Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Luana89    16/09/2017    1 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
Le chiavi luccicarono tra le mani di Thomas, salì i pochi gradini restanti bloccandosi sull’ultimo, una figura in piedi contro la propria porta fissava con insistenza alcune macchie di sporcizia contro il muro da intonacare, sembrò riscuotersi pochi istanti dopo conscio della nuova presenza.
«Thomas, chi non muore si rivede.» I denti bianchi fecero capolino dalle labbra schiuse, il diretto interessato mantenne un’espressione neutra e quasi dura.
«Evan.» Il modo in cui pronunciò il suo nome sembrò quasi un insulto, l’altro non sembrò farci caso avvicinandosi.
«Christopher mi ha detto di averti rivisto a scuola, non trovi sia una piacevole coincidenza? Mi sono sempre chiesto che fine avessi fatto dopo.. insomma lo sai.» L’espressione vacua come se stesse parlando del tempo indispettì abbastanza Thomas che lo superò con una lieve spinta.
«Non trovo nulla di piacevole nel rivedere te, e tanto meno lui.» L’ultima parola venne quasi sputata dalle labbra ben disegnate del biondino che tornò a fissare Evan con occhi indagatori. Lo aveva conosciuto due anni prima, quando era ancora un ragazzino acerbo e l’altro il migliore amico in vacanza del ragazzo per la quale aveva una cotta cosmica.
«Sei ancora incazzato per quella stronzata? Cresci Thomas.» Era sicuro di non aver sentito bene, strabuzzò gli occhi voltandosi verso l’altro, sollevando il viso con sguardo di sfida.
«Vedi Evan, forse per te e per quel verme i sentimenti sono una stronzata, qualcosa che puoi maneggiare e rompere senza curartene troppo, ma non è così.» Evan si adombrò avvicinandosi appena.
«Non eri innamorato di lui, ma di ciò che pensavi fosse. Ti fermavi alla sua apparenza e io ti ho fatto un favore. Non parlare alla leggera, non di Christopher, se lo conoscessi davvero sapresti che nessuno meglio di lui sa cosa sia il dolore.» Quella parole lo bloccarono sul posto, strinse le chiavi conficcandosi la punta contro il palmo, non sembrò sentire alcun fastidio.
«E tu Evan? Tu lo sai?» Per la prima volta il ragazzo sembrò colto di sorpresa, arretrò appena per poi sorridere. Il silenzio sembrò prolungarsi eccessivamente, Thomas capì che non avrebbe ricevuto alcuna risposta, non quel giorno almeno, quindi girò la chiave nella toppa sbattendo l’uscio in faccia al ragazzo. La casa silenziosa riportò come un potente effetto boomerang tutta la solitudine che sentiva sulle proprie spalle, fissò una foto posta su un piccolo tavolo, ritraeva lui insieme a due persone molto più grandi. Due persone che adesso sembravano così distanti.
 
 
La sala d’aspetto dell’ospedale quel giorno era più gremita del solito, entrò zoppicando guardandosi attorno finché non riconobbe un viso familiare.
«Emily!» Salutò la donna lievemente in sovrappeso col camice da infermiera che ricambiò il gesto con altrettanto calore, facendogli cenno di venire.
«Sei qui per toglierti il gesso?» Nicholas annuì con una smorfia, non vedeva l’ora di togliersi quella palla al piede, nel vero senso della parola, tornando finalmente a giocare e allenarsi nonché ad essere decisamente più autosufficiente.
«Mia madre è impegnata?» Preferiva fosse lei a occuparsi di lui, non che non avesse fiducia negli altri medici, ma quella era pur sempre sua madre. Amanda McClair era una rispettata oncologa del Lennox Hospital, e da che ne avesse memoria aveva sempre curato lei il proprio figlio.
«No, mi ha chiesto di avvisarla quando saresti venuto. Perché non vai nella solita stanza? Ti faccio raggiungere subito.» Si sorrisero con familiarità e Nicholas ricordò la prima volta in cui aveva visto Emily, circa nove anni prima. Era una cara amica della madre, e faceva fantastiche torte che non mancava mai di fargli recapitare.
Girò sullo sgabello di metallo fissando le pareti celestine ondeggiare lievemente, era un ottimo modo per non pensare a tutte le cose surreali che gli stavano accadendo in quel periodo, il viso di Christopher non sembrava voler scomparire dalla sua mente, come se fosse tatuato o peggio marchiato col fuoco.
«Hai resistito pure troppo.» La voce della madre lo costrinse a fermare l’infantile giostra che aveva creato, bloccandosi istantaneamente.
«Andiamo, manca solo l’ultima settimana puoi toglierlo, sto bene.» Diede due colpetti al gesso che produsse un rumore sordo, era ormai sformato e sporco, non osava immaginare come fosse la propria gamba.
«Sei impaziente proprio come tuo padre.» Un sospiro uscì dalle sue labbra mentre iniziava ad armeggiare col gesso e gli arnesi, non parlava spesso del marito probabilmente quella sarebbe stata una ferita sempre aperta o più semplicemente non voleva ledere la sensibilità del figlio. Probabilmente era quello lo stesso motivo che l’aveva portata a restare sola nell’ultimo decennio nonostante fosse rimasta vedova prima dei trent’anni, Nicholas alle volte soffriva per lei. Nonostante la punta di possesso e gelosia che lo faceva tremare all’idea che sposasse un altro, non riusciva a non desiderare il meglio per lei; quando sarebbe andato via chi le avrebbe fatto compagnia la notte? Chi le avrebbe tolto gli occhiali da vista tutte le volte che si addormentava davanti al pc? Chi le avrebbe preparato il caffè la mattina quando come al solito non sentiva la sveglia?
«Un giorno vorrei essere la metà del medico che sei tu.» Lo disse con una gravità tale da strappare un sorriso intenerito alla madre, era la prima volta che parlava delle sue aspirazioni future. Amanda gli accarezzò con fare materno la guancia.
«Sarai anche migliore, ne sono sicura.» Il gesso si ruppe a metà rivelando la gamba appena arrossata e sudata, fu una sensazione di puro benessere mentre l’aria sfiorava appena la pelle accaldata. La toccò con la mano sospirando.
«Dio santo, non lo sopportavo più.» Risero in maniera simile e Amanda si alzò.
«Vuoi un caffè? Ho ancora cinque minuti prima del prossimo turno.» Nicholas conosceva bene quello sguardo tentatore, non poteva di certo dirle di no. Si alzarono insieme procedendo spediti lungo il corridoio, i suoi occhi corsero alla scalinata centrale, la prima cosa che vide fu il giubbotto di pelle, i jeans stretti e le gambe agili che scendevano velocemente e poi il viso. Christopher alzò gli occhi come se per la seconda volta qualcosa lo avesse richiamato in maniera violenta a quel luogo, e incontrò l’espressione sgomenta di Nicholas. Gli occhi maliziosi si poggiarono poi sulla donna accendendosi appena, Nicholas provò un moto istintivo di protezione verso la madre, voleva scoparsi anche lei?
«Mamma credo che dovrei andare sai?» La voce uscì appena stridula, Amanda lo fissò incuriosita.
«Perché? Non vieni mai a trovarmi.» ‘’E menomale’’ avrebbe voluto aggiungere lui, gettò un’altra occhiata a Christopher vedendolo con sorpresa avviarsi verso la direzione opposta, non aveva mai avuto intenzione di fermarlo quindi?
«Nicholas?» La madre lo scrollò con tono allarmato, si ridestò deglutendo e sorridendo a stento.
«Hai ragione, dovremmo andare dai..» Si costrinse a non voltare mai il capo per seguire la direzione presa dall’altro, chiedendosi il motivo che lo aveva spinto lì. Che lo pedinasse? No impossibile, era venuto da tutt’altra parte.
«Mamma, che reparti ci sono al piano superiore?» Amanda sembrò colta di sorpresa da quell’improvviso interesse.
«Oh, beh in realtà l’ospedale ha molti piani. Sopra c’è l’oncologia e alcune sale operatorie, più su medicina interna, poi neurologia e psichiatria.» Che andasse lì? Ce lo vedeva come pazzo. Ignorò l’elenco che la madre continuava a stilare troppo immerso nei suoi pensieri. «All’ultimo ci sono gli uffici dei dirigenti, del direttore e di alcuni azionisti.»
«Capisco..» no a dirla tutta non capiva proprio per niente.
«Sei proprio strano, sai?» Oh lo sapeva eccome. Peccato la madre non avesse idea di quanto riuscisse a esserlo.
 
 
 
«Messicano o Thailandese?» Scott si versò da bere seguito a ruota dal figlio non senza il suo sguardo di biasimo.
«Ordiniamo la cena fuori?» Sembrò incuriosito, come se fosse un avvenimento fuori dalla norma. Cosa che in effetti era.
«Sai com’è, hai fatto licenziare la decima cameriera in nove mesi.» Sorrise sterile soffocando l’impulso di sbuffare incazzato, quel ragazzo procurava più guai che altro e lui continuava semplicemente a farglieli passare consapevole di quanto grande fosse il fardello che portava in così giovane età, e di quanto immenso fosse il suo debito nei confronti del figlio.
«Dovresti cercarne una meno permalosa e che capisca quanto sia fottutamente irrilevante che si chiami Mary o Maybelline.» Christopher sbatté le palpebre con espressione seriamente stupita e quasi oltraggiata.
«So che questa notizia potrebbe destabilizzarti, mio adorato figlio, ma alla gente non piace essere chiamata con nomi diversi dai propri.»
«Ah no?» Scrollò le spalle con indolenza come se la questione non lo riguardasse da vicino. «Ordiniamo Messicano.»
Scott annuì afferrando il telefono, componendo il numero scritto su un volantino. «Sto provando a convincere Maria a tornare, sento già che dovrò sborsare parecchi soldi.» Lo fulminò con un’occhiata e Christopher mosse la mano fendendo elegantemente l’aria.
«La nostra Melissa è saggia, non dirà mai di no a una cospicua somma di denaro.» Il padre roteò gli occhi sbuffando.
«Maria. M-a-r-i-a.» Sillabò il nome rendendosi conto che non sarebbe valso a nulla, gli occhi azzurri del figlio spenti e annoiati fissavano il liquido ambrato.
«E Morgana sia, quante storie.» La risata di Scott riecheggiò tra le pareti, un misto di isteria e incredulità mentre la voce dall’altro capo del telefono mormorava indistintamente.
«Sei proprio un bastardo.. NO NON DICEVO A LEI. Si..» Christopher sorrise arcigno gettando il capo indietro sulla poltrona, il viso corrucciato di Nicholas si introdusse negli anfratti della sua mente provocandogli una lieve scarica d’adrenalina. Era incredibile, come faceva a calamitare la sua attenzione solo guardandolo? Era già la seconda volta che succedeva, sentiva i suoi occhi addosso e non poteva fare a meno di sollevare i propri. Bevve avidamente il brandy schioccando la lingua contro il palato.
«Spero il piccante ti piaccia.»
«Oh paparino, io amo il ‘’piccante’’.» Scott evitò di chiedergli a quale ambito si riferisse sospirando stancamente.
 
 
Le costose scarpe di Christopher si mossero sulla pavimentazione in pietra del cortile, puntava dritto di fronte a se verso uno dei tanti tavoli in ferro battuto della scuola. Sei paia d’occhi lo accolsero astiosi.
«Adoro essere guardato così.» Sorrise accattivante beccandosi l’occhiata più torva del repertorio di Thomas. Jeremy fu il primo a parlare, indicandolo con la mano.
«Lex Luthor, giusto?»
«Anna dai capelli rossi, vero?» Nicholas soffocò la risata con un colpo di tosse, beccandosi una gomitata da parte dell’amico che in cuor suo sapeva di essersela meritata. La sedia libera stridette e Christopher prese posto.
«Underwood non sei il benvenuto.» Fu Thomas a prendere parola venendo liquidato con una semplice alzata di spalle.
«Reed è una mossa scorretta quella di parlar male di me ai tuoi amichetti dello Sleepover Club. Sono nuovo qui, è giusto che mi faccia amici.»
«Darci implicitamente delle checche non è un buon inizio.» La voce tagliente di Jeremy fece impallidire Nicholas, Christopher si mosse improvvisamente divertito.
«La comunità LGBT ti amerebbe, piccolo bocciolo.» Lo fissò con compassione e Nicholas interruppe sul nascere un argomento improvvisamente scomodo.
«Che cosa vuoi Christopher?» Gli occhi del ragazzo si poggiarono su di lui, l’elettricità era quasi percepibile tra loro e questo portò Thomas a stringere i denti.
«Invitarvi. Ho un locale qui a Manhattan, sono sicuro vi divertireste.» Uscì dalla tasca della giacca blu un bigliettino che poggiò di fronte a loro, Nicholas lo prese rigirandoselo tra le mani.
«Non ci andremo.» Thomas sorrise compiaciuto.
«Ben detto.»
«John lascia parlare i grandi, per cortesia.» Il rosso lo fulminò con un’occhiata.
«Mi chiamo Jeremy.»
«Ma è ciò che ho detto.» Il candore di quell’affermazione fece pensare a Jeremy di aver udito male.
«Lascia stare, è una battaglia persa.» Fu Nicholas a parlare, memore della povera cameriera e gli occhi di Christopher furono nuovamente su di lui.
«Vi aspetto domani sera.» Aveva usato il plurale ma era ovvio si riferisse solo a uno di loro, lo stesso che divorò con gli occhi prima di andarsene. Jeremy sbuffò sporgendosi per leggere tra le dita dell’amico.
«Era serio?» Thomas sbuffò.
«Christopher è sempre serio.» Gli sguardi increduli dell’altro lo fecero sospirare.
«Quasi sempre, va bene.»
«‘’Insomnia’’?» Jeremy lesse il nome con voce ironica. «E’ adatto in effetti a un disturbato come lui.»
«Disturbo?» Una voce femminile e parecchio seducente interruppe il siparietto, di fronte a loro una ragazza più o meno loro coetanea vista spesso nei corridoi.
«Ovvio che no.» Jeremy si sperticò eccessivamente per indicarle la sedia adesso libera.
«Il mio nome è..»
«Rebecca, lo sappiamo.» Nicholas aggrottò la fronte fissando il rosso, no che non lo sapevano. O almeno non lui, e neanche Thomas a giudicare dallo sguardo confuso. Rebecca rise portando una mano alle labbra, i lunghi capelli neri oscillarono appena e un profumo di fiori si sparse per l’aria.
«Non sapevo di essere famosa.» Le unghie laccate di un rosso borgogna picchiettarono contro il freddo metallo, a Nicholas sembrò calare la cortina nebulosa. Lei era una delle cheerleader della sua scuola. La fissò con attenzione, portava i capelli sciolti e lunghi, occhi dal taglio felino di un intenso color caramello e la pelle incredibilmente nivea, supponeva fosse considerata bellissima dalla maggior parte dei ragazzi. Persino lui faticava a staccarle gli occhi di dosso, la sua scollatura non era eccessiva ma spiccava. Improvvisamente la ragazza si sporse nella sua direzione.
«Ti osservo da un po’, volevo chiederti se magari non avessi programmi per il fine settimana.» Nicholas strabuzzò gli occhi, e sicuramente i due amici non furono da meno.
«Io ..no, non credo.» Rebecca sembrò fin troppo felice mentre sbatteva le mani l’una con l’altra.
«Allora ci vediamo sabato, ti lascio il mio numero.» Allungò verso di lui il secondo bigliettino della giornata ammiccando in maniera seducente.
«Io non ci posso credere..» fu Jeremy a parlare, dando probabilmente voce ai pensieri di tutti. Si voltò verso Nicholas spiaccicandogli le mani in viso, costringendolo a voltarsi. «Sei stato da uno sciamano indiano? Hai comprato un profumo tipo ‘’Essenza da trombatore’’?»
«Ma la pianti?» Nicholas si staccò con forza scoccandogli un’occhiata in tralice.
«Beh, è sexy .. se ti piacciono le tipe così.» Thomas la indicò, non era sicuro in effetti di come fossero ‘’le tipe come lei’’. Rebecca sarebbe potuta essere tranquillamente il tipo di tutti. E aveva scelto Nicholas che dal canto suo ancora faticava a crederci. Doveva sentirsi lusingato, e anche vagamente eccitato. Ricordò la conversazione in casa Underwood, aveva urlato quanto gli piacessero le ragazze, era la sua occasione di dimostrarlo ..no? Il bigliettino di Christopher sembrò divenire improvvisamente incandescente nelle sue mani.
 
 
Il misero cartoncino adesso spiegazzato e pure macchiato continuava a sostare tra le sue dita mentre lo rigirava ossessivamente fissando l’orologio, erano le dieci e sua madre non sarebbe tornata a causa del turno notturno in ospedale. Chiuse gli occhi schiacciando il senso sviscerale di eccitazione che sembrava salire e infuocare ogni parte del suo corpo, era curioso di sapere come fosse quel luogo e anche di vederne il proprietario. Anzi quella forse era la motivazione principale. Ma aveva promesso a Thomas e Jeremy che non sarebbe andato.
«Beh, non sarebbe la prima promessa che infrangi.» Il tono gli uscì più velenoso di quanto avrebbe voluto, in fondo aveva promesso anche di non vederlo, ed era andato a casa sua. Scattò in piedi come una molla iniziando a rovistare nel proprio armadio, non sapeva bene come ci si dovesse vestire in occasioni simili, alla fine optò per un paio di pantaloni beige dal taglio sportivo e una maglia bianca abbinata ad un giubbino in pelle, si guardò allo specchio valutandosi attentamente. La sua altezza gli consentiva di portare un po’ qualsiasi cosa con destrezza, il viso appena acceso di ansia, i capelli che sotto la luce del lampadario sembravano più biondi del normale, per un secondo forse intravide ciò che Rebecca sembrava aver visto. Le labbra carnose si strinsero in una smorfia mentre mollava i rimorsi come uno zaino troppo pesante, uscendo da casa.
Le luci colorate rendevano l’ambiente più caotico di quanto già non fosse, Christopher sedeva ad uno dei divanetti al piano superiore circondato da alcune ragazze che sembravano svenute sopra di se, il fatto che respirassero e lo accarezzassero gli dava la sicurezza di non flirtare con un cadavere. Nicholas salì i gradini fluorescenti fissando la calca al piano inferiore sulla pista, schivando corpi sudaticci fino ad arrivare laddove puntava. Lo aveva visto pochi istanti prima, come se Christopher tenesse un faro puntato addosso. Gli si piazzò davanti e gli occhi dell’altro si illuminarono di interesse, sciolse l’abbraccio di una ragazza dalla carnagione scura sporgendosi verso di lui.
«Sei venuto.» Una pausa seguita da un sorriso arcigno. «Da solo.»
«Gli altri non volevano vederti.» Nicholas mandò giù il nodo alla gola, o almeno ci provò.
«A differenza tua.» Sapeva di aver mosso uno scacco matto al biondino che dal canto suo sembrò riconsiderare la sua presenza in quel luogo. Prima che ci ripensasse del tutto però l’altro si alzò afferrandogli il polso. Nicholas lo fissò con la fronte aggrottata.
«Che stai facendo?»
«Provo a sedurti, che altro?» Lo disse come la cosa più ovvia e normale del mondo, e Nicholas sentì il pavimento scricchiolare lievemente come fosse pronto a spaccarsi di netto. Si lasciò trascinare lungo la pista, oltrepassando muri umani, per finire lungo il bancone.
«Io non bevo molto.» Provò a negarsi ma Christopher non sembrava ascoltarlo mentre ordinava due drink dal nome esotico per entrambi, tornando a squadrarlo. Si rese conto in quel momento della differenza d’abbigliamento, se lui aveva scelto un look sportivo con i pantaloni beige, l’altro indossava dei pantaloni scuri e aderenti una camicia del medesimo colore appena sbottonata sul collo e una giacca bordeux.
«Sei carino, cosetto.» Gli sorrise accattivante e Nicholas sentì un risucchio all’altezza dello stomaco. Fissò la mano dell’altro che afferrava i bicchieri porgendogliene uno, aveva molti anelli ma uno solo colpì la sua attenzione. Sembrava pesante, un incisione nel metallo risplendeva persino al buio.
«Sabato uscirò con una ragazza.» Non seppe bene il perché lo disse, forse era curioso di vedere l’espressione altrui che però non soddisfò le sue aspettative restando immota e ferma.
«Ah si? Ma non mi dire.» Giurò di averlo visto ridere, ma durò troppo poco perché le labbra vennero immediatamente oscurate dal bicchiere. Annusò il proprio con diffidenza decidendo di assaggiarlo, era forte anche se lievemente fruttato, probabilmente la sua espressione si alterò in una smorfia di sorpresa perché sentì la risata di Christopher accanto a se.
«E’ un po’ ..forte.»
«Come me?» Nicholas lo fissò senza saper bene cosa dire, a causa del frastuono attorno a loro parlavano a distanza ravvicinata. Forse troppo.
«No, tu non sei forte, sei fastidioso e infido.» Scoccò quel dardo infuocato con soddisfazione.
«Eppure sei qui, con me.» Vide le sue labbra sillabare quella frase, notò ancora la pienezza nella parte centrale inferiore e senti il bisogno di bere ancora, cosa che fece.
«Ero curioso sul locale, è abbastanza caotico..» non trovò aggettivo migliore. Christopher dal canto suo aveva iniziato a trascinarlo oltre il bordo della pista, laddove la calca si diradava e restavano solo ombre e corpi avvinghiati.
«Qui va meglio?» Nicholas si guardò intorno a disagio.
«No, per niente..» Mosse un passo indietro ma l’altro tornò a coprirne le distanze.
«E perché? Andiamo Nicholas, vuoi ancora giocare a fare il finto angioletto?» Inarcò un sopracciglio squadrando l’espressione sgomenta del biondino.
«Io non faccio proprio niente.»
«Ah no? Sei qui per tua scelta, perché volevi esserci. Perché sei attratto da me.» Si indicò con un sorrisino diabolico e Nicholas andò con gli occhi alle possibili uscite di sicurezza, era peggio di un possibile incendio quello. Quando tornò a fissarlo Christopher era praticamente addosso a lui, tentò di sgusciar via ma l’altro non glielo permise.
«Non ho intenzione di mangiarti Nicholas McClair.» Ancora una volta disse il suo nome come se fosse qualcosa di commestibile. Sentiva di star sudando mentre le dita di Christopher si poggiavano sulla sua nuca, tra i capelli lisci e chiari.
«Perché proprio io? Perché tormentare me?» Era sul serio un tormento? Sembrarono porsi la stessa domanda.
«Perché non tu?» Le dita si chiusero tra i suoi capelli, esercitò una leggera pressione costringendo l’altro a sollevare il viso riluttante. Nicholas si specchiò in quelle iridi che adesso sembravano due abissi senza fondo, due buchi neri. Eppure Christopher in se era come una supernova, accecante e potente. Lo vide avvicinarsi, il suo respiro solleticò le guance mentre sentiva la lingua altrui leccargli il labbro. Fu come un palloncino che scoppia, un fuoco d’artificio dritto in faccia. La mano che teneva il bicchiere si contrasse.
«Mollami.» Riuscì a dire solo quella pietosa parola, Christopher lo fissò e vide la menzogna nei suoi occhi, sorrise scaltro mordendogli il labbro inferiore gli piaceva il profumo di quel ragazzo. Si scostò indicandogli il cocktail, bevendo il proprio.
«Dirai ai tuoi amici di essere venuto?» Lo squadrò con compiacimento, sapeva già la risposta e percepì l’umiliazione dell’altro nel rendersene conto.
«No.» Chinò il capo sentendo le labbra ancora scottanti per quel contatto fugace. Improvvisamente rialzò la testa, gli occhi fieri e rabbiosi. «Pensi di avere potere su di me? Pensi che il fatto di far cose come questa ti renda quello col coltello sguainato?» Christopher sembrò sorpreso, per la prima volta.
«Pensi di riuscire ad avere il fegato di farlo anche tu?» Gli si avvicinò e stavolta Nicholas riuscì a svincolarsi, la testa gli girava appena.
«No, perché io non ne ho alcuna voglia. Non sono attratto da te, né mi piaci in quel senso.» Il sapore della bugia si mischiò a quello del drink fruttato. Christopher roteò gli occhi con fare annoiato finendo il contenuto del proprio bicchiere.
«Come vuoi tu biscottino, ti comunico che sei ufficialmente penoso.» Nicholas aggrottò la fronte senza capire, la stanza girava appena e l’istinto lo portava a sorridere in maniera stupita. Scosse il capo strizzando gli occhi.
«No, non lo sono.»
«Ah ma quindi dire stronzate palesi è proprio un vizio, un marchio di fabbrica.» La voce divertita perforò la cortina appannata dell’altro portandolo a ridere appena.
«No okay, sono sbronzo, non potrei mai trovarti gradevole e divertente altrimenti.» Christopher portò una mano al petto come fosse ferito, doveva ammettere che la sua sfacciataggine in certi momenti era esaltante.
«Ti offrirò da bere più spesso. In cambio di qualcosa.»
«Cosa?» Nicholas sapeva di non dover chiedere, forse in realtà sperava la risposta fosse quella che pensava. E Christopher lo capì, ghignò appena accarezzandoli una guancia rovente. Le loro labbra si scontrarono appena, quasi una lenta carezza era come se quelle di Christopher imprigionassero solo la parte superiore di quelle altrui. Nicholas non respirò finché il contatto non finì.
«Un pegno abbastanza modesto, credimi solitamente esigo sempre di più.» A giudicare dalla sua espressione nessuno lo avrebbe messo in dubbio. La testa tornò a ronzare, il bicchiere ormai vuoto.
«Cosa esigi?» L’eccessiva curiosità una volta uccise il gatto, non diceva così il proverbio?
«Alle volte può essere un bacio, poi chiederò il tuo corpo, il tuo tempo e infine ..te.» Si fissarono senza parlare per quella che sembrò un’eternità.
«Ne vorrei un altro.» Sorrise appena.
«Parliamo del bacio o del drink?» Nicholas roteò gli occhi, era impossibile dialogare con quel demente. In effetti tra le due cose era ardua scegliere.
«Lo chiami bacio quello?» Lo provocò.
«Oh Dio, sei proprio adorabile. Non ne avrai un altro, ma posso provvedere al drink.» Gli fece cenno di seguirlo e fu un bene che gli rivolgesse le spalle, l’espressione devastata di Nicholas di fronte a quel rifiuto palese sarebbe stata una vergogna eccessiva.
 
 
Scostò appena le coperte mugugnando, voltandosi su un fianco e allungando una mano che toccò qualcosa di caldo. E liscio. Aggrottò la fronte a occhi chiusi continuando ad accarezzare, sembrava ..una persona?
«Stai provando a sedurmi?» La forma prese anche voce costringendolo a sbarrare gli occhi, si alzò di scatto ritrovandosi in un letto sconosciuto,con una persona invece sin troppo conosciuta: Christopher.
«Che diavolo..» sbiancò senza che le parole riuscissero a fluire fuori.
«Abbiamo dormito insieme.» L’ammissione candida lo fece sbiancare ancora di più, Christopher ne era sin troppo divertito e fu a malincuore che continuò a parlare. «Quando dico ‘’dormire’’, intendo dormire. Non ti ho deflorato, fiorellino.» L’occhiata furente dell’altro fu un balsamo lenitivo che gli fece persino passare il cerchio alla testa.
«Cosa ti fa pensare che tra i due sarei stato io quello ‘’deflorato’’?» Nicholas si alzò incespicando tra le coperte, cercando la propria maglia da qualche parte, Christopher invece poggiava comodamente la propria schiena nuda sui cuscini.
«Perché, punto uno: sono già stato deflorato, quindi anche volendo non potresti.» L’espressione sconvolta del biondo lo fece ridere. «E punto due: dove sta scritto che due uomini debbano per forza avere un ruolo? Tu chiedi a tua madre se quando scopa con tuo padre sta sopra o sotto? No, perché sarebbe stupido, oltre che inutile. E lo stesso vale per noi.» Nicholas restò imbambolato con la maglia in mano, come diavolo riusciva a snocciolare pensieri simili dopo una sbronza, ma soprattutto con quella tranquillità?
«Io e tu non..» non riuscì a finire, sentiva le guance in fiamme. Christopher sospirò frustrato.
«No, il mio pene al momento è in evidente erezione.» Scostò le coperte e il biondo balzò indietro voltandosi di scatto. «Tranquillo biscottino, questo morde ma giuro che riesco a domarlo.» Nicholas chiuse gli occhi snervato di fronte al tono malizioso e suadente dell’altro, voltandosi.
«Sei proprio senza morale.» Infilò la maglia con rabbia.
«Beh.. come darti torto?» Arricciò il naso in un smorfia ironica senza alcuna intenzione di coprirsi.
«Non dire a nessuno di oggi..né di ieri.»
«In cambio di cosa?» L’espressione sgomenta di Nicholas provocò un nuovo fiotto di risate. «Sei proprio ciò che voglio Nicholas McClair, lo giuro.» Quell’ammissione fece divampare un fuoco che preferì ignorare sviando lo sguardo per avviarsi alla porta. Si fermò con la mano sul pomello, era come se sentisse di dover dire qualcosa ma ignorasse però il ‘’cosa’’.
«Ieri mi hai fatto bere di proposito?» Persino di spalle riusciva a percepire l’espressione incredula dell’altro.
«Smettila di attribuire le tue voglie ad altri, smettila di non prenderti la responsabilità di ciò che fai. Non lo capisci? Posso averti anche senza un goccio di alcool nel tuo corpo.» Bastò quello per convincere Nicholas a uscire da quella stanza senza più voltarsi indietro.
Christopher fissò la porta adesso chiusa con un sorriso mesto, il cellulare squillò ne lesse il numero rispondendo.
 
– Stella del mattino.
– Lusinghiero da parte tua.
– Abbastanza se consideri l’orario.
– Christopher a quest’ora dovresti essere già a scuola.
– Che ragazza apprensiva.
– Ti ho chiamato solo per aggiornarti un po’, sai su quella cosa..
– Non c’è bisogno, credo di essermi fatto un’idea da solo.
– Oh.
– Sei perfetta, come sempre.
– E tu un bastardo, come sempre.
 
Si alzò in maniera svelta, la musica tornò a riempire l’intera casa mentre rovistava dentro l’armadio cercando qualcosa da mettersi. Sorrise, Elle King con Ex's & Oh's partì senza preavviso.
 
«I had me a boy, turned him into a man
I showed him all the things that he didn’t understand,
Whoa, then I let him go.»
 
Le labbra carnose di Nicholas tornarono prepotentemente alla sua mente, ancora e ancora.
 
 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Luana89