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Autore: LazySoul    23/09/2017    1 recensioni
Hermione Jane Granger si trova in cella, imprigionata nella sua stessa scuola e costretta ai lavori forzati ed a giornalieri interrogatori e torture. Ma dove è finito Draco Malfoy? il ragazzo di cui si è innamorata e che gli aveva promesso di salvarla?
Dal I capitolo:
Sapevo cosa aspettarmi, ogni volta era più o meno simile alla precedente: domande su domande che mi venivano poste dalla voce stridula della “Signora”, che altro non era che Bellatrix Lestrange, il mio mutismo che la faceva andare su tutte le furie, minacce di morte, torture, dolore... tanto dolore, ma poi finiva e io mi ritrovavo scaraventata nella mia cella a leccarmi le ferite come un animale.
Sì, all’incirca era sempre la stessa storia.
Era come andare dal dentista, ed io lo sapevo bene dato che entrambi i miei genitori lo erano: ti sedevi sul lettino, soffrivi un po’ nel momento del controllo o dell’impianto dell’apparecchio o di qualsiasi altra “diavoleria babbana” per avere una dentatura perfetta, ma poi finiva e tu sapevi che non sarebbe durato molto il dolore, che presto sarebbe passato...
Attenzione: Questo è il sequel di un'altra storia: "Mai Scommettere col Nemico"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Luna Lovegood, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Lavanda/Ron, Lucius/Narcissa, Pansy/Theodore
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mai Scommettere col Nemico'
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24. Loss
 


Lasciai che la mano di Draco stringesse la mia, mentre entravamo nelle cucine di Hogwarts.

La McGranitt si stava consultando con un elfo domestico, mentre Vitius lanciava incantesimi protettivi intorno a noi, così da impedire ai Mangiamorte di coglierci alla sprovvista.

«Dobbiamo salire in Sala Grande e combattere», disse la professoressa, prima di voltarsi verso di noi, i suoi occhi si assottigliarono: «Signorina Greengrass, le sembra il caso?!», esclamò, fissando la vestaglia grigio perla di Daphne.

La bionda aprì bocca per rispondere, ma Blaise le tirò una gomitata, zittendola.

«I più piccoli rimarranno qui», annunciò la professoressa, indicando i ragazzini del primo, secondo e terzo anno: «Gli elfi li proteggeranno dai Mangiamorte, inoltre gli incantesimi del professor Vitius terranno chiunque abbia cattive intenzioni fuori dalle cucine».

Mi avvicinai ulteriormente a Malfoy, lasciando che la mia fronte si appoggiasse alla sua spalla.

Avrei voluto essere in qualsiasi altro posto in quel momento, la paura di perdere il ragazzo di cui ero innamorata mi terrorizzava a tal punto da non riuscire a ragionare lucidamente.

Lasciai vagare lo sguardo intorno a me, le labbra strette dei presenti, i loro volti consumati dalla paura e dalla stanchezza... Gli occhi, invece, erano colmi di rabbia, coraggio e determinazione.

Furono i loro occhi, dove la speranza ancora non era svanita, a farmi presagire la vittoria del bene sul male.

Voltai lo sguardo alla mia destra, incontrando gli occhi chiari di Draco.

Conoscevo quegli occhi da anni, li avevo sempre visti colmi di odio, di ribrezzo e di noia; rare le volte in cui li avevo colti realmente divertiti. Ora, quegli occhi che avevo finito coll'amare più di me stessa, sembravano volermi trasmettere la forza di cui avevo bisogno per non lasciarmi abbattere dalle circostanze.

Gli sorrisi debolmente, sporgendomi per lasciargli un bacio sulla guancia: «Grazie», gli dissi semplicemente, senza aggiungere altro, certa che potesse leggere nei miei occhi le parole che non avevo detto.

Lo stavo ringraziando per avermi intrappolata in una stupida scommessa, per avermi spinto ad osare, per avermi fatto innamorare di lui con la delicatezza di un elefante in una cristalleria, per avermi amato con dolce insistenza e per avermi mostrato che la vita non era solo libri e voti, ma una miriade di emozioni che non mi ero mai preoccupata più di tanto di provare, convinta di bastare a me stessa.

«Io e il professor Vitius apriremo la fila, voi ragazzi seguiteci», tuonò la voce della McGranitt, svegliandomi dal sogno ad occhi aperti che stavo vivendo.

Draco mi diede un bacio in fronte, fermando il tempo: «Non ti allontanare da me», sussurrò contro la mia pelle, stringendo la presa intorno alla mia mano.

Lumacorno rimase indietro, dicendo di voler rimanere coi più piccoli per rassicurarli. La McGranitt non si oppose, dirigendosi verso l'uscita delle cucina con passo rapido e sicuro.

Vitius le trotterellava dietro, cercando di stare al suo passo, mentre noi studenti del sesto anno li seguivamo a pochi passi di distanza.

Percorremmo i sotterranei senza incrociare nessuno, avvicinandoci sempre di più al rumore di voci che giungeva dall'ingresso.

«Ragazzi, dividetevi in gruppi di due o tre, bisogna controllare anche i piani superiori, ci potrebbero essere altri prigionieri!», ci ordinò la McGranitt mentre giungevamo di fronte alla Sala Grande.

C'erano una trentina di persone di fronte a noi che duellavano; riconobbi alcuni volti, come quello di Moody, di Lupin e della signora Weasley, rendendomi conto che la guerra vera e propria si stava svolgendo all'esterno, da dove giungevano ulteriori grida.

Malfoy, stringendo la presa intorno alla mia mano mi spinse su per le scale, coprendoci le spalle con un incantesimo Protego.

Avrei voluto rimanere lì, combattere contro i Mangiamorte, cercare i miei amici, ma la confusione era troppa e non avendo la bacchetta non potevo pretendere che Malfoy facesse da scudo a me e se stesso in una situazione tanto complicata.

Cercare altri prigionieri ai piani superiori non mi entusiasmava particolarmente, ma andava fatto, inoltre avevo promesso a Malfoy che saremmo rimasti nelle retrovie e non avevo intenzione di rimangiarmi la parola data.

Sentii un rumore di passi alle nostre spalle e notai Pansy, Daphne e Susan seguirci, mentre gli altri rimanevano a combattere. Raggiungemmo il primo piano senza problemi e iniziammo a percorrerlo, controllando all'interno delle aule.

Fummo attaccati da un paio di Mangiamorte durante la nostra ricerca, ma Daphne risultò essere particolarmente dotata quando si trattava di schiantare qualcuno, malgrado il suo abbigliamento poco consono e l'aria stanca che sfoggiava.

Eravamo quasi al terzo piano quando sentimmo dei passi alle nostre spalle.

Quando ci voltammo Padma aveva appena svoltato l'angolo, correndoci incontro con il viso arrossato per lo sforzo: «Susan!», chiamò, facendo segno alla ragazza di sbrigarsi: «La McGranitt vuole che tu e la Granger scendiate, ha bisogno di voi per proteggere la scuola con un incantesimo, dice che siete le migliori».

Feci un passo verso di lei, ma la mano che era ancora stretta a quella di Malfoy mi impedì di allontanarmi ulteriormente. Fu in quel momento che mi ricordai di non avere più la mia bacchetta e che quindi non sarei potuta essere di nessun aiuto alla professoressa McGranitt.

Abbassai lo sguardo, sentendo le guance bruciarmi per la vergogna e il disappunto: «Io non ho la bacchetta, dubito di poter essere di qualche utilità», confessai, sentendo la mano di Malfoy stringere di più la mia, forse nel tentativo di darmi forza.

«Posso venire io», si propose Daphne, sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori.

Padma la fissò con un sopracciglio sollevato e un'espressione a dir poco scettica in volto.

La Greengrass non si lasciò abbattere, anche se vidi chiaramente quanto le avesse dato fastidio la sfiducia della Corvonero.

«Come vuoi», disse semplicemente Patil, quando si rese conto che Daphne non aveva intenzione di arrendersi o tirarsi indietro.

La bionda Serpeverde sfoggiò un sorriso a dir poco compiaciuto, mentre s'incamminava, con passo sostenuto verso le scale, con Susan da una parte e Padma dall'altra.

«Daphne è interessata a una delle Patil», disse Pansy dopo qualche secondo, scuotendo la testa: «Vorrei proprio vedere che faccia farà Theo quando lo scoprirà», continuò, le labbra inarcate in un sorriso malizioso.

«Quando scoprirò cosa?», chiese la voce di Nott, alle nostre spalle, facendoci sussultare e voltare all'unisono.

Pansy si mise davanti a me e Draco, sfoderando la bacchetta, in posizione di difesa: «Ci penso io a lui», disse semplicemente, facendoci segno di andare.

Draco tentennò per qualche istante, guardando i suoi due amici con un'espressione mista tra confusione e tristezza: «Theo, cosa ci fai qua?»

«Siete pazzi a pensare che Potter possa...»

Un fischio acuto mi perforò i timpani, facendomi gemere dal dolore, mentre portavo entrambe le mani ai lati del volto, nel tentativo di coprire le orecchie e di impedire a quel fastidioso rumore di tormentarmi. Così com'era cominciato quel suono scomparve. Al suo posto sentii rimbombare nella mia testa una voce che non avevo mai udito e che mi fece venire la pelle d'oca: «State combattendo con valore, ma invano».

Mi voltai verso Malfoy, notando il suo volto pallido e gli occhi fissi nel vuoto, mi chiesi se anche lui potesse sentire quella voce.

«Io non desidero questo, ogni goccia di sangue magico versato è un terribile spreco. Per tanto ordino alle mie forze di ritirarsi. In loro assenza disponete dei vostri morti con dignità. Harry Potter, ora mi rivolgo direttamente a te, questa notte hai consentito che i tuoi amici morissero per te, piuttosto di affrontarmi di persona; non c'è disonore più grande. Raggiungimi nella foresta proibita e affronta il tuo destino. Se tu non lo farai ucciderò fino all'ultimo uomo, donna o bambino che cercherà di nasconderti a me».

Un fischio acuto mi perforò nuovamente i timpani, poi tutto cessò.

Annaspai, come se fossi rimasta in apnea per troppo tempo e mi voltai verso Draco, incontrando i suoi occhi chiari, specchio della preoccupazione che sapevo esserci nei miei.

Nott, senza dire nulla, se ne andò da dove era arrivato, un'espressione di soddisfazione in viso.

Pansy invece era immobile, la bacchetta ancora sfoderata e un'espressione colma di confusione.

Strinsi la mano di Malfoy nella mia e poi cominciai a camminare verso le scale.

Dovevo trovare Harry, convincerlo che andare nella Foresta Proibita non era la giusta soluzione e trovare un modo per nasconderlo da tutto e da tutti. Harry era il fratello che non avevo mai avuto, non avrei permesso che gli succedesse qualcosa di male.

«Dove stiamo andando?», chiese Malfoy, cercando di fermare la mia avanzata.

«Dobbiamo trovarlo», dissi semplicemente, strattonandolo più forte e notando come la Parkinson, con passo insicuro ci stesse seguendo.

«Chi?», chiese Draco.

«Harry, dobbiamo trovare Harry e convincerlo a non fare pazzie», gli spiegai, lanciandogli un'occhiata colma di supplica, nel tentativo di fargli capire ciò che provavo.

Comprensione attraversò il suo sguardo e un sorriso triste gli increspò le labbra: «Andiamo a vedere dove si nasconde Potty».

Non ebbi la forza di arrabbiarmi con lui per lo stupido soprannome che aveva affibbiato al mio migliore amico, contenta che non si fosse tirato indietro o avesse provato a protestare.

Una volta giunti al piano terra, entrammo nella Sala Grande, dove uomini, donne e perfino qualche ragazzino, si muovevano disordinatamente. Alcuni erano a terra, feriti, altri invece, erano morti.

Una zazzera di capelli rossi mi fece involontariamente sorridere, rincuorata, mentre la raggiungevo.

«Ronald!», esclamai, liberandomi dalla presa di Malfoy per gettare le braccia al collo del mio migliore amico.

«Hermione!», urlò lui, ridendo e stringendomi a sua volta, rischiando di soffocarmi con la sua mole.

Quando sciogliemmo l'abbraccio, fu bello incontrare i suoi occhi azzurri, limpidi e dolci; mi erano mancati.

«Dov'è Harry?», chiesi, guardandomi intorno, nella speranza di individuarlo tra la folla allo stesso modo in cui aveva precedentemente scovato Ron.

Il rosso di fronte a me scosse la testa: «Non ne ho idea».

Il sorriso scomparve dal mio volto, sostituito dal terrore: «Quando l'hai perso di vista?», gli chiesi, voltandomi.

Alle mie spalle, Malfoy mi fissava con disappunto, le braccia incrociate e gli occhi socchiusi.

Aggrottai le sopracciglia, non capendo la sua reazione: «Cosa succede?»

Senza dire nulla, Malfoy allungò la mano e mi afferrò il braccio, portandomi al suo fianco.

«Weasley», salutò il mio amico, stringendomi a sé.

Un sorriso comparve sulle mie labbra, appena capii che il suo strano comportamento era dettato dalla gelosia.

«Malfoy», ribatté Ron, affilando lo sguardo.

«Hermione!», mi sentii chiamare, voltandomi a destra.

Ginny mi stava venendo incontro, aveva un taglio sulla guancia e i capelli rosso fuoco legati in una treccia disordinata. Malgrado la difficile situazione in cui ci trovavamo, riusciva comunque ad essere bellissima.

«Ginny», mormorai, districandomi dalla stretta di Malfoy per raggiungerla a metà strada e gettarle le braccia al collo, abbracciandola stretta.

Rimanemmo avvinghiate l'una all'altra per lunghissimi secondi, prima di sciogliere l'abbraccio e sorriderci.

«Vedo che la tua guardia del corpo non ti perde di vista nemmeno un secondo», disse Ginny, guardando alle mie spalle.

Non avevo bisogno di voltarmi per capire a chi si stesse riferendo.

Scossi la testa, cercando di mascherare il mio imbarazzo con un sorriso: «Non so di cosa tu stia parlando», mentii, arrossendo furiosamente, mentre salutavo alle sue spalle Neville e Calì.

«Sei una pessima bugiarda», disse Ginny, sollevando gli occhi al cielo, prima di salutare Malfoy con un cenno della mano.

«Sai dov'è Harry?», le chiesi, sperando che almeno lei, la sua ragazza, potesse indicarmi dove si fosse andato a cacciare.

Il volto di Ginny si adombrò, mentre abbassava lo sguardo e scuoteva la testa, rassegnata: «L'ho perso di vista qualche secondo fa, non so dove sia finito».

«Pensi che sia...?», non riuscii a finire la frase; l'idea che il mio migliore amico potesse aver ascoltato le parole di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e deciso di corrergli incontro per farsi ammazzare era troppo dolorosa.

«Potter non può essere così idiota», commentò la Parkinson, sollevando gli occhi al cielo, mentre accanto a lei, Daphne cercava di ignorare le occhiate che i ragazzi lanciavano al suo abbigliamento, Ronald compreso.

«Non ne sarei così convinto», disse Malfoy, prima di puntare la bacchetta verso Daphne e trasfigurare la sua vestaglia nella divisa scolastica di Serpeverde.

«Oh, non ci avevo pensato», ridacchiò, Daphne, passandosi una mano tra i capelli.

«Certo», commentò Pansy, con un'espressione a dir poco esasperata.

Fissai i miei occhi in quelli di Ginny, per poi spostarli su di Ron; il dolore e l'incertezza erano gli unici sentimenti che riuscivo a decifrare.

Scossi la testa, facendo un passo indietro: «Non può averlo fatto», mormorai, cercando di auto convincermene.

Le mani di Malfoy mi strinsero le spalle, costringendomi a voltarmi e a premere il viso contro il suo petto. Non avrei definito i suoi modi gentili, era stato piuttosto brusca la sua presa, ma il gesto in sé racchiudeva tutta la dolcezza di cui avevo bisogno.

Poche lacrime bollenti mi bagnarono gli occhi, inumidendo il mantello del Serpeverde, che mi teneva stretta a sé; il volto nascosto tra i miei ricci e le labbra premute contro la mia tempia.

«Andrà tutto bene», sussurrò contro la mia pelle.

Scossi la testa: «Non puoi saperlo», gli risposi, stringendo tra le dita il suo mantello.

«Ora si spiega perché prendi sempre pessimi voti a incantesimi», disse la Parkinson, con un tono scocciato.

«Scusa?!», esclamò la voce ferita di Zabini.

«Meno di dieci minuti fa, Nott mi stava puntando contro una bacchetta. Il tuo Incarceramus è stato a dir poco inutile», rispose la mora.

Spostai appena il volto, godendomi l'espressione oltraggiata di Zabini, mentre Luna, accanto a lui, cercava di calmarlo.

La mano di Malfoy mi accarezzò la schiena: «Pansy non ha tutti i torni», commentò, appoggiando la guancia contro il mio capo; anche senza vederlo in volto potevo immaginare il suo ghigno malefico.

Lo sguardo furioso di Zabini si spostò su di noi: «Va al diavolo, Malfoy. Se non fosse stato per te non ci sarebbe stato bisogno di legarlo in primo luogo».

Sapevo perfettamente che quella loro scaramuccia era quello e niente altro; un semplice battibecco tra amici. Non dovevo preoccuparmi di ristabilire l'ordine prima che iniziassero a volare maledizioni senza perdono. Eppure mi sentii in dovere di tirare un lieve pugno contro lo stomaco di Malfoy, attirando la sua attenzione, in modo da potergli sussurrare all'orecchio di piantarla.

Mi asciugai i residui di lacrime e cercai di ritrovare la mia forza, prendendo un profondo respiro e allontanandomi dal profumo di Malfoy e dal calore del suo corpo.

«Dobbiamo cercare, Harry. Dobbiamo trovarlo prima che...», la mia voce si spezzò alla vista di George e Charlie Weasley che trasportavano all'interno della Sala Grande il corpo privo di vita di Fred.

Un forte singhiozzo mi scosse, mentre mi portavo una mano alla bocca, in modo da celare un grido di sofferenza, le lacrime che avevo tanto faticato ad asciugare tornarono prepotenti a bagnarmi il viso. Intorno a me sentii urla, vidi Ron e Ginny correre incontro ai fratelli, sentii le grida della Signora Weasley e vidi il volto distrutto di Arthur.

Le braccia di Malfoy tornarono ad avvolgermi, premendo il mio viso contro il suo petto, forse per impedirmi di vedere altro; ma ormai l'immagine del corpo inanimato di Fred si era impressa a fuoco contro le mie retine. Avevo già visto tutto quello che c'era da vedere.

Era una guerra, pensare che non ci sarebbero stati dei feriti o delle vittime era impensabile, ma mi ero illusa, nella mia ingenuità, che non ci sarebbero stati caduti tra coloro che conoscevo.

Continuavo a sentire la urla della signora Weasley, i singhiozzi e mi sembrava di percepire il loro dolore come se fosse stato tangibile.

Mi tremavano le mani e temetti che le ginocchia non mi potessero sostenere; cominciai ad avere paura. Una paura più consapevole rispetto a prima, più matura. Ero stata ingenua a pensare che il bene avrebbe trionfato senza che fosse necessario pagare un prezzo perché ciò avvenisse.

Malfoy mosse alcuni passi, trascinandomi con sé, fino a quando non si sedette su una delle panche che erano state disposte lungo le pareti. Mi fece sedere sulle sue ginocchia, continuando a tenermi stretta. Non disse nulla, continuando semplicemente a sostenermi, a non lasciarmi cadere.

Non era da me mostrarmi tanto debole di fronte agli altri, così cercai i ricompormi in breve tempo. Incolpai il ciclo e la stanchezza per il modo atipico in cui mi stavo comportando, cercando di non incontrare gli occhi di Malfoy o quelli di chiunque altro. Avevo bisogno di un momento da sola, ma in mezzo alla calca di gente che affollava la Sala Grande era impossibile.

«Stanno portando dentro altri caduti», disse Draco alle mie spalle, cercando di afferrarmi la spalla. Scrollai la sua mano, alzando il viso.

Masochista fino alla fine, volevo vedere chi ci aveva lasciato.

Cercai di farmi spazio tra la calca, per avere una visuale maggiore.

Remus Lupin, Alastor Moody, Colin Canon...

Chiusi gli occhi e presi un profondo respiro, combattendo contro le lacrime.

Non c'era tempo per piangersi addosso, dovevamo trovare Harry e sperare che non fosse stato tanto stupido da...

Un boato fuori dalle mura di Hogwarts mi fece sussultare, molti gridarono per lo spavento.

Fu la McGranitt, seguita da Vitius, a correre verso l'ingresso della Sala Grande, per andare a controllare cosa stesse succedendo. Avanzai a mia volta, desiderosa di conoscere cosa avesse provocato quel rumore.

Fuori dall'ingresso principale di Hogwarts, schierati ordinatamente a circa dieci metri di distanza, c'erano i Mangiamorte. Non indossavano la maschera, mostrando con fierezza il loro volto.

Individuai il viso di Theodore Nott, poco distante quelli di Narcissa e Lucius Malfoy.

La confusione era ben visibile sul mio volto, mi voltai alla mia destra, dove sapevo trovarsi Draco e mi resi conto che anche lui sembrava sorpreso.

I Mangiamorte aprirono un passaggio, così da far passare la figura pallida e vestita con un lungo mantello nero di Voldemort, che con un'espressione di trionfo in viso, fece segno ad Hagrid alle sue spalle di avanzare.

Il mezzo gigante stava trasportando qualcosa tra le braccia, sembrava un corpo.

Solo quando si fece più vicino capii che quell'involucro privo di vita era stato il mio migliore amico, Harry Potter.

Il respiro mi rimase incastrato in gola, mentre gli occhi mi si inumidivano nuovamente.

Non poteva essere.

No, non Harry.

La mano di Malfoy prese la mia, stringendo le mie dita fredde con forza.

Guardandomi intorno vidi che la maggior parte delle persone che si trovavano in Sala Grande erano uscite; le loro espressioni sconvolte, sofferenti e sprezzanti sembravano una replica della mia.

Voldemort avanzò, diminuendo la distanza tra di noi, poi si fermò a metà strada tra il suo schieramento e il nostro, un sorriso a deturpargli il volto.

«Harry Potter è morto», disse semplicemente, la voce aspra e trionfale, mentre Nagini, strisciava ai suoi piedi: «Harry Potter è morto!», urlò, lanciano uno sguardo alle sue spalle.

I Mangiamorte iniziarono a ridere, Bellatrix Lestrange stava addirittura improvvisando una danza per esprimere la sua gioia, mentre rideva sguaiatamente.

«É tempo di scegliere», continuò Voldemort: «Venite avanti e unitevi a noi, o morirete».

Nessuno si mosse.

Il mio sguardo continuava a scivolare verso destra, dove Hagrid continuava a stringere tra le braccia il corpo di Harry. Non ero riuscita ad abbracciarlo un ultima volta.

Sentii Draco irrigidirsi accanto a me e, tornando a concentrare la mia attenzione davanti a me, vidi Lucius Malfoy fare un paio di passi avanti, lo sguardo fisso su suo figlio: «Vieni», disse semplicemente, facendo un gesto nervoso con la mano.

Draco scosse la testa, aumentando la stretta delle sue dita intorno alle mie.

Voldemort spostò lo sguardo da Malfoy senior al figlio, lo sguardo all'apparenza impassibile.

Gli occhi azzurri di Narcissa erano incatenati ai miei, poi spostò lo sguardo verso Hagrid e nuovamente verso di me. Aggrottai le sopracciglia, non riuscendo a capire.

Neville, fece qualche passo avanti, zoppicando, attirando l'attenzione di tutti su di sé.

«E tu chi saresti?», chiese con tono derisorio Voldemort.

«Neville Paciock».

Un coro di risate si unì a quella follemente divertita di Bellatrix Lestrange.

«Sono certo che troveremo un posto anche per te nei nostri ranghi...» disse la voce compiaciuta di Voldemort, prima di venire interrotta dalla voce di Neville: «Vorrei dire una cosa».

Le risate cessarono e sul volto pallido di Voldemort comparve una smorfia contrariata.

«Non importa che Harry sia morto», iniziò Neville: «La gente muore tutti i giorni, amici, familiari. Sì, abbiamo perso Harry stanotte, ma lui è ancora con noi, qui dentro!», esclamò, portandosi una mano al petto, lo sguardo che vagava tra noi e i Mangiamorte: «E così Fred e Remus, Moody... Tutti loro non sono morti invano! Ma tu lo sarai perché ti sbagli, il cuore di Harry batteva per noi, per tutti noi! Non è finita!»

In quell'istante Neville estrasse dal cappello parlante, che teneva stretto tra le mani, la spada di Grifondoro, mentre un movimento alla destra del mio campo visivo mi fece sorridere: Harry era vivo.
 

*****

Ciao a tutti! 😁
Non è stato facile scrivere questo capitolo e spero vivamente che vi sia piaciuto! L'ho basato molto sulle scene dell'ultimo film (soprattutto per quando riguarda il discorso di Neville e quelli di Voldemort), mentre per il resto ho fatto del mio meglio per sembrare verosimile nella descrizione della battaglia e dei sentimenti di Hermione in un frangente tanto delicato.
Spero vogliate lasciarmi qualche commento, per farmi sapere la vostra opinione!
Un bacione enorme ❤️
LazySoul

 
  
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