tra guerre, tradimenti, amori cortesi e duelli magici Joyce forgerà il suo destino e quello di un intero mondo.
Fate un bel respiro, rilassatevi e gettatevi a capofitto nell'avventura più fitta. Joyce vi terrà compagnia a lungo su queste pagine.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Il Sole e la Rosa

Oren doveva trovare il modo di avvertire re Andew. Se il re veniva sconfitto e ucciso niente avrebbe impedito a Persym di fare del male anche alla principessa. Se non poteva difenderla con la sua spada, avrebbe difeso suo padre e quelli che lottavano per liberarla.
Doveva lasciare il posto di guardia e raggiungere le mura, uscirne e trovare gli assedianti per portare la notizia.
Ma come?
Anche solo lasciare il posto di guardia era rischioso. Alzet poteva dare l'allarme se si fosse allontanato. Non aveva un posto dove nascondersi e non aveva idea di come superare le guardie e gli stregoni che pattugliavano la città.
Se almeno avesse saputo volare come Sibyl...
Il pensiero della ragazza lo fece star male. Non la vedeva da quando aveva lasciato Taloras. Era sopravvissuta agli scontri?
Sperava di sì.
Quella sera osservò la piazza antistante il tempio dal posto di guardia. C'erano sempre una dozzina di stregoni e un centinaio di guardie a sorvegliare la zona. Altri stregoni pattugliavano le vie che collegavano il tempio al resto della città. Guardie erano appostate sui tetti e i balconi degli edifici vicini.
Forse temevano un attacco?
Qualunque fosse il motivo di quello spiegamento di forze, era sufficiente a dissuaderlo da qualsiasi iniziativa.
Sarebbe morto dopo pochi passi, a essere ottimisti.
Se l'attacco era imminente doveva fare qualcosa, anche a rischio della propria vita.
Quando calarono le tenebre qualcuno si presentò alla porta.
Alzet, che era rimasto seduto per quasi tutto il giorno, disse: "Vai ad aprire."
Oren ubbidì e aprì la porta.
Era una ragazza dai capelli neri. Indossava la veste del circolo di Valonde.
"Vostra grazia" disse Oren facendosi da parte per farla entrare.
"Tu sei Oren?" chiese.
Lui si strinse nelle spalle. "Sono io."
"Sei davvero carino come diceva" disse lei sorridendo.
Oren si accigliò.
La ragazza entrò nel posto di guardia. "Lui è amico tuo?" chiese indicando Alzet.
Oren scosse la testa. "L'ho conosciuto solo oggi."
La ragazza puntò la mano contro la guardia. Nel palmo brillava un dardo magico. Senza smettere di sorridere disse: "Sai cos'è questo?"
Alzet alzò le mani. "Non ho fatto niente di male."
"Non voglio colpirti se non sarà necessario. Devo legarti e imbavagliarti e devo essere sicura che tu non opponga resistenza. Mi lascerai fare o devo colpirti?"
Alzet prese una corda gettata in un angolo e si mise in ginocchio.
"Mi piace la gente che collabora" disse la ragazza. Iniziò a passare la corda attorno alle gambe e il tronco della guardia.
Oren assisteva alla scena senza parlare né riuscire a formulare alcun pensiero coerente. Stava succedendo tutto troppo in fretta.
"Potresti darmi una mano?" disse la ragazza.
"Si può sapere chi sei?"
"Deliza" rispose la ragazza. "Sono venuta a prenderti."
"Per andare dove?"
"Fuori."
Oren non capiva. "Fuori dove?"
Deliza fece un gesto vago. "Fuori dalla città, immagino. Tu cosa credevi?"
"Io non so chi sei."
"Io invece sì. Tu sei Oren, la guardia del corpo della principessa. Mi ha mandato lei a prenderti."
"Sul serio?" Oren era sorpreso.
Deliza avvolse un paio di tratti di corda attorno alle gambe di Alzet. "Certo. Credevi che ti lasciasse qui da solo?"
"No, ma si suppone che debba essere io a proteggere lei, non il contrario."
"Se vuoi posso lasciarti qui" suggerì Deliza.
Oren deglutì a vuoto.
La ragazza rise. "Che faccia che hai fatto. Stavo scherzando. Sei troppo carino." Usò una pezza per imbavagliare Alzet. "Andiamo?" chiese rivolgendosi a Oren.
"Prima liberiamo i prigionieri" suggerì Oren. Alzet aveva la chiave delle celle.
"Oren, non c'è tempo."
"Ma non possiamo lasciarli qui."
"Staranno bene. Gli stregoni ribelli non li toccheranno per altri due o tre giorni. Ci sarà tutto il tempo per liberarli dopo."
"Portiamo almeno i bambini..."
"Saranno più al sicuro qui, credimi" disse Deliza. "Ora dobbiamo andare prima che qualcuno si accorga di quello che sta succedendo."
Rassegnato, Oren la seguì fuori dal posto di guardia. Si diressero al tempio. "Aspetta" disse allarmato. "Vuoi rientrare lì dentro?"
Deliza annuì. "Ho un piano."
Avanzarono sicuri verso l'entrata del tempio. Due stregoni erano di guardia e li fermarono prima che entrassero. "Dove vai?"
"Bisogna pulire le sale di lettura" disse Deliza indicando Oren.
"Io non ne so niente."
"Vuoi pulirle tu?" chiese Deliza in tono di sfida.
Lo stregone sospirò. "Tra un anno sarò stregone di prima classe. Io non pulisco" disse con una punta di orgoglio nella voce.
"Davvero? Complimenti" disse Deliza gioviale.
Lo stregone gli rivolse un'occhiata di traverso. "Ti ho visto in giro per il tempio, ma non mi ricordo il tuo nome."
"Deliza" disse la strega con un ampio sorriso. "E tu come ti chiami?"
"Hyge."
L'altro stregone di guardia si schiarì la gola. "State ostruendo il passaggio. Toglietevi di mezzo o..."
Deliza non se lo fece ripetere e spinse Oren all'interno del tempio.
"Non ti ha creduto" sussurrò Oren mentre acceleravano il passo.
"Spariremo prima che si rendano conto di quello che è successo."
Deliza lo guidò attraverso il tempio fino ai sotterranei, dove si fermò davanti a un pozzo che scendeva nell'oscurità. "Da questa parte" disse indicando la scala in metallo che correva lungo le pareti di pietra.
Oren ubbidì e si calò nell'apertura facendo attenzione a dove metteva i piedi. Arrivato sul fondo i suoi occhi si erano abituati all'oscurità. C'era un condotto scavato nella roccia che proseguiva da quel punto. Un canale correva parallelo al corridoio. "Dove siamo?"
"Nel sistema fognario sotto Valonde" disse Deliza evocando un globo di luce.
Avrebbe dovuto capirlo dalla puzza che emanava dal canale. Le pareti erano incrostate di muffa e sotto la luce spettrale del globo sembravano rilucere a causa dell'umidità. "Dov'è la principessa?"
Deliza si guardò attorno perplessa. "Le avevo detto di restare qui."
"L'hai lasciata da sola?" fece Oren sbalordito.
"Giusto il tempo di venire a prenderti" si giustificò lei.
"Non dovevi lasciarla qui."
"È stata lei a insistere..."
"Come pensavo, vostra grazia" disse una voce femminile.
Dal buio emersero due figure umane. Una era quella di Persym, l'altra una ragazza dai capelli neri e lo sguardo cupo.
Persym sembrava seccato. "Una spia nel tempio. E la guardia del corpo è sua complice. Celora, occupati di questi due. Io vado a cercare la principessa."
Deliza si frappose tra Oren e i due. "Vai a cercare Joyce e uscite di qui."
"E tu che cosa farai?" chiese Oren.
"Li terrò occupati."
Oren non se lo fece ripetere due volte e scappò via nella direzione opposta. Alle sue spalle sentì delle esplosioni e il crepitio dei dardi magici che impattavano contro la pietra, poi svoltò un angolo e si immerse nel buio.
 
***
 
"Che schifo" aveva detto Joyce poco dopo aver toccato il fondo del pozzo. Un canale di scolo che trasportava la melma della città correva a pochi metri dai suoi piedi. Le mura trasudavano una sostanza appiccicosa e puzzolente. La stessa pietra sembrava marcia e, cosa ancora peggiore, in lontananza sentiva degli squittii che non le piacevano affatto.
Come aveva fatto a cacciarsi in quel pasticcio?
Iniziava a rimpiangere la stanza in cui era stata confinata fino a pochi minuti prima. Almeno era pulita e non vi erano topi.
Si rassegnò all'idea di dover aspettare lì il ritorno di Deliza.
Guarda cosa sono costretta a sopportare per te, disse pensando a Oren. Dovevo lasciarti qui dopo quello che hai fatto a Taloras.
Per allontanare quel pensiero decise di provare a evocare un globo luminoso e legarlo a un luogo come le aveva detto Deliza.
Si concentrò sulla parete e recitò la formula che aveva imparato a memoria. Ormai era così brava che il globo apparve ancora prima di terminare la frase.
Si era concentrata abbastanza?
Lo avrebbe scoperto subito.
Si era allontanata di qualche passo e il globo, fluttuante a pochi metri dal suolo, era rimasto al suo posto invece di seguirla passo passo.
Ha funzionato, esultò dentro di sé.
Poteva legare altre cose? Se recitava la formula di invisibilità mentre era concentrata sul muro avrebbe reso invisibili le pietre?
Ci provò, ma ottenne solo di rendere se stessa invisibile. Il muro era ancora lì, sporco e puzzolente quanto prima.
Annotò che quell'incantesimo non si legava.
Mentre pensava al prossimo esperimento, udì delle voci provenire dall'alto.
Per prudenza dissolse il globo luminoso e si tese all'ascolto.
"... l'allarme. È inutile mettere in agitazione tutto il tempio" stava dicendo una voce maschile.
"Farò come dite, vostra grazia."
"Le tracce portano qui. Questa stanza ha un pozzo che conduce alle fogne."
"Forse è da qui che vogliono scappare."
"Illusi. Le fogne sono un vero labirinto e le abbiamo fatte sigillare settimane fa, proprio per evitare di essere attaccati dal basso. Si sono messi in trappola da soli."
La seconda voce apparteneva a Celora, l'altra a Persym. Joyce non aveva bisogno di ascoltarle oltre per riconoscerle.
"Cosa volete che faccia quando li troveremo?" aveva chiesto la strega.
"Non fare del male alla principessa. Ci serve tutta intera."
"E quelli che l'hanno aiutata?"
"Sono irrilevanti ma va eliminati. Dopo che avremo sistemato questa faccenda ti occuperai anche della sua guardia del corpo. Fai in modo che sia un lavoro pulito."
Joyce si sentì fremere.
"Come vostra grazia desidera."
"Ora calati nel pozzo. Io ti seguirò."
Celora si era affacciata. I suoi occhi brillavano nell'oscurità.
Joyce si era ritratta di scatto e cercando di non fare rumore si era allontanata di qualche decina si passi.
Dietro di lei udiva le voci di Persym e Celora. Poche decine di passi più avanti il condotto ne intersecava un altro formando un incrocio ad angolo retto. Joyce andò a destra e poi a sinistra all'incrocio successivo. Cercava di ricordare la sequenza esatta per poter poi tornare indietro.
Sentì le voci affievolirsi e poi sparire del tutto e solo allora si fermò per riprendere fiato e pensare a cosa fare.
Se Persym aveva ragione era impossibile scappare dalle fogne. Doveva tornare indietro e avvertire Deliza.
Appose un marchio sul pavimento, appoggiò la borsa al muro e rifece al rovescio il percorso. All'ultimo incrocio stava per girare a sinistra quando udì le voci.
Joyce si appiattì contro il muro umido.
"Come pensavo, vostra grazia" disse Celora.
"Una spia nel tempio. E la guardia del corpo è sua complice. Celora, occupati di questi due. Io vado a cercare la principessa."
Presa dal panico fece per andarsene, ma ci ripensò e tornò indietro. In quel momento vide una figura umana correre attraverso il condotto. Riconobbe Oren. Stava per corrergli dietro quando una seconda figura sbucò di corsa dal condotto.
"Torna qui" gridò Celora inseguendo il ragazzo.
Solo allora Joyce sbucò dall'ombra e si mise sulle tracce della strega.
All'incrocio successivo Oren scelse il condotto di destra. Celora lo seguì di corsa.
Dietro di lei, Joyce pensava a un modo per fermare la strega senza farsi riconoscere. Usò la trasfigurazione per diventare Sibyl e si gettò nello stesso condotto preso dalla strega e da Oren.
Si ritrovò in una sala più ampia e dal soffitto a cupola. Enormi pilastri sorreggevano la volta.
Celora era al centro della sala e la scandagliava con la sua vista speciale. Di Oren non c'era nessuna traccia.
"Dove sei?" domandò la strega. "Eccoti" esclamò puntando il braccio verso un angolo della sala. Qui, dietro un pilastro spezzato, si nascondeva Oren.
Celora esplose due dardi costringendolo a uscire allo scoperto. La strega stava puntando di nuovo il braccio quando Joyce la colpì con un dardo alla spalla.
Celora si voltò di scatto, il viso trasformato in una maschera di rabbia e di sorpresa ed esplose i dardi verso di lei.
Joyce si era già spostata cercando riparo dietro un pilastro.
"Vuoi giocare a nascondino?" domandò Celora. Joyce si sporse appena per guardare. La strega aveva evocato lo scudo magico.
Fece lo stesso anche lei. Si gettò fuori dal nascondiglio china su se stessa. Lanciò due dardi verso il centro della sala, ma Celora li assorbì con il suo scudo e lanciò i suoi.
Joyce sollevò lo scudo e deviò i due dardi. L'impatto fu così forte che quasi la fece cadere. Reggendosi a stento si riparò dietro uno dei pilastri. "Oren" chiamò nell'oscurità. "Sono Sibyl. Se mi senti non rispondere, così non ti troverà. Esci dalla sala e torna indietro di due intersezioni, quindi vai a sinistra e poi a destra. Troverai lì Joyce."
"E tu che cosa farai?"
"La tengo occupata mentre scappate."
"Sta attenta" rispose Oren.
"Vai. Ora" gridò lanciandosi fuori dal nascondiglio, lo scudo sollevato. Subito i dardi di Celora la raggiunsero mandandola gambe all'aria.
Rotolò su se stessa e si rialzò un attimo prima che un dardo magico la colpisse al fianco destro.
Invece di evocare un nuovo scudo mormorò la formula del richiamo.
La sala scomparve e al suo posto apparvero il condotto e la borsa. La raccolse e se la mise a tracolla.
Oren arrivò di corsa dopo un paio di minuti.
"Oren" disse fingendosi stupita. "Dov'è Deliza?"
"È rimasta indietro."
"Dobbiamo aiutarla?"
"Credo sappia cavarsela da sola" disse il ragazzo. "Devo portarvi fuori di qui."
Peccato che Persym avesse chiuso tutte le uscite. Questo rendeva complicate le cose.
"Dobbiamo trovare un'uscita" disse Oren con urgenza. "Re Andew sta per lanciare un attacco a sorpresa ma si tratta di una trappola. Bisogna avvertirli subito."
Questo rendeva le cose ancora più complicate.
Udì dei passi che si avvicinavano.
Oren la prese per un braccio e la tirò. "Da questa parte."
"Sai dove stiamo andando?" chiese Joyce seguendolo.
"Non lo so, ma scommetto che la mia amica sa come uscire di qui" rispose lui fiducioso.
Mi spiace dirtelo, pensò Joyce, ma saresti molto deluso dal sapere che la tua amica non ha la più pallida idea di come fare a fuggire.
All'intersezione successiva iniziarono a udire un rombo sommesso provenire da un punto lontano.
"Vediamo dove porta" disse Oren seguendo la direzione del suono.
Si ritrovarono in un'ampia sala occupata da una piscina scavata nella roccia. Il rombo era così assordante da costringerli a urlare per potersi udire.
"Non ci sono altre uscite e non possiamo tornare indietro" disse Oren indicando l'acqua.
"Io non mi butto lì dentro" disse Joyce. Non sarebbe mai entrata in quell'acqua scura e limacciosa.
Per tutta risposta Oren l'afferrò per i fianchi.
"Che fai?" Esclamò Joyce sorpresa. Non vorrà baciarmi di nuovo? Pensò presa dal panico. Proprio qui, in una fogna puzzolente? Che aveva fatto di male per meritarsi quel destino? D'accordo, se doveva succedere che succedesse, almeno stavolta era preparata e...
Invece Oren la spinse verso l'acqua.
Precipitò per un istante. L'impatto sollevò qualche spruzzo e lei si ritrovò a sguazzare nei liquami.
Oren la seguì un istante dopo. "Nuotate."
Vennero afferrati dalla corrente che li trascinò via.
 
Joyce annaspò e Oren l'aiutò a restare a galla. Si aggrappò alle sue spalle e per un po' riuscì a respirare.
Vennero trascinati dalla corrente prima in un condotto secondario e poi in un canale che si restringeva sempre di più.
Joyce vide le pareti incombere su di loro e pensò che presto li avrebbe schiacciati, invece qualcosa li afferrò trascinandoli al di sotto della corrente.
Annasparono mentre precipitavano per quello che sembrò un tempo lunghissimo. L'impatto con l'acqua fu doloroso ma niente più.
Riemersero in una vasca più grande di quella precedente. Raggiunsero una pedana rialzata nuotando e si issarono fuori dall'acqua.
Oren l'aiutò porgendole la mano.
Una mano sporca di qualsiasi cosa si trovasse in quell'acqua putrida.
E quella cosa l'aveva addosso, le era entrata nella blusa e persino nella sottoveste.
Trattenne un conato di vomito al solo pensiero. "Dimmi che questo odore terribile andrà via."
"Non vi preoccupate" disse Oren. "Se ne andrà."
"Lo dici perché lo sai o sei solo accondiscendente?"
Oren scrollò le spalle.
"Non mi sei di alcun conforto, sappilo."
"Mi spiace."
Joyce sbuffò esasperata.
La pedana sorgeva a ridosso di un condotto scavato nella roccia. A differenza di quelli che formavano le fogne, questo assomigliava più a una grotta.
Era l'unica direzione che potevano prendere, quindi decisero di provare a passare da lì.
La grotta procedeva in una leggera discesa e curvava prima verso destra e poi verso sinistra. Seguirono il condotto fino a una biforcazione.
"E ora?" si chiese Joyce.
"Vado avanti io, voi restate qui."
Joyce non era d'accordo. "Non me ne resto qui da sola." Hai l'abitudine di cacciarti nei guai e io non ho incantesimi infiniti, pensò.
Oren si mise a osservare le pareti dei condotti. "C'è qualcosa qui" disse indicando  un punto con la mano.
Joyce si avvicinò per guardare meglio. Scolpito nella pietra c'erano due simboli inscritti in una circonferenza.
Quello a sinistra sembrava un fiore stilizzato. Riconosceva i petali che sembravano sbocciare in quel momento. Quello a destra era un sole con nove raggi a forma di freccia.
Aveva già visto qualcosa di simile sul compendio. Il fiore stilizzato e il sole a nove raggi ricorrevano spesso tra i disegni che l'autore aveva tracciato.
Che avessero qualcosa a che fare con quel posto?
"Andiamo da questa parte" disse Joyce indicando il condotto di destra.
"Come volete."
Il condotto aveva una leggera pendenza in discesa ma era dritto e mano a mano che scendevano le pareti della grotta si facevano più levigate, come e qualcuno avesse fatto un lavoro migliore in quel tratto.
Il condotto terminava in una camera più grande dal soffitto a volta. Spesse colonne di roccia sostenevano la cupola che si innalzava per decine di metri. C'erano diverse piattaforme costruite come i piani di un palazzo, ma nell'oscurità quasi totale si intravedevano appena. C'erano scale a chiocciola che portavano ai piani superiori, ma erano quasi tutte crollate.
Joyce moriva dalla voglia di esplorare quel posto. Fin da quando aveva trovato il libro si era chiesta come fosse arrivato lì e da dove venisse. Quel posto poteva fornirle qualche risposta.
Si avvicinò a una delle scale che sembrava meno danneggiata e mise un piede sul primo gradino. Non ci furono crolli.
"Vado io per primo" si offrì Oren, ma lei lo precedette salendo i gradini due alla volta e raggiunse il piano superiore.
Il ragazzo, preoccupato, la seguì. "Non dovete rischiare..."
Lei lo ignorò. C'erano altre scale che portavano ai piani superiori. Le salì una a una dopo averne saggiato la resistenza. Anche se erano lì da secoli riuscivano ancora a sopportare il suo peso.
Al quinto piano dovettero fermarsi. Tutte le scale erano crollate e giacevano in pezzi. C'erano sale che si aprivano lungo la circonferenza della cupola, ma erano vuote.
Joyce fece il giro completo del piano e non ne trovò una che avesse un oggetto al suo interno. Guardando meglio si notavano i segni lasciati sul pavimento da mobili, tavoli e sedie, ma era tutto scomparso da secoli, forse millenni. Non c'era alcuna traccia del legno che sarebbe dovuto cadere a pezzi e marcire in tutto quel tempo, quindi qualcuno aveva portato via tutto prima che accadesse.
Delusa, si affacciò alla balaustra e lanciò un'occhiata in basso.
Non tutto era stato portato via. Il pavimento della sala era ancora lì e diceva molto più di quanto si aspettasse. Chi aveva costruito quel luogo aveva disposto le pietre in modo da formare un disegno ben riconoscibile: un grande cerchio all'interno del quale erano state disegnate una rosa e un sole a nove raggi.
Gli stessi simboli del compendio.
Che significava tutto ciò?
Doveva chiedere a qualcuno più esperto di lei o cercare nei libri delle risposte. Da qualche parte doveva pur esserci qualcuno che ne sapeva di più e poteva aiutarla.
Notò che Oren guardava verso l'uscita della sala. Quel posto aveva una sola entrata, quindi era una specie di trappola. Se in quel momento fosse arrivato qualcuno...
E, come per magia, due figure umane apparvero proprio sotto l'arco formato dal condotto che dalle fogne portava in quel luogo.
Joyce non aveva bisogno della supervista per riconoscerli. Erano Persym e Celora.
I due stregoni avanzarono verso il centro della sala.
La strega, con i suoi occhi brillanti, li individuò subito e li indicò a Persym col braccio teso.
Lo stregone le fece cenno di attendere. "Scendete di lì, principessa. Potreste farvi male."
Joyce lo ignorò e corse via.
"Celora, vai a prenderla" ordinò Persym.
La strega balzò al piano superiore invece di usare le scale e si aggrappò alla balaustra. Flettendo le gambe si diede una spinta verso l'alto e raggiunse il piano superiore.
Stava usando un incantesimo per aumentare la sua agilità?
Joyce aveva visto Bryce usare quel trucco un paio di volte. Se era così li avrebbe raggiunti in pochi secondi.
Celora era già al loro piano quando vide Oren correre verso di lei e cercare di spingerla verso il vuoto.
La strega lo evitò e con un gesto agile e saltò in avanti eseguendo una capriola mentre era a mezz'aria.
Atterrò alle spalle di Oren. Lui tentò di girarsi per fronteggiarla, ma Celora lo colpì al petto mandandolo verso la balaustra.
Nell'impatto la pietra si crepò ma resse l'urto.
La strega stava per balzare su Oren. Una sola spinta e lo avrebbe fatto volare nel vuoto per decine di metri.
Non poteva permettere che accadesse. Si preparò a evocare un dardo magico e colpire la strega alle spalle. Si sarebbe rivelata per quello che era, ma in quel momento non riusciva a pensare alle conseguenze. Vedeva solo Oren precipitare da un'altezza che non lasciava scampo e spiaccicarsi sul duro pavimento di pietra.
Il dardo esplose sul fianco di Celora scaraventandola a una decina di passi di distanza. La strega rotolò e si rialzò con un gesto agile. L'aria attorno al suo corpo si increspò e deformò. Aveva evocato lo scudo magico.
Joyce rimase immobile. Stava mormorando la formula del dardo magico quando era stata interrotta all'improvviso.
Qualcosa si mosse nell'oscurità e la superò. Un'ombra dalla forma umana, agile come una saetta. Si frappose tra lei e Celora, che le stava puntando contro un dardo magico.
Joyce era ancora imbambolata e non riusciva a realizzare che cosa stesse succedendo.
La figura indossava abiti con simboli che lei aveva già visto e conosceva bene. E aveva il viso di una persona che conosceva altrettanto bene.
Ma tutto quello era impossibile.
Vyncent le sorrise. "Resta qui. Di lei mi occupo io."

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