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Autore: lucille94    08/09/2017    1 recensioni
Bois-Guilbert è a terra, immobile, nel fango di Templestowe. Ma non è ancora la fine...
Il mio vuole essere un sequel di Ivanhoe incentrato sulle vicende di Rebecca (e Bois-Guilbert) dopo il duello a Templestowe. Perché non dare una seconda possibilità a questi due inguaribili orgogliosi? E' quello che intendo fare! Perciò, dopo Templestowe seguiranno altre avventure... Perché Bois-Guilbert non è affatto morto. E Rebecca dovrà farsene una ragione.
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Dove andrete, una volta arrivato a Londra?» domandò Rebecca, affiancando con il proprio cavallo quello di Bois-Guilbert. Avanzavano al passo e Isaac li precedeva.
Il Templare, avvolto in uno spesso mantello nero, non distolse gli occhi dal percorso e rispose: «Credo che mi imbarcherò, tornerò in Normandia e da lì mi recherò in Sicilia»
La fanciulla approvò con un cenno: «Noi andremo in Spagna, presso uno zio... Spero ci sentiremo più sicuri laggiù»
«Ve lo auguro. Mi rendo conto che l’Inghilterra, per quanto Richard si proclami vostro protettore, non può essere un luogo dove formare una famiglia...»
Rebecca negò: «Non intendo formare nessuna famiglia, né qui né in Spagna. Mi dedicherò alla cura dei bisognosi»
Solo allora Bois-Guilbert volse il viso verso di lei. Da sotto il cappuccio si intravedevano i riflessi cristallini dei suoi occhi azzurri e una piega come di sorriso sulle sue labbra, un sorriso malinconico e disincantato: «Allora abbiamo qualcosa che ci accomuna: un uguale voto che ci proibisce la felicità degli altri esseri umani...»
Rebecca non osò ribattere a quell’amara costatazione, temendo di pronunciarsi nel modo sbagliato.
«D’altro canto – constatò lui – se il Signore si dimostrerà misericordioso verso di me, farà sì che io muoia molto presto»
«Quale triste speranza vi muove a partire» sussurrò Rebecca.
«Ci sono momenti in cui un uomo non può che ammettere il fallimento. Quando non resta più nulla se non la morte, è bene che la morte non indugi a venire»
Proseguirono finché fu mezzogiorno: circa a quell’ora giunsero a una locanda isolata. Decisero di fermarsi a consumare un pranzo veloce per poi rimettersi in cammino, ma appena prima di entrare Isaac diede un colpetto di gomito al cavaliere e gli lasciò cadere tra le mani un borsello di monete.
«Noi ripartiremo appena concluso il pranzo. Fate finta di non conoscerci e fermatevi per la notte: noi, invece, ripartiremo subito» gli bisbigliò all’orecchio. Rebecca, evidentemente, era a conoscenza della decisione del padre e passò accanto a Bois-Guilbert senza degnarlo della minima attenzione. Il cavaliere zittì un impeto di rivolta e, dopo aver ceduto il passo a padre e figlia, attese che fossero seduti prima di entrare ed occupare il tavolo più lontano della bettola. Dal proprio angolo teneva facilmente sott’occhio il luogo appartato dove venivano sistemati i clienti ebrei. Chiese una brocca di vino e quello che il cuoco aveva preparato per quella giornata. Vedendosi arrivare un pezzo di carne di cinghiale, previde che per i suoi ex compagni di viaggio sarebbe stato portato solo del pane con del vino. E mentre rimuginava sul da farsi, sulla strada da prendere e sui successivi spostamenti, tre uomini presero posto sulla panca accanto e cominciarono a scambiarsi commenti sugli avventori.
«Quei due – disse a un tratto quello dei tre che dava le spalle a Bois-Guilbert accennando ad Isaac e Rebecca – saranno sicuramente accompagnati da un buon carico d’oro. Oppure, parola mia, non sono ebrei osservanti»
Bois-Guilbert chinò il viso sul proprio piatto, tutto intento ad origliare e, nel caso, a intervenire.
«Io mi accontenterei dei gioielli della ragazza» disse il secondo.
«Io no» esclamò il terzo, e insieme sollevarono le pinte e brindarono. Le loro risate sguaiate riempirono la locanda, ma quegli schiamazzi erano usuali in luoghi del genere e nessuno protestò.
«Quindi è deciso?» riprese il secondo dopo una lunga sorsata.
«Certo! Lasciamoli pagare, per ora» disse il primo.
Dopo un’occhiata, il terzo domandò: «E la ragazza?»
Bois-Guilbert sollevò appena gli occhi, ma nessuno dei tre si scompose, e neppure diede risposta. Un brivido percorse le sue braccia e la sua schiena e l’istinto guidò la sua mano destra sulla cintola, sul fianco sinistro dove d’abitudine teneva la spada. Ma una spada non l’aveva più. D’un tratto, tutti i piani di viaggio erano volati in fumo: il pensiero di abbandonare i propri benefattori, e in special modo Rebecca, perse tutta la risoluzione costruita durante il cammino. Brian de Bois-Guilbert, con una rapida occhiata al coltello servitogli per tagliare il pane, si risolvette ad accodarsi alla losca comitiva della locanda. Aspettò pazientemente: alla fine i tre avventori si alzarono e si diressero con passo sicuro verso Isaac. Parlottarono per qualche minuto e vennero a un accordo. Li vide uscire, vide padre e figlia soffermarsi un istante al di qua dell’uscio; quando anche loro furono fuori, quando il rumore di zoccoli al passo scemò fino a sparire, allora Bois-Guilbert si alzò da tavola, lasciando accanto al piatto una moneta d’oro. Con tutta probabilità i tre si erano fatti assumere come scorta e avrebbero atteso di essere ben addentro la foresta prima di sferrare l’attacco. Il normanno si fece portare il cavallo, salì in sella con un balzo – e nel farlo si procurò una fitta al fianco che gli mozzò il respiro – quindi nascose accuratamente il coltello da pane nella manica destra. Solo allora, datasi una rapida occhiata intorno, partì.
   
 
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