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Autore: vortix    17/09/2017    2 recensioni
Tarquinio il Superbo non aveva preso molto bene la storia che lui fosse l'ultimo re di Roma, e la monarchia per lui doveva continuare. Ora l'ultimo dei re è tornato in vita e sta cercando di impossesarsi nel fuoco di Estia, la fiamma che tiene in vita non solo Roma ma anche la fede negli dei.
Sarà Chiara, l'ultima semidea in Europa, insieme ad alcuni illustri personaggi a noi conosciuti, che cercherà di fermare il temibile Tarquinio.
Storia post "Le sfide di Apollo".
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Estia, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy/Annabeth, Reyna/Jason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una serie di (sfortunati) eventi.'
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Dopo un combattimento contro un granchio enorme e una cena abbondante, per il mio corpo sarebbe stato auspicabile riuscire a dormire almeno nove ore, ma a quanto pare il mio cervello non fa altro che pensare a tutto quello che mi è successo, tanto da non riuscire a chiudere occhio.
Così mi decido ad uscire dalla stanza dell’albergo che condivido con Reyna e prendere un po’ d’aria fresca. Chiudo la porta senza fare alcun rumore, per poi ritrovarmi tra i vari corridoi dell’albergo che Percy ha rimediato per noi, finché non trovo una piccola scaletta arrugginita e parecchio instabile che porta direttamente sul tetto della struttura.
La me di due settimane fa non sarebbe mai salita su una di queste cose, ma ora, dopo tutto quello che mi è successo, penso che non sia una cattiva idea.
Così salgo velocemente gradino dopo gradino, finché non arrivo sulla terrazza dell’albergo, ricca di sedie di scorta per la sala da pranzo e qualche scatolone. Poco più in là, ad impedire alle persone di cadere, c’è un cornicione abbastanza basso da permettermi di salirci e sedermici sopra.
Una leggera brezza accarezza il mio viso, e per qualche minuto mi concedo di godermi il panorama che si presenta davanti: se non fosse stato per gli eventi di oggi, il Salt Lake mi sembra uno dei posti più belli che io abbia mai visto. La luce della luna si riflette sull’acqua, rispecchiandone ogni minima sfumatura, il fruscio delle foglie riempie l’aria e le voci di qualche turista di sotto mi ricorda che ci sono ancora delle persone normali in questo mondo, che fanno una sana colazione alla mattina, leggono un libro nel tempo libero e non hanno Tarquinio il Superbo da sconfiggere.
«Anche tu hai difficoltà a dormire?»
Mi volto di scatto non appena sento la voce di Percy, e senza dire nulla mi sposto leggermente verso sinistra per fare posto al mio amico.
«Decisamente.» Rispondo alla fine. «Mi sembra di impazzire.»
Lui non dice nulla, ma il suo sguardo mi invita a continuare la mia confessione.
«Sai, quando abbiamo cominciato a cercare le pietre ero relativamente tranquilla, pensavo che sarei morta prima di averle recuperate tutte; ma ora che le abbiamo tutte e quattro, mi sono resa conto che la parte difficile deve ancora venire. E questo mi opprime. Insomma, fino a poche settimane fa ero una semplice ragazza con un account Twitter e un esame da preparare, e ora devo sconfiggere un re di Roma! -faccio una pausa- Non ho avuto il tempo necessario di realizzare che io sia una semidea, che mio padre sia Apollo, il Campo Mezzosangue, la lontananza dalla mia famiglia… e per di più sono stata catapultata in una missione suicida. È un traguardo se io non abbia avuto un crollo nervoso.»
Percy annuisce, facendo penzolare le gambe nel vuoto. «Sai, mi ricordi un sacco nella mia prima missione, le cose da fare erano più o meno simili. L’ansia, la preoccupazione, la stanchezza, la fame, la malinconia… Le ho sperimentate così bene che credimi, so cosa intendi dire quanto ti senti oppressa. Ma ci farai l’abitudine.»
«Wow, che vita di merda.» Dico, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.
«Oh dai, non è così male. Se non fossi un semidio a quest’ora sarei ancora un ragazzo brufoloso e che avrà per sempre un complesso di inferiorità perché la più bella ragazza del liceo non ha voluto andare al ballo insieme a lui. Ora guardami, sono un figo.»
Io scoppio a ridere, indietreggiando leggermente con la schiena.
Quando ritorno seria, mi decido a fargli una domanda che volevo fargli da tempo. «Perché hai voluto venire in questa missione? Stavi già vivendo una vita normale, come avevi voluto.»
Per un momento mi passano in mente una serie di immagini sfocate dei ricordi di Percy, e anche se non ci ho passato abbastanza tempo insieme da poter dire di conoscerlo bene, so per certo che in quei momenti a New York era felice, come un ragazzo normale.
«È vero, ma dopo tutto quello che è successo con Apollo mi è mancata questa sensazione di essere sempre sull’orlo tra la vita e la morte. È…eccitante, ma solo perché fino ad ora sono riuscito a scamparla.»
«Tu sei pazzo.»
«Mi hanno detto di peggio.» Sorride lui, per poi alzarsi con un balzo sul cornicione e scendere. «È meglio mettersi a dormire, domani ci aspetta un re romano piuttosto schizzato male.»
Percy mi porge la sua mano per aiutarmi a scendere, e io l’accetto volentieri; ci dirigiamo poi verso la scaletta arrugginita, ma prima che io possa scendere, lui mi ferma, volendomi dire qualcosa. «Senti… per il mio modesto parere…» Comincia lui, ma io lo fermo subito.
«Modesto parere? Sei Percy Hanno Fatto Un Film Su Di Me Jackson!»
Lui sogghigna, annuendo. «Già, che disastro di film. Comunque, per me te la sei cavata benissimo fino ad adesso. Senza di te ora non saremmo qui e molto probabilmente staremmo cercando ancora le pietre nei meandri degli Stati Uniti. Sei una tipa tosta.»
Le sue parole mi fanno sorridere, sono felice che qualcuno mi ritenga importante.
Così scendiamo dalla terrazza e ci dirigiamo verso le rispettive camere, e una volta davanti alle rispettive porte, invece di darmi la buonanotte il ragazzo mi dice qualcosa che mi fa scoppiare a ridere nuovamente.
«Tu hai capito perché in quel museo di Phoenix i nostri poteri insieme si sono trasformati in arcobaleno? Ci sto pensando da ore ma non riesco a darmi una spiegazione.»
 
Quando riapro gli occhi mi sento la persona più riposata di questo mondo. La luce della mattina che proviene dalla finestra accanto al mio letto mi colpisce come un faro, così mi rannicchio sotto le coperte per autoconvincermi che sia ancora notte e io abbia ancora tempo per poter dormire. Ma ormai il danno è fatto, a questo punto sono più sveglia che mai.
Mi alzo dal letto convinta di vedere Reyna nel proprio, ma non vedo nessuno nella stanza. Mi chiedo dove sia andata a finire la mia compagna di stanza; giuro che se è andata a combattere qualche mostro fuori in giardino io torno a dormire.
Mi decido a vestirmi e rendermi presentabile (per quel che posso, ho un paio di occhiaie che difficilmente andranno via con un po’ di acqua fresca), e non appena finisco di legarmi i capelli in una coda alta, la porta della stanza si apre con un tonfo, facendo entrare Reyna, seguita da Leo, Percy e un carrello pieno di cibo.
«Buenos dias, amigos! Chiara, menomale che sei già vestita, altrimenti Calipso mi avrebbe ucciso con le sue stesse mani.» Esclama Leo, lanciandosi letteralmente sul mio letto.
Reyna mi rivolge una occhiata preoccupata, che io ignoro beatamente, insieme al commento del figlio di Efesto.
Quasi mi ero dimenticata dell’esistenza di quella Calipso.
Piccolo update sulla mia situazione sentimentale: ho deciso di mettere una pietra sopra a Leo. Cioè, non letteralmente parlando… Si, insomma. Avete capito.
La priorità ora è sconfiggere Tarquinio, poi (sempre se ne esco viva) vedrò di trasferirmi in un altro continente così a Leo non dovrò più pensare. Facile e indolore.
«Abbiamo portato la colazione, è meglio se ce ne stiamo in disparte e non ci facciamo vedere da nessuno, il Salt Lake è pieno di pericoli, e molti non sono in acqua.» Spiega Percy, e io annuisco.
Così noi quattro assaliamo letteralmente il carrello con il cibo, e una volta soddisfatti del nostro bottino, ci mettiamo comodi sui letti e mangiamo, non curanti delle briciole che lasciamo intorno.
Non appena Reyna accende la televisione mi chiedo come io abbia fatto a non notare la tv in camera, se lo avessi saputo prima ne avrei approfittato.
Quando lo schermo si accende però, cambio subito idea: una serie di immagini di Roma si alternano a numerose interviste a comuni cittadini romani, insieme a dei video della città completamente allagata.
I titoli dicono che la capitale italiana è stata inondata da un terribile temporale, e che i danni sono enormi: case distrutte, strutture pubbliche in pericolo, il Colosseo circondato dall’acqua e via così.
Una rabbia improvvisa mi sale in corpo perché capisco subito chi è il responsabile di tutto questo.
Leo, Percy e Reyna rimangono in silenzio, e mi fissano come se fossi una bomba ad orologeria pronta a scoppiare.
«Dobbiamo raggiungere Tarquinio il prima possibile, sta distruggendo Roma!» La mia voce è più disperata di quello che pensavo.
«Sono d’accordo, se Roma cade è la fine per tutti noi.» Continua Reyna, sfracellando un biscotto tra le mani.
Leo quindi si alza e spegne la televisione, per poi tirare fuori dal suo solito borsellino le quattro pietre, e le posiziona davanti a sé.
«Okay, Estia ha detto che dobbiamo capire come legarci ad esse. Qualcuno a qualche idea?»
«Legarci ad esse? Ma come? Sono delle pietre focaie! Ho più probabilità di legarmi a questo pancake che a una pietra focaia.» Dice Percy, addentando poi il pancake.
Io e Reyna rimaniamo in silenzio, fissando le pietre disposte in fila.
E poi a lei viene un colpo di genio.
«Ho trovato!» Esclama Reyna, alzandosi dal letto e prendendo le quattro pietre in mano.
Senza dire nulla esce dalla stanza, e noi siamo costretti a seguirla, solo dopo aver fatto rifornimento di cibo e riempito il nostro zaino con qualsiasi gadget che siamo riusciti a trovare nella stanza.
Troviamo poi Reyna che ci aspetta davanti all’entrata dell’hotel, vicino ad un albero abbastanza grande da poter nasconderci e parlare di pietre magiche senza essere disturbati.
La ragazza sta posizionando per terra le quattro pietre secondo i rispettivi punti cardinali.
«Reyna, cosa stai…» Chiede Percy, confuso quanto me.
«I colori! Ragazzi, pensateci: le pietre potevano essere di qualsiasi colore, ma sono proprio rossa, gialla, blu e viola.»
Continuo a non capire dove voglia andare a parare.
«Sono i nostri colori!» Fa lei, presa dall’entusiasmo. «Il rosso per il fuoco di Leo, il giallo per la luce di Chiara, il blu per l’acqua di Percy e il viola per me che sono il pretore del Campo Giove.»
Reyna fa una piccola pausa lasciandoci metabolizzare il tutto.
«Ma certo, non dovevamo metterle insieme, ma prenderne una a testa e creare un qualcosa che ricordasse un focolare.» Comincia a realizzare Leo guardando la disposizione delle pietre, e senza perdere tempo facciamo ciò che ha detto.
Mi sento piuttosto scema per non averci pensato prima, era tutto più semplice di quello che pensavo.
Così afferro la mia pietra, quella gialla, e mi metto vicino a Reyna e a Leo, mentre Percy si posiziona perfettamente davanti a me.
«Okay, ora dovete trasmettere tutto il vostro potere alla pietra. Solo così le Vestali potranno davvero fidarsi e aiutarci.» Continua Reyna, come se fosse la massima esperta di risurrezione di Vestali.
Lei chiude gli occhi, e noi la seguiamo come dei bravi studenti, finché Leo non apre bocca.
«Reyna, sei sicura di quello che stai facen…»
«Shh. Sto improvvisando.»
Ah, fantastico.
Ma poi succede. Tutti e quattro contemporaneamente riusciamo a trasmettere un po’ della nostra parte divina alla pietra, che diventa piano piano sempre più luminosa. (Lo so perché non ho saputo resistere e ho sbirciato un pochino.)
Poco dopo però le pietre nelle nostre mani diventano incandescenti, e siamo costretti a lanciarle per terra prima che ci forino le mani, compreso Leo, per quanto ignifugo possa essere.
Il calore sprigionato dalle pietre si trasforma in una luce abbagliante, che ci costringe a coprirci gli occhi, ma poi quando li riapriamo ci troviamo davanti quattro ragazze con la testa rasata e con indosso una toga del colore della pietra originaria. La loro pelle è così bianca che mi viene il dubbio se non siano fatte di porcellana, e i loro occhi sono rossi come il fuoco, il che mi mette un po’ di inquietudine.
La loro aurea è potente, lo riesco a percepire immediatamente.
«Semidei, siete riusciti nell’arcano. Le Vestali sono finalmente libere, e pronte a servire Estia, la nostra protettrice.» Esclama la Vestale Blu, con una pacatezza impressionante.
«Io mi chiamo Pyrphoros, che vuol dire portatrice di fuoco.» Continua la Vestale Blu.
«Io invece sono Pyripnon, soffiatrice di fuoco.» Annuncia poi la Vestale Rossa. «Lei invece è Daidoukhos, la tedofora, portatrice della fiamma olimpica nelle cerimonie. -Indica la Vestale Viola.- E lei è Phosphoros, portatrice di luce.» Questa volta indica la Vestale Gialla, vicino a me.
Va bene, dopo questa serie di nomi impossibili, continuerò a chiamarle Vestali Gialla, Rossa, Blu e Viola; un po’ come facevo quando volevo distinguere le Winx quando ero piccola.
«Vaaa bene. Ragazze, avremmo bisogno del vostro aiuto.» Comincia Percy, ma la Vestale Rossa di fianco a Leo lo ferma subito.
«Estia è in grave pericolo, lo abbiamo percepito non appena il suo potere è stato rubato. Tarquinio deve essere fermato.»
«È quello che sto cercando di dire…» Cerca di continuare Percy, ma non viene calcolato.
«Four Corners, è lì che si nasconde il settimo re di Roma.» Finisce la Vestale Rossa.
Four Corners? Mai sentito. E poi che razza di nascondiglio sarebbe un posto chiamato “quattro angoli”?
A quanto pare neanche i miei amici americani ne avevano sentito parlare.
«Il Four Corners è uno dei siti archeologici più grandi del Paese e l’unico punto degli Stati Uniti in cui quattro Stati, lo Utah, l’Arizona, il New Messico e il Colorado si toccano. È il loro centro, per dirla in parole povere.»
E ad un tratto tutto sembra avere un senso. Abbiamo recuperato le Vestali girando attorno a questo luogo, che ne è il centro massimo, come un fuoco con le sue pietre vicino.
«E Four Corners sia, allora.» Esclama Leo, mettendosi in spalla il suo zaino pieno di campioncini di shampoo, ma la sua Vestale lo ferma.
«Da qui è troppo lontano per arrivarci in giornata, vi serve il nostro aiuto.»
La Vestale Viola quindi si allontana di qualche passo, e assume una strana posizione con le mani, tenendole rivolte verso l’alto con le mani chiuse a pugno; dalla sua bocca escono delle parole in latino che io non riesco a capire, e poi le sue braccia si abbassano, puntando ad un cespuglio vicino.
La pianta in questione si trasforma in poco tempo in un cerchio infuocato, con un piccolo vortice al centro.
«Questo è il metodo più veloce per raggiungere Tarquinio e salvare Estia, ma ha dei limiti: solo due persone possono attraversarlo, per cui ognuno dovrà viaggiare con la propria Vestale, in un portale a testa.» Spiega la Vestale Rossa.
«Non vedo dove sia il problema.» Faccio notare.
«Il portale non sempre porta dove si vuole. -Fa una pausa, fissando i nostri volti confusi- O meglio, non porta dove si crede di voler andare.»
«Il portale di fuoco è un portale a cui non puoi mentire. Questo passaggio ti può portare in qualsiasi posto del mondo, ma lo devi desiderare con tutta l’anima.» Continua la Vestale Blu.
«Continuo a non capire. È ovvio che io non voglia andare da Tarquinio per farmi uccidere, quindi dove vado a finire se lo oltrepasso?» Chiedo ancora più confusa.
«Andrai in un altro luogo, quello dove il tuo cuore davvero desidera essere.» La risposta della Vestale Rossa mi sembra più una sfida nei miei confronti che un semplice chiarimento, ma lascio cadere la cosa.
«Ragazzi, mi sembra quasi scontato che tutti vogliamo andare lì. -Interviene Reyna- Prima lo facciamo e prima ce ne torniamo a casa, giusto?»
Percy, io e Leo annuiamo, un po’ scettici.
Quando le rispettive Vestali ci creano il passaggio per il Four Cornes, mi convinco sempre di più che sia la scelta giusta. Durante la spiegazione della Vestale, il mio cuore desiderava essere a casa, in Italia, con mia madre e mia sorella a preparare dei biscotti, ma quando ho guardato i volti stanchi dei miei compagni e pensato a tutto quello che ho condiviso con loro, ho cambiato subito idea.
Se tornassi a casa avrei il doppio dei problemi che ho qui, per cui non ne vale la pena.
Così quando il portale giallo si apre davanti ai miei occhi, sono sicura di dove voler andare.
«Four Corners, allora. -Esclama Leo, prima di entrare- Chi arriva per primo è il semidio più simpatico e sexy di tutti i tempi.»
«Sfida accettata.» Esclama Percy, ed entra nel portale.
Miei dio, come i bambini di cinque anni.
Nonostante ciò, io e Reyna ci guardiamo per un attimo l’una accanto all’altra, e senza aggiungere altro entriamo nel vortice, curiose di sapere chi arriva per prima.
Dopodiché il buio.
Data la mia esperienza con i viaggi nell’Oltretomba di Nico, pensavo che anche i portali di fuoco delle Vestali fossero l’Inferno fatto a teletrasporto, e invece mi sbagliavo.
Certo, non sono un viaggio alle Hawaii, ma non sono neanche così spaventosi come me li immaginavo, dopotutto quando si parla di “portali di fuoco” non associo fiorellini e nuvole di zucchero filato.
Per qualche secondo percepisco tutte le cellule del mio corpo dissociarsi l’una con l’altra, facendo del mio pensiero l’unica parte coesa che mi rimane, ma poi piano piano i miei organi ritornano insieme, le mie ossa si ricompattano e la mia pelle ritorna a coprire tutto quanto, finché non mi ritrovo con il sedere sopra ad un terriccio sabbioso, e una luce accecante che mi costringe a coprirmi gli occhi.
Ancora un po’ spossata dal viaggio nel portale, mi alzo in piedi e metto a fuoco quello che c’è intorno a me: vedo un’immensa vallata color giallo ocra distendersi davanti, alla mia destra ci sono una serie di montagne sullo sfondo, mentre alla mia sinistra campeggia una struttura circolare, fatta da quattro stazioni della stessa grandezza posizionate nei diversi punti cardinali.
A collegare le strutture, un colonnato rossiccio con una serie di aperture completa il sito archeologico; capisco di essere davanti al Four Corners per via di una serie di cartelloni pubblicitari appesi al cancello d’ingresso, che invitano i turisti a sorprendere i propri amici con una foto del posto.
Quando mi giro dalla parte opposta vedo la Vestale Gialla che si rialza da terra, pulendosi la toga dalla sabbia, e poco più in là Percy e Reyna con le rispettive Vestali, anche loro piuttosto scombussolate. Ma di Leo nessuna traccia.
Decido di aspettare ancora qualche secondo, e richiudo gli occhi, ma quando li riapro il mio cuore sprofonda, e realizzo una volta per tutte che il portale non ha funzionato per tutti.
«Ragazzi, che fine ha fatto Leo?» Chiede Percy non appena si avvicina a noi.
Io continuo a girare la testa con il cuore in gola, cercando di perlustrare più posti possibili da dove possa arrivare il ricciolino, ma in un deserto non ce ne sono molti.
«Io…no, Leo deve essere per forza qui.» Sussurro.
«Magari c’è un secondo Four Cornes o ha capito male lui…Leo non potrebbe mai lasciarci a questo punto, vero?» Continuo, ma sia Reyna che Percy non mi rispondono.
I loro sguardi sono cupi e tristi, e non mi danno nessun incoraggiamento.
Così insieme alle nostre Vestali aspettiamo ancora per una ventina di minuti, ma di Leo nessuna traccia.
Un enorme tuono rimbomba nelle nostre orecchie, e quando alziamo lo sguardo il cielo si è annuvolato ad una velocità impressionante.
«Forza, non possiamo più aspettare. Dobbiamo liberare Estia.» Il primo a parlare è Percy, ma io stento ad ascoltarlo. Tutto ciò che faccio è fissare l’orizzonte, metabolizzando il tradimento di Leo, finché la mano di Reyna non mi afferra delicatamente il braccio, e mi convince che è ora di andare.
Percy e le Vestali quindi si incamminano verso l’entrata del Four Corners, mentre io rimango vicino a Reyna.
«Forza, possiamo farcela anche senza di lui.» Sussurra lei, ma io sono troppo delusa per poter replicare.
 
 
 
 
 
 
……………
Salve a tutti!
AAAAAAAH non mi odiate. Davvero, io vi voglio bene.
Allora andiamo per gradi: 1) le pietre. Quando ho scritto la scaletta di questa storia, nel momento in cui dovevo inventarmi i colori delle pietre focaie, sono andata completamente a caso. Nel senso che è stata una coincidenza grande quanto il culo della Minaj se i colori delle pietre corrispondessero ai colori “simbolo” dei protagonisti. Insomma, quando ci ho fatto caso volevo abbracciarmi da sola.
2) Le Vestali: inizialmente volevo renderle più particolari e carismatiche (un po’ come le muse canterine che si trovano all’inizio del cartone Disney “Ercole”), ma poi ho pensato che le sacerdotesse in generale (almeno a Roma) non avevano nessun tratto caratteristico. Anzi, i capelli rasati e i vestiti uguali servivano proprio per eliminare qualsiasi tratto soggettivo alle ragazze; per cui è questo il motivo se le avete trovate un po’ “insipide”, perché essenzialmente (secondo me, per rispettare appieno la tradizione) devono essere così.
3) LEO. Già, lui non è arrivato a destinazione. Ups. Chissà dove è andato.
4) I prossimi due capitoli saranno particolarmente impegnativi, finalmente Tarquinio farà la sua entrata, quindi perdonatemi eventuali ritardi.
5) Grazie infinite per essere arrivati fino a qui, se avete qualsiasi domanda o un piccolo parere io sono felicissima di leggere le vostre recensioni.
Secondo voi dove è finito Leo? Li ha traditi? Ha sbagliato strada? E’ morto?
Bene, ho detto anche fin troppo. Ci si vede al prossimo capitolo!
Potete trovarmi su
Twitter- @glaukopsis
Un bacio, Claire xx

 
   
 
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