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Autore: Martocchia    21/09/2017    0 recensioni
Ojos de Cielo è il racconto di un amore, di due ragazzi, ma anche la storia di una canzone e di quante sue simili essa possa contenere. Questo è il racconto di come la musica possa radicarsi così in profondità da diventare linguaggio e linfa vitale, legame di un amore fresco come le rose bagnate dalla rugiada.
I primi capitoli potrebbero lasciarvi un po' interdetti, ma vi invito a proseguire, ad andare oltre ciò che appare e ad immedesimarvi nei personaggi che ho creato, i quali non sono poi tanto lontani dalla realtà...
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Il tempo trascorre lento e inesorabile, scandendo i miei giorni con la solita estenuante routine scuola – ospedale – casa e via dicendo. Sono così immersa in essa che se Luca non mi avesse appena mandato un messaggio, mi sarei dimenticata che domani è il mio compleanno, e neanche uno qualunque: il mio diciottesimo. Domani divento maggiorenne, ma la cosa non mi esalta assolutamente… Vorrei che mia nonna potesse vedermi…
Rileggo sospirando il messaggio del mio amico:
“Domani dopo scuola pranziamo insieme e passi il pomeriggio con me. Non accetto un no come risposta! Il giorno del tuo compleanno ti meriti una pausa da tutto questo casino.”.
È totalmente inutile discutere con lui… Non ho alcuna voglia di festeggiare, ma potrebbe farmi bene staccare per qualche ora, fare finta che nulla sia accaduto, che sia tutto un brutto sogno e che la mia vita è quella di una normale adolescente che può passare spensieratamente un pomeriggio con un amico.
Digito velocemente una risposta:
“Agli ordini. Cosa facciamo allora?”.
Sono curiosa di sapere cosa si sarà inventato questa volta…
Dopo qualche minuto il mio cellulare vibra. Leggendo il messaggio arriccio le labbra contrariata:
“Sorpresa! Tranquilla l’adorerai. A domani!”.
Deve piantarla di fare così! Diventa sempre più irritante… Spero per lui che mi piaccia o subirà la mia vendetta… O forse no.

Cosa ho imparato dal mio diciottesimo? Tante persone che non ti hanno mai guardato neanche per sbaglio compaiono e ti fanno gli auguri come se ti conoscessero da una vita e fossi la loro migliore amica. In compenso chi davvero ti conosce da abbastanza tempo è in vena di donare affetto a profusione, solo a te.
Ci si sente diversi da maggiorenni? Assolutamente no. Non cambia proprio nulla, solo sulla carta. Inoltre tutti vogliono avere diciotto anni per fare ciò che vogliono, ma in realtà si hanno solo un mucchio di responsabilità in più, oltre alla patente da fare…
La maggiore età non è nulla di speciale.
È questa la conclusione a cui sono arrivata in cinque ore di scuola, o almeno prima di vedere Luca aspettarmi nel parcheggio dei motorini, appoggiato svogliatamente al suo; mani nelle tasche dei jeans; maniche della felpa tirate su di qualche centimetro sotto il gomito, a mostrare le braccia già da uomo; capelli scompigliati dal vento e occhi persi nel cielo azzurro di fine inverno, a confondersi con esso.
Appena si accorge della mia presenza, mi rivolge un sorriso così caldo e radioso da farmi sciogliere. Solo per questo vorrei compiere diciott’anni ogni giorno.
-Tanti auguri Clara! – esclama abbracciandomi e dandomi un bacio su una guancia. Arrossisco immediatamente e tiro su la sciarpa sopra il naso per nasconderlo.

-Grazie Luca. Probabilmente dovrei ringraziarti anche per avermi organizzato non so ancora cosa… -.

-Tranquilla, avrai tutto il pomeriggio per farlo e prima devi verificare che il mio regalo ti piaccia. – replica lui, facendomi l’occhiolino. – Che ne dici? Andiamo? – e mi porge un casco.

-D’accordo, ma dove? -. Me lo infilo e salgo con cautela dietro di lui sul motorino.

-Incominciamo ad andare a mangiare. – mi risponde, prendendo le mie braccia e allacciandole intorno alla sua vita, per poi partire.

È la prima volta che salgo su un motorino e non posso negare che la cosa mi spaventi… Sulla discesa che dalla scuola scende fino al lungolago mi stringo alla schiena di Luca, strizzando gli occhi terrorizzata. Lo sento sussultare per le risate e per un moto di orgoglio mi azzardo a riaprire gli occhi e a scostarmi leggermente da lui: l’aria ancora fredda di inizio marzo mi investe, tutto scorre veloce accanto a me e la sensazione che provo è indescrivibile, come se stessi volando… Se non avessi troppa paura di cadere, allargherei le braccia per rendere ancora più chiara questa impressione. Mi ritrovo in breve tempo a sorridere, più di quanto abbia fatto in queste ultime settimane.
Dopo poco ci fermiamo davanti all’entrata ad arco di un cortile, intorno al quale vi sono diversi locali. Luca scende dal motorino e mi porge il suo casco:
-Aspetta un minuto. Arrivo subito. -. Dopodiché entra nel cortile, sparendo alla mia vista. Qualche istante più tardi ritorna da me con un sacchetto, che infila sotto il sedile, poi risale sul motorino e ripartiamo.
Questa volta il viaggio è ancora più breve: parcheggiamo davanti al vecchio lungolago. Rispetto a quello realizzato di recente è molto più tranquillo, meno affollato e meno assolato, in quanto vi sono alberi più vecchi e grandi a ristorare con la loro ombra i pochi passanti. Su un lato della passeggiata una ringhiera a separare dalle acque fredde del lago, dall’altra tante panchine scolorite dal tempo.
Ci incamminiamo per il viale, allontanandoci dai rumori della città, Luca con il sacchetto in mano, io di fianco, in silenzio, ad osservare estasiata come sempre il panorama, fino a raggiungere una panchina in ombra, seminascosta dai rami di un grande salice. Luca mi prende per mano e mi fa sedere di fianco a lui, per poi scoprire finalmente il contenuto del sacchetto: due tranci di pizza fumanti. Mi lecco le labbra, rendendomi conto solo ora di quanta fame abbia.

-L’ho presa al prosciutto. Spero vada bene. – dice lui porgendomi un trancio.

-Assolutamente perfetto! – esclamo contenta.

-Allora buon appetito! -. Dopodiché ci buttiamo sul cibo e per un po’ non parliamo. Mi perdo nel guardare i giochi di luce del sole sulle foglie degli alberi: con l’avvicinarsi della primavera le prime foglie verdi compaiono fra quelle gialle e rosse rimaste dall’autunno, in un contrasto di colori splendido. Vorrei essere brava a disegnare per poterlo dipingere con tempere, per le ombre e le luci più decise, e acquarelli, per le sfumature e per dare quel senso di indefinito che dà sempre la luce del sole ai contorni delle cose.

-Allora… - inizia Luca, ma lo interrompo subito.

-Se stai per chiedermi com’è essere maggiorenni, ti rispondo subito: assolutamente nulla di eccezionale. -.

-Oh, lo so, lo so, credimi. Tutti vedono i diciott’anni come chissà che cosa, ma non avviene alcuna strana trasformazione… È un compleanno come tutti gli altri in fondo. -.

-A parte per i tanti regali in più. – considero scherzosamente.

-A parte per quello, sì. – dice ridendo, riprendendo poi a parlare – In realtà vorrei sapere se con la maggiore età sei finalmente riuscita a comprendere il motivo che ti ha portato a stare per tanto tempo con Marco… -.
L’ha detto in modo scherzoso e sta ridendo, ma riesco a intuire che sotto sotto la domanda è seria.

-Quello penso che non lo capirò mai! – rispondo, stando al gioco, ma mi ricompongo in fretta – Comunque ti ho già detto che una volta non era affatto così… -.

-Con così intendi egocentrico, narcisista, freddo… Anche stronzo a volte? -.

-Menomale che siete amici! – esclamo allibita.

-Lo siamo infatti. Noi ragazzi lo dimostriamo anche in questo modo. – mi risponde divertito dalla mia espressione.

-Ok… Comunque sì, intendo ciò che hai detto tu… Anche se ultimamente riesco a rivedere sprazzi del vecchio Marco… Per esempio nel modo in cui mi è stato accanto nelle ultime settimane. -.

-E com’era prima? -. È sinceramente curioso di saperlo. Sorrido, poi mi alzo e mi appoggio alla ringhiera, facendo perdere lo sguardo sul meraviglioso panorama che si apre davanti a me: cielo azzurro intenso, senza nuvole, montagne chiazzate di verdi diversi e giallo, che affondano nel lago scuro, profondo e calmo, a parte per le leggere onde alzate dai battelli che partono dall’Imbarcadero di Luino.
Luca mi segue e si appoggia al freddo ferro, di fianco a me, osservandomi intensamente.
Senza spostare il mio sguardo dalla vista, riprendo a parlare e mi perdo nella malinconia del passato.
-Lui era diverso dagli altri, più maturo rispetto ai nostri compagni di classe di allora. Era dolce, romantico, tanto da scrivermi anche delle poesie, che fra l’altro ho ancora perché non ho mai avuto il coraggio di buttarle via. Era geloso, molto geloso. – rido al pensiero di come fulminava con lo sguardo i nostri compagni se solo osavano guardarmi o dirmi qualcosa di sbagliato. – Anche molto protettivo. Mi faceva sentire come se fossi il suo tesoro più prezioso… È stato il primo e unico a trovarmi bella, ad andare oltre il casino che sono… Ma mi ha raccontato anche tante bugie e alla fine mi ha fatto soffrire molto… - termino, sorridendo a Luca amaramente. – Ma in realtà sono molti di più i ricordi belli collegati a lui che quelli brutti. -.

-Ora, se ritornasse a essere quel ragazzo, vorresti ancora stare con lui? -.
La sua domanda mi prende alla sprovvista, ma mi rendo conto che il suo sguardo è tremendamente serio.

-No. Non siamo più bambini di dodici anni: è cambiato tutto, siamo cresciuti e lui non sarà più quel ragazzino che in classe, dietro di me, mi accarezzava i capelli e mi teneva la mano, nonostante le occhiate e i commenti del resto della classe. Ed è anche giusto che sia così. -.
Luca sembra essere sollevato dalla mia risposta, ma la sua espressione cambia così velocemente da farmi pensare di essermelo solo immaginata.

-Anzi penso che se mi chiedesse di stare di nuovo con lui, mi arrabbierei molto. – dico ridendo.

-Perché? – chiede confuso.

-Avrebbe dovuto pensarci molto tempo fa… Prima di trattarmi come mi ha trattato. -.

-Sei passata davvero oltre… -.

-Se non si era capito, sì, decisamente. -. Gli sorrido, lui ricambia e poi si riavvicina alla panchina, iniziando a raccogliere le sue cose.

-Che ne dici? Vuoi vedere il tuo regalo? – mi chiede con aria birichina.

-Non aspetto altro da ieri sera! – esclamo.

-Allora dovrai sopportare questa per un po’… - dice, mostrandomi un foulard rosso. Lo guardo interrogativamente, mentre mi si avvicina.

-Cosa vuoi fare? – chiedo preoccupata.

-Ti fidi di me? – annuisco – Allora lasciati bendare. Fammi fare una sorpresa come si deve. – e mentre sta dicendo queste cose mi toglie gli occhiali infilandoli nel mio zaino e mi lega la benda dietro la testa, oscurandomi la vista, già abbastanza debilitata senza lenti.

-Ma come faccio ad arrivare al motorino così?! -.

-Tranquilla ho pensato a tutto. – mi risponde tranquillo. Dopo qualche secondo sento le sue mani afferrarmi la schiena e le gambe e vengo sollevata da terra. A tentoni riesco ad allacciare le braccia al suo collo e mentalmente lo maledico per le sue pazze idee.

-Tu sei completamente pazzo! I passanti penseranno che mi hai rapita. -. Esclamo, mentre Luca incomincia a camminare.

-Secondo me penseranno che un ragazzo stia semplicemente facendo una sorpresa alla sua fidanzata… Ahi! -. Gli tiro un pugno sulla spalla, ma mi sento avvampare dalla punta dei piedi alle punte dei capelli.

   
 
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