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Autore: ejirella    24/09/2017    0 recensioni
Chiedo scusa ma non potrò più scrivere su questo sito poiché sono stata vittima di plagio. Se ci tenete a sapere come prosegue la storia seguitemi su https://www.wattpad.com/story/139876793-la-triade!! :)
Lui, il tipico figlio di papà. Nato e cresciuto negli agi, con hobbies costosi e con poco interesse nelle attività familiari.
Lei, di modeste origini. Una vita di sacrifici, sempre pronta a farsi in quattro per gli altri ed uno spiccato senso nel capire le persone.
Non possono essere più diversi, ma qualcosa li lega in modo indissolubile. Che cosa? Leggete e lo scoprirete.
Una storia appassionante e ricca di colpi di scena.
Piano piano i protagonisti si sveleranno ed imparerete a conoscerli.
Non vi rimane altro da fare, STAY TUNED!!
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il frantumarsi di un piatto rimbombò nella testa di Colin, aumentando la sua atroce emicrania.

Guardò alla sua destra cercando di mettere a fuoco le cifre luminose dell'orologio. L'ora segnata era decisamente troppo tarda. Si sarebbe dovuto alzare ore prima.

Malgrado ciò, tirò su le coperte fin sopra la testa perché la luce esterna lo infastidiva.

La sera prima era uscito con gli amici del club ed aveva bevuto parecchio. Quindi di mettere la sveglia proprio non se ne parlava.

Aveva appena ripreso sonno quando il telefono sul comodino vibrò molesto. Decise di ignorarlo, ma al primo ronzio ne seguirono altri. Seccato dal rumore lo afferrò e guardò lo schermo: tre chiamate perse da Denise e un messaggio da Matt.

Sbuffò annoiato.

Denise era una ragazza conosciuta qualche tempo prima ed era fin troppo entusiasta di uscire con lui. Lei non era il suo tipo, nessuna delle ragazze con cui usciva lo era d'altronde.

Chiuse nuovamente gli occhi nel tentativo di farsi passare il mal di testa, ma il fermento in casa non lo aiutava affatto.

Dalla porta rimasta socchiusa, si poteva udire il traffico di addetti al catering che andavano avanti ed indietro per addobbare e preparare la casa per il ricevimento che si sarebbe tenuto da lì a poco.

“Pulite subito il disastro nella sala da pranzo e quante volte lo devo ripetere? I centrotavola si chiamano così perché stanno al centro della tavola! Non sotto, non di lato. Ma al centro!”

A parlare, o meglio a rimproverare, era stata la madre di Colin o per chiamarla in un'altra maniera la signora Jacklyn Futol, la moglie del sindaco appena rieletto.

“Si signora, mi scusi” rispose la cameriera ripresa.

Colin intravide la madre dalla porta a vetri mentre alzava ed abbassava le spalle rassegnata.

Non era il primo ricevimento che organizzava e non sarebbe stato neanche l'ultimo, ma era senz'altro il più importante.

La signora Futol era a capo di alcune fondazioni ed enti di beneficenza ed organizzava eventi per la raccolta di fondi.

Una volta era per le popolazioni vittime di disastri naturali, altre per sostenere la ricerca contro malattie di difficile diagnosi.

La sentì comunicare allo staff “Tutto deve essere perfetto, è un evento molto importante”. Seguì un momento di silenzio. Tutti si dovevano essere fermati per ascoltarla.

“Bisogna sistemare gli ultimi dettagli, ma direi che ci siamo... Oh tesoro sei arrivato”.

La squadra riprese a lavorare contribuendo così ad alimentare il caos nella testa di Colin.

“Giusto in tempo” rispose una profonda voce maschile.

La porta della camera si aprì all'improvviso.

“Figliolo dovresti iniziare a prepararti”. Lo ammonì il padre.

Visto che non riceveva risposta, il signor Futol spalancò le finestre ed accese le luci senza troppi convenevoli.

“Hai fatto tardi ieri eh?” Aggiunse con tono di disapprovazione “Cosa te lo chiedo a fare”.

Colin tirò le coperte ancora più in alto.

“Alzati immediatamente. So che ti importa solo di te stesso, ma tua madre ha lavorato molto a questo evento. Il minimo che puoi fare è presenziare”.

Concluse fulminando con lo sguardo il figlio.

Controvoglia si alzò.

Tempo di una doccia per rendersi presentabile ed era già in giro per la casa a fare ciò gli riusciva meglio: provarci con ogni ragazza addetta al catering.

“Lo so è divertente” disse ad una cameriera che stava disponendo dei calici su un tavolo “Ma ti posso assicurare che non lo è stato affatto in quel momento”.

La ragazza lo guardava maliziosa e continuava a ridere alle sue battute.

“Ormai è fatta” pensò compiaciuto Colin.

“Carmen, se hai finito con quel tavolo aiuta a preparare l'esterno che sono indietro”. Ordinò il capo cameriere.

Carmen lo salutò con un sorriso e si allontanò.

Colin decise allora di andare in cucina in cerca di qualcosa da mangiare, ma nel tragitto fu intercettato dalla madre.

“Sono contenta che ci onori della tua presenza”. Lo squadrò da capo a piedi, come per verificare che il suo aspetto fosse all'altezza della serata.

Doveva aver superato il test perché non aggiunse altro.

“Non sia mai che mi perda l'evento dell'anno” rispose sarcastico.

“Non fare il simpatico. È la prima volta che Brownsville elegge lo stesso sindaco per il secondo mandato di seguito, dovresti essere contento ed orgoglioso di tuo padre”.

Rifletté su quella frase. Era vero. Nessuno prima d'ora era stato nominato sindaco per due volte. Era un traguardo importante non solo per il padre, ma per tutta la famiglia.

Però lui non si sentiva partecipe dell'entusiasmo generale.

Anzi se ne sentiva completamente estraneo. Persino i camerieri che allestivano l’evento sprizzavano più gioia di lui.

C'era stato un fermento per tutta la città sin dall'inizio della campagna elettorale.

Si potevano vedere gigantografie del padre e del suo avversario sulle locandine ad ogni angolo della strada.

_Garanzie per il futuro, garanzie con Futol_ oppure _Una base solida per tutta la comunità, ai seggi vota Futol!_ recitavano alcuni cartelloni.

“Sono gli elettori a decidere. Fino all'ultima scheda il risultato non è garantito”. Era solito dire il padre che aveva raccolto molti consensi sin dalla campagna precedente. Il suo avversario aveva ben poche speranze di vincere.

Qualche giorno prima, alla madre quasi non venne un infarto dalla gioia una volta fatto lo spoglio dei voti.

Colin, al contrario, se lo aspettava e venne ripreso per non condividere l'entusiasmo.

Essendo una donna scaramantica, la moglie del sindaco non aveva organizzato nulla. Subito dopo la proclamazione però riuscì a tirar su in poco tempo un ricevimento di tutto rispetto.

Il giallo ed il rosso delle primule dei centrotavola cappeggiavano su ciascun tavolo ricoperto da tovaglie della seta più fine. Un fiore di pesco era apposto accanto al nome di ciascun commensale, mentre il bianco delle calendule riempiva la sala rendendo il tutto più raffinato.

Il tripudio di colori all'interno dava continuità alla soleggiante giornata di fine estate che si stava concludendo.

Colin dovette ammettere che, nonostante non andasse d'accordo con la madre, il suo lavoro lo faceva molto bene.

I suoi pensieri furono interrotti dall'immagine fuggente di una ragazza dai capelli rosso fuoco.

Fu un attimo, ma tanto bastò.

Stava per seguirla nelle cucine quando sbatté addosso ad un cameriere facendogli rovesciare a terra tutte le posate.

“Mi scusi signor Futol, non l'ho proprio vista” disse quello mortificato.

“Stai più attento la prossima volta” replicò lui stizzito.

Non lo aiutò e proseguì per la sua strada.

Giunto in cucina, cercò lo sguardo della ragazza.

“Ha bisogno di qualcosa?” gli chiese un aiuto cuoco.

“No nulla” rispose distratto “Ho visto entrare una persona e la stavo cercando”

“Non ho visto nessuno, mi spiace”.

“Mi devo essere confuso allora” concluse Colin dando un'ultima occhiata.

Uscì da lì un po’ imbarazzato. Atteggiamento che non era proprio del suo carattere, soprattutto in casa sua.

Il banchetto durò un sacco di tempo o comunque molto di più rispetto a quello che Colin potesse sopportare.

Durante la cena si avvicendarono diversi discorsi fatti dagli amici e dai sostenitori del sindaco.

Tutte parole superficiali ed effimere.

Nessuno di loro credeva veramente in ciò che diceva, era solo il ruolo che avevano a farli parlare in quel modo o semplicemente il tornaconto che potevano trarne.

La madre per tutta la sera non aveva fatto altro che sorridere e mostrarsi impeccabile in ogni movenza. Rideva ad ogni battuta in maniera elegante perché le risate sguaiate non erano di classe. Si muoveva con grazia facendo gli onori di casa.

“Le calle simboleggiano l'inizio di una nuovo percorso, di una nuova vita” stava dicendo alla signora Dawson che si era soffermata ad ammirare le decorazioni floreali. “Un nuovo viaggio per Brownsville”.

I coniugi Dawson sembravano contenti di ascoltare di come la padrona di casa fosse riuscita ad organizzare tutto in appena ventiquattr’ore. Lei, dal canto suo, sembrava molto più felice di loro nel celebrare le sue gesta.

L'attenzione di Colin si spostò sul suo amico Matt, intervenuto per salvarlo da quel mortorio.

“Ehi amico non mi hai risposto!” disse Matt appena lo raggiunse indicando il cellulare.

“Si scusami, mi sono svegliato giusto in tempo per vestirmi” rispose Colin mostrando il suo abito da sartoria.

“Come sempre vestito di tutto punto”.

Matt al contrario portava un paio di jeans, una camicia bianca e uno giacca che dovevano aver preso all'ingresso perché stonava con tutto il resto.

“Dove l'hai rubata questa?” scherzò Colin.

“Non le decido io le regole. E' tua madre che ha stabilito il dresscode”

Jacklyn aveva stabilito ogni dettaglio non solo per la cena, ma anche per l'abbigliamento degli ospiti: le donne in abito da sera e gli uomini in giacca e cravatta.

“Amico hai scordato la cravatta!” lo rimbeccò scherzosamente Colin.

“E' già tanto che sono riuscito a, come posso dire, prendere in prestito la giacca. Il gorilla all'entrata non sembrava molto amichevole”.

“Allora meglio non fargli sapere che il signor” controllò la targhetta che pendeva dalla giacca “Camden non ha più la sua giacca”.

“Già meglio che non lo venga a sapere” rispose l'amico nascondendo il cartoncino.

“Allora come è andata la serata ieri con..” Matt cercò di ricordarsi il nome “..Deena, no Diana”

“Denise credo” lo corresse Colin. “È andata come al solito. L'ho portata a cena e ha parlato e parlato. Io voglio fare questo, voglio andare di qua e di là, mi sono comprata questo”.

Afferrò un calice da un vassoio e non mancò di fare l'occhiolino alla cameriera. Ne prese uno anche Matt.

“L'hai almeno ascoltata mentre parlava?”

“Non direi” rispose tranquillo addentando un salatino.

“E come fai a sapere ciò che ha detto?”

“Lo chiamerei intuito amico mio” rispose soddisfatto della risposta. “Di solito non parlano di questo le ragazze?”

Mentre parlava manteneva il contatto visivo con la ragazza di prima. Quella per poco non rovesciò dello champagne addosso alla signora Futol che fulminò con la sguardo prima lei, poi il figlio.

“Sai le ragazze non sono solo oggetti, sono essere umani con un cervello. E ti dirò di più. A volte lo usano molto meglio di noi”.

“Giusto dimenticavo che parlo con Matt, il giusto e coscienzioso” Colin alzò gli occhi al cielo. “Siamo proprio il diavolo e l'acqua santa”.

“Paragone bizzarro, ma in questo contesto mi sembra appropriato”. Rifletté Matt che con un'unica sorsata finì il vino.

“Ehi vacci piano” gli prese il calice e lo posò sul bancone. “Sono io il diavolo ricordi?”

“Non è stata una buona giornata” rispose Matt sconsolato.

“Problemi in paradiso?”

“Vedi non è un buon periodo per me e la mia ragazza La..”

Colin interruppe Matt.

“A proposito di ragazze! Non ti ho detto come è finita con D.. D..”

“Denise” concluse Matt al suo posto.

“Giusto proprio lei. Alla fine l'ho accompagnata a casa e poi mi son visto coi ragazzi e guarda qui” gli mostrò lo schermo del cellulare “Questa è Victoria, bella vero? L'ho conosciuta ieri sera”.

Non si smentiva mai. Matt non lo conosceva da molto, ma aveva capito che tipo di persona fosse, ma in qualche modo i loro caratteri opposti si compensavano. Matt era l'inibitore alla miccia di Colin Futol.

“E' il momento del discorso di tuo padre” disse sua madre comparendo alle loro spalle.

Il tintinnio di un bicchiere riportò l'attenzione sul tavolo d'onore.

La signora Jacklyn Futol distolse lo sguardo severo dal figlio e si rimise repentina la maschera della gentile ed impeccabile moglie del sindaco. Raggiunse il marito esibendosi in un sorriso a trentadue denti.

“E' un piacere trovarvi tutti qui riuniti”. Il sindaco sorrise indicando con un ampio gesto i commensali.

“Le parole non esprimono in maniera sufficiente la gratitudine che provo per la fedeltà dimostratami finora da tutti voi”. Un'infinità di applausi seguirono la frase. “Quale immensa gioia poter guidare questa città per la seconda volta”.

Il sindaco continuò con gli elogi: elogi scritti appositamente dal suo team, non parole sincere e sentite.

Colin smise di ascoltare il discorso distratto da una chioma rossa. Questa volta riuscì a vedere gli occhi. Lei si fermò per un istante sulla porta che dava verso l'esterno.

Si era dimenticato della ragazza, ma uno sguardo fu sufficiente a cancellare tutti gli altri pensieri.

Seguì la sua scia uscendo sul portico. Lei era appoggiata alla colonna del gazebo con le mani intrecciate dietro la schiena. Il volto verso il cielo. Tutto il corpo proteso verso l'alto, quasi come volesse spiccare il volo.

Colin si avvicinò piano. Non voleva spezzare quella specie di rituale privato.

Mentre la mente lavorava frenetica, non un singolo muscolo collaborava per pronunciare una frase di senso compiuto. Era bloccato.

“Ehi Lauren, vieni dentro che dobbiamo servire il dolce”.

Solo allora Colin si accorse che lei indossava la divisa dello staff del catering.

  
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