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Autore: Glance    18/06/2009    6 recensioni
Gli eventi entrano nella nostra vita prepotenti cambiandola alle volte in maniera sconvolgente. La guerra è uno di questi, dove la dimensione della realtà viene distorta dando a tutto una veste irreale come se si guardasse attraverso una lente. Si perde di vista il senso di tutto,si riesce a fare a meno di quello che prima era necessario con una sorta di fatalismo che da al tempo un ritmo nuovo inaspettatamente sconosciuto. Nessuno conosce il proprio futuro. Il destino, avidamente cela i suoi disegni e nel suo gioco di numeri interseca rette. A noi è concessa l’aspettativa di grandi cose migliori certamente di quelle che abbiamo. Alcuni dicono che nulla è scritto e siamo noi a determinare il futuro con le nostre azioni. Il tempo che passa non sa lenire le ferite che continuano a sanguinare anche se pudicamente si tenta di tenerle nascoste. Occhi attenti sanno scrutare il dolore che l’anima cerca di celare. Succede però che anche nel buio più profondo si accenda all’improvviso una luce e una mano si tenda in aiuto. Allora, che le parole sgorgano spontanee bagnandosi di lacrime che si credeva perdute per sempre nell’indurimento di un cuore a cui si era rinunciato perché il dolore era troppo grande da sopportare. Siamo l’ineluttabilità del tempo che passa e lascia dietro di se una scia di momenti , istanti che non sempre riusciamo a fotografare , ma che sono la parte più preziosa la dimensione che quasi mai assaporiamo perché il resto ci travolge con l’enormità dei suoi avvenimenti. Eppure gli attimi che fuggono non ci abbandonano mai salutandoci da lontano, passano tra un battito di ciglia e del nostro cuore. Giorno dopo giorno nella somma di istanti che fanno la vita. Un mondo minuscolo che da senso alla nostra esistenza. Fatto di piccole cose che condividiamo con chi incontriamo sul nostro cammino e a cui chiediamo aiuto per ricordare. In questa storia i personaggi sono tutti umani pur mantenendo i loro caratteri ad eccezioni dei loro poteri e sono presi in prestito dalla superlativa Stephenie Meyer a cui va ogni esclusiva e diritto. Siamo nel 1918 mentre in Europa imperversa la Prima Guerra Mondiale. Bella è invitata al fidanzamento della sua migliore amica non che vicina di casa e compagna di scuola: Alice Masen. Ci saranno tutti i personaggi Edward in primo piano ed anche quelli solo accennati nei libri o marginali che comunque ricopriranno dei ruoli diversi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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L’odore delle uova al bacon raggiunse la mia stanza stuzzicando le mie narici e facendo borbottare lo stomaco e questo voleva dire che di lì a poco avrei dovuto alzarmi. Quella sarebbe stata una giornata intensa. Per me più impegnativa del previsto. Sarei dovuta andare ad una festa quella sera. Uno di quegli eventi che non mi entusiasmava mai. Non ero un tipo mondano e non potevo certo definirmi frivolo, ma quello era l’evento dell’anno. Il Giudice Masen e sua moglie avrebbero annunciato il fidanzamento della loro giovane figlia Alice.
La mia famiglia era stata invitata, il capo della polizia di Chigago il Capitano Charlie Swan non poteva mancare.
Mi girai pigramente nel letto, e lo sguardo si posò sulla poltroncina di fronte, dove stava in bella mostra il mio abito nuovo acquistato per l’occasione che mi ricordava che di lì a poche ore sarei stata strizzata in un corpetto e avrei dovuto sorridere ed annuire e rispondere a domande sciocche.
Non mi piaceva stare al centro dell’attenzione, non giovava certo alla mia timidezza .
Mi alzai e guardandomi allo specchio immaginai l’effetto che il mio nuovo vestito avrebbe fatto su di me quella sera. Alzai i capelli lasciando scoperte le spalle.
La guerra stava devastando l’Europa ed alcune cose correvano ad un ritmo eccessivo, altre sembravano essere rimaste immutate o addirittura rallentate. Tanti miei coetanei avevano sviluppato una fretta di fare tutto, di assaporare tutto subito. Tanti ragazzi erano impazienti di partire per il fronte, altri si innamoravano e decidevano di unire le loro vite prima di un’eventuale imminente partenza, altri ancora invidiavano quelli che già avevano l’età per fare tutto questo.
Infilai la vestaglia e scesi per la colazione e passando accanto alla consolle dell’ingresso presi tra le mani l’elegante biglietto d’invito che la famiglia Masen aveva spedito e lo lessi:


Il Sig. Edward Masen Senior

E
La Sig.ra Elisabeth Masen Cullen
Sono lieti di invitare la S.V.
Al ricevimento per il fidanzamento della loro figlia Alice
con il Sottotenente Jasper Hale.

Accarezzai la carta pregiata. La famiglia del Giudice Masen era una delle più in vista. Sarebbe stato sicuramente l’evento dell’anno. La ribalta per mettersi in mostra. Certamente tutte le ragazze avrebbero sfoggiato vestiti eleganti acconciature curate e gioielli indicati alla loro età. Le signore avrebbero aggiornato i loro pettegolezzi e tenuto d’occhio ogni buon partito sperando che potesse notare una delle loro figlie.
I ragazzi sarebbero stati fasciati nei loro abiti eleganti o nelle loro uniformi imponenti. Ormai constatavo che quelli in divisa erano sempre di più.
Dopo aver fatto colazione diedi un bacio veloce ai mie genitori e mi congedai da loro. Avevo fretta di vestirmi , volevo leggere qualche altra pagina del mio libro preferito al riparo dei rami della vecchia quercia del nostro giardino.
Scendevo le scale di corsa, un’abitudine che avevo sin da bambina e che mia madre aveva sempre tollerato poco. Contegno Isabella. Contegno, mi riprendeva e anche quella mattina non fece eccezioni.
Non capivo perché continuasse a chiamarmi Isabella, lo detestavo.
“ Mamma…” mi lagnai “Bella…lo sai… Per favore!” La vidi assumere la sua classica espressione contrariata.
“Signorina, il tuo nome è Isabella e dovrai fartene una ragione prima o poi.” Mi disse allungando una mano per tirarmi su il mento. “Stai su tesoro. Portamento. E’ quello che fa la differenza, ricordalo.” Accennai un sorriso assumendo una posa più plastica e con passi misurati tenendo il mio libro sotto il braccio uscii.
Mi immergevo sempre completamente nella lettura dimenticando dove mi trovavo e il tempo in quei momenti sembrava sempre scorrere tanto veloce.
Nel pomeriggio iniziarono i preparativi e la mia tortura. Tra corsetti e ferri caldi arriccia capelli. Purtroppo non potevo vantare una capigliatura fluente e vaporosa. I miei capelli erano la classica via di mezzo. Ne lisci, ne ricci. Di solito li tenevo legati con un semplice nastro, ma mia madre voleva fare bella mostra della sua creatura al pari e non da meno di tante altre genitrici che sarebbero state lì quella sera. La tortura andò avanti per ore tra i vari: non ti muovere, ferma così, non respirare, stai dritta, eccetera.
Quando ebbe finito devo dire che l’effetto d’insieme lasciò piacevolmente sorpresa anche me.
Il mio vestito di raso blu impreziosito da merletti avorio si sposava bene con il mio incarnato e non mi faceva sembrare pallida, anzi. I capelli semi raccolti che ricadevano sulle spalle appena scoperte davano al mio viso un’espressione graziosa che metteva addirittura in risalto i miei anonimi occhi castani come il colore dei miei capelli. Mi ero sempre vista alquanto scialba, ma dovevo ammettere che mi piacevo. Mia madre appuntò tra i miei capelli e nella casta scolatura delle violette.
Finalmente eravamo pronte. Presi i guanti e lo scialle di seta e uscii dalla mia stanza seguita dalla mamma che continuava a farmi le solite raccomandazioni.
Ai piedi delle scale ci aspettava mio padre e capii che era rimasto colpito, dal modo imbarazzato di bofonchiare i suoi complimenti. Non era un tipo estroverso queste cose lo mettevano sempre a disaggio.
Amava mia madre anche se a suo modo, con la stessa intensità del primo giorno si vedeva e lei lo ricambiava. Mia madre Renee era una bella donna, ma io non le somigliavo.
Quello in cui mi rispecchiavo di più sia nell’aspetto che nel carattere era mio padre.
La grande villa dei Masen era gremita. Avevamo dovuto fare più di venti minuti di fila solo per entrare nel parco.
L’autista ci aprì lo sportello e aiutò me e mia madre ascendere. Era un’abitazione molto grande ed elegante, mio padre consegnò l’invito all’ingresso ed entrammo nell’ampio salone illuminato a giorno e tutta la Chicago che contava era lì.
Mi resi immediatamente conto che non conoscevo nessuno o quasi fatta eccezione per qualche ragazza che veniva nella mia stessa classe. Non facevo vita di società.
In un angolo della sala i padroni di casa davano il benvenuto agli ospiti. Il Signor Masen fece un cenno di saluto a mio padre e subito dopo ci raggiunse presentandoci sua moglie e fare la mia conoscenza e quella di mia madre.
Elisabeth Masen Cullen era la donna più bella che avessi mai visto. I suoi capelli erano raccolti in una morbida acconciatura che le sfiorava il collo. Non mi era mai capitato di vedere quella tonalità di rame così calda.
Aveva dei ricci morbidi e perfetti una pelle che splendeva come se fosse stata una porcellana e gli occhi grandi di un’incredibile tonalità di verde e infinitamente dolci.
Era fasciata in un abito scuro che ne metteva in risalto la forma armoniosa.
Suscitava l’ammirazione di tutti i suoi ospiti. Pur avendo tre figli già grandi aveva l’aspetto di una ragazza.
Dopo concluse le formalità non mi restava altro che aspettare che tutto si risolvesse al più presto.
Continuavo a stringere mani, a fare mezzi inchini, altrettanti sorrisi, a rispondere con monosillabi alle varie domande delle tante signore anziane che avevano occupato la maggior parte dei divanetti e delle poltroncine.
Nella sala le note di valzer non cessavano di suonare. Ballare non era il mio forte, non facevo che inciampare o pestare i piedi al mal capitato di turno.
Approfittando di un attimo di distrazione di mia madre sgattaiolai fuori nell’ampia terrazza e finalmente mi lasciai andare ad un sospiro liberatorio per quanto il corsetto stretto all’inverosimile mi consentiva.
L’aria tiepida di giugno era piacevole e in cielo splendeva una magnifica luna piena.
Mentre ero assorta nei miei pensieri sentii una musica dolcissima che non proveniva dal salone, ma da una delle stanze che si affacciavano su quel lato del grande balcone. Senza neanche rendermene conto la seguii e giunsi davanti a una sala più piccola meno illuminata che doveva fungere da studio e biblioteca al cui centro era posizionato un meraviglioso pianoforte a coda. Un ragazzo suonava anche lui in un’elegante divisa mentre discuteva amabilmente con qualcuno, da lì riuscivo a vedere che si trattava di una ragazza, tanto carina quanto frivola, un altro interlocutore che indossava anch’egli l’uniforme, si chiamava Mike mentre il nome della ragazza era Jessica.I due in piedi parlavano e ridevano rumorosamente alle esclamazioni di chi stava suonando ma non riuscivo a vedere. Colsi degli stralci di conversazione da quella posizione.
La ragazza si diceva gelosa di tutte quelle possibili rivali di chi stava suonando e lui la rassicurava in merito. Notai solo che aveva i capelli di un caldo color rame e che sembravano ordinatamente spettinati.
Mi tolsi da quella posizione, non volevo notassero la mia presenza che sarebbe stata inopportuna se mi avessero vista.
Feci appena in tempo a rientrare nel salone, perché il Signor Masen cominciava a chiedere l’attenzione dei suoi ospiti per un annuncio importante.







Ringrazio infinitamente chi ha recensito:

LUISINA : Mi fa veramente piacere che il prologo ti sia piaciuto e che tu voglia seguire questa storia.

EKA : Allora voglio dirti di stare tranquilla, qui non morirà nessuno, ma non nego che qualche problemuccio lo avranno. Del resto il nostro Eddy non sarebbe lui se non si tormentasse un po’.




Un ringraziamento grande va anche a chi ha messo questa storia nei preferiti nei seguiti o chi è semplicemente passato a leggerla.

Un saluto a tutti e buona lettura.
  
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