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Autore: shiningreeneyes    19/09/2017    1 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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CAPITOLO 31

Non sono d'accordo con te.

 

 

 

Mercoledì, 27 Aprile

Trentasei settimane e due giorni 

 

 

Dopo la conversazione che era avvenuta tra me ed Harry, era stato difficile addormentarmi. Pensieri su Lauren, Harry e su di me avevano vorticato nella mia mente fino al punto da farmi venire mal di testa. Quello, combinato al fatto che il bambino non aveva smesso di calciare nonostante gli parlassi con molta tranquillità, mi fece passare una notte insonne. Così quando mi svegliai, alle nove e trenta di quella mattina, non ero per niente riposato e appena mi sedetti nel tavolo della cucina per fare colazione, non volevo fare altro se non tornare a letto.

 

"Notte difficile?" 

 

"Non ha smesso di calciare," dissi sbadigliando.

 

"Dovresti andare a dormire, manca ancora un'ora e mezzo prima dell'appuntamento."

 

"Non posso, devo fare la doccia, vestirmi e tutto."

 

Lei corrugò la fronte. "Sei sicuro?"

 

"Se sono sicuro che devo farmi la doccia e vestirmi? Si, certo," dissi con un piccolo sorriso.

 

Lei sorrise, ma il sorriso svanì presto e sembrava ancora preoccupata.

 

"Non mi piace il fatto che ti stressi molto per questa situazione con Harry, soprattutto ora che mancano meno di quattro settimane prima che tu partorisca."

 

"Come sai-"

 

Mi bloccai, chiusi gli occhi per un secondo e scossi la testa.

 

"Non importa."

 

"Le pareti qui sono piuttosto sottili", disse in risposta alla domanda che non avevo posto.

 

La mia mente tornò immediatamente a tutte le conversazioni tra me e Harry, il loro contenuto, e- beh,  la mia... vita privata e sentii tutto il mio viso esplodere in imbarazzo.

 

"Oh," fu tutto quello che riuscii a dire.

 

"Non preoccuparti," disse lei, "non ho sentito niente, ma ti ho sentito parlare molto e non sembrava qualcosa di bello."

 

"Abbiamo parlato di un po' di cose," dissi, "è solo- beh... non importa di cosa iniziamo a parlare, la finiamo sempre per litigare riguardo a qualcosa di poco piacevole. O almeno qualcosa che lascia tensione o imbarazzo."

 

"E di chi è la colpa?"

 

"Di entrambi. Io sono quello che mette in discussione queste cose, ma lui è quello che le ingigantisce."

 

Lei strinse le labbra pensierosa e prese un sorso di caffè. 

 

"Non capisco perché non potete sedervi e parlarne. È chiaro quali siano i problemi, quindi non può essere difficile risolverli."

 

"In teoria, è semplice," mormorai, "è un po' più difficile farlo. Non c'è nessun problema apparentemente, solo i miei desideri e i suoi che non possono essere uniti."

 

"Pensavo che foste d'accordo sul fatto di provare dei sentimenti l'uno per l'altro," disse con una piega confusa tra le sopracciglia. 

 

"Si, ma prova sentimenti più forti per Lauren," dissi, cercando di sorridere. Ero abbastanza certo di aver fallito, "vuole stare con lei, non con me."

 

Aprì la bocca, apparentemente per protestare, ma continuai prima che iniziasse.

 

"E questo va bene," dissi, "non mi sono mai... aspettato che volesse stare con me comunque, sono sorpreso che lui senta qualcosa più dell'amicizia per me in realtà."

 

Era ovvio c'era qualcosa che voleva dire, c'era uno sguardo nei suoi occhi come se volesse liberarsi di qualcosa, ma lei non aprì la bocca, mi guardò con un'espressione compassionevole. Passarono un paio di secondi prima che tossissi un po' e mi scusai, mormorando qualcosa sull'andare a farmi la doccia.

 

Mi alzai, andai verso la porta e avevo appena varcato la soglia quando il suono della sua voce mi chiamò e mi voltai.

 

"Sembra che tu ti sia arreso," disse, guardandomi giudiziosa.

 

Non ero abbastanza sicuro se prenderlo come un insulto o semplicemente come un'osservazione, perciò non ero sicuro di come risponderle. 

 

"Non mi sono... arreso," fu la risposta esitante che alla fine le diedi, "sto solo accettando il fatto che lui non mi vuole, non voglio essere una di quelle persone insopportabili che non riescono semplicemente a... rinunciare e lasciar andare la persona di cui è-  la persona per la quale si provano dei sentimenti, in modo da renderla felice."

 

"E sei sicuro che lui sia felice?" chiese dopo un breve momento di silenzio.

 

"Io-beh, si," dissi lentamente.

 

Corrugai leggermente la fronte, notando l'espressione vuota nel suo viso e uno strano sguardo negli occhi.

 

"Tu..." cominciai lentamente, dosando attentamente le mie parole, "tu non vuoi che stia con Lauren?"

 

Un piccolo sorriso tirò gli angoli della sua bocca. 

 

"Io voglio che lui sia felice," fu la risposta un po' vaga che mi diede prima di alzarsi dalla sedia, andare verso il lavandino e svuotare il resto del caffè, "devo andare a prepararmi per il lavoro," aggiunse. 

 

Dopo quelle parole mise la tazza vuota sul bancone, attraversò la cucina e mi diede una leggera stretta alla spalla, poi uscì.

 

Rimasi lì per un bel po', senza guardare niente in particolare e cercando di capire il significato di quello che aveva appena detto. Significava che pensava che Harry non fosse felice con Lauren? Che credeva sarebbe stato più felice con me? Che volesse davvero che io ed Harry stessimo insieme? O ero solo disperato a tal punto da immaginare il supporto delle persone? Pensieri del genere occupavano la mia mente mentre stavo lì e quando alla fine mi ripresi gettai uno sguardo all'orologio che era appeso al muro, indicava le 10.15 e mi maledissi prima di correre verso bagno - se dondolare poteva essere chiamato correre - per fare una doccia veloce.

 

Mi spogliai in fretta, gettando i pantaloni e la maglietta in un mucchio nell'angolo e poi diedi un'occhiata al mio riflesso, sospirando un po' e posando entrambe le mani sul mio stomaco.

 

"Stai diventando molto grande là dentro, piccolo," mormorai, "non pensi che sia giunto il momento di uscire?"

 

Un piccolo calcio fu la risposta e sospirai di nuovo.

 

"Si, lo so. È ancora un po' troppo presto, vero?"

 

La mia pancia era causa di uno o due inconvenienti quando era il momento della doccia, era un urtare continuo contro il vetro e quasi sempre rischiavo di scivolare quando mi alzavo sulla punta dei piedi per raggiungere il ripiano dove le bottiglie del sapone erano poste. Per quel motivo impiegai qualche minuto in più rispetto al solito, ma alla fine terminai e uscii dal box, avvolgendomi un asciugano intorno ai miei... beh, qualche posto tra i miei fianchi e la vita e uscii dal bagno per cercare di trovare un abbigliamento accettabile da indossare. 'Accettabile' in quei giorni, tuttavia, quando si trattava di vestiti, significava un paio di pantaloni di tuta e una maglietta non troppo logora. 

 

E così, mentre mi trovavo davanti allo specchio della mia stanza dieci minuti dopo e mi guardavo, non potei fare a meno di chiedermi come diavolo facesse Harry ad ignorare il mio aspetto. Perché sinceramente, nessuno sano di mente avrebbe trovato il mio corpo attraente in quel momento. L'unico conforto che ero in grado di trovare era che mancava solo un mese o giù di lì e poi il bambino sarebbe uscito fuori da me.

 

Fuori da me e dalla mia vita.

 

Feci una smorfia a quel pensiero indesiderato che mi balenò in testa, ma non potevo negare che non fosse così. Non che avessi idea di come funzionasse l'adozione, ma ero abbastanza sicuro che il bambino sarebbe stato portato via da me più o meno al momento nella nascita. O forse no? L'adozione non dovrebbe essere un processo così forzato, non con me ed Harry, e non con i servizi sociali, forse ci avrebbero permesso di tenerlo per un breve periodo, un giorno o due, prima di darlo via. Forse era qualcosa che valeva la pena di chiedere al medico.

 

Puntuale, proprio in quel momento, qualcuno bussò alla porta.

 

"Lou?" sentii la voce di Harry dire dall'altra parte, "sei lì?"

 

Risposi con un veloce 'si' e un attimo dopo, la porta si aprì ed Harry entrò dentro. Sembrava estremamente stanco, fu la prima cosa che notai e aggrottai un po' la fronte.

 

"Stai bene?" chiesi mentre chiudeva la porta dietro di sé, "sembri un po'... fuori di te."

 

Sorrise debolmente mentre camminava verso il letto e si sedette.

 

"Non sarebbe strano dire che questo è il giorno più lungo della mia vita, nonostante sia stato in piedi solo per più o meno tre ore e mezzo?" chiese.

 

Il mio cipiglio divenne ancora più profondo e andai a sedermi accanto a lui.

 

"Che cos'è successo?" lo interrogai, guardandolo per cercare di capire qualcosa dalla sua espressione.

 

"Non lo so nemmeno io," mormorò, "Lauren è ancora arrabbiata con me, con il giapponese faccio schifo e Zayn e Liam a quanto pare hanno litigato e sembra che si stiano sul cazzo a vicenda. Cazzo, non si guardano nemmeno, e Liam continuava a darmi risposte a monosillabi a tutto quello che gli domandavo durante la lezione."

 

Una sgradevole sensazione di vuoto mi si formò nel petto e cercai di fare del mio meglio per non far trasparire la mia preoccupazione.

 

"Perché fai schifo con il giapponese?" chiesi cercando di non soffermarmi sull'argomento Zayn-e-Liam.

 

"Perché faccio schifo," disse con una risata, "mi sembra logico."

 

"Sono sicuro che tu non faccia schifo," dissi.

 

"Sono sotto la media, Lou," disse, "quindi si, faccio schifo."

 

Sembrava così sconfitto e senza speranze che il mio cuore fece un salto nel mio petto e mi crebbe uno strano mix di compassione e tristezza. Un po' esitante, allungai una mano e lasciai scivolare le nocche sulla sua guancia. Con mio leggero sollievo, non si allontanò e ripetei l'azione.

 

"Andrà bene," dissi piano, "se davvero fai schifo, vedrai che andrà tutto bene."

 

Girò un po' la testa per guardarmi e un piccolo sorriso increspò le sue labbra non appena i suoi occhi incontrarono i miei.

 

"La tua mano è morbida," fu tutto ciò che disse.

 

Ridacchiai. "Grazie, credo."

 

"È come quella di una ragazza."

 

"Okay, il momento è finito," dissi, roteando gli occhi prima di lasciar cadere la mia mano verso il mio fianco.

 

"Beh, è stato un bel momento."

 

"È durato per due secondi," dissi, ma non potei fare a meno di sorridere.

 

"Si, beh, è stato comunque un bel momento," disse e con mio sollievo, sorrise di nuovo.

 

"Dobbiamo andare comunque, ci vogliono circa venti minuti per arrivare all'ospedale da qui."

 

"Oh, giusto, quello," dissi; per un momento ero riuscito a dimenticarmi completamente cosa dovevo fare quel giorno.

 

"Si," disse prima di alzarsi in piedi e tendermi una mano.

 

Una volta che fui in piedi, mi guardò dall'alto verso il basso e poi sbuffò.

 

"I tuoi outfit diventano più affascinanti giorno dopo giorno."

 

Le mie guance si riscaldarono di imbarazzo e guardai giù, giocando un po' con l'orlo della maglietta.

 

"È un po' difficile trovare qualcosa di decente da mettere in questi giorni," mormorai triste.

 

"Ehi, stavo solo scherzando," disse con una piccola risata prima di fare un passo in avanti e avvolgermi in un abbraccio impacciato.

 

"Aidan è in mezzo," aggiunse con un'altra risata come spiegazione alla domanda che non avevo fatto, "gli abbracci normali non sono più possibili."

 

Ridacchiai e appoggiai il lato della mia testa contro il suo mento per un breve secondo prima di allontanarmi.

 

"Tornerò di nuovo alle mie normali dimensioni presto," dissi.

 

"Sarà strano," disse malinconicamente, "non ti conoscevo prima che tu rimanessi incinto, quindi non mi ricordo il tuo aspetto di prima."

 

"Beh, non sono mai stato, sai, particolarmente in forma, ma non ero nemmeno grasso. E la mia pelle non era così disgustosa. E il mio culo non era così grande."

 

"La tua pelle è perfetta," disse roteando gli occhi, "e mi piace il tuo culo," aggiunse e prontamente mi diede una pacca che mi fece squittire in modo imbarazzante e mi fece fare un salto.

 

"Okay, andiamo," dissi una volta che tornai in me, ignorando il ghigno sul suo viso.

 

Pochi minuti dopo eravamo seduti in macchina verso l'ospedale. Quest'ultimo si trovava al centro di un luogo sperduto e nella direzione opposta allo studio medico, e quando gettai un'occhiata all'orologio digitale vicino al contachilometri, mi resi conto che probabilmente avremmo fatto ritardo.

 

"Sei nervoso?" mi chiese Harry quando eravamo in viaggio da qualche minuto, solo accompagnati dai suoni provenienti dalla radio che riempivano le nostre orecchie.

 

Girai la testa a novanta grandi per guardare il suo profilo.

 

"Riguardo a cosa?"

 

"Ovviamente ai test."

 

Mi voltai di nuovo e pensai alla domanda per qualche istante.

 

"Non lo so," dissi sinceramente, "sono nervoso per i risultati, ma non li riceverò oggi, quindi..."

 

"Ma lei ha detto che ti infilerà un dito nel culo," disse, sembrando confuso, "non ti preoccupa?"

 

"Ho avuto problemi più grandi."

 

Ci volle un secondo o due prima di capire quello che avevo appena detto e quando lo feci, sentii il mio viso diventare rosso.

 

"Non commentare," aggiunsi.

 

"Non lo farò," disse, ma sentii la risata nella sua voce e sapevo che in meno di un secondo avrebbe fatto un commento spiritoso.

 

"Ma okay, ora che abbiamo stabilito questo," aggiunse, "quali altri tipi di test pensi che occorreranno?"

 

Scrollai le spalle, silenziosamente sollevato dal fatto che avesse abbandonato l'argomento precedente.

 

"Non lo so, ma dubito che qualcuno di loro sia particolarmente piacevole."

 

Quando arrivammo all'ospedale, erano le 11.05 e passammo venti per capire dove andare, quindi quando finalmente arrivammo nella sala esami che l'addetto alla reception ci aveva indicato, ci trovammo di fronte la dottoressa Hayes, sorridente, un dottore dall'aspetto disperato che si presentò come David, e un'infermiera più giovane che non si era preoccupata di presentarsi. Mi guardò con molta curiosità, però. 

 

La prima cosa che accadde fu che l'infermiera infilò un ago nel mio braccio e continuò a prendere campioni di sangue e, quando finì e tolse l'ago, ero abbastanza sicuro di non avere più sangue nel braccio. Harry era seduto accanto a me e continuava ad accarezzarmi la mano su e giù come per cercare di confortarmi. Funzionò abbastanza bene.

 

Dopo mi fu dato un recipiente bianco di plastica e fui istruito di urinarci dentro, qualcosa che, come al solito, sembrò divertire Harry. Era qualcosa di estremamente imbarazzante e noioso provare a pisciare in un recipiente quando il mio stomaco era così grande che non riuscivo nemmeno a vedere il mio pene senza piegarmi in avanti, ma in qualche modo ci riuscii, tornai dal bagno e consegnai il tutto all'infermiera. Non sembrava troppo felice di tenere in mano le mie urine. 

 

Fu dopo quello che la dottoressa Hayes e David portarono me ed Harry in una sala esami diversa - l'infermiera non venne con noi, per fortuna. 

 

"Okay, Louis," disse David dopo aver chiuso la porta ed essersi avvicinato ad un armadietto, tirando fuori una serie di oggetti, "se cortesemente potresti togliere tutto dalla vita in giù e indossare questo-" mi consegnò un camice da ospedale celeste, "-e sdraiarti sul lettino alla tua sinistra, possiamo iniziare."

 

Iniziare.

 

Feci una piccola smorfia prima di rivolgermi ad Harry. "Non devi davvero... stare qui per questo," dissi.

 

"Sono venuto con te, okay?" disse, sorridendo per confortarmi, "rimarrò, per tenerti la mano e tutto quanto."

 

Sollevai le sopracciglia e lui continuò, quindi decisi di non approfondire la discussione. Invece mi tolsi la maglietta e misi il camice, prima di abbassare i pantaloni e i boxer. Anche se non era nulla di importante, guardandola da quel punto di vista, ero visibile agli occhi di tutti, mi sentivo ancora completamente nudo in quella posizione, indossando solo un camice che mi arrivava al ginocchio e un paio di calzini. Guardai Harry e notai che stava cercando di non ridere, e lo fulmini con lo sguardo.

 

"Non ti è permesso ridere," dissi, la voce un po' acida. 

 

"Non sto ridendo," disse, sollevando le braccia in segno di finta resa, "ma sei assolutamente adorabile. Davvero."

 

Non ebbi la possibilità di rispondere, perché David parlò in quel momento e mi disse di sdraiarmi sopra il lettino posto al centro della stanza. Con un cipiglio sul mio viso, feci come mi disse. Harry camminò verso un mucchio di sedie di plastica poste in un angolo della stanza, ne prese una e la portò al lato del lettino dove si sedette e mi guardò con un sorriso curvo.

 

"Non sembri troppo felice," disse.

 

Gli restituì il sorriso senza entusiasmo. "Dovrei esserlo?"

 

"No, non credo. Finirà presto, e una volta finito ti porterò a pranzo fuori."

 

Il mio sorriso si allargò. "Portarmi fuori?"

 

"Se tu vuoi, si."

 

"Mi sento orribile," dissi, "forse potresti prepararmi qualcosa a casa? Sei un bravo cuoco."

 

Sorrise ampiamente a quello. "Certo, se è quello che vuoi."

 

Non riuscimmo a parlare oltre, la dottoressa si fermò alle mie spalle con una scatola piena di fazzoletti, un paio di guanti e un tubetto che immaginai fosse lubrificante.

 

"Okay, Louis, se riesci prova a tirare le ginocchia fino al petto," disse lei e la sentii mettere i guanti. "Possiamo iniziare."

 

Feci un piccolo sospiro e guardai Harry, che ricambiò lo sguardo con occhi caldi e pieni di compassione. Senza dire niente, allungò la sua mano verso la mia e intrecciò le nostre dita come per rassicurarmi. Il suono del tappo che si apriva e lo spruzzo della sostanza gelatinosa che sapevo fosse lubrificante, raggiunse le mie orecchie, e mandai uno sguardo nervoso ad Harry, che mi strinse un po' di più la mano.

 

"Questo sarà un po' freddo e sgradevole," sentii dire dalla dottoressa Hayes e poi il camice fu spostato un po' e improvvisamente mi sentii più esposto e vulnerabile di quanto fossi mai stato nella mia vita.

 

"Okay," fu l'unica risposta che diedi, la voce leggera.

 

Sussultai un po' quando il gel freddo e appiccicoso entrò in contatto con la pelle dolorante e sensibile della mia entrata, ma ci volle qualche secondo per rendermi conto che lei non aveva effettivamente messo niente dentro di me e che in realtà stava solo... che cosa stava facendo esattamente?

 

"Le tue emorroidi sono a posto, sono a malapena visibili."

 

Oh. Quindi era quello che stava facendo. Inghiotti e strinsi la mascella. L'imbarazzo mi inondò al pensiero di Harry che sentiva tutte quelle cose orrende, e non solo il mio viso diventò rosso, ma le lacrime iniziarono a riempire gli angoli dei miei occhi e girai il mio viso contro il lettino per impedirgli di vedere.

 

La prima intrusione fu dolorosa. Era orribile, in effetti, ed era completamente diverso da quando lo facevo da solo. Oppure rispetto al cazzo di Harry. Anche quello era stato meno doloroso. Probabilmente perché ero ubriaco e quello aveva eliminato così l'80% del dolore che il mio corpo avrebbe in realtà dovuto provare. Tirai su con il naso e tenni il mio viso premuto contro il lettino per impedire a Harry di vedermi. Sembrava che l'avesse capito, però, perché anche se non aveva detto niente, iniziò ad accarezzarmi dolcemente con il pollice avanti e indietro sul retro della mia mano.

 

Per un po' rimasi lì, abituandomi lentamente al dolore e cercando di non pensare troppo a quello che stava succedendo. Ma poi, all'improvviso e con mia leggera sorpresa, una sensazione, quasi un formicolio, raggiunse la mia spina dorsale e sobbalzai involontariamente. Sentii la dottoressa dire un 'mmm' che suonava molto...  sorpreso.

 

"David, puoi venire un attimo?" la sentii dire e ok, non significava niente di buono.

 

"Che cosa- c'è- c'è qualcosa che non va?" chiesi nervosamente cercando di girare la testa per guardarla.

 

"Non ne sono sicura," fu l'unica risposta che ricevetti. Sentii David arrivare dietro di me e il rumore dei suoi guanti che venivano infilati mi arrivò alle orecchie, un pensiero negativo riguardo al fatto che tutta la città avrebbe saputo tutto sul mio sedere attraversò la mia testa. 

 

Un altro paio di minuto dopo, un dito, questa volta più lungo e grosso, si insinuò dentro di me esplorandomi, e la stessa sgradevole sensazione raggiunse la mia spina dorsale e mi fece tremare involontariamente. Sentii i due medici parlare dietro di me, ma non riuscii a capire nemmeno una parola e ebbi la sensazione che fosse loro intenzione non farsi sentire. Dopo uno o due minuti, David parlò più forte.

 

"È difficile esserne certi senza una radiografia," disse.

 

"Non possiamo fare una radiografia," rispose la dottoressa Hayes, "è troppo in là con la gravidanza, il rischio di danneggiare il bambino è troppo elevato."

 

"Per cosa abbiamo bisogno di una radiografia?" chiese Harry quando stavo per aprire la bocca per chiedere la stessa cosa.

 

La stanza calò nel silenzio e sollevai gli occhi per guardare Harry, l'unico che ero in grado di vedere al momento. Non mi stava guardando, ma piuttosto guardava i due dottori e sembrava che il suo volto esprimesse nervosismo quasi quanto il mio. Passò quella sembrò essere un'eternità ed ero quasi sul punto di iniziare ad urlare che qualcuno mi dicesse qualcosa, quando sentii dei passi intorno al lettino e un secondo dopo, i due medici furono davanti a me, guardandomi con espressioni illeggibili che coprivano il loro viso.

 

Deglutii, alzai la testa verso di loro, li guardai  con occhi spalancati e la mia bocca si seccò.

 

"È..." iniziò la dottoressa Hayes con esitazione, "è impossibile per noi esserne sicuri senza prima eseguire un'ecografia, ma... beh, cercherò di spiegarvelo nella maniera più semplice possibile."

 

Fece una pausa per qualche secondo e gettò un rapido sguardo laterale, incontrando brevemente gli occhi di David, prima di tornare a guardarmi e continuare a parlare. "Sembra che, oltre a tutte le parti normali del sistema rettale umano, ci sia... beh, un'altra apertura, se così si può dire."

 

Sbattei le palpebre una volta.

 

Due volte.

 

Tre volte.

 

E qualsiasi altra parola che indicasse la quarta volta.

 

"Cosa?" le chiesi rauco, "un- un-  cosa-"

 

"Come ho detto, è impossibile dire qualcosa di certo prima di aver fatto un'ecografia," mi interruppe in fretta, "e non possiamo farla finché in bambino non sarà nato."

 

Mi morsi il labbro per impedirmi di tremare troppo violentemente, costringendomi a non singhiozzare. "Ma cosa significa che ho un'altra... sa?" chiesi, guardando disperatamente avanti e indietro tra loro due.

 

"Non lo sappiamo," disse David, "tutto ciò che sappiamo in questo momento è che il tuo retto non è formato interamente come quello-" indicò un disegno appeso al muro che apparentemente mostrava l'interno del culo di qualcuno, "-ma tutte le parti normali sono ancora intatte."

 

Quando lo guardai con qualcosa misto ad orrore e confusione, si avvicinò all'immagine e cominciò a spiegare. "Lo vedi?" chiese e indicò qualcosa che ai miei occhi sembrava un puntino su una spugna rosa. 

 

Annuii e lui continuò. "È qui che si trova la prostata. Se tu fossi una donna, invece di una prostata, avresti la vagina lì."

 

Beh, non mi piaceva dove stava andando a parare, ma non dissi nulla, annuii per mostrargli che avevo capito. Non che effettivamente avessi capito.

 

"Tu hai la tua prostata intatta, ovviamente, ma vedi qui?" indicò una cosa triangolare sopra la spugna che apparentemente era la prostata, e annuii ancora una volta, "questa è la tua vescica. Ora, quello che posso dire a giudicare dall'esame che abbiamo eseguito, è che hai una sorta di apertura qui-" e indicò un punto sul lato del retto proprio sopra la prostata, "-che biologicamente non dovrebbe essere lì."

 

Un altro silenzio cadde nella stanza, io stavo cercando di capire cosa avesse appena detto David e non sentii il bisogno di dire qualcosa.

 

"Quindi in sostanza il suo buco del culo è diviso in due?" apparentemente Harry non condivideva il mio stesso pensiero.

 

"Il suo retto," disse David, mandando ad Harry uno sguardo di disapprovazione, "non è necessariamente diviso in due, no. Ma se pensi al retto come ad una strada dritta, può sembrare che ci sia una piccola stradina laterale che in realtà non ci dovrebbe essere."

 

"Ma cos'è questa... stradina laterale?" chiese curiosamente Harry, "e perché non è riuscito ad accorgersene prima quando... sai, ha infilato le dita lì?"

 

C'erano state tante di quelle situazioni nella mia vita in cui, giuro su Dio, avrei voluto ammazzare qualcuno. E questa era una di quelle da aggiungere alla lista.

 

"Non c'è modo per noi di sapere altro prima che il bambino nasca," disse la dottoressa, facendo un sorriso confortante verso di me, "e per quanto riguarda il fatto che non se n'è mai reso conto prima, potrebbe essere perché è estremamente piccolo e forse non è facile notarlo se non sei alla ricerca di qualcosa in particolare." Si rivolse a me. "L'hai mai notato prima?" 

 

Scossi la testa e lei annuì per una attimo prima che tornasse a sorridere. "Ma beh, penso di essere certa di poter dire che qualunque cosa sia, ha a che fare con la tua gravidanza."

 

Inghiottii a secco, ancora una volta costringendomi a rimanere calmo, prima di tentare una piccola risata.

 

Uscì un po' agitata e forse isterica, ma almeno non cominciai a piangere. "Ebbene, abbiamo fatto progressi," dissi.

 

Lei mi sorrise. "Sicuramente si. Una volta che il bambino sarà nato, possiamo fissare un appuntamento per poter andare in laboratorio e fare la radiografia, se vuoi."

 

Io annuii immediatamente. "Si, voglio."

 

Lei annuì prima di tirare fuori un piccolo quaderno e una penna dalla tasca del camice e la vidi scarabocchiare qualcosa in fretta.

 

"Beh, penso che sia tutto per oggi," disse una volta aver rimesso la penna e il quaderno in tasca, "se non avete più domande," aggiunse, guardando avanti e indietro tra me ed Harry.

 

Scossi la testa, ma Harry mi guardò un po' premuroso ed un attimo dopo, aprì la bocca.

 

"Avete delle teorie su cosa potrebbe essere quella cosa?" chiese.

 

Vidi i due medici scambiarsi delle occhiate.

 

"Non credo che dovremmo fare delle ipotesi prima di conoscere qualcosa in più," disse David.

 

"Ma avete delle teorie?" chiese Harry.

 

David premette le labbra tra loro e guardò verso il basso per un momento. "Non credo che possiamo... eliminare la possibilità che ci siano delle parti del sistema riproduttore femminile."

 

Sistema riproduttore femminile? Strinsi la mascella ancora più forte di prima, dovetti forzarmi per non iniziare a piangere in disperazione e paura e frustrazione. Quando diavolo sarebbe finito tutto? E, per la milionesima volta, cosa avevo fatto per meritarmelo? Ero innamorato di un ragazzo che non mi avrebbe mai voluto. Ero un ragazzo ed ero incinto. Ero un ragazzo ed era possibile che avessi parti del sistema riproduttivo femminile da qualche parte nel mio culo. Ero uno scherzo della natura, non c'erano dubbi.

 

Non c'era da meravigliarsi che mia madre e Ian mi avessero buttato fuori di casa. Non c'era da stupirsi se Harry non mi avrebbe mai voluto. Non c'era da meravigliarsi che nessun altro mi avrebbe mai voluto.

 

Quindici minuti più tardi mi ero rimesso i miei vestiti ed ero pronto a ringraziare i medici e a lasciare la stanza quando la dottoressa Hayes parlò di nuovo.

 

"Louis, non hai più menzionato niente sull'adozione," disse, "hai cambiato idea e hai deciso di mantenerlo nonostante tutto?"

 

Notai il corpo di Harry girarsi verso di me e chinai la testa scuotendo la testa. "No, io- noi non abbiamo cambiato idea," dissi.

 

"Oh." Sembrava sorpresa. "Beh, allora dobbiamo iniziare tutto. Quando dai un neonato in adozione, il processo solitamente inizia quando rimangono più o meno tre o quattro mesi dalla fine della gravidanza, ma non hai più proferito parola quindi ho supposto che avessi cambiato idea o che avessi iniziato il processo da solo."

 

Scossi la testa, ma questa volta guardandola. "No, non abbiamo... iniziato niente," dissi, "ma... come funzionano queste cose?"

 

Lei sorrise. "Non sono molto pratica con questa cosa in realtà, ma posso fissare un appuntamento con una mia amica che lavora per un'agenzia di adozioni. Non ti giudicherà e tuo figlio finirà in buone mani."

 

Come segnale, un paio di piccoli calci mi furono sferrati e fu quasi come ricevere un pugno al petto; era quasi come se lui sapesse di cosa stessimo parlando, come se sapesse che stavamo discutendo su come trovare dei nuovi genitori per lui.

 

Con tre persone che mi circondavano, non volli iniziare a parlare con la mia pancia, quindi invece, la avvolsi con entrambe le braccia.

 

"Okay," dissi con un sorriso stretto, "solo- o, può chiamarmi quando ha fissato l'appuntamento?"

 

"Certo," disse lei e a giudicare dal tono della sua voce, sembrava che avesse captato i miei pensieri.

 

"Allora, abbiamo finito?" chiesi.

 

"Quasi," disse, "dobbiamo solo fissare una data per il tuo prossimo controllo. Sei libero all'inizio della settimana prossima? Lunedì, magari?"

 

Poco dopo quando io ed Harry eravamo in macchina per tornare a casa, dopo aver fissato l'appuntamento per lunedì alle 15, il silenzio tra noi era pesante e teso e sapevo benissimo il perché.

 

"Allora davvero lo daremo via?"

 

Eccoci qui.

 

Sospirai. "Lo sapevi. Ne abbiamo parlato e siamo d'accordo."

 

"Lo so," fece una pausa per un secondo, "ma pensavo che tu avessi cambiato idea."

 

Scossi la testa. "No."

 

Lo vidi inghiottire, il pomo d'Adamo fare su e giù. "Sarà dura," disse piano, "solo... darlo via come se niente fosse."

 

"Non è come se niente fosse," mormorai, "ci ho pensato tanto e so che è la decisione giusta. Tu sei d'accordo con me e non devi cambiare idea, non quando tutto sta per finire."

 

"Non capisco con quale coraggio tu possa dare via il tuo bambino così."

 

"E io non capisco come tu possa essere così egoista da non pensare a lui. È il motivo per cui lo sto facendo, perché voglio che abbia una vita meravigliosa, perché voglio che cresca con genitori che gli possono dare tutto quello di cui ha bisogno."

 

"Non importa quanto siano fantastici, non saranno i suoi veri genitori."

 

"Oh, cresci! Solo perché non l'hanno concepito non significa che non lo amino e non se ne prenderanno cura come se fosse biologicamente loro. L'unico motivo per cui vuoi tenerlo è per egoismo e questo è tutto."

 

"E l'unico motivo per cui tu vuoi darlo è perché non ti interessa abbastanza di lui da voler essere suo genitore."

 

Il mio respiro si bloccò in gola, i miei occhi si restrinsero lentamente, la rabbia e il dolore crebbero in me, facendo accumulare le lacrime nei miei occhi per quella che sembrava la centesima volta quel giorno. Riuscii comunque a mandarle indietro.

 

"Cazzo, non ti permettere di dire una cosa del genere, Harry," dissi, con voce fredda, ma anche tremolante. "Sono io che ho un essere umano che cresce dentro di me, sono io quello che lo sente calciare, sono io quello che parla con lui, canta per lui, lo calma ogni notte, e sono io quello che deve sopportare tutta questa merda, sapendo che non importa quanto lo ami e non importa quanto lo voglia tenere, non sarò mai in grado di dargli la vita che merita. Quindi non provare ad insinuare che non mi importi, Harry. Nemmeno per un fottuto secondo."

 

Il resto del viaggio passò in silenzio e il secondo dopo che Harry parcheggiò fuori casa, saltai fuori dalla macchina e avanzai verso la porta, volendo allontanarmi da lui. Oh, beh, 'il più lontano possibile' significava camera mia. Ma naturalmente la porta era chiusa, e siccome Harry era quello che aveva la chiave, non avevo altra scelta se non aspettare che aprisse. Il secondo dopo che lo fece, scappai quasi da lui verso la mia camera da letto, ignorando la sua supplica di 'Lou...'.

 

Era un peccato che non avessi una chiave per la serratura della mia camera, perché sentivo che avrei avuto compagnia in breve tempo. Fortunatamente mancavano un paio d'ore prima che qualcuno ritornasse a casa e se fossi stato estremamente fortunato, Harry sarebbe tornare a scuola per seguire le ultime lezioni della giornata.

 

Mi appoggiai sul letto, raggomitolandomi sul fianco con la schiena rivolta verso la porta e strinsi forte il mio stomaco, poi lasciai uscire un sospiro profondo.

 

"Pensa che non mi importi di te, piccolo," mormorai, "questo è ciò che tuo padre pensa di me, che sono così senza cuore da non interessarmi a te." Inghiottii per sbarazzarmi del grumo che stava cominciando a formarsi in gola. "Tu non lo penserai un giorno, vero? Che ti ho dato via perché non mi interessa. So che probabilmente non mi stai ascoltando e se lo stai facendo, non mi capisci, ma ti amo così tanto e voglio che tu lo sappia. Per l'amore che provo per te, vorrei tenerti e crescerti e conoscerti, ma sarebbe così egoista farlo. Non ho nemmeno finito il liceo, non ho un lavoro, non ho soldi, non ho amici che possano aiutarmi a non ho nemmeno una famiglia vicino. Avresti una vita miserabile con un genitore come me e questo è- questo è quello che fa più schifo, sapere che non sarei un buon padre per te, e che non sarei bravo a prendermi cura di te."

 

Le lacrime che avevo trattenuto per quasi due ore iniziarono a cadere, anche se silenziosamente, e non mi preoccupai di asciugarle.

 

"E adesso tuo padre pensa che non ti voglio. E questo fa male. Mi fa davvero male pensare che non si fida del fatto che io sia una brava persona, perché lo sono, so di esserlo. Potrò essere un mostro, ma non sono senza cuore e non sono cinico. Non almeno quando si tratta di te, e non quando si tratta di lui. Io- vi amo entrambi così tanto. Ma il problema è che nessuno di voi potrà mai saperlo; tu non lo saprai mai perché non avrò mai la possibilità di dirtelo ed Harry non lo saprà mai perché... sembra che non voglia saperlo. Lo sa, ma non sembra capirlo e sembra non avere desiderio di farlo."

 

Un paio di calci mi vennero dati in risposta e lasciai uscire una risata soffocata.

 

"A volte mi chiedo se mi senti veramente quando parlo con te, visto che cominci sempre a calciarmi quando lo faccio," dissi, "o forse vuoi solo pace e tranquillità, e il calcio è il tuo modo per dirmi di smetterla."

 

Mi fermai lì, per qualche secondo mi guardai lo stomaco, guardando quanto fosse rotondo e... gravido, e a quanto il mio braccio aderisse così bene ad esso. Stavo per aprire la bocca per continuare il piccolo discorso quando il suono della porta raggiunse le mie orecchie e alzai la testa per guardare sopra la mia spalla. 

 

Harry stava lì, con la spalla appoggiata allo stipite della porta e una piccola, appena visibile, piega nelle sopracciglia. Cambiai lato e lo guardai ansioso per un attimo.

 

"Da quanto sei lì in piedi?" chiesi.

 

"Abbastanza," fu tutto quello che disse. Passarono altri pochi secondi di sguardi condivisi prima che si allontanò dalla porta e si avvicinò al letto. Rimase lì, guardandomi prima di sedersi e sdraiarsi su un fianco. Il suo stomaco sfiorava il mio e le nostre facce erano solo a pochi centimetri di distanza l'una dall'altra, quasi costringendoci ad avere un contatto visivo.

 

"Mi dispiace tanto per... beh, lo sai."

 

Sospirai un po' e alzai lo sguardo. "Quante volte ti aspetti che ti perdoni, Harry?"

 

"Non mi aspetto che tu mi perdoni, ma ho bisogno che tu sappia che mi dispiace."

 

Sospirai di nuovo e poi lo guardai. "Sai, se fosse stata la prima volta che avessi detto qualcosa... fuori luogo, avrei detto che fosse tutto okay e avrei potuto passarci sopra," dissi, "ma tu- ogni volta che sei turbato, arrabbiato, triste e qualcosa del genere, qualche commento scivola sempre fuori e ogni volta che succede, ti scusi. Ed è un bene che tu capisca che abbia detto o fatto qualcosa di stupido, ma dovresti smettere di farlo. Non va bene, nessuna di queste mosse false vanno bene e un giorno, finirai nella merda a causa di questo."

 

"Lo so," mormorò, "so che devo... pensare prima di parlare, ma è solo- mi dispiace, okay? Per ogni commento cattivo che ho fatto, mi dispiace davvero."

 

Mi sorrise debolmente. "So chi sei," disse.

 

Guardai verso il basso appena in tempo per vedere la sua mano afferrare la mia e lasciai uscire un sospiro di contentezza quando intrecciò le dita e lasciò che le nostre mani unite restassero sul mio stomaco. Passarono alcuni secondi, noi distesi che ci guardavamo senza dire e fare niente. 

 

"Io non... io non ti perdonerò questa volta," dissi alla fine.

 

Non sembrava sorpreso, forse un po' deluso, ma non sorpreso. 

 

"Okay," disse semplicemente e strinse di più le mie dita.

 

"Dire che non mi interessa di mio figlio, Harry?" gli mandai uno sguardo incredulo, "è oltre ogni limite che- non lo so nemmeno io. Credimi quando ti dico che vorrei mantenerlo; lo voglio così tanto, ma so che non è la migliore decisione per te, per me e per lui, e vorrei che tu lo capissi."

 

"Non sono d'accordo con te," disse con attenzione, come se stesse cercando di non calpestarmi, "non sono d'accordo con te. Penso che potremmo dargli una vita perfettamente meravigliosa e non lo dico perché sono riesco a sopportare il pensiero di darlo a qualcun altro; lo sto dicendo perché penso onestamente che sia vero."

 

Scossi la testa, ma fu un gesto esitante e lo sguardo che gli mandai era di supplica. "Harry, per favore," sussurrai rauco.

 

Scosse la testa, impedendomi di continuare. "Lascia perdere tutto il resto per ora," disse, "non voglio litigare di nuovo, non ora."

 

Lasciare perdere tutto il resto esattamente per quanto tempo? Mancava meno di un mese, e il bambino sarebbe nato. Meno di un mese era tutto il tempo che ci rimaneva per la fine di... qualunque nome avesse, ed era così dolorosamente ovvio che avevamo ancora dei problemi da risolvere.

 

"Ce ne occuperemo dopo che avremmo visto la dottoressa, okay?" aggiunse.

 

Pensai che probabilmente posticipare non era una saggia idea, non a quel punto, ma ero stanco, mi sentivo come se volessi dormire o piangere o entrambi e non volevo che Harry si arrabbiasse con me, così acconsentii e risposi con un sussurrato 'va bene'.

 

Sorrise e avvicinò il viso un po' più vicino al mio, sfiorando in modo esitante con le sue labbra le mie per un secondo o due, facendomi bloccare il respiro in gola, prima di lasciare che le nostre labbra si unissero completamente. Non durò a lungo, ma la sua mano che teneva ancora la mia andò a riposare sulla mia guancia e il bacio fu così dolce e gentile che una lacrima scivolò giù dalla mia guancia e cadde sul materasso.

 

"Dormi, amore," mormorò e posò ancora le labbra sulle mie.

 

Con una strana sensazione di soddisfazione nello stomaco, mi mossi un po' e posai il viso sotto al mento di Harry, appoggiando la mano libera sul suo petto.

 

Dormire sembrava essere la cosa giusta.

 

Il resto di quel discorso non proprio.

   
 
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