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Autore: vortix    21/09/2017    2 recensioni
Tarquinio il Superbo non aveva preso molto bene la storia che lui fosse l'ultimo re di Roma, e la monarchia per lui doveva continuare. Ora l'ultimo dei re è tornato in vita e sta cercando di impossesarsi nel fuoco di Estia, la fiamma che tiene in vita non solo Roma ma anche la fede negli dei.
Sarà Chiara, l'ultima semidea in Europa, insieme ad alcuni illustri personaggi a noi conosciuti, che cercherà di fermare il temibile Tarquinio.
Storia post "Le sfide di Apollo".
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Estia, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy/Annabeth, Reyna/Jason
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una serie di (sfortunati) eventi.'
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19






Entriamo nel Four Corners e quello che vedo mi delude profondamente, più di quanto io non lo sia già.
Mi aspettavo che i confini dei quattro Stati americani venissero rappresentati in modo più curato e originale, invece tutto quello che c’è è una targa in bronzo circolare a terra con una croce semplicissima, che indica rispettivamente i confini degli Stati che si toccano in modo perfetto.
Fine del giro turistico.
«Tutto qui? Abbiamo fatto tutta questa strada per…questo?» Il mio tono di voce è più alto di quello che pensavo.
Trovo impossibile che Tarquinio abbia scelto questo posto come quartier generale: a circondare la targa in bronzo ci sono le quattro strutture che avevo visto da fuori, completamente deserte. Nessun palazzo reale, nessun nascondiglio tattico, niente che mi faccia pensare a un re romano con qualche problema di onnipotenza.
Reyna fa un giro di ricognizione accompagnata dalle Vestali, mentre io mi siedo su uno degli scalini in Arizona e guardo Percy che fa il cretino saltando da uno Stato all’altro.
«Guarda, ora sono in Colorado, ora in Utah. Ora in New Messico, ora in Arizona!»
Alzo gli occhi al cielo, sorridendo appena.
Salterei volentieri anche io da uno Stato all’altro con Percy, ma non sono dell’umore giusto; la mancanza di Leo si percepisce più di quello che mi immaginavo, e anche se gli altri cercano di non farlo vedere, capisco lo stesso che come me, anche loro sono preoccupati per lui.
Ebbene sì, sono preoccupata per Leo. Tutto il tempo che ho passato insieme a quel ragazzo mi fa pensare che non abbia voluto mollarci così da un momento all’altro, nella parte più cruciale della missione. Per cui ci deve essere per forza una spiegazione sul perché Leo non sia qui: il portale non ha funzionato? È stato catturato? Sta lottando contro un mostro? Sta bene?
«Guarda Chiara, sono in due Stati contemporaneamente!» Esclama Percy, posizionandosi con una gamba in New Messico e con l’altra in Colorado.
«Qui non c’è anima viva. -Dichiara Reyna- Comincio a pensare di essere nel posto sbagliato.»
Subito dopo le parole di Reyna, dal cielo rimbomba un forte tuono, seguito da una serie di lampi di media grandezza. La luce del sole viene oscurata da dei nuvoloni neri che non premettono nulla di buono, e prima che io possa anche solo dirlo la pioggia comincia a cadere, bagnandoci subito dopo.
«Bene, una polmonite non me la toglie nessuno.» Sussurra Percy.
«Pensa a rimanere vivo, intanto.» Suggerisce la Vestale Blu.
Improvvisamente una brezza gelata ci fa tremare, e una sensazione di paura piomba su di noi con la stessa velocità di un asteroide che tocca terra. Il deserto, il temporale, il freddo e questa sensazione di morte che aleggia sopra di noi non mi rassicurano.
«Che sta succedendo?» Chiedo.
«Stiamo vicini, e tenete pronte le armi. Qualcuno sta arrivando.» Ordina Reyna, e noi facciamo come ci ha detto.
«Percy, ti dispiacerebbe andare in New Messico? Non ho molta simpatia per quello Stato.» Chiedo, facendo riferimento al mio incontro toccante con Carope.
Percy, da gentiluomo qual è, si sposta e mi lascia lo spazio necessario per mettermi in Colorado. Reyna nel frattempo si è messa accanto a me, in Arizona, ma essendo in tre lo Stato dell’Utah rimane libero, e questo mi preoccupa.
Accendo la mia mano, concentrando più luce che posso in essa, e la tengo vicina per potermi riscaldare un po’, mentre Reyna e Percy sguainano le loro spade.
Le Vestali nel frattempo si mettono dietro di noi per guardarci le spalle, impaurite, e con la coda dell’occhio vedo che anche loro sono ben armate di fuoco nelle mani.
Ad un tratto un ululato inquietante rimbomba per tutta la vallata, e io spero davvero che sia un lupacchiotto carino e coccoloso che non ha il minimo interesse nei nostri confronti. Oppure mi va bene anche un lupo mannaro in stile Teen Wolf, mi accontento facilmente.
Ma le mie speranze sono vane.
Dai quattro lati del Four Corners sbucano fuori quattro cani dalle dimensioni di un rinoceronte, come se fossero stati sempre lì, aspettando il momento adatto per attaccare.
Dal lato di Percy, verso sud, esce un cane a due teste dal manto nero, con delle vene rosse che si intravedono sotto la sua pelliccia. I denti sono così appuntiti che sarebbe capace di squartare anche un mattone, mentre al posto degli occhi un paio di fiamme divampano nelle cavità oculari.
«Ortro. -Suggerisce Percy, impugnando la spada così forte che le sue nocche diventano bianche in pochi secondi.- L’unico che è stato a sconfiggerlo è stato Ercole a colpi di clava.»
«Qualcuno di voi ha una clava?» Chiedo, speranzosa.
Nessuno mi risponde, e io ovviamente capisco quale sia la risposta. Mi segno mentalmente di aggiungere una clava alla lista delle cose da portare in una prossima missione…sempre se ce ne sarà una.
Dopo Ortro, davanti a Reyna esce il secondo cane che assomiglia in tutto e per tutto ad una Sfinge. Il colore del pelo è simile a quello della sabbia, una serie di artigli bianchi spuntano dalle zampe e la criniera è perfettamente identica alla statua che si trova in Egitto: bionda, perfettamente ordinata e stabile come se ci avessero messo cinque litri di lacca. Gli occhi dell’animale sono rossi, e il suo ringhiare non promette bene.
«Scusate se chiedo, ma la Sfinge non è egiziana?»
«No, è originaria del mondo greco. Pensala un po’ come la Gioconda, gli egizi sono i francesi della situazione.» Spiega velocemente Reyna, e io rimango sconvolta.
«Ci mancano solo gli dei egizi e siamo apposto.» Bisbiglia Percy, e io vorrei urlare qualcosa come: “Ci sono anche gli dei egizi???” ma vengo distratta da un movimento improvviso.
Il terzo cane esce proprio davanti a me, e io rimpiango di non essermi messa in Arizona e di dover affrontare la Sfinge. Il mio cagnolone è magro, quasi scheletrico, e con la pelle più scura che abbia mai visto. Il suo alito puzza di morte, il che mi fa pensare che sia appena uscito dall’Aldilà, e intorno al collo ha un catenaccio ancora integro, come se fosse stato proprio qualcuno a liberarlo appositamente per noi.
Sono quasi sicura che sia un segugio infernale, ma aver dato un’identità a questa bestia non mi fa sentire meglio.
I miei dubbi vengono confermati una volta che Reyna parla.
«Percy, tu non hai confidenza con i segugi infernali?»
«Di sicuro non con questo.»
Di bene in meglio!
Per completare il branco, a nord, proprio dove ci dovrebbe essere Leo ad aiutarci, sbuca fuori un leone in tutto e per tutto, e qualcosa mi dice che si tratta proprio del Leone di Nemea. Se non ho dimenticato tutto quello che ho studiato a scuola, l’animale in questione
era stato mandato da Era per distruggere Ercole, ed è completamente invulnerabile.
La pioggia comincia a scendere più forte di prima e questo mi sveglia da un piccolo stato di trance in cui sono caduta: realizzando dove mi trovo e da cosa sono circondata, mi rendo conto di essere spacciata.
Ci sono così tante cose che potrebbero andare male che non riesco neanche a tenere il conto, e tanto per dirne una, Leo dovrebbe essere qui a coprire la zona dello Utah; almeno saremmo quattro contro quattro.
Dell’aiuto delle Vestali non ci conto tanto, loro non sono fatte per combattere, per cui ritengo che quattro cani assatanati contro tre semidei sia leggermente sleale.
Il primo ad attaccare è la Sfinge, seguita poi dagli altri tre, e io vado nel panico: attorno a me succedono così tante cose che faccio fatica a mantenere la concentrazione.
Essere circondata da quattro dei mostri più famosi di sempre mi fa arrivare ad un livello di disperazione che non avevo mai provato, e la mancanza di Leo non pesa solo sul mio stato mentale, ma su tutti noi.
Io quindi cerco di non morire davanti al segugio infernale, che grazie a chiunque ci sia lassù, è il più tranquillo dei quattro; se così si può dire.
Percy si occupa dell’Ortro, il cane dalle due teste, mentre Reyna pensa alla Sfinge. Le Vestali nel frattempo si trovano ad affrontare il Leone di Nemea, ma la loro insicurezza e terrore (ho trovato qualcuno messo peggio di me) impediscono di agire come si deve davanti ad un mostro di tale portata.
Come ho detto, fortunatamente a me è toccato il segugio infernale, e ne deduco che al cagnolone non piace la luce del sole. Così, trovandomi in una posizione di vantaggio, in un primo momento mi sento particolarmente forte, e il senso di panico se ne va.
Le mie mani non si fermano e continuano a sparare fasci di luce come non avevano mai fatto prima, e il segugio cerca di nascondersi dietro ad una panchina per proteggersi il più possibile.
«Eh no, stronzo.» Esclamo, ma vengo subito rimproverata da Reyna per aver detto una parolaccia.
«Neanche in italiano?» Chiedo, mentre continuo a sparare luce.
«Non in questa vita.» Risponde lei, e io alzo gli occhi al cielo.
L’italiano è così pieno di bellissime parolacce e io non posso usarle neanche quando un gruppo di cani vogliono ucciderci. Che due palle.
Nel frattempo Percy sta cercando di non essere azzannato da una delle due teste di Ortro: il ragazzo, pur muovendosi con un’agilità impressionate, non riesce ad attaccare perché il cane riesce a spostarsi con la stessa velocità. Il combattimento sembra alla pari, e ho come la sensazione che l’Ortro potrebbe continuare per ore.
Dopo un tempo indefinito, un ululato mi fa capire che la spada/penna di Percy è riuscita a ferire il cane, ma non è abbastanza.
Ritornando al mio segugio infernale, finora la mia tecnica di accecarlo ha funzionato, ma a quanto pare non ho tenuto conto che tra i mostri ci fosse un senso di protezione reciproco: infatti il Leone di Nemea, vedendo il segugio in difficoltà, lascia in pace le Vestali come se fossero un giocattolo da poco conto, e viene in aiuto del suo amico.
E niente, a questo punto potrei lasciare il campo di battaglia in stile “no Maria, io esco”. Purtroppo non posso farlo.
Nel frattempo il temporale si fa sempre più vicino, e la pioggia si infittisce sempre di più, impedendomi di vedere decentemente.
Mentre il segugio si riprende, il Leone viene verso di me con un passo lento ma deciso; posso percepire le gocce di sudore che cadono lungo la mia schiena e la mia mente non riesce a pensare a nulla di sensato, riesco solamente a fissare le fauci che tra qualche secondo mi sbraneranno.
Improvvisamente nel mio campo visivo appare Reyna e la Sfinge: la tattica della ragazza a quanto pare è completamente diversa da quella mia e di Percy, infatti lei non attacca mai, ma cerca di schivare il più velocemente possibile gli artigli dell’animale, come se lei fosse un topo e la Sfinge un gatto che sta cercando di prendere la preda.
Le Vestali nel frattempo da tre sono diventate ad un tratto due: quella Blu e quella Viola cercando di difendere con tutte le loro forze quella Gialla caduta a terra, lanciando piccole palle di fuoco a caso.
I loro poteri mi ricordano Leo, e il mio morale crolla a picco al solo pensiero.
Nel frattempo il Leone di Nemea è a pochi metri da me, tanto vicino che posso sentire il suo alito sulla mia pelle: poco prima che il mostro prenda lo slancio per sbranarmi la faccia, mi abbasso in modo tale da non essere presa, e mi immagino con tutta la forza possibile il corpo del segugio uscire dal suo nascondiglio e andare a sbattere contro il Leone. Non mi sono mai spinta così tanto con i poteri di Atena, ma devo fare un tentativo.
Gli occhi chiusi non mi permettono di vedere il volo del segugio infernale, ma lo schianto si è sentito forte e chiaro.
Quando mi rialzo da terra mi accorgo che sono riuscita solamente a stordire i due cani, ora ammucchiati insieme in Utah, e che ho guadagnato solo qualche minuto. Sulla mia maglietta cadono una serie di gocce di sangue dal naso, segno di qualche cedimento del mio corpo.
Subito dopo Reyna lancia un grido di dolore, e io mi volto verso di lei.
Vedo la ragazza a terra con una ferita non indifferente alla gamba, e la Sfinge poco lontano da lei con la stessa espressione trionfante che ha il mio gatto quando riesce a prendere la sua preda.
Poco dopo anche Percy grida, e mi accorgo che l’urlo di Reyna ha distratto anche lui, permettendo all’Ortro di attaccarlo senza problemi.
«Maledizione!» Grida il ragazzo, furibondo, anche se sono piuttosto sicura che volesse dire qualcosa di più di un semplice “maledizione”.
«Ragazzi, vi lascio da soli per un’oretta e già state rischiando di morire.»
Una voce familiare risuona nelle nostre orecchie, e non appena mi volto in direzione di essa non posso credere a quello che vedo. Leo Valdez, insieme alla sua Vestale Rossa, è davanti al cancello d’entrata del Four Corners, con dei vestiti e zaino nuovi e un’aria di uno che è appena stato una settimana alle Maldive.
«Leo!» Grida Percy, alzando la spada in aria.
«Leo…» Sussurro io, non sapendo bene come sentirmi.
«Alla buon ora, Valdez.» Esclama Reyna, cercando di rialzarsi da terra.
Purtroppo il tempo per i saluti non c’è, e la Sfinge riparte all’attacco ancora più feroce di prima.
Reyna a questo punto riesce a rotolare verso destra, sfuggendo all’animale.
«Percy! -Grida Leo, correndo verso di lui- Come negli allenamenti, io a destra e tu a sinistra!» E incredibilmente, il ragazzo sembra aver capito.
Infatti i due ragazzi si dividono e accerchiano Ortro, e cominciano ad affrontare una testa a ciascuno; il figlio di Efesto comincia ad evocare il suo fuoco, puntando dritto alle fauci dell’animale, mentre Percy colpisce la seconda testa senza mai mancare un colpo nonostante la sua ferita.
Le grida in latino di Reyna mi fanno ritornare alla realtà, così corro da lei per aiutarla. Non appena mi avvicino alla Sfinge, noto con piacere che questa non è fatta di carne, muscoli e ossa, ma di sabbia. Così mi viene un’idea.
«Riesci a distrarla ancora un po’? Forse so cosa fare.»
«Cosa intendi?»
«Mi pare di capire che questo bestione è fatto di sabbia. E cosa succede alla sabbia quando prende troppo sole?»
Reyna sembra pensarci un po’. «Si secca.»
«Esattamente.» Le sorrido.
Così lei, anche se zoppicante, riesce ad avere tutta l’attenzione della Sfinge, mentre io riesco a raggirarla in poco tempo.
Chiudo per un momento gli occhi e cerco di concentrare tutta la luce che posso nelle mie mani, anche se questo mi fa sentire sempre più debole. Con un urlo finale, riesco a scagliare la luce sul didietro della Sfinge, che si immobilizza all’istante per poi sgretolarsi in un mucchio di sabbia sullo stato dell’Arizona.
Le mie gambe mi sembrano fatte di gelatina, e capisco di non riuscire più a stare in piedi; così cado a terra, ma senza perdere i sensi. L’unica cosa che mi fa stare sveglia è il rumore della pioggia e le gocce d’acqua che cadono pesantemente sui miei vestiti e sulla mia pelle, come se fossero delle piccole pallottole che mi punzecchiano.
Con la coda dell’occhio vedo una testa mozzata dell’Ortro poco lontano da me, e per poco non vomito.
Le Vestali nel frattempo si sono rifugiate dietro al colonnato, sperando di non essere prese di mira.
«Leo, il segugio infernale!» Grida Reyna, e il ragazzo non se lo fa ripetere una seconda volta.
Mentre cerco di rimettermi seduta, vedo il segugio essersi ripreso quasi completamente, insieme al Leone di Nemea. Leo sta per scagliare il suo fuoco, ma qualcosa lo ferma.
Improvvisamente i due mostri non appaiono più feroci e assassini, ma impauriti, tanto che dopo qualche secondo i due animali corrono via, uno verso il Colorado e uno verso il New Messico.
«Woah, non pensavo di incutere tanta paura. -Dice Leo, facendo una pausa- Che figata!»
Ma il suo solito entusiasmo ora sembra inopportuno.
In totale silenzio Reyna mi aiuta a rialzarmi, mentre Percy si distende per terra e si gode quel poco di pace che ci siamo meritati.
Io però non riesco a stare zitta. «Leo, che fine avevi fatto?»
«Ah sì, giusto. Beh…»
«È successo qualcosa con il portale?» Continuo, guardando anche la Vestale Rossa, in cerca di risposte.
«Si, cioè volevo dire… no. Insomma, è complicato.»
A questo punto la tensione sale, e Reyna e Percy si avvicinano a me, volendo sentire anche loro delle spiegazioni.
«Andiamo ragazzi, ora sono qui, no? È questo l’importante.» Continua Leo.
«Amico, sei sparito senza dire niente. Pensavamo fossi stato catturato, o ti fossi fatto male. Abbiamo affrontato quattro mostri tutti in una volta, Tarquinio ancora non si è fatto vivo, e manca poco tempo allo scadere dei sette giorni, hai scelto un pessimo momento per scomparire.» Dice Percy, e anche se io lo avrei detto con più astio, il concetto è quello.
Il figlio di Efesto si gratta i ricciolini bagnati, con un fare imbarazzato.
E poi vedo un qualcosa che mi fa diventare nera. E sono figlia di Apollo.
Sulla guancia di Leo noto una piccola sfumatura di rosso, come se qualcuno lo avesse baciato.
La realizzazione della cosa mi colpisce in pieno come uno schiaffo in volto.
«Sei andato da Calipso…» Dico ad alta voce, dando ragione ai sospetti dei miei amici.
«Ascoltate ragazzi, io volevo venire con voi…»
«Non ci posso credere, hai preferito andare dalla tua ragazza a fare chissà cosa mentre noi eravamo qui a cercare di sopravvivere!» Urlo, sull’orlo di una crisi isterica.
Leo mette le mani davanti a sé, avvicinandosi a me e guardandomi come se fossi più pericolosa di un Ortro.
«Chiara, il mio piano sarebbe stato quello di arrivare da voi in tempo per…»
«In tempo per cosa? Per vedere Tarquinio ridere sui nostri cadaveri accarezzando il suo fidato segugio infernale? Se avessimo incontrato subito Tarquinio, saresti arrivato in tempo per cosa? Vedere Roma cadere?»
«Ehi, possiamo farcela anche da soli.» Ribatte Reyna, leggermente offesa.
«L’hai sentita anche tu la profezia. Il fuoco c’entra qualcosa, e Leo è venuto in missione per questo, non per andarsene quando gli pare e piace per andare ad amoreggiare!»
Mi rendo conto che la mia voce è piena di risentimento, o forse gelosia, ma non posso farne a meno.
Il silenzio cala su di noi, la pioggia è l’unica cosa che mi fa rimanere ancorata a terra e con la mente salda.
Ma poi una voce rauca e aspra si insinua nell’aria e noi ci voltiamo di scatto. «Ah, i drammi adolescenziali, fanno così 525 a.C.»
 
 
 
…..
Salve a tutti!
E va bene, forse sono stata un po’ dura con Leo. Però lascerò a voi le considerazioni sul suo gesto.
Allora, questo capitolo è stato un mezzo parto. Inizialmente volevo scrivere di Tarquinio già in questo, ma poi non avrei avuto molto da scrivere nel prossimo (quello decisivo) e quindi ho cercato di rendere le cose ancora più difficili, mettendo quattro bei cagnoloni assatanati come prima prova.
Il fatto di scrivere un combattimento con un sacco di personaggi/mostri è molto difficile, per cui spero davvero che io sia riuscita a dare l’idea della “battaglia” e di non aver fatto un casino.
Non ho molto altro da aggiungere, se non dirvi di portare un po’ di pazienza per il prossimo capitolo: tra l’università e il fatto che sia molto lungo e complicato ci metterò un pelino di più a scriverlo.
Vi ringrazio infinitamente per aver letto ed essere arrivati fino a qui. 😊
Potete trovarmi su
Twitter- @glaukopsis
Un bacio, Claire
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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