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Autore: Yugi95    10/09/2017    2 recensioni
Raccolta di brevi one-shot dedicate ai “cattivi” affrontanti da Ladybug e Chat Noir. In particolare le storie si focalizzeranno su un breve e significativo momento della vita di questi personaggi. Alcuni di questi episodi avverranno poco tempo dopo l’attacco dell’Akuma; altri, invece, si andranno a collocare anche decine di anni prima; pochi, infine, avranno luogo nel momento esatto in cui Papillon libererà la pericolosa Akuma di turno. Ovviamente il tutto sarà affrontato da un punto di vista più maturo e coscienzioso rispetto al cartone. Lo scopo della raccolta è quello di focalizzare l’attenzione sul lato umano degli akumizzati; di capirne la psicologia; di conoscerne difetti e debolezze che li hanno portati ad essere facile preda di Papillon. Numerosi saranno i collegamenti con la serie e i riferimenti alle diverse avventure vissute da Ladybug e Chat Noir. Nonostante ciò, i capitoli non saranno interconnessi da un’unica trama di fondo, ma avranno la funzione di porre l’accento su determinati eventi, persone, problematiche e paure.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chloè, Juleka, Nathanaël, Sabrina, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo II – Un sussurro nel vento
 
Pioveva… pioveva ormai da tre giorni. Dal plumbeo cielo, che silenziosamente sovrastava la città di Parigi, cadevano innumerevoli stille di pioggia. Queste, facendosi trasportare dal vento e dalla forza di gravità, fendevano come spade la fredda aria d’autunno, finché non impattavano al suolo terminando la loro folle corsa. Nelle pozzanghere si riflettevano le luci della città, la sua vitalità, la sua essenza. Come un fiume nel pieno delle sue forze, folle di ombrelli multicolori fluivano per le strade di Parigi. I loro movimenti, armoniosi e sincronizzati, mimavano una sorta di danza, un ballo lento ma inevitabile che racchiudeva un profondo significato di unità e compostezza. Tra di essi, spiccava però un grazioso ombrellino azzurro, che, nonostante cercasse di imitare l’andatura degli altri, risultava costantemente fuori tempo. Simile ad una nota stonata che viene coperta dal dolce suono delle sue “compagne”, si faceva largo tra quella moltitudine sperando che la sua presenza non fosse notata. Tuttavia, un ingranaggio, per quanto possa essere grande e complesso, necessita che ogni suo pezzo, anche quello più piccolo, funzioni alla perfezione.
«Ehi, sta attenta! Mi stai bagnando tutta la schiena!» ringhiò un uomo sulla cinquantina.
«Mi… mi scusi. Non… non era mia intenzione» balbettò, timidamente, una ragazza dai capelli biondi indietreggiando leggermente.
«Bene!» sentenziò l’altro, per poi sparire tra la folla imprecando contro i giovani d’oggi e la loro superficialità.
Aurore rimase immobile, la sua bocca spalancata. Avrebbe tanto voluto replicare alle parole di quell’energumeno, ma non ne ebbe la forza. I suoi tristi occhi blu si perdevano nel vuoto, mentre i passanti, intenti a raggiungere al più presto un caldo e asciutto riparo dalla pioggia, sfilavano rapidamente ai suoi lati. Nessuno sembrava accorgersi di lei, nessuno sembrava percepire la sua presenza… nessuno sembrava interessarsi della sua sofferenza. Era un fantasma, un’ombra insignificante, un mero riflesso della persona sicura e determinata di un tempo. Un’improvvisa raffica d’acqua la ridestò dalla trance sollevando prepotentemente la gonna del suo vestito azzurro. Fu allora che la sentì, una voce fredda come il ghiaccio, minacciosa come una tempesta. Nulla più che un sussurro nel vento… impercettibile e senza senso per chiunque altro, ma non per lei. Si girò di scatto spaventata, alle sue spalle non vi era però nessuno. Riprese a camminare, veloce… sempre più veloce, senza mai voltarsi indietro. Il respiro era mozzato, il petto sembrava stesse per esploderle, lo sguardo era alla disperata ricerca di un qualcuno o di un qualcosa che potesse aiutarla. Percepiva la sua presenza, sentiva il suo fiato sul collo… quella terribile voce nella sua testa.
«Aurore. Aurore, vieni da me».
Si fermò, le gambe le facevano male, il volto era pallido e gli occhi irrorati eccessivamente di sangue. Nonostante avesse preferito continuare per la propria strada, ebbe l’inarrestabile impulso di girarsi ancora una volta. Voleva essere sicura, sicura che non la stesse seguendo, sicura che non potesse nuovamente farle del male. Erano lì, tra la folla di parigini e ombrelli, due iridi viola acceso che la fissavano insistentemente. Aurore ricambiò quello sguardo, benché terrorizzata, non riusciva a farne a meno. Doveva capire, doveva “toccare con mano” quella persona. Tremando come una foglia, si mosse nella sua direzione e tese il braccio destro in avanti. Ad ogni suo passo quegli occhi assumevano sempre più consistenza, i lineamenti del viso si facevano più marcati e il corpo perdeva quel suo aspetto etereo. Era a pochi centimetri dal suo obbiettivo, a breve avrebbe potuto avere tutte le risposte… risposte che ormai desiderava da fin troppo tempo. Aprì il palmo della mano per poter accarezzare quel viso di porcellana, ne sfiorò la fredda guancia… poi tutto svanì e Aurore, spinta accidentalmente da una coppia di fidanzati, si ritrovò in una pozzanghera.
«Perdonaci. Non ti abbiamo vista in tempo» esclamò una ragazza dai capelli neri, raccolti in due ciocche poste ai lati della testa
«Ti sei fatta male? Ti serve una mano per rialzarti?» aggiunse il suo compagno, passandosi nervosamente la mano tra la bionda chioma a causa di quell’imbarazzante situazione.
Aurore non rispose nulla limitandosi a fissare i due. Era lì, fino ad un attimo prima… lei era lì. L’aveva vista, la stava per toccare. Finalmente avrebbe potuto dare un senso a tutta quella situazione, finalmente avrebbe potuto capire cosa le stesse accadendo.
«Aurore, ti sto aspettando».
Ancora una volta, ancora una volta quella terribile voce le rimbombò nella testa. Non voleva più sentirla, non voleva più avere niente a fare con lei. Si mise in piedi e, incurante delle offerte di aiuto della coppia, si allontanò velocemente da quel luogo, dimenticando il suo amato ombrello per terra.
«Aurore, è inutile scappare».
La voce diventava sempre più insistente, mentre i passi concitati della ragazza si erano ormai trasformati in una corsa disperata. Aveva bisogno di aiuto, erano settimane che se le ripeteva. Aveva bisogno di qualcuno che la facesse smettere, di qualcuno che la salvasse dalle sue grinfie. Era disperata, non sapeva a chi rivolgersi… l’unica cosa che poteva fare era andare via, andare via il più lontano possibile da lei. Abbandonò la strada principale rifugiandosi nei vicoli della città.
«Vogliamo giocare a nascondino? D’accordo».
Percepiva la sua presenza. Nonostante stesse cercando di mettere sempre più distanza tra sé e lei, continuava a sentire il suono delle sue parole, continuava a sentirsi braccata come un’animale. Correva, correva senza avere una meta precisa, senza avere un posto dove poter essere al sicuro. La pioggia, sua unica “amica” in quella circostanza, l’aveva accompagnata per tutto il tempo. Era completamente bagnata, il suo bel vestito si era trasformato in un vecchio straccio logoro. Aveva freddo, le braccia erano percorse da continui tremori, mentre le caviglie avevano iniziato a gonfiarsi. Avrebbe voluto fermarsi; avrebbe voluto lasciarsi andare e farsi prendere; avrebbe voluto… ma decise diversamente, decise di non arrendersi.
«Aurore, smettiamola con questa farsa».
Si costrinse ad ignorarla, non poteva cedere. Strinse i denti e, chiudendo gli occhi, svoltò in uno stretta e oscura stradina abbandonata. Sperava che le tenebre e la solitudine le avrebbero concesso la protezione che stava cercando, la protezione che tanto desiderava. Il tentativo fu però vano, anzi peggiorò soltanto le cose. A causa dell’asfalto sconnesso e scivoloso, la ragazza perse l’equilibrio ritrovandosi nuovamente a terra. Questa volta la caduta fu ben più grave e, oltre a strapparle in più punti il vestito e le calze, le procurò diversi lividi ed escoriazioni.  Aurore non ebbe la forza di rialzarsi. Era troppo stanca per poter scappare, troppo indifesa per potersi difendere. Rigiratasi sulla propria schiena, contemplò le grigie nuvole che si trovavano sopra di lei, mentre dagli occhi fuoriuscivano rivoli di lacrime.
«Sei caduta? Mi dispiace».
Si portò le mani alle orecchie al fine di tapparle. Ciononostante, continuò a sentire quell’odiosa voce. Era una parte di sé, non poteva semplicemente “lasciarla fuori”. Doveva imparare a conviverci, doveva accettarla e farla propria.
«Aurore. Aurore, alzati. Torniamo a casa, insieme».
Quell’ultima parola colpì la ragazza nel profondo. Era stata pronunciata con strana dolcezza, una dolcezza che incuteva terrore.
«Forza, andiamo. Fidati di me».
Esasperata da quelle continue richieste; esasperata da quella persona invisibile a tutti tranne che a lei; esasperata da quella sua condizione, ormai ad un passo dalla follia; Aurore fece appello a quella poca lucidità, che ancora possedeva, e rivolgendosi al nulla, gridò:
«Sparisci! Non voglio più sentire la tua voce; non voglio più vedere i tuoi occhi alle mie spalle; non voglio più percepire la tua angosciante presenza. Va via e lasciami in pace!».
«Io non posso sparire, non adesso».
«Perché?! Perché non vuoi smetterla di perseguitarmi?».
«Perché… io sono te e tu sei me. Siamo destinate a stare insieme, anche adesso».
Preoccupata dal significato di quelle parole, Aurore si alzò da terra e, barcollando a causa delle ferite, si guardò intorno alla ricerca della sua misteriosa interlocutrice. Il vicolo era deserto, non c’era nessuno al di fuori di lei e del suo triste riflesso in una spoglia vetrina di un vecchio negozio abbandonato. La ragazza indugiò a lungo sulla sua immagine, scrutandone ogni dettaglio, ogni fattezza del proprio corpo. C’era qualcosa di strano, sembrava quasi che il suo riflesso le stesse sorridendo. Trascinandosi la gamba sinistra ancora dolorante, si avvicinò alla vetrina e poggiò le sue mani su di essa. La sua immagine speculare, però, non imitò il gesto. Rimase stranamente immobile, le labbra increspate in una smorfia di divertito disprezzo.
«No, non può essere. Non puoi essere ancora qui» sibilò, sconcertata, Aurore, mentre inizia finalmente a realizzare cosa stesse succedendo.
«Invece è così. Non me ne sono mai andata… sono sempre rimasta con te».
In quello stesso istante, il riflesso della giovane subì una metamorfosi. I biondi e lisci capelli di Aurore lasciarono posto ad una crespa chioma bianca e viola. Il suo vestitino azzurro si trasformò in un attillato costume viola dalle maniche bianche. Sul viso, infine, comparve una maschera, mentre nella sua mano destra uno strano ombrello viola. La ragazza spaventata da ciò che i suoi occhi le stavano mostrando, indietreggiò di alcuni passi e, colpendosi le tempie con i pugni, mormorò:
«No, no, no! Non sei reale, tutto questo non è reale. Sta avvenendo semplicemente nella mia testa».
«Nella tua testa? Forse. Non è reale? Sbagliato!».
Aurore si tastò il viso alla ricerca di un’eventuale maschera. Allo stesso modo osservò i propri vestiti in modo tale da capire se fossero stati sostituiti dal costume. In entrambi i casi non notò alcun mutamento. Eppure il suo riflesso continuava a restituirle quell’immagine che tanto aveva odiato e cercato di dimenticare: l’immagine di Tempestosa. Ricadde sulle proprie ginocchia e, coprendosi il volto con le mani, scoppiò a piangere. Era stremata da quella situazione paradossale; stremata dalle continue insistenze del suo alter-ego; stremata dalla pazzia che pian piano le stava pervadendo l’animo.
«Suvvia, non piangere. Dopotutto non ne hai alcun motivo, io non ti ho mai fatto del male. Io… voglio solo il meglio per te, il meglio per noi».
«Ti supplico, lasciami da sola. Non voglio tornare ad essere te: hai causato fin troppi guai in passato».
«Aurore, tu non puoi fare a meno di me e di ciò sei pienamente consapevole. Se sono tornata è perché sei stata tu a volerlo».
«Non è vero! Stai mentendo» piagnucolò l’altra stringendo le proprie braccia ai fianchi e iniziandosi a dondolare a vanti e in dietro.
«Questa volta non vi è alcuna Akuma ad influenzarti, nessun Papillon a dirti cosa o non cosa fare. Questa volta siamo solo io e te, anzi sei solo tu e il tuo disperato bisogno di tornare ad essere Tempestosa. Sai bene di non contare nulla da sola, per questo hai bisogno di me… hai bisogno di qualcuno che sia disposto a sporcarsi le mani per te».
«Basta, basta, basta! Non voglio più ascoltarti, devi sparire!».
Aurore lanciò un ultimo disperato urlo al cielo; poi si avventò contro la vetrina mandandola in mille pezzi. Alcune schegge del vetro lacerarono parzialmente la pelle delle mani e degli avambracci. Altri frammenti, invece, si andarono a conficcare nelle guance e sulla fronte. Grondante di sangue, acqua e sudore, Aurore barcollò all’indietro e, quasi non provasse più nulla, si lasciò cadere nuovamente sull’asfalto incurante dei frammenti. Chinò la testa e, specchiandosi nei resti della vetrina, sperò di non rivedere più quella persona. Tempestosa, però, era ancora lì. Nonostante fosse stata appena fatta a pezzi, il suo sorriso maligno continuava ad incutere terrore alla povera ragazza.
«Non ti libererai mai di me, Aurore. Io sono te e tu sei me, siamo un tutt’uno indivisibile. Io so cosa vuoi, conosco i tuoi più oscuri segreti e posso farli diventare realtà. Guarda davanti a te… troverai un regalo».
Non riuscendo neanche a capirne il motivo, Aurore si protrasse in avanti e, scostando sotto dei grossi pezzi di vetro, trovò un ombrellino azzurro. Lo prese tra le mani per osservarlo meglio: non vi erano dubbi, era proprio il suo. La ragazza lo strinse a sé e, dipingendosi un sorriso maniacale sul volto sporco di lacrime e sangue, bisbigliò:
«Io sono… Tempestosa».
Subito dopo levò una spaventosa e isterica risata al cielo, mentre il vicolo, il negozio e la città di Parigi scomparivano lasciando posto alle bianche pareti di una stanza d’ospedale.
 
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Note dell’autore: Buonsalve a tutti!!! Non so se vi ricordate di me (anche perché è passato molto tempo XD), quindi credo sia meglio che mi ripresenti ahahahahahahahahahaha. Sono Yugi95, ma se volete chiamatemi semplicemente Yugi 😉. Diversi mesi fa postai su questa sezione di EFP una breve one-shot su Chloé, promettendovi e promettendomi nelle note di postare qualcos’altro in futuro. Per vostra grande sfortuna, sono riuscito ad organizzarmi e a mettere a punto il mio piccolo progettino su Miraculous: la raccolta “Un giorno a Parigi”. Penso sia inutile spiegarvi in cosa consista questa raccolta, dal momento che è stato già fatto nella descrizione generale alla storia 😊. Di conseguenza passerei subito a tirare le somme di questo secondo capitolo (il primo è rappresentato dalla breve storia su Chloé XD). La protagonista assoluta è Aurore Beauréal, ovvero la micidiale Tempestosa. Sarò sincero: amo alla follia questo personaggio, forse al pari della pestifera figlia del sindaco di Parigi ahahahahahahah. Fin dalla sua prima comparsa, l’ho considerata l’antagonista per eccellenza ed è diventata il mio “cattivo” preferito 😉. Per questo motivo ho deciso di dedicarle il secondo capitolo della raccolta (l’ordine di apparizione dei catti, infatti, non combacerà con quello dei capitoli). In particolare ho voluto mettere l’accento sulle possibili (credo e spero che nel cartone non si arrivi mai ad una cosa del genere ahahahahahahah) conseguenze dell’essere posseduti da un’Akuma. Aurore, infatti, è perseguitata dal ricordo del suo alter-ego malvagio, Tempestosa; ne sente addirittura la voce e ne può vedere il riflesso. Di conseguenza spaventata e impossibilitata a liberarsi da questa opprimente presenza, scappa… decide di fuggire. Il tutto, però, si rivela inutile, perché come dice la stessa Tempestosa: “tu sei me e io sono te”. Il finale… preferisco non commentarlo, ma sono curioso di sapere cosa ne pensate e che effetto vi ha fatto 😊. Chiudo facendo un piccolo appunto sullo stile e la struttura di questo capitolo XD. Chi ha letto la one-shot su Chloé o qualsiasi altra delle mie storie, saprà che nella narrazione tendo ad essere molto preciso e a descrivere non solo scenari, emozioni e oggetti, ma specifico anche di volta in volta chi abbia pronunciato una determinata “striscia” di dialogo. In questo caso, però, ho voluto provare a mantenermi sul vago e sull’indeterminato al fine di conferire maggiore tensione e incertezza alla storia… spero di esserci riuscito 😉. Beh… io ho finito, perdonate questa mia seconda intrusione nel fandom XD. Per chiunque fosse interessato, la raccolta sarà aggiornata ogni due settimane e avrà sempre capitoli di questa lunghezza (più o meno XS). Grazie mille per l’attenzione che mi avete dedicato e… e niente ci si sente alla prossima 😊 😊 😊.
Yugi95
   
 
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