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Autore: vero511    06/09/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ELLIE’S POV

Due settimane. Sono passate esattamente due settimane da quando ho lasciato New York e con essa anche i miei amici.
Forse dovrei fare un passo indietro e tornare a quella fatidica sera in cui Jared Carter mi ha strappata dalla mia vita. L’uomo, dopo essersi presentato a casa di Matt, mi ha prelevata dall’appartamento e mi ha scortata fino al St. Regis dove mi ha tenuta sotto controllo mentre preparavo il più velocemente possibile le mie valigie.
Inutile dire che tutte le proteste dei miei amici siano state vane, ma quantomeno le lacrime di Jennifer hanno convinto Carter a riportarmi da loro una volta pronti i bagagli.
In tutti questi spostamenti, Alex è rimasto zitto in braccio a me; credevo non capisse cosa stesse succedendo, o almeno lo speravo. Ma quando ha rivisto Zack ed è scoppiato in un pianto a dirotto, ho compreso che forse, nel suo cuore, sapeva cosa ci stesse aspettando.
Tutti i ragazzi si sono imposti caldamente, mi hanno strattonata tra le loro braccia, hanno pianto, hanno gridato, pronunciato parole scomode nei confronti di Jared, ma lui è rimasto immobile, a incassare ogni colpo, come se nulla fosse. Solo più tardi, a mente più lucida, ho immaginato quante volte avesse rivissuto questa terribile scena.
Lui stesso, durante il nostro viaggio, mi ha confessato di aver separato famiglie intere, non ne è mai andato fiero, ma si guadagna da vivere e soprattutto, questa professione è in grado di salvare molte persone. Ed è proprio su quest’ultimo punto che l’agente ha fatto leva: lasciare che io e Alex partissimo, era l’unico modo per proteggerci. Jennifer non voleva saperne, Matt l’ha stretta a sé a lungo, sorreggendola e cerando di calmarla; Zack teneva lo sguardo basso, senza dire nulla. Continuavo ad osservarlo in attesa di non sapevo nemmeno io cosa, vedevo la vena sul suo collo pulsare, i pugni stretti. Poi, improvvisamente, mi ha guardata con i suoi occhi del colore del ghiaccio e senza dire una parola, ha preso il mio polso e mi ha trascinata nella camera di Matt. “Ellie…” Non andare, ti prego. “Vai.” Non era quello che mi aspettavo, ma il suo sguardo fermo ha smosso qualcosa dentro di me e ho capito che prendere le mie valigie e seguire Carter era la cosa giusta da fare.
Mi sono avvicinata, mi sono messa in punta di piedi e gli ho lasciato un bacio all’angolo delle labbra; ho circondato le sue spalle con le mie esili braccia tremanti e gli ho sussurrato all’orecchio: “Prenditi cura di te”.

Non era la prima volta che lasciavo tutto e partivo, ma questa volta è stato diverso. Quando me ne sono andata da Montpelier, ero ancora Ellie Wilson, sono arrivata a New York con la stessa identità, ma adesso, adesso non so più chi sono.
“Buongiorno Margaret” la mia anziana vicina di casa mi saluta e fa un cenno anche ad Alex. Ricambio il saluto mentre cerco disperatamente le chiavi di casa nella borsa. Quando entro, lascio che mio figlio gattoni liberamente per il salotto mentre io mi appresto ad accendere il caminetto. Questo posto è più freddo di New York anche se appena arrivata, mi sembrava un piccolo angolo di paradiso: la cittadina è tranquilla, ci vivono molti anziani e ogni casa è al massimo di due piani, perlopiù le abitazioni sono villette a schiera. Il centro è poco lontano da dove vivo io, ma nonostante abbia tutto ciò che può servire, non è neanche minimamente paragonabile a New York.

Devo ammettere che dopo il tempo passato al St. Regis, in un attico disposto su un unico piano e collocato in quello che era un complesso di abitazioni molto popolato, è davvero difficile per me restare in questa casa. La solitudine non è l’unico problema: certe notti faccio davvero fatica ad addormentarmi perché provo una viscerale e agghiacciante paura. Senza contare che essere sola con Alex mi lascia molto tempo per pensare ed abbandonarmi ai ricordi.
“Tesoro, vado di sopra a prenderti la tutina, resta seduto finché non arrivo” sposto il bambino sul divano e mi avvio verso le scale. Al secondo gradino però, noto qualcosa di strano: un piccolo grumo di terra e poi altri ancora fino al piano superiore.
Lancio un ultimo sguardo ad Alex e tiro un profondo sospiro per poi ricominciare  a muovermi con passo felpato.
È molto stupido da parte mia andare incontro all’intruso senza nemmeno un’arma, ma teoricamente sarei sotto sorveglianza e sotto programma testimoni, quindi si suppone che io non sia davvero in pericolo.
La porta della mia camera da letto è socchiusa e il mio istinto mi dice di dirigermi verso essa. Il mio cuore sta battendo decisamente troppo forte e nelle orecchie sento il sangue pulsare. Mi avvicino cautamente cercando di restare nell’ombra e poso una mano sullo stipite per poi sporgermi e osservare l’interno della stanza: sembra vuota. Mi allungo ancora di più, nel tentativo di avere una maggior visuale. Nulla. Spalanco la porta rapidamente per superare la paura.
“Cerchi qualcuno?” Una voce alle mie spalle mi fa scattare e per lo spavento cado all’indietro. “Madison! Ma che diavolo ti salta in mente!” La donna, sulla trentina, mi porge una mano per rialzarmi. “Non volevo spaventarti, ti ho portato un caffè e un muffin al cioccolato per Alex” le lancio uno sguardo di fuoco: “Ti perdono solo per averci portato queste prelibatezze” la squadro e la invito a tornare di sotto.
 
La faccio accomodare sul divano e per un momento ci perdiamo entrambe ad osservare Alex intento a godersi il suo muffin. “Allora Margaret, come vanno le cose?” “Oh ti prego, chiamami Ellie, almeno tu”. Madison è un’agente che, nonostante la sua giovane età, ha già ottenuto una posizione di rilievo all’interno del commissariato. Il suo incarico è quello di lavorare sotto copertura per tenermi d’occhio; per i cittadini del posto infatti io e lei siamo cugine. “È un così bel nome Margaret” afferma con aria di sufficienza. “Ma non è il mio!” Sbatto i pugni sul divano e la donna davanti a me resta interdetta per alcuni secondi.    
Vedo il viso di Alex spaventato, così cerco di calmarmi facendo dei respiri profondi. “Ellie, mi dispiace okay? Io…non volevo. So quant’è difficile…” “No, non lo sai. Tu non hai idea di quanto tutto questo sia difficile. Non ho nemmeno potuto assistere al funerale di mio padre! Non so neanche dove l’abbiano seppellito in realtà. Senza contare i miei amici! Cosa staranno facendo adesso? Come procedono i lavori di ricostruzione della Evans?” Getto su questa donna minuta tutto il mio disappunto e la mia angoscia. “Hai ragione, non so nulla, ma una cosa forse la so: tutto questo non viene fatto per rovinarti la vita, ma per proteggerti.” So che tutto quello che dice è la semplice e cruda verità, ma una parte di me si rifiuta di accettarlo. “Potrò mai tornare a New York come Ellie Wilson?” Le domando con tono grave. “Non lo so”.

La risposta di Madison non è stata rassicurante, così decido di cercare nuove notizie nella speranza che almeno una di esse possa darmi conforto.
“A che punto siete con le indagini?” “Sono informazioni riservate.” Risponde sbrigativamente. "Siete ad un punto morto, capisco” le mie parole nascondono del sarcasmo e sicuramente svelano la realtà dei fatti e la smorfia di Madison me ne dà la conferma. “Come stanno i miei amici?” Sbuffa probabilmente infastidita dal mio interrogatorio. “Senti, so che volete salvarmi la vita e so anche che stai lavorando, ma cerca di capire: mi avete improvvisamente strappata dalla mia quotidianità e dalle persone a cui voglio più bene. Direi che quantomeno a qualche domanda potresti anche rispondere.” Le mie parole sono dure, ma cerco di mantenere un tono più dolce possibile. “Stanno bene, o meglio, la tua amica segretaria è abbastanza incazzata e ogni volta che vede Jared gli sbraita contro” il pensiero di Jen e della sua furia omicida riesce incredibilmente a strapparmi un sorriso. “Gli altri due invece si sono gettati a capofitto nel lavoro, procedono bene la progettazione dell’azienda e le operazioni di costruzione”. Vorrei chiederle di più, magari di Matt e Zack, di come si sentono realmente, ma non credo nemmeno che abbia una risposta. “Madison, grazie” le mie parole sono sincere e finalmente capisco, dopo due lunghe settimane, che lei è l’unica persona su cui al momento posso fare affidamento.
“Ti fermi a cena? Devo sdebitarmi per il muffin e il caffè” Le propongo. “Veramente devi sdebitarti anche per avermi fatto il terzo grado!” “Lo prendo come un sì. Resta con Alex mentre vado a fare la spesa”. “Agli ordini capo!”
Quella parola mi fa automaticamente pensare a Zack: non che io non ci pensi spesso, però il ricordo della sua risata, di lui mentre disegna o mentre si prende cura di mio figlio, sono una secchiata di acqua gelida. “Ellie, va tuto bene?” Mi riprendo dal mio stato di shock e rispondo balbettando: “Sì, sì…io…sto bene” prendo rapidamente la mia borsa e scappo letteralmente fuori di casa.

Il supermercato della città è veramente piccolo, ma devo ammettere che è ben fornito. In questo periodo passato qui, sono riuscita a capire a grandi linee i gusti di Madison, quindi la cena non sarà un problema. Vago per gli scaffali in cerca di tutto il necessario, quando improvvisamente la mia schiena entra in collisione con qualcosa, o per meglio dire, qualcuno. Mi giro per scusarmi e per accertarmi delle condizioni del malcapitato e quando incontro degli inconfondibili occhi di ghiaccio, resto gelata sul posto, incapace di muovermi o di emettere anche il più lieve respiro.


-N/A-
Buongiorno lettori e lettrici! Sono qui per dirvi che oggi la storia compie esattamente un anno! 
QUesto è il primo progetto che riesco a portare avanti così a lungo e mi sento fiera di me stessa e del mio lavoro, ma soprattutto vi sono immensamente grata per il supporto (anche silenzioso) che mi state dando. Non vi fate mai sentire e un po' mi dispiace, però vedo le visualizzazioni e so che ci siete, quindi davvero, GRAZIE DI CUORE A TUTTI. Baci.
  
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