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Autore: vortix    11/09/2017    2 recensioni
Tarquinio il Superbo non aveva preso molto bene la storia che lui fosse l'ultimo re di Roma, e la monarchia per lui doveva continuare. Ora l'ultimo dei re è tornato in vita e sta cercando di impossesarsi nel fuoco di Estia, la fiamma che tiene in vita non solo Roma ma anche la fede negli dei.
Sarà Chiara, l'ultima semidea in Europa, insieme ad alcuni illustri personaggi a noi conosciuti, che cercherà di fermare il temibile Tarquinio.
Storia post "Le sfide di Apollo".
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Estia, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy/Annabeth, Reyna/Jason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una serie di (sfortunati) eventi.'
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«Quanti re siamo ancora costretti ad incontrare dopo Leonte? Perché vanno di male in peggio.» Chiedo, curiosa della risposta.
Reyna alza le spalle. «Non ne ho la più pallida idea. E sinceramente non ci voglio neanche pensare.»
Attraversiamo tutto il Phoenix Art Meuseum fino ad arrivare all’atrio in cui siamo entrati, e non appena Percy appoggia la mano sulla maniglia per aprire la porta, viene scaraventato indietro, come se avesse preso una forte scossa.
Tutti noi ci precipitiamo verso Percy, che si rialza da terra imprecando in greco antico.
«Cosa è successo?» Chiedo. Così mi avvicino di nuovo alla porta d’entrata e faccio lo stesso che ha fatto un attimo fa il figlio di Poseidone, ma non appena sfioro la maniglia sento un’improvvisa scarica che mi immobilizza e mi scaraventa proprio vicino a Percy, con il culo a terra.
Ma che cazzo?
Leo e Reyna si precipitano a loro volta verso di me per darmi una mano a rialzarmi. «Chiara, sei appena guarita. Vuoi tornare sanguinante?» Fa Leo, sorridendomi.
Senza dire nulla Percy si avvicina ad una finestra poco lontano e la esamina, senza toccarla, con uno sguardo perplesso.
«Lo sentite anche voi?» Chiede, e noi ci avviciniamo alle pareti in vetro, stando attenti a non essere di nuovo scaraventati in aria una seconda volta.
Non appena mi avvicino alla parete sento un leggero brusio provenire da fuori, come se un circuito elettrico circondasse tutta la struttura.
«Siamo chiusi dentro.» Esclama Reyna. «C’è qualcosa che ci impedisce di uscire.»
«Leonte. Quel maledetto!» Grida Percy, facendo vibrare un lavandino del bagno poco distante.
«Cosa c'entra lui adesso?» Chiede Leo, più confuso che mai.
Ed è in questo momento che Reyna capisce al volo cosa intende dire Percy.
«Ma certo, lui è un figlio di Ecate. Ci ha chiusi qui con la sua magia, avrà fatto un incantesimo o qualcosa del genere all’intero palazzo per farci perdere tempo.»
Il silenzio cala improvvisamente nella sala, e nessuno di noi sa cosa dire.
«Diamine, non è possibile che siamo chiusi qui per quel maledetto re spartano!» Sbotta tutto d’un tratto Leo e comincia a colpire la porta d’ingresso con una serie di palle infuocate, senza risultati.
Mi avvicino a lui e gli appoggio una mano sulla spalla, per calmarlo.
«Risparmia le forze, non servirà a nulla.» Dico, con voce pacata.
«Chiara ha ragione, è inutile provare a sfondare la porta. È a prova di semidei.» Mi sostiene Percy, e si siede su una sedia rossa vicino alla scrivania in mogano.
Leo abbassa le mani, e sbuffa, andandosi a sedere vicino a Percy.
Io e Reyna invece ci riavviciniamo alla porta d’uscita e la fissiamo inermi, cercando di capire come scappare da qui.
«Che dici, una bomba potrebbe funzionare?» Le chiedo.
«Può essere. Ma è anche vero che molto probabilmente noi non sopravvivremmo.»
«Una chiave magica?»
«Oh andiamo Chiara, non siamo nelle favole.»
Guardo Reyna alzando un sopracciglio volendo replicare, ma non dico niente.
«No, Chiara potrebbe avere avuto l’idea geniale. -Esclama improvvisamente Leo, alzandosi dalla sua sedia e avvicinandosi velocemente a noi.- Per aprire una porta serve una chiave. E per aprire una porta magica, serve una chiave magica.»
Il suo entusiasmo nei confronti della mia idea mi lusinga, e non posso fare a meno di sorridere.
Il ricciolino si accascia per un momento a terra e apre il suo misterioso borsellino giallo, tirando fuori una serie di attrezzi e poi mettendone via altri.
Ora anche Percy è interessato alla cosa, e si avvicina a Leo.
«Devo avercela qui da qualche parte…» Sussurra Leo, trafficando tra viti e trapani di cui non ho la minima idea di come facciano a starci in uno spazio così piccolo.
«Eccola!» Esclama infine lui, tirando fuori una semplicissima chiave in ferro, anche un po’ arrugginita.
«Questa è un regalo di mio padre. Può aprire qualsiasi porta si voglia, basta animarla con la magia giusta.»
«E quale sarebbe per aprire una porta chiusa con magia nera?» Chiede Percy, prendendo in mano la chiave.
«Semplice, una magia di luce.» Risponde Leo, alzandosi in piedi.
E ti pareva.
Tutti mi guardano, di nuovo come se fossi la soluzione ai loro problemi.
«E cosa dovrei fare? Trasmettere il mio potere alla chiave?»
«Esattamente.» Dice Leo, porgendomi l’oggetto in ferro.
Mi rigiro l’oggetto tra le mani notando che è abbastanza pesante per essere una semplice chiave, ma non aspetto un altro secondo per concentrarmi e raccogliere la mia luce in essa. In pochi secondi questa brilla nelle mie mani, e mettendo in atto i miei poteri di Atena, cerco di trasmettere la luce alla chiave, che in pochi istanti diventa completamente d’oro e molto più bella di come era prima.
Riapro gli occhi e i ragazzi davanti a me mi incitano ad infilare la nuova chiave dentro la serratura della porta. Io faccio qualche passo verso l’ingresso, pregando di non prendere la seconda scossa della giornata, e infilo lentamente la chiave nella giusta posizione.
Senza togliere le mani da essa, un leggero fascio di luce si propaga per tutto il museo a partire proprio dalla maniglia della porta, e io chiudo gli occhi per combattere la magia nera che ci impedisce di uscire.
Il potere di Leonte è forte e subdolo: una volta che vengo a contatto con la sua magia, questa si insinua nella mia mente come un serpente, e mi provoca delle sensazioni che difficilmente definirei positive. Paura, rabbia, malinconia, rancore, delusione, fallimento, debolezza e impotenza si alternano tra i miei pensieri, e il mio corpo trema, dando i primi segni di cedimento.
«Sta tremando e perdendo sangue dal naso, è meglio se la fermiamo.» Esclama Percy, avvicinandosi.
«No, aspettate!» Dice a sua volta Reyna e sento un paio di mani femminili toccarmi la spalla; immediatamente una nuova fonte di forza viene incanalata nelle mie mani, e io faccio un respiro profondo, come se mi fossi rinvigorita. Leo e Percy senza pensarci due volte copiano il gesto di Reyna, e mi toccano le braccia, chiudendo gli occhi come me per trasmettermi più energia possibile.
All’improvviso il mio corpo diventa un connettore di emozioni, passioni, pensieri, sentimenti, parole, e poteri, e io faccio il possibile per incanalare tutte queste cose nella chiave, per combattere la magia di Leonte. Il nostro contatto crea una specie di legame invisibile tra ognuno di noi, e per un momento posso percepire ogni singolo battito del loro cuore.
Stiamo in questa posizione per circa trenta secondi, finché la chiave che tengo in mano non si muove verso destra, e una nebbia nera che ricopriva tutto il perimetro del museo scompare come una nuvola di fumo.
La porta del museo si spalanca davanti a noi, rompendosi in mille pezzi, e così noi esultiamo come dei bambini davanti a dei biscotti al cioccolato. «Ce l’abbiamo fatta!»
Presi da un’improvvisa euforia ci abbracciamo tutti quanti, ma poi il gesto diventa improvvisamente strano, e ci stacchiamo, piombando in un silenzio imbarazzante.
Quello che abbiamo appena fatto ha cambiato decisamente le dinamiche del gruppo: in qualche modo mi sento molto più vicina ad ognuno di loro, e comincio a capire tante cose.
Senza dire una parola usciamo dal museo e ci avviciniamo alla macchina che Julia ci aveva dato.
«La prossima e ultima tappa è in Utah, a Salt Lake City.» Ci informa Reyna, con fare ancora imbarazzato.
«Non riusciremo mai ad arrivarci con la macchina, siamo costretti ad usare Festus.» Fa notare Leo, sorridendo contento.
Io alzo gli occhi al cielo, ma sono consapevole che lui abbia pienamente ragione. Abbiamo perso un sacco di tempo in New Mexico e con i problemi che ci ha creato Leonte non abbiamo più tempo da perdere.
«Però non passiamo per Las Vegas. Non riesco proprio a farmi piacere quella città.» Esclama Percy.
«Perché, ci hai perso dei soldi?» Chiedo, curiosa.
«Peggio, del tempo.» Risponde semplicemente lui, credendo che la sua risposta possa bastarmi, ma poi cambia discorso non appena vede Festus attivarsi nel parcheggio del museo. «Uh, io sto davanti!»
«Aspettate, e il McDonalds?» Fa Leo.
 
Anche dopo un cheeseburger e un vassoio di patatine fritte il viaggio su Festus si è rivelato orribile come quello precedente. Io non ho niente contro questo animale di ferro, davvero, trovo che sia anche carino… Se il mio sedere non fosse costretto a starci per dieci ore di fila.
Arriviamo a Salt Lake City, la capitale dell’Utah, in piena mattina, atterrando dietro ad una casa abbandonata in una via della periferia della città.
«Chiara, mi dici qualche parolaccia in italiano?» Mi chiede Leo, non appena richiude Festus nella sua valigetta.
«Per quale motivo vorresti sapere delle parolacce in italiano?» In effetti la domanda di Reyna è del tutto legittima.
«Curiosità linguistica. Andiamo, come si dice…?»
«Leo. Cerchiamo di concentrarci su cose serie.» Interviene Percy, avvicinandosi a lui e dandogli qualche pacca sulla spalla.
«È una cosa seria. Metti caso che Tarquinio parlasse solo italiano? Voglio interagire con lui in qualche modo.»
Non sono sicura che dire “vaffanculo vecchio bastardo” a Tarquinio sia il modo migliore di interagire con lui, ma decido di non intervenire.
«In ogni modo…Abbiamo solo poche ore per trovare l’ultima pietra, e dobbiamo concentrarci sulla ricerca. Voi avete qualche idea? Conoscete la città?» Chiedo io.
«Credo di essere già stato da queste parti, ma non ho la più pallida idea di dove cercare.» Dice Leo, e noi sospiriamo.
Mi guardo per un momento intorno e mi accorgo di essere nel retro di una casa in mattoni completamente abbandonata, posizionata in una via altrettanto spettrale e inquietante, con alberi alti e spogli.
Sicuramente non siamo nel centro della città, ma trovo comunque strano che non ci sia anima viva. Improvvisamente un tuono rimbomba dal cielo, e noi sobbalziamo.
Percy fischia in direzione del cielo. «Zeus è incavolato.» Sussurra.
«Prima ci incamminiamo meglio è, questa strada non mi piace per niente.» Interviene Reyna, e noi non obiettiamo.
Così ci mettiamo a camminare lungo la via, avvolti da uno strano silenzio e dal fruscio delle foglie, finché non arriviamo in una specie di centro informazioni, anch’esso completamente deserto. Mi chiedo cosa ci faccia qui un ufficio per turisti quando evidentemente di turisti non ce ne sono.
Leo senza dire nulla si avvicina, ed entra. Io guardo gli altri due ragazzi, che alzano le spalle non sapendo cosa dire. Percy decide di seguire dentro il figlio di Efesto, e quando sto per incamminarmi anche io Reyna mi afferra delicatamente il braccio.
«Possiamo parlare?»
Oh oh. Ha usato quel tono.
Vedete, nella mia famiglia ci sono essenzialmente due toni che si usano quando si dice: “possiamo parlare?”. Il primo è quel “possiamo parlare?” che io di solito utilizzo quando chiedo a mia madre dei soldi, mentre invece c’è il tono del “possiamo parlare?” che si usa quando bisogna tirare fuori un argomento scomodo, come quando mia madre ha usato il “possiamo parlare?” con mio padre quando ha per sbaglio comprato un set di pulizia per il caminetto usando la carta di credito di mio padre, e noi non abbiamo il caminetto.
Lo stesso tono l’ha appena usato Reyna, e io mi allarmo.
La seguo qualche metro più in là, sedendoci poi sul marciapiede della strada. Mentre aspetto che dica qualcosa, prendo dal mio zaino una bottiglietta di acqua e comincio a bere.
«Allora è Leo.» Comincia lei.
«Che cosa?»
«La tua nuova cotta.» E alle sue parole io non posso fare a meno di sputare l’acqua che stavo per ingerire.
«C…Cosa? No! Io non ho una cotta per Leo.» Perché fa così caldo in questa dannata città?
«Claire, l’ho sentito non appena ti ho toccata al museo di Phoenix.»
Io rimango per un momento in silenzio. «Non ti seguo.»
«Quello che abbiamo fatto per rompere l’incantesimo al museo è stato qualcosa che non vedevo da anni. Siamo diventati una cosa sola per qualche istante, e questo vuol dire che abbiamo condiviso ogni cosa di noi stessi.»
Ora che Reyna me lo fa notare, quando la guardo mi ritornano in mente una serie di scene, sfocate e confuse, di tutto quello che ha passato nella sua vita: il viaggio con Nico, i momenti con sua sorella Hylla, quando ha incontrato un Percy Jackson e una Annabeth più piccoli nell’isola di Circe, i momenti passati al Campo Giove. Tutti questi ricordi mi colpiscono con uno schiaffo, e mi rendo conto che come lei ha condiviso questi ricordi, anche io ho condiviso i miei, insieme ai miei sentimenti.
Ma poi arriva uno schiaffo più forte di quello di prima: Reyna non è l’unica con cui ho condiviso i miei ricordi, ma anche con Percy e…Leo.
«Stai tranquilla, non penso che lui lo sappia. O almeno non ci ha fatto caso.» Interviene Reyna, leggendomi nel pensiero. «A malapena abbiamo avuto il tempo di capire cosa davvero abbiamo fatto in quel museo, non penso che si sia soffermato su questo tuo aspetto. E più passa il tempo, e più questa sensazione di condivisione sparisce.»
Tiro un piccolo sospiro di sollievo, ma comunque non mi fa stare meglio. «Io…Io lo so che Leo è innamorato di questa Calipso, e non voglio creare problemi, davvero.» Dico infine, sputando il rospo.
E poi mi viene in mente una cosa grazie ai ricordi di Reyna. «Aspetta…tu hai avuto una cotta per Percy?»
Lei alza le mani, ridendo. «Colpevole.»
E ad un tratto mi sento meno sola. «È normale che scappi qualche cotta in missioni come queste. Dopotutto ci ritroviamo a vivere 24h su 24 sempre insieme, mangiamo le stesse cose, ci proteggiamo a vicenda… Penso che sia una cosa del tutto normale. Ma c’è una grande differenza tra la cotta e il vero amore, e bisogna saperla riconoscere, per proteggere noi stessi e quelli a cui vogliamo bene.»
«Stai dicendo che mi passerà?» Chiedo io.
«Non sono una figlia di Venere. Non posso saperlo, solo il tempo ti darà la risposta. Per ora è bene che tu ti prenda cura di te stessa, in modo da sconfiggere insieme questo re di Roma.»
Annuisco, senza aggiungere altro, per poi alzarmi dal marciapiede.
«Forza, i ragazzi sono lì dentro da un bel po’.» Finisce lei, incitandomi a rimettermi in piedi.
Così io e Reyna ci alziamo ed entriamo nell’ufficio informazione in cui Leo e Percy sono entrati poco fa.
Non appena metto piede dentro noto che per terra ci sono un sacco di vetri rotti e una serie di volantini informativi che promuovono delle gite in un posto chiamato Salt Lake. La stanza è per lo più spoglia, ci sono solo un bancone in legno e una mappa gigantesca della città appesa sulla parete; per essere un centro informativo non è un buon inizio.
Sto per chiedere a Reyna dove siano finiti i due, ma un ruggito proveniente dal retro della struttura mi ferma immediatamente.
Reyna mi fa cenno di rimanere in silenzio, e con un movimento quieto prende in mano la sua spada dorata, per poi dirigersi verso la porta dietro il bancone.
Poi con un calcio che farebbe invidia anche a Jackie Chan, Reyna spalanca la porta, rivelando Leo e Percy impegnati a difendersi da un tipo con il corpo da leone, la faccia umana e una coda che assomiglia a quella di uno scorpione.
«Ciao ragazze! Come ve la passate?» Fa Percy, colpendo il mostro con la sua spada.
«Chi è questo?» Chiedo, mettendomi dietro al mostro con Reyna, facendo attenzione a non venire a contatto con il suo pungiglione.
Non ci vuole una laurea a capire che se la sua coda mi tocca io sono spacciata.
«È il proprietario che si è offeso perché gli ho detto che questo posto non ha del potenziale come ufficio informazione.» Mi risponde Leo, mantenendo il suo sguardo fisso sul mostro.
«Intendevo dire di quale mostro si tratta.»
«È una manticora. Sono mostri letali, ma stupidi. Dobbiamo tagliargli il pungiglione, solo così lo eliminiamo.» Dice Percy, mettendosi proprio affianco a me.
«Vieni qui, bello. Vieni da papà.» Esclama Leo, accucciandosi come se stesse chiamando un barboncino.
Il mostro quindi dirige la sua attenzione verso il ricciolino, e con uno scatto parte all’attacco, ma Leo prontamente si scansa all’ultimo secondo, facendo in modo che la manticora vada a sbattere sulla parete di legno, distruggendola.
L’animale si rimette in piedi, ruggendo, e si avvicina a Reyna in preda all’ira cercando di attaccarla alle spalle, ma lei subito si volta e schiva tutti i colpi del mostro. Sono quasi meravigliata dall’agilità di questa ragazza.
Nel frattempo Percy cerca di raggirare la manticora, mettendosi dietro di essa, ma la coda si muove troppo velocemente perché il ragazzo riesca a prenderla con la sua spada.
«Ragazzi, ho un piano. -Esordisce Reyna- Chiara, devi attirare la manticora verso di te, così noi possiamo prendere il mostro da dietro e tagliargli la coda.»
«Cosa? Sei impazzita?» Esclamo, scioccata. Ma sembra che il mostro abbia una certa fretta e che gradisca l’idea della mia amica, e in meno di un secondo riparte in quarta, sfrecciando verso di me.
Io presa alla sprovvista faccio affidamento ai miei poteri di Atena: vedo poco più in là una sedia mezza rotta, e con un pizzico di concentrazione faccio in modo che il mobile vada a sbattere contro la testa umanoide del mostro.
La mia mossa sembra funzionare, e la manticora viene colpita violentemente con la sedia, cadendo poi a terra.
«Adesso!» Grida Reyna, e i tre si fiondano sul mostro; con due spade e una palla di fuoco la coda viene recisa dal corpo dell’animale, e per qualche secondo il suo corpo rimane immobile, finché questo non diventa di pietra, sbriciolandosi da solo qualche istante dopo.
Percy e Reyna abbassano le armi, e si accasciano a terra facendo un respiro di sollievo.
«Che permaloso.» Sussurra Leo, e io non faccio a meno di sorridere.
Ci prendiamo qualche minuto di riposo, mangiando qualche barretta di ambrosia e bevendo dell’acqua. Senza dire niente, mi avvicino alla sedia che ho usato con la mente per colpire la manticora e la rimetto in piedi, per poi sedermi sopra; guardando per terra, noto che il pavimento è ricoperto degli stessi volantini che ci sono nell’atrio del negozio, e per curiosità ne afferro uno, leggendo la didascalia.
«Gita a Salt Lake, la vacanza che non vi dimenticherete!» Leggo a voce alta, e subito Leo alza il capo verso di me.
«Hai detto Salt Lake? Percy, non è quel lago in cui ci siamo fermati nell’ultima missione e dove abbiamo incontrato Narciso?»
«Avete incontrato Narciso? Cioè proprio quello del mito?» Chiedo, scioccata.
«Già. Credimi, non è un tipo tanto interessante.» Mi risponde Leo.
«Cosa ci faceva Narciso in Utah?» Chiede a sua volta Reyna.
«Non lo so. Comunque, guardate questo volantino.» Dice Percy, dando ad ognuno un foglietto preso da terra.
Noi lo guardiamo, cercando di capire dove voglia arrivare AcquaMan. «Notate qualcosa?»
«Il pessimo slogan pubblicitario?» Chiedo.
«La mancanza di una accurata descrizione del posto?» Prova questa volta Leo.
«No, i disegni che contornano il volantino.» Fa Reyna, indicando sul pezzo di carta delle conchiglie con dentro una perla azzurra sopra alla foto del lago.
Ci metto qualche secondo a capire che quelle nelle conchiglie non sono perle, ma pietre focaie.
«Percy Jackson, d’ora in poi ti chiamerò Sherlock Holmes.» Esclama Leo, uscendo di fretta dal centro informazioni per raggiungere Festus.
«Adoro quella serie.» Fa Percy, per poi rincorrere il suo amico fuori dal negozio.
Io e Reyna li seguiamo correndo, ma un piccolo presentimento di prende alla sprovvista: questa è l’ultima pietra che ci serve per la missione, e ho come la sensazione che tutto quello che abbiamo passato fino ad adesso non sia niente in confronto a quello che dovremmo affrontare una volta davanti a Tarquinio.
«Forza ragazzi, prima che si metta a piovere! -Esclama Percy una volta usciti- Si va nel mio territorio.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
…………..

Salve a tutti!
Dovevo postare il capitolo ieri ma qui da me c’è stato un temporale fortissimo e il WiFi ha deciso di quittare la vita.
Anyway, come state? Bene? Male? Dormite otto ore a notte? Mangiate frutta e verdura tutti i giorni? Siete pronti al rientro della scuola? *schiva i pomodori*
Okay la smetto.
Sedicesimo capitolo e ancora non hanno trovato tutte le pietre. Lo so, lo so, che due palle. Però prometto che dopo il diciassette le cose cominciano a farsi più interessanti: come per i posti che ho pensato per posizionare le pietre focaie, anche il luogo dello scontro con Tarquinio sarà ben pensato e avrà un suo significato. Se lo indovinate vi regalo un biscotto.
Nulla, se avete qualche domanda fatele pure, io sono felice di rispondervi.
Grazie mille a chi è arrivato fino a qui e per aver perso tempo per leggere la mia storia, ve se ama.
Al prossimo capitolo!
Potete trovarmi su
Twitter-  @glaukopsis
Un bacio, Claire

 
   
 
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