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Autore: ___Page    24/09/2017    3 recensioni
«Iva tu… non l’hai già acquistata vero?» chiedo in un soffio e un angolo della sua bocca si contrae in un tic.
«A chili» conferma.
«Se non dovessimo trovare un’utilità per questo prodotto, il danno ammonterebbe a una cifra considerevole.»
«Ci serve più tempo!»
«Non lo abbiamo. Ci serve che la questione si riveli un affare entro Settembre o qualcuno del consiglio potrebbe… contrariarsi, diciamo. E la presentazione è programmata per Luglio. E deve essere l’affare dell’anno.»
***
Grazie alla geniale trovata di Iva ora mi ritrovo con il mio migliore amico che si sposa tra sei settimane, Sabo da gestire, un matrimonio da aiutare a organizzare e un progetto assurdo, impossibile, irrealizzabile dal cui successo dipende il futuro lavorativo mio, dei miei due collaboratori/amici, di un’altra buona fetta di colleghi e del mio capo.
Fantastico! Sono al settimo cielo!
***
«Ehi non mi piace che si usi quel termine per me!» protesta.
«Cosa?! Mestruato?!» domando con sfida, ma lui scuote la testa «Irritante?» riprovo, sollevando le sopracciglia, ma lui nega di nuovo «Gay?!» chiedo ancora. Incredula, lo guardo annuire solenne.
«Precisamente.»
No, io non ce la posso fare.
«Izo tu sei gay!!!»
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Koala, Nami, Nefertari Bibi, Trafalgar Law, Usop | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Ma buona domenica gente bellissima!! 
Come andiamo?! 
Vi rubo solo due minuti per informarvi che la geniale trovata dei tanga dello scorso capitolo non è stata mia - "ovviamente" direte voi, "lo sappiamo che è stato Izou!" - ma della mia adorata Jules che ringrazio infinitamente per aver condiviso con me questa genialata da premio Nobel. 
Detto ciò ovviamente ringrazio tutti voi che seguite questa storia e vi auguro buona lettura. 
Hope you'll enjoy it. 
Page. 

 









«Allora come va?» domando rientrando nella saletta di prova con due bottigliette d’acqua in mano.
Mi lancia un’occhiata nel riflesso dello specchio e poco ci manca che scoppio a ridere quando vedo com’è vestito. La sua espressione, d’altro canto, parla per lui.  
«Sembro un deficiente.» commenta atono e io mi mordo il labbro inferiore.
Alla fine il suo appuntamento con l’atelier non coincideva con nessun mio inderogabile impegno lavorativo. Così, dal momento che Bibi non possiede il dono dell’ubiquità – come invece Bon-chan probabilmente credeva –, eccomi qui. Per fargli da supporto e dargli un consiglio, non certo per scattargli foto a tutto spiano e inviarle sul nostro gruppo di whatsapp.
Che idea spaventosamente allettante. 
«Koala, non provare nemmeno a farmi una foto e girarla su whatsapp.»
Ringrazio di avere lasciato il cellulare nella borsa – la tentazione sarebbe stata troppa per resistere, se lo avessi avuto a portata di mano –, appoggiata sul divanetto di pelle rossa, lontano da me, e mi impongo di mantenere un minimo di contegno.
«Okay, vediamo cosa si può fare.» poso l’acqua sul basso tavolino di fronte al divanetto e mi avvicino decisa. «Allora cominciamo a togliere questo.» gli levo il ridicolo cappello a cilindro di seta blu ma mi blocco con il braccio a mezz’aria e lo osservo, riflettendo. «Oppure vuoi tenerlo e ti recupero un bastone per completare il look?». L’occhiata che mi lancia distrugge il mio autocontrollo e mezza risata riesce a evadere dalla mia bocca. «Dunque, la giacca a coda di rondine ti sta bene.» metto in chiaro. E questo è già un primo passo. Ora dobbiamo solo dargli l’aspetto di uno sposo senza che sembri anche un ballerino di tip tap degli anni quaranta. Faccio una panoramica del camerino formato salotto e scandaglio attentamente tutte le giacche, i pantaloni e gli accessori che la commessa ha trasferito qui prima di dileguarsi, su precisa richiesta di Law.
Mi illumino quando mi focalizzo su quello che sto cercando e mi avvicino alla gruccia portacravatte. Ne faccio scorrere una tra le dita, godendomi l’effetto della seta liscia sui polpastrelli, mentre studio attentamente le sue sorelle, alla ricerca della prescelta, una cravatta grigio perla di raso. La sfilo dal suo apposito gancio e torno indietro.
«Magari se eliminiamo il papillon a pois…» suggerisco e Law non perde neanche tempo a rispondere, solleva la mano e scioglie il farfallino per poi sfilarlo dal colletto come se fosse una liberazione. «Posso?» chiedo, sollevando appena la cravatta con entrambe le mani.
«Fai pure.»
Mi allungo sulle punte dei piedi per poter sollevare il colletto inamidato della camicia bianca e passare la cravatta dietro al suo collo, prima di cominciare ad annodarla con mani esperte.  
Non è certo la prima volta, è già capitato, in tante diverse occasioni. Ballo della scuola, lauree, un paio di battesimi addirittura. Mi sono sempre divertita a fare i nodi alle cravatte e mi sono sempre occupata io delle sue, come Robin di quelle di Sabo. Ma stavolta, per un qualche motivo, c’è qualcosa di diverso.
Law sta seguendo attentamente ogni mio movimento, il salottino è incredibilmente silenzioso, le mie dita si muovono più lente del solito.
È intimo, ben più intimo di quel che dovrebbe. E anche se so che non è proprio giusto – ma nemmeno poi così sbagliato dopotutto – voglio prolungare il momento il più possibile.
Questa è una delle ultime volte che lo faccio, d’ora in poi sarà compito di Bibi e mentirei se dicessi che non mi dispiace. Law non mi mette fretta, forse anche lui sta pensando la stessa cosa. Mi azzardo a lanciargli un’occhiata da sotto in su. Quando i miei occhi incrociano i suoi, che non stanno più seguendo le mie mani ma fissano intensi e seri il mio viso, per un attimo il mio cuore si ferma.
Metaforicamente, è chiaro.    
«Dunque…» mi schiarisco la gola, cercando febbrile un argomento, uno qualsiasi, di cui parlare per smorzare quest’atmosfera. «Quindi Monet che ruolo ha esattamente?» domando. Era da un po’ che voglio chiederglielo.  
È stato chiaro da subito che è innanzitutto la seconda testimone di Bibi ed è bastata qualche ora e le giuste domande per scoprire che sono cresciute insieme, anche con Baby, e che suo padre è il frenemy di Crocodile. Quello che non riesco a capire è perché segua Bon-chan ovunque vada, sempre armata di un piccolo portatile delle dimensioni di un blocco per gli appunti. Non ci fosse Kayme, direi che è lei la sua assistente. A infittire il mistero, il fatto che chiaramente Bibi non si aspettava di trovarsela qui a Raftel tanto presto e mi domando il perché del suo anticipato arrivo – noia a parte – a meno che l’obbiettivo non fosse stressare e infastidire Baby, attività che le riesce splendidamente.
Law contrae il viso in un’espressione che conosco fin troppo bene e che verbalmente si traduce con “sono circondato da un branco di imbecilli” prima di rispondere, atono e scocciato: «Lei è qui per documentare il matrimonio».
Resto per un attimo interdetta. «Come?»
«Mai sentito parlare dello Yukinomi Club?»
I miei occhi si fanno tondi come due fondi di bottiglia. «Aspetta! Stai dicendo che quella Monet…» stendo il braccio indicando un punto imprecisato alla mia destra. «La vostra Monet…» piego il braccio e indico Law all’altezza del petto «Quella è Monet, la famosa blogger?!»
Boccheggio, incredula. Lo Yukinomi Club è uno dei blog più famosi attualmente presenti sul web e deve la propria fama a una serie di irriverenti articoli sulle assurde abitudini, le spese folli e ingiustificate e i più reconditi segreti delle figure di spicco del pianeta, da attori a politici senza fare sconti a nessuno. È un blog di protesta, scritto con arguzia e realistica ironia, un’arguzia e un’ironia che hanno conquistato anche me, e che fornisce un’infinita  quantità di gossip mentre ne critica i protagonisti. Oro colato per gente come Izou, piacevole passatempo quando si hanno cinque minuti di noia per una come me.
Il fatto che io non l’abbia riconosciuta quando l’ho vista la prima volta dipende dal fatto che non mi sono mai soffermata sulla sua foto e ho sempre pensato che “Monet” fosse solo un nickname e non il suo vero nome. Ma ora capisco perché Izou la guardava con venerazione.
Per un attimo m’era anche sorto il dubbio che fosse diventato etero.
«Siete sicuri che sia una buona idea? Da quel che ho letto, non ha pietà per nessuno.»  
Law scuote appena il capo «Ci vuole usare come cartina tornasole.»  spiega, per niente convinto. «Bibi vuole una cosa semplice nonostante i soldi e Monet  vuole usarlo come esempio per dimostrare che anche chi sta economicamente bene può comportarsi da persona normale, senza sperperare. L’idea ovviamente è stata di Bon-chan. Apparentemente era assolutamente necessario per renderlo un matrimonio indimenticabile.» conclude e posso vedere il filo di fumo che gli esce dalle orecchie.
Stavolta rido apertamente e non faccio un plissé quando mi fulmina con gli occhi. «Oh dai!» protesto, tornando a trafficare con la cravatta. «Quante volte mi prendete in giro per Iva, voi? Lasciami gongolare un po’!» Finisco di stringere il nodo windsor e infilo il lembo della cravatta dentro al gilet prima di scostarmi per permettergli di guardarsi allo specchio. «Et voilà! Ora si comincia a ragionare, no?»
Law si osserva qualche istante con aria critica. Abbozza un ghigno storto dei suoi. «Sì, direi di sì.» annuisce ma la mia soddisfazione ha vita breve. È come se qualcosa scivolasse via dal suo volto, sospira e poi si avvia verso il divanetto, su cui si accomoda un po’ svaccato, gambe larghe, testa reclinata all’indietro, mani abbandonate altezza inguine.
Apro e richiudo la bocca un paio di volte, dispiaciuta. Ci metto un attimo a decidermi a parlare chiaro, mandando al diavolo la diplomazia. «Law se ti sembra troppo non è un problema. Bon-chan insiste sull’elegante ma un classico completo tre pezzi va sicuramente più che bene. E se Bon-chan ha qualcosa da ridire ci parlo io con lui.»
Riapre gli occhi e solleva la testa per guardarmi, le sopracciglia corrugate in un’espressione riflessiva. «Ti ho già ringraziato per tutto quello che stai facendo?» si informa.
La domanda mi prende in contropiede, ma non lo do a vedere. Incrocio le braccia sotto il seno e sollevo il mento fiera. «No ma lo farai.» affermo decisa, mentre mi avvicino al divanetto e mi siedo accanto a lui, che mi segue con lo sguardo. «Quando sarà tutto finito mi premurerò di ricordartelo e di ricordarti, soprattutto, che oggi avrei potuto lasciarti nelle grinfie di Bon-chan e coronare il mio sogno di vederti all’altare con addosso uno smoking color sorbetto.»
Law, più rilassato, si lascia sfuggire una risata sbuffata e torna a posare la nuca sulla cima della testata del divanetto.  «Io volevo una cosa intima, sai?» mi dice, gli occhi rivolti al soffitto, e io mi giro su un fianco mettendomi comoda mentre lo ascolto.  «Magari senza nemmeno dire niente. Chiedere a due testimoni a caso e annunciare tutto a cose fatte.»
Sorrido con una punta di malinconia. «A Skypeia. Come dicevamo sempre da bambini.»
«Una cosa del genere.» concede un mezzo sorriso, a se stesso e a me.
«Anche se non ho mai capito esattamente chi si supponeva sposasse chi.»
Law si stringe nelle spalle. «Non mi sono mai posto il problema. Gli Shandia non sono contrari alla poligamia.»
«Almeno finché non è diventato chiaro che tu e Sabo siete anime gemelle, ovviamente.»
Law aggrotta la fronte e volta il viso verso di me, senza staccare la nuca dal divanetto. «Ma così tu avresti dovuto sposare Robin. O Ace.» aggiunge, lasciando intendere quanto la sola idea lo scompensi.
Al posto di Zoro non credo che sarebbe sopravvissuto.
«Per la vostra felicità saremmo stati pronti a questo ed altro.» ribatto solenne. «Ma ora non è più una cosa di cui devo essere preoccupata. La tua felicità intendo.» aggiungo per amor di precisione e qualcosa nella mia voce sembra fuori posto mentre lo dico. Qualcosa nel mio sorriso si spegne. Qualcosa nel mio addome si contrae.
Ci guardiamo per un lungo attimo, in silenzio, prima che Law commenti: «Infatti non devi.» per poi tornare a scrutare il soffitto mentre io continuo a scrutare lui.
«Law, è tutto a posto?» diretta e seria questa volta.
«Sì, tranquilla.» mi rassicura immediatamente, mentre si strofina gli occhi con pollice e indice. «È solo che vorrei che fosse già tutto passato, vorrei svegliarmi domani e scoprire che il matrimonio c’è già stato e io non ricordo niente di discorsi imbarazzanti, strette di mano continue e parenti acquisiti che, grazie al cielo, non rivedrò mai più in vita mia. Sarà una giornata infinita, dannazione.»
«Per te?!» gli chiedo sgranando gli occhi. «Per Bibi sarà una giornata tosta, tu in confronto a lei non devi fare niente! E ricordati che io dovrò occuparmi di me stessa, Izou e Sabo quella mattina! E il cielo non voglia che tu ti faccia venire una crisi di panico pre-matrimonio!» lo prendo in giro e, nonostante il guizzo divertito nei suoi occhi, da bravo infame che non mi da mai una soddisfazione ignora le mie due ultime affermazioni.
«Guarda che è stata Bibi a volere la cerimonia in grande.»
«E tu a dirle di sì.» ribatto prontamente, tanto per ricordargli che, sì, ho intenzione di continuare a prendendo per i fondelli per essersi fatto fare la proposta dalla fidanzata e che, no, non mi sono ancora stufata di farlo. «E comunque se lo merita no?» gli faccio presente subito dopo, addolcendo tono e  sguardo. Law mi fissa con una muta domanda negli occhi e io mi vedo costretta a spiegare, anche se vorrei evitarlo. «È una ragazza così altruista, determinata, socialmente impegnata, sempre pronta a fare beneficenza. Ed è anche dolce e intelligente e… insomma è difficile non amarla.» concludo, con una lieve punta di sofferenza al centro del petto.
Perché dirlo ad alta voce fa più male. Perché dirlo ad alta voce mi ricorda, senza possibilità di revoca, che Bibi è tutto ciò che io ho sempre sognato essere.   
Era questo che volevo, questo è ciò che mi ha spinto a studiare quello che ho studiato. Volevo diventare una voce capace di rendere il mondo un posto migliore, attraverso immagini e slogan di impatto. Senza peccare di falsa modestia, è sempre stato un desiderio nobile il mio.  
E com’è andata finire?
È andata a finire che, grazie alla geniale trovata di Iva, ora come ora mi sto occupando di un progetto –assurdo, impossibile, irrealizzabile dal cui successo dipende il futuro lavorativo mio, dei miei due collaboratori/amici, di un’altra buona fetta di colleghi e del mio capo – che avrà un impatto sociale pari a quello dell’invenzione del levasmalto a cuscinetto, un matrimonio da finire di organizzare tra tre settimane scarse, Sabo da gestire e un finto fidanzato gay, irritante e mestruato da tenere a bada.
Fantastico, veramente fantastico!
Sono estasiata da questo bilancio della mia vita!
«Koala…» comincia Law e non mi sfugge il tono indagatore.
«Mi è venuta voglia di gelato!» esclamo di punto in bianco, rispolverando il mio perenne entusiasmo. Non ho intenzione di stressarlo con le mie assurde teghe mentali in un periodo del genere ma, per un attimo, ho l’impressione che sia lui a non voler lasciar cadere il discorso.
Mi scruta attento, inquisitorio, preoccupato. Esattamente quello che volevo evitare.
Non essere preoccupato, andiamo! Non per queste cose sciocche!
Non so se sia un caso o sappia leggere nel pensiero ma è comunque con sollievo che osservo la sua espressione distendersi e i suoi occhi riempirsi di un calore che in pochi abbiamo avuto l’onore di conoscere.
«Andiamo da Kuzan?» propone e io socchiudo le palpebre, quasi rapita.
«Come mi conosci bene.»  sospiro prima di alzarmi dal divanetto per uscire dal salottino così che possa cambiarsi. «E comunque io il cilindro lo prenderei.»
 

 
***

 
Osservo rapita l’insegna della pasticceria.
Questo luogo è conosciuto ben oltre i confini di Raftel. Questa pasticceria è così rinomata da essersi guadagnata un posto in quasi tutte le guide turistiche della città. Così famosa che i suoi dolci vengono esportati all’estero con consegne ultrarapide, garantite entro ventiquattr’ore. Mio padre ordina da loro la torta per il mio compleanno ogni anno.
Mentre ci recavamo qui, Sabo mi ha raccontato che persino Zeff, il padre di Sanji, tanto fissato con l’idea che per mantenere alta la qualità del suo ristorante è assolutamente essenziale che tutto ciò che viene servito al Baratie esca dalle cucine del Baratie, si serve da loro per i dolci. Mi ha detto che Sanji ha intenzione di seguire le orme di suo padre anche in questo.
Questa è Whole Cake Island.
Un’esperienza sensoriale, un luogo di perdizione per le papille gustative, un angolo di paradiso.
Fino a stamattina, non mi ero resa conto che sposarmi a Raftel significava anche avere la possibilità di poter scegliere la torta qui di persona. Se il matrimonio fosse stato celebrato ad Alubarna avrei comunque ordinato la torta da loro, a qualsiasi costo. Sarebbe stata la sola cosa per cui non avrei badato a spese ma avrei dovuto pur sempre sceglierla da un catalogo, fidandomi delle accurate descrizioni e delle invitanti fotografie.
Invece poter essere qui, poter assaggiare le candidate per la mia torta nuziale è tutta un'altra faccenda. E Sabo è stato così gentile a volermi accompagnare. Non so cosa potrei desiderare di più.
A… a parte che anche Law fosse qui con n-noi, ovviamente. Ovviamente!
Non è come se passare tempo con suo fratello mi renda più felice che passare il mio tempo con lui! Però non posso nemmeno negare che passare del tempo con Sabo sia piacevole!
In fondo è stato Law a suggerire che io ci venissi con Sabo, mentre lui andava a vedere per il suo completo insieme a Koala. Mi fido molto del buon gusto di Koala e sono anche felice che abbiano un po’ di tempo da trascorrere insieme, come ai vecchi tempi.
Comunque il punto è che la proprietaria di questa meravigliosa oasi di piacere, una certa Charlotte che tutti chiamano per una ragione a me non molto chiara Pudding, una giovane dalle mani d’oro e dal talento innato, stravede per Rufy, Sabo ed Ace. Le da così tanta soddisfazione vedere quanto tutti e tre apprezzino le sue creazioni che non fa che proporgli assaggi su assaggi, sufficienti per sfamare l’intera compagnia ma non i loro stomaci senza fondo, tanto che puntualmente concludono la visita acquistando dei pasticcini o un numero variabile di torte da portarsi a casa.
A questo punto non oso immaginare cosa ci aspetta oggi, dal momento che siamo qui per una vera e propria degustazione e, sinceramente, non vedo l’ora.
«Ehi, tutto bene?»
Mi giro verso il mio accompagnatore, impeccabile come sempre con la camicia bianca e i pantaloni di lino blu. Mi sorride come se fossimo nella pubblicità di un dentifricio e per un attimo inserisco il pilota automatico e sollevo la mano per scostargli una ciocca bionda che gli ricade sulla fronte, fuori posto. Per fortuna recupero il controllo di me stessa appena in tempo e devio prontamente verso i miei capelli, rassettandoli in un gesto abituale, che compio sempre anche quando non ne hanno bisogno. «Ho sempre desiderato visitare questa pasticceria!» spiego, ricambiando il suo sorriso e sperando di non essere arrossita per la mia quasi gaffe.
Sabo si avvicina alla porta d’ingresso e la indica con un gesto galante. «Beh allora entriamo, che ne dici? Tanto più che ho un certo languorino.» aggiunge con un’occhiata eloquente che mi fa ridacchiare.
Lo ringrazio con un cenno del capo quando mi apre la porta, restando in disparte per farmi passare, da vero cavaliere.  
Il campanello trilla leggero quando la porta si richiude alle sue spalle ma io ho occhi solo per la vetrina ricolma di torte e dolci che brillano di frutta fresca e grondano glassa. Mi avvicino lentamente, quasi fosse un rituale mistico e poso con cautela la mano sul vetro, osservando i cartellini vergati con una grafia elegante e spigolosa.
Torta Regina del Bosco, bavarese all’amaretto, plumcake con yogurt greco, lamponi e fiori di sambuco.
«Non la vedo esposta ma sappi che la crostata meringata al limone è un dovere costituzionale assaggiarla quando si entra in questa pasticceria. È la fine del mondo.»
Sobbalzo quando la voce di Sabo risuona nel mio orecchio, non tanto perché mi fossi dimenticata della sua presenza ma perché quando dico che la voce risuona dentro il mio orecchio intendo dire che risuona letteralmente dentro il mio orecchio. Vicina, molto più vicina di quel che mi sarei aspettata, esattamente come lo è lui a me, il suo viso al mio, il suo naso al mio collo. Giro il capo di un quarto e trattengo il fiato quando sento le sue ciocche bionde sfiorarmi la guancia e il profumo del suo dopobarba avvolgermi.
Un piccolo capogiro mi coglie. Non so veramente cosa mi prenda e… 
«Chi c’è?» domanda una voce scocciata che, non appena mi volto, scopro appartenere a una giovane ragazza che avrà sì e no la mia età, capelli castani raccolti in un’alta coda di cavallo e un grembiule giallo a fiori azzurri a proteggerle i vestiti.
A giudicare dalla sua espressione non sembra per nulla felice di vederci ma subito si addolcisce quando punta gli occhi sul mio accompagnatore.
«Oh Sabo!» esclama un po’ sorpresa. «Siete qui! Accidenti ho perso completamente il senso del tempo un’altra volta! Mi spiace, è che stavo finendo di preparare la crostata meringata al limone.»  
«Non preoccuparti Pudding. Non si mette fretta all’arte.» la rassicura Sabo con un gesto della mano, prima di guardare verso di me e farmi un rapido occhiolino che mi fa sfarfallare lo stomaco.
«Smettila di adularmi!» lo ammonisce Pudding mentre ridacchia e ondeggia in modo strano, rossa come un peperone. Se non avessi già visto Chopper fare una cosa simile penserei che è impazzita. Ma siccome ho già visto Chopper fare una cosa simile so che in realtà ha molto apprezzato il velato complimento di Sabo.
Pudding fa rapida il giro del bancone e viene decisa verso di me. «Tu devi essere la sposa!  Congratulazioni! Devi essere felicissima, anche io non vedo l’ora di sposarmi un giorno!» esclama, gli occhi che le brillano prima di indicarci dei tavolini appartati e dall’aspetto accogliente. «Prego accomodatevi. Vi porto subito le prime torte da assaggiare.»
Ci accomodiamo e io afferro la lista dei dolci, impaziente di riempirmi gli occhi dei più gustosi e geniali abbinamenti, curiosa di scoprire quali di queste prelibatezze avrò l’onore di assaggiare, emozionata come una bambina al parco dei divertimenti.
«Qual è la tua preferita?» domando pimpante, sollevando la testa.  E ritrovandomi a guardare direttamente dentro gli occhi di Sabo che non dimostra alcun interesse per le torte ma ne dimostra parecchio per me.
Mi osserva attento, come se mi stesse studiando e le guance mi prendono fuoco. «Ho qualcosa che non va?» domando, preoccupata.
«Come? Oh no, sei bellissima come sempre.» commenta con una spontaneità che fa accelerare di colpo il mio battito cardiaco. «È solo che stavo ripensando all’altro giorno e mi stavo chiedendo com’è andata poi con quei dati. Mi spiace di averti dovuto abbandonare a metà analisi ma sai com’è, quando il lavoro chiama…»
«Oh è… è… è… andata bene, benissimo.» balbetto e gesticolo sconnessa. «E ci mancherebbe altro, se avevi da fare e c-comunque grazie alla tabella che mi hai fatto vedere è stato molto più facile lavorarci su. Anzi, grazie per l’aiuto.»
Sabo si sporge con il busto verso di me, gli avambracci posati sul tavolino e le dita intrecciate. «È stato un piacere. Mi piacerebbe anche sapere di cosa si trattava esattamente, sembrava un caso spinoso e se posso aiutarti io…»   
«Ecco qua!»
La voce di Pudding  lo interrompe ma, soprattutto, risveglia me dalla trance.
«Torta al pompelmo rosa e cocco, torta fragola e pesca…» elenca volteggiando intorno al tavolino e posando due piatti sotto i nostri nasi. «… e questa non è molto da matrimonio ma ve ne ho portato lo stesso una fetta. Crostata meringata al limone.»
Abbasso gli occhi sul mio piatto e sulle tre fette di dolce perfettamente triangolari, una incrostata di piccole pepite di cocco intorno a fette di pompelmo che luccicano come foglie di oro rosa, una ricoperta da uno strato sottile e liscio di glassa color salmone acceso e l’ultima adornata da piccole spumose onde bianche, brunite sulla cima.
Mi basta guardarle e respirare una zaffata di profumo e improvvisamente mi sembra di non mangiare da settimane. Già solo l’odore è divino, così come la loro presentazione, non oso immaginare il sapore.
«Buon appetito!» cinguetta Pudding mentre si ritira di nuovo nel retro.
Afferro la forchetta e punzecchio con i rebbi la crema aranciata della torta fragole e pesca. «Beh, buon appetito.» ripeto a mia volta l’augurio di Pudding, regalando un sorriso a Sabo, che ricambia e risponde con un cenno del capo.
«A te.» augura prima di staccare una generosa forchettata dalla torta al pompelmo
Io tentenno ancora un istante prima di decidermi ad iniziare con la meringata al limone. La forchettina affonda morbidamente nella meringa, che crepita leggermente quando separo la punta dal resto della fetta. Non appena la mia lingua entra in contatto con il dolce tutto diventa improvvisamente più bello.
La meringa è croccante e morbida al punto giusto, la crema si scioglie in bocca smorzando il dolce della pasta frolla, che si frantuma senza fatica sul palato, invadendomi la bocca con il suo sapore. È un attimo di pura felicità, un’esperienza mistica.  
«Mio dio, Sabo!» esclamo, portandomi una mano davanti alla bocca, senza neanche mandare giù completamente prima di parlare. «È veramente la fine del mondo!» 
  
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