EPISODE XI – Ciò che siamo
“Vorrei capire, Celia, ma proprio non riesco!” – disse Theo, grattandosi la testa.
“Non ne sono sicura… ma credo che questa spada distrugga l’oscurità nelle persone! In qualche modo la annulla!” – gli spiegò Celia.
Theo guardò la spada: “Wow… forte!” – esclamò sorpreso.
“Comunque, non possiamo restare qui, Cel! Quelle creature si stanno rigenerando!” – continuò Theo, mentre guardava le guardie che avevano ripreso a combattere contro i mostri di pietra.
“Dove altro possiamo andare?” – commentò Celia, ascoltando i rumori di lotta tra le guardie e quei mostri.
“Non so, forse…” Theo venne bloccato non appena vide qualcosa spuntare dal pavimento – “Cel, Cel, guarda qua!!”
Theo si girò: “Ops, si scusami, mi ero dimenticato!” – disse, riferendosi alla cecità dell’amica.
“Dalla terra… sta crescendo qualcosa, sembra una pianta!” - Da una fessura stava infatti crescendo un fiore.
“Non è certo la cosa più strana che abbia visto oggi” – aggiunse Theo, sorridendo.
Il fiore sbocciò, ma non si smise di crescere e in pochi istanti si trasformò in una figura femminile.
“Ciao, tesori. Mi chiamo Falya!” – Era lei, la fata.
“Ok, questo però è strano…” - si corresse.
“Falya? Chi sei, da dove spunti?” – chiese Celia, sorpresa da questa nuova strana presenza.
“Non c’è molto tempo, devo portarvi via da qui!” – disse la donna.
“E loro? Stanno combattendo per noi!” – esclamò la ragazza.
“Non preoccuparti, avranno una mano!” – rispose Falya, e in quell’istante nacquero numerosi altri fiori che si tramutarono in altre bellissime fate.
“Presto, datemi la vostra mano!” – Falya strinse la mano a Celia e a Theo (che nel frattempo accudiva il piccolo Piffy, che si era addormentato).
I quattro scomparvero magicamente, mentre le altre fate affiancarono Nell e il resto delle guardie buone per contrastare quelle forze maligne.
“SPARITI.” – urlò Balzeff, facendo volare una sedia contro il muro, frantumandola.
“Spariti? Come sarebbe a dire?” – chiese Charlotte.
“Qualcosa è intervenuto… qualcuno… non li sento più, non sono più in questo dannato castello.” – disse il demone.
“Chi può essere stato?”
“Avrei una mia idea, ma non c’è più tempo per parlare. Bisogna contrattaccare. E se la memoria non mi inganna, oggi, c’è un compleanno da festeggiare… Sarà una grande festa, immagino…” – commentò Balzeff, guardando Charlotte.
“La più grande che si sia mai vista qui dentro…” – rispose la ragazza.
“Beh, allora faremo in modo che gli abitanti del villaggio la ricordino per sempre!” – esclamò Balzeff, sorridendo diabolicamente.
“Dove ci troviamo?” – chiese Celia, muovendo il viso cercando di scrutare rumori o odori che potessero aiutarla ad orientarsi.
“Cel, se lo sapessi io ti risponderei…” – disse Theo, ammirando il posto in cui si erano magicamente trasferiti. Si trovavano sopra un bellissimo prato fiorito che sembrava non avere fine. Dal nulla cominciarono a crescere dal terreno dei rami, fino a formare una bellissima casa, davanti agli occhi increduli di Theo.
“Non abbiate paura” – li rassicurò Falya – “Qua siete al sicuro”.
“Come hai fatto? E’ magia??” – chiese ancora incredulo il ragazzino.
“E’ molto di più” – rispose la fata, poggiando la sua mano sul petto del bambino – “Magia è un termine riduttivo, non devi credere in lei per farlo, devi credere in te stesso”.
“Vuoi dire che posso farlo anch.” – Theo venne bloccato da Celia.
“Allontanati da lui.” – Celia puntò la spada contro la donna.
“Cel, che cosa fai??” – chiese Theo, abbassandogliela subito.
“Non sappiamo chi sia, Theo, non ci possiamo fidare. E io non posso nemmeno guardarla negli occhi!” – rispose sospettosa la ragazza.
“Celia, lo so che non è facile, ma devi fidarti. So quant’è difficile questo momento, ma se c’è una cosa che posso prometterti è che presto i tuoi occhi saranno guariti e tu potrai ricominciare una nuova vita.” – cercò di convincerla Falya.
Celia rimase in silenzio.
“Cel, dai, ci ha salvati!” – continuò Theo, toccandole la spalla.
“Questo è da vedere.” – commentò lei.
“Celia, non c’è molto tempo, ma se c’è qualcosa che posso fare per convincerti che sono, che noi, siamo dalla vostra parte, dimmi pure.” – disse Falya.
“Beh, sì, qualcosa c’è. Raccontami tutto. Io sono confusa, non ci capisco più niente. Ho bisogno di sapere chi sei tu, chi era mia madre e soprattutto chi sono io. Perché ormai non lo so più…” – disse, mentre le scendevano silenziose delle lacrime dagli occhi.
Il sole era intanto tornato a splendere su Rallahes, e all’alba le campane erano risuonate in tutto il villaggio per ricordare agli abitanti che quello non sarebbe stato un giorno qualunque.
“Oggi è il tuo giorno, mio tesoro” – disse Re Nelmo, entrando nella camera di Charlotte.
“Padre! Entra pure, aspettavo proprio te.” – rispose, sorridendo.
“Buon compleanno, figlia mia” – le disse, baciandole la fronte e porgendole un dono da scartare.
“Padre… grazie, mi rendi già felicissima!” – disse, accettandolo e ricambiando il bacio.
Charlotte snodò il pacchetto e aprì la scatola. I suoi occhi si illuminarono quando vide ciò che le era stato regalato.
“Era di tua madre, e diverrà tuo quando sarai Regina. E sarai una splendida Regina”.
Charlotte prese la bellissima corona reale che le era stata regalata e la provò, specchiandosi e sorridendo poi al padre.
“Ti ringrazio. Oggi, come avete detto, è il mio grande giorno. Ma non è solo il giorno del mio compleanno, sarà anche il giorno della mia incoronazione. Non può certo funzionare un regno senza una re o una regina a guidarlo…” – disse Charlotte, alzandosi e dando le spalle al padre.
“Ma cara…”.
“Ssshh, non avete sentito la Regina?” – una voce spaventosa arrivò da dietro di lui. Nelmo si girò e rimase pietrificato dalla paura alla vista di Balzeff.
“Che cosa sta succedendo qua, Charlotte?” – chiese immobilizzato, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quel demone.
“Nulla di vostro interesse padre, e adesso, se volete scusarmi, ho tante cose da fare” – gli rispose girandosi e uscendo dalla stanza, dalla quale pochi istanti dopo fuoriuscì un urlo che ripiombò in tutto il palazzo.
“Non ne sono sicura… ma credo che questa spada distrugga l’oscurità nelle persone! In qualche modo la annulla!” – gli spiegò Celia.
Theo guardò la spada: “Wow… forte!” – esclamò sorpreso.
“Comunque, non possiamo restare qui, Cel! Quelle creature si stanno rigenerando!” – continuò Theo, mentre guardava le guardie che avevano ripreso a combattere contro i mostri di pietra.
“Dove altro possiamo andare?” – commentò Celia, ascoltando i rumori di lotta tra le guardie e quei mostri.
“Non so, forse…” Theo venne bloccato non appena vide qualcosa spuntare dal pavimento – “Cel, Cel, guarda qua!!”
Theo si girò: “Ops, si scusami, mi ero dimenticato!” – disse, riferendosi alla cecità dell’amica.
“Dalla terra… sta crescendo qualcosa, sembra una pianta!” - Da una fessura stava infatti crescendo un fiore.
“Non è certo la cosa più strana che abbia visto oggi” – aggiunse Theo, sorridendo.
Il fiore sbocciò, ma non si smise di crescere e in pochi istanti si trasformò in una figura femminile.
“Ciao, tesori. Mi chiamo Falya!” – Era lei, la fata.
“Ok, questo però è strano…” - si corresse.
“Falya? Chi sei, da dove spunti?” – chiese Celia, sorpresa da questa nuova strana presenza.
“Non c’è molto tempo, devo portarvi via da qui!” – disse la donna.
“E loro? Stanno combattendo per noi!” – esclamò la ragazza.
“Non preoccuparti, avranno una mano!” – rispose Falya, e in quell’istante nacquero numerosi altri fiori che si tramutarono in altre bellissime fate.
“Presto, datemi la vostra mano!” – Falya strinse la mano a Celia e a Theo (che nel frattempo accudiva il piccolo Piffy, che si era addormentato).
I quattro scomparvero magicamente, mentre le altre fate affiancarono Nell e il resto delle guardie buone per contrastare quelle forze maligne.
“SPARITI.” – urlò Balzeff, facendo volare una sedia contro il muro, frantumandola.
“Spariti? Come sarebbe a dire?” – chiese Charlotte.
“Qualcosa è intervenuto… qualcuno… non li sento più, non sono più in questo dannato castello.” – disse il demone.
“Chi può essere stato?”
“Avrei una mia idea, ma non c’è più tempo per parlare. Bisogna contrattaccare. E se la memoria non mi inganna, oggi, c’è un compleanno da festeggiare… Sarà una grande festa, immagino…” – commentò Balzeff, guardando Charlotte.
“La più grande che si sia mai vista qui dentro…” – rispose la ragazza.
“Beh, allora faremo in modo che gli abitanti del villaggio la ricordino per sempre!” – esclamò Balzeff, sorridendo diabolicamente.
“Dove ci troviamo?” – chiese Celia, muovendo il viso cercando di scrutare rumori o odori che potessero aiutarla ad orientarsi.
“Cel, se lo sapessi io ti risponderei…” – disse Theo, ammirando il posto in cui si erano magicamente trasferiti. Si trovavano sopra un bellissimo prato fiorito che sembrava non avere fine. Dal nulla cominciarono a crescere dal terreno dei rami, fino a formare una bellissima casa, davanti agli occhi increduli di Theo.
“Non abbiate paura” – li rassicurò Falya – “Qua siete al sicuro”.
“Come hai fatto? E’ magia??” – chiese ancora incredulo il ragazzino.
“E’ molto di più” – rispose la fata, poggiando la sua mano sul petto del bambino – “Magia è un termine riduttivo, non devi credere in lei per farlo, devi credere in te stesso”.
“Vuoi dire che posso farlo anch.” – Theo venne bloccato da Celia.
“Allontanati da lui.” – Celia puntò la spada contro la donna.
“Cel, che cosa fai??” – chiese Theo, abbassandogliela subito.
“Non sappiamo chi sia, Theo, non ci possiamo fidare. E io non posso nemmeno guardarla negli occhi!” – rispose sospettosa la ragazza.
“Celia, lo so che non è facile, ma devi fidarti. So quant’è difficile questo momento, ma se c’è una cosa che posso prometterti è che presto i tuoi occhi saranno guariti e tu potrai ricominciare una nuova vita.” – cercò di convincerla Falya.
Celia rimase in silenzio.
“Cel, dai, ci ha salvati!” – continuò Theo, toccandole la spalla.
“Questo è da vedere.” – commentò lei.
“Celia, non c’è molto tempo, ma se c’è qualcosa che posso fare per convincerti che sono, che noi, siamo dalla vostra parte, dimmi pure.” – disse Falya.
“Beh, sì, qualcosa c’è. Raccontami tutto. Io sono confusa, non ci capisco più niente. Ho bisogno di sapere chi sei tu, chi era mia madre e soprattutto chi sono io. Perché ormai non lo so più…” – disse, mentre le scendevano silenziose delle lacrime dagli occhi.
Il sole era intanto tornato a splendere su Rallahes, e all’alba le campane erano risuonate in tutto il villaggio per ricordare agli abitanti che quello non sarebbe stato un giorno qualunque.
“Oggi è il tuo giorno, mio tesoro” – disse Re Nelmo, entrando nella camera di Charlotte.
“Padre! Entra pure, aspettavo proprio te.” – rispose, sorridendo.
“Buon compleanno, figlia mia” – le disse, baciandole la fronte e porgendole un dono da scartare.
“Padre… grazie, mi rendi già felicissima!” – disse, accettandolo e ricambiando il bacio.
Charlotte snodò il pacchetto e aprì la scatola. I suoi occhi si illuminarono quando vide ciò che le era stato regalato.
“Era di tua madre, e diverrà tuo quando sarai Regina. E sarai una splendida Regina”.
Charlotte prese la bellissima corona reale che le era stata regalata e la provò, specchiandosi e sorridendo poi al padre.
“Ti ringrazio. Oggi, come avete detto, è il mio grande giorno. Ma non è solo il giorno del mio compleanno, sarà anche il giorno della mia incoronazione. Non può certo funzionare un regno senza una re o una regina a guidarlo…” – disse Charlotte, alzandosi e dando le spalle al padre.
“Ma cara…”.
“Ssshh, non avete sentito la Regina?” – una voce spaventosa arrivò da dietro di lui. Nelmo si girò e rimase pietrificato dalla paura alla vista di Balzeff.
“Che cosa sta succedendo qua, Charlotte?” – chiese immobilizzato, non riuscendo a distogliere lo sguardo da quel demone.
“Nulla di vostro interesse padre, e adesso, se volete scusarmi, ho tante cose da fare” – gli rispose girandosi e uscendo dalla stanza, dalla quale pochi istanti dopo fuoriuscì un urlo che ripiombò in tutto il palazzo.