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Autore: Luana89    27/09/2017    1 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La neve continuava a cadere lungo le strade, così placida e tranquilla come se non avesse fretta di riempire totalmente la città. Christopher fissò oltre la finestra, la tenda appena scostata e chiusa tra le sue dita, sarebbe dovuto andare da sua madre lo sapeva bene, ma dubitava avrebbe ottenuto qualcosa a parte il silenzio duro nella quale lei lo aveva condannato da più di dieci anni. Chiuse gli occhi e le palpebre tremarono appena, rivedeva sempre la stessa scena, quei fanali luminosi, lo stridio dei freni e l’odore d’asfalto bruciato. Qualcuno bussò alla porta, rimase fermo in quella posizione mentre la porta veniva aperta.
«Signorino, la cena sta per essere servita.» Restò di spalle, la schiena dritta e contratta.
«Grazie Maria.» Sentì la donna trattenere il respiro, probabilmente stupita dal fatto che finalmente l’avesse chiamata col proprio nome. Niente giochetti o stupidi scherzi in quella serata malinconica, in fondo era Natale e persino Christopher Underwood provava a essere più buono. Sentiva il brusio in sottofondo mentre scendeva le scale, la casa più calda del solito ed eccolo entrare in soggiorno. Gli occhi del padre si posarono su di lui in maniera affettuosa, avrebbe voluto farseli bastare. Avrebbe voluto che quegli occhi bastassero a compensare tutto, a fargli dimenticare ogni cosa, ma non ci riuscivano mai. Eppure quando fissò Nicholas, la sedia vuota accanto a lui, pensò che forse quel Natale non sarebbe stato così malinconico.
«Pensavamo non scendessi più.» Fu Amanda a parlare invogliandolo a sedersi, si accomodò accanto al fratellastro sorridendo cordiale.
«Avevo alcune cose da rivedere, i test scolastici ormai sono serrati e non posso farmi trovare impreparato.» Il padre sospirò divertito.
«Come se fosse possibile, tempo fa gli vidi memorizzare nozioni solo sfogliando un tomo.» Amanda rise e Nicholas lo fissò, lesse orgoglio nei suoi occhi come se quella dote innata fosse anche sua. Christopher deglutì e stavolta non sorrise, ci pensò Maria a toglierlo dall’impiccio portando le prime portate fumanti in tavola.
Le ore trascorsero piacevoli, Christopher li osservava ridere e poi sentiva il rumore della propria quasi con stupore. Cantarono tutti le canzoni natalizie mentre lui eseguiva i brani al violino, si scambiarono i regali e fu subito felicità.
La felicità era da sempre qualcosa di effimero, almeno per lui, l’afferrava per brevi istanti e poi la vedeva scivolare via e restava lì a chiedersi se in fondo l’avesse provata sul serio, o se si fosse semplicemente illuso per poter andare avanti ancora un giorno, un mese, un anno o una vita intera.
«Io e Christopher andiamo dagli altri.» Nicholas lo fissò complice e a lui venne da ridere per il candore di quella bugia. Si alzarono indossando i cappotti, lasciandosi dietro il tepore di un camino dalle braci ancora vive e due corpi abbracciati intenti a ballare una melodia udibile solo a loro, perché confinata dentro due cuori innamorati.
 
«Quindi? Dove sono gli altri?» Christopher lo canzonò ricevendo in risposta un’occhiataccia che si tramutò subito in sorriso.
«Non sapevo che altro dire.» Contrito arricciò il naso, l’altro gli afferrò la mano senza dargli alcuna possibilità di sfuggirgli.
«Non hai alcuna intenzione di parlare a tua madre?»
«Si.. devo solo trovare un momento.» O il coraggio, ma questo lo sapevano bene entrambi. «Dove mi stai portando?» Si guardò intorno, nonostante ormai conoscesse la zona non era sicuro di dove fossero.
«Nel mio vecchio quartiere.» Christopher non lo guardò mentre continuava a camminare, Nicholas pensò di non aver mai visto uno scenario più bello e crudele al tempo stesso, tra le strade bianche e l’altro che vi camminava in mezzo. Avrebbe ben presto cambiato idea.
«Dove vivevi?» Si guardò intorno, non erano lontanissimi dalla casa attuale.
«In quel palazzo.» Indicò un grattacielo a pochi metri, Nicholas lo fissò qualche secondo finché non sentì la presenza dell’altro muoversi e allontanarsi. La mano che fino a quel momento era stata stretta in quella altrui sembrò improvvisamente vuota e fredda, la mise in tasca seguendolo in silenzio, aveva come l’impressione che quella notte di Natale non l’avrebbe dimenticata facilmente. Uno spiazzale si aprì davanti ai suoi occhi, un piccolo parco giochi ormai abbandonato, i giochi consunti coperti dalla neve.
«Venivo a giocare qui con William.» A quel nome girò il capo in maniera irruenta fissando Christopher adesso seduto  su di un gradino in pietra incurante della sporcizia, quella sera indossava dei pantaloni dal taglio sportivo scuri e un maglione a collo alto celeste che risaltava il colore delle sue iridi.
«Chi è William?»
«Era mio fratello.» Il silenzio piombò in quel piccolo spiazzale, Nicholas mandò giù il bolo improvvisamente amaro di saliva. Non aveva mai visto in casa foto di William.
«Anche lui ha scelto di non far parte del tuo futuro? Come tua madre?» Aveva il timore di sentire la risposta, Christopher sollevò il capo piantandogli addosso le iridi adesso grigie come la tempesta più violenta.
«No. Lui è morto. Davvero.» Mandò giù il groppo tirando su col naso. «Avevo sei anni, William cinque. Ero un bambino iperattivo, apprendevo troppo facilmente e questo mi portava ad annoiarmi sempre. A quattro anni sapevo già leggere e scrivere meglio di molti adulti.» Sorrise sghembo, nessuna traccia di vanto stavolta ad adombrare i suoi lineamenti. «Ma, se io ero la mente, quello perfetto.. William era il cuore.» Nicholas ricordò le parole dette da lui nella camera in quella che sembrava ormai una vita fa. «Non aveva le mie abilità, ma era empatico, tutti lo amavano. Mia madre era pazza di lui, perché Will riusciva a dargli l’amore che io non sapevo trasmetterle pur provandolo.» Chinò il capo osservando l’impronta della propria scarpa sulla neve.
«Cosa è successo?» La voce di Nicholas fu un sussurro appena udibile.
«Volevo giocare, sempre. Ero perennemente imbronciato, finivo i compiti in pochi minuti e costringevo Will a seguirmi, era come la mia metà. Nevicava anche quella mattina, sai?» Lo guardò e Nicholas capì che quegli occhi non lo stavano più vedendo. «Mamma non voleva uscissimo, ma io non l’ascoltai. William mi seguì, lui mi seguiva sempre io ero il maggiore ..ero il suo cardine. Le strade erano ghiacciate, attraversai con la mia solita irruenza e lui mi seguì, in quel momento apparve un camion. Provò a frenare, sento ancora il rumore stridente dei suoi freni, ma il ghiaccio glielo impedì. Quando mi voltai William era a terra, sai cosa pensai?» Nicholas non riuscì a rispondere. «Pensai ‘’la neve è così rossa adesso, è quasi poetico’’.»
Christopher guardò il cielo scuro, non c’era nessuna stella a brillare, vedeva solo la neve continuare a cadere e cadere.
«Tua madre..» Nicholas mosse un passo verso di lui. «Tua madre..»
«Mia madre mi odia.» Lo disse con tranquillità alzandosi e togliendosi di dosso i fiocchi poggiati sul proprio cappotto. «Ha tentato due volte di uccidersi, credo dovesse per forza trovare un colpevole per non impazzire del tutto. E quel colpevole ero io.» Si fissarono in silenzio, il dolore muto urlava in silenzio strappandosi di dosso la carne. La neve si colorò ancora di rosso, Nicholas riusciva a vederla chiara e limpida come fosse pieno giorno.
«Tuo padre ha divorziato per questo?» Il sapere era come il piatto goloso che aspetta d’esser mangiato tutto.
«No, ha divorziato dopo che tentai di gettarmi dal terrazzo.» Nicholas si ritrasse come se fosse stato colpito, non voleva pensare al suo Christopher sopra il bordo e ad accoglierlo solo il nulla. L’altro sembrò leggergli nel pensiero, rise in maniera acuta e stridente. «Oh il mio piccolo baccello, così ansioso di far sempre la cosa giusta. Così ligio e corretto. Non lo avrei mai fatto, sono stato un codardo miseramente attaccato alla mia vita.»
«Perché me lo hai raccontato?» Nicholas colmò le distanze tra loro, dalle labbra schiuse uscivano piccole nuvole di fumo condensate.
«E’ per metà il mio regalo di Natale questo. Non eri forse geloso del fatto che Evan sembrasse sapere sempre più di te?» Gli occhi di Nicholas sbarrati per l’incredulità.
«Te lo ha detto Rebecca?» Si sentì tradito e umiliato, ma l’altro fu lesto e sbuffare fissando la strada appena visibile dalle mura di cinta.
«No. Quante volte dovrò dirtelo? Io ti vedo Nicholas.» Il biondo sentì un improvviso calore spandersi dentro di lui, le dita ghiacciate sembrarono riscaldarsi mentre le poggiava sul viso di Christopher. Si sporse appena catturandogli le labbra tra le proprie, le loro lingue calde si cercarono trovandosi e il mondo poté giurare che sparì in quel preciso istante, tra le sue braccia, con i respiri infranti sui visi, con le parole dolorose della quale adesso era custode.
«Buon Natale, Chris.» Sorrise allontanandosi appena.
«Buon Natale, McClair.» Sollevò l'indice sinistro rimuovendo l’anello in oro bianco con il marchio di famiglia inciso sopra. Una ‘’U’’ e un piccolo diamantino incastonato, mettendoglielo tra le mani. Nicholas lo fissò imbambolato.
«Perché me lo dai? E’ tuo, dovrebbe averlo tua moglie un giorno o tuo figlio.»
«Dovrebbe averlo chi dico io, e quel qualcuno sei tu.» Sospirò e il fumo condensato uscì ancora dalle sue labbra.
«Perché?» Per Nicholas sembrava vitale saperlo.
«Perché ti deluderò, prima o poi. E quando succederà, vorrei guardassi l’anello e ricordassi questa notte.»
 
E Nicholas si ricredette davvero, sotto quel cielo nero, con Christopher illuminato dalla pallida e biancastra luce dei lampioni e la neve sul suo capo. Era quello lo spettacolo più bello e crudele di tutti.
Un eco nell'eternità.
 
 
Una vecchia canzone natalizia passò alla radio in quel momento, la donna seduta sulla poltrona contemplava una vecchia foto rinchiusa in una cornice ben lavorata. Le dita tremanti accarezzarono il viso sorridente del bambino, aveva capelli neri come la pece e occhi azzurri brillanti, le guance rosse tinte dall’innocenza. Un’innocenza strappatagli violentemente. Le iridi color del cielo erano simili a quelle del fratello, ogni volta che camminavano l’uno accanto all’altro la gente pensava fossero gemelli, ma non lo erano. Erano diversi come il giorno e la notte. Una lacrima fredda cadde sulla sua guancia, il cuore avvizzito batteva lento, ogni battito doloroso come una lancia conficcata sulla carne. Abbracciò la cornice in quella casa spoglia e senza alcun calore, nessuna lucina natalizia ad addobbarla. L’unico addobbo presente era il dolore cupo e asfissiante, un dolore che aveva offuscato il suo giudizio annerendo l’amore di madre che sentiva ormai morto.
 
 
Il lampadario mandava nella stanza una luce fredda, quasi impersonale, era stata sempre così? Le cene da asporto non erano sicuramente la scelta migliore a Natale, ma in assenza di meglio bisognava comunque accontentarsi. Era stato sempre un fan sfegatato delle feste, così allegre e colorate mentre adesso la solitudine e la malinconia lo spingevano quasi ad odiarle. Ingoiò l’ultimo boccone, la scatola contenente gli involtini primavera ormai vuota. La fissò fino a sentire gli occhi bruciare, avrebbe voluto chiamare i genitori ma non era sicuro avrebbero risposto. Il campanello suonò seccamente una volta, fissò la porta chiusa come se volesse vedervi attraverso, la mezzanotte non era ancora scoccata, la maggior parte della gente ancora chiusa in casa con i propri familiari, nessuno sarebbe di certo uscito. Si alzò con passo strascicato, e quando l’aprì il viso di Evan comparve in tutta la sua severa bellezza.
«Che ci fai tu qui?» Forse non era la cosa più intelligente da dire, né la più dolce, ma Thomas non era mai stato bravo a nascondere lo stupore.
«Secondo te?» Lo superò senza dargli il tempo di farlo accomodare togliendosi il cappotto imbiancato dalla neve che appese all’ingresso, ogni suo movimento trasudava la classica sicurezza di chi conosceva bene l’ambiente, e infondo era sul serio così. Il fatto che Thomas vivesse solo rendeva la sua casa quella più sicura per passare del tempo insieme.
«Avevi detto di dover passare il Natale con i tuoi nonni.» Chiuse la porta continuando a fissarlo.
«So quello che ho detto.» La voce trasudava un impercettibile e buffo nervosismo, Evan odiava i discorsi banali e scontati. Thomas abbozzò un mezzo sorrisino muovendosi impacciato nella stanza.
«La cena è finita prima quindi?» Evan sembrò non sentirlo troppo preso a fissare le scatole vuote di cibo.
«No, sono andato via prima che portassero il dessert.» Si fissarono in silenzio.
«Perché?» Si sentiva un disco rotto.
«Perché saperti solo in questa casa mi aveva rovinato l’appetito. Vedevo mangiare i miei nonni, stanno insieme da sessant’anni sai? E poi c’era Rebecca che ciarlava e rideva. Ma io continuavo a forzarmi per far scendere giù i bocconi.» Si avvicinò a Thomas che sembrava aver smesso di respirare. «Ti vedevo qui da solo, volevo farti gli auguri e mangiare insieme a te, mentre fissavo mio nonno e il suo modo di guardare mia nonna ho pensato che questa notte la si dovrebbe passare con chi ami.» Si stoppò in attesa di una risposta, di un cenno da parte dell’altro che gli facesse capire che quanto aveva detto era stato recepito.
«Ti amo anch’io.» La voce uscì greve, quasi smozzicata per la tensione. Si sorrisero, Thomas era sicuro che un sorriso bello come quello di Evan non potesse esistere neppure girando il mondo per tre volte. Lo baciò respirando il suo odore, quella combinazione letale di bagnoschiuma e pelle che gli dava perennemente le vertigini. Spiegare la sua attrazione per l’altro era impossibile, ricordava quando lo aveva visto la prima volta sulla soglia della camera del dormitorio in Inghilterra, anche allora aveva sorriso e il suo cuore aveva iniziato a correre. Ma in quel periodo c’era Chris, e lui era fermamente convinto di amarlo e adorarlo. Poi ci fu quel bacio, Thomas non aveva mai detto a nessuno la verità: era stato lui a baciarlo e non viceversa, prima di scoprire Christopher con Rebecca.
«Buon natale, idiota.» La voce di Evan un sussurro divertito mentre con dita sicure lo spogliava del maglione, sotto la luce adesso improvvisamente calda e accogliente del lampadario.
 
 
 
«Direi di brindare a questo fantastico nuovo anno.» Jeremy sollevò il bicchiere, tutti riuniti per salutare il vecchio anno in favore del nuovo. L’Insomnia brulicava di gente con l’aria di chi cercava spasmodicamente un po’ di insano divertimento.
«Come sai che sarà un fantastico anno?» Rebecca lo stuzzicò sorridendo, era ovvio che si aspettasse di sentirsi dire che la causa di quelle positive aspettative fosse lei.
«Perché ha conosciuto me, giusto Jason?» Chris lo guardò con un mezzo sorrisino sorseggiando lo champagne frizzante, le bollicine solleticarono la sua lingua.
«Oh si, grazie a te ho scoperto ogni giorno di poter essere una persona diversa.» Il rosso lo fissò con astio, nonostante gli occhi luccicanti di qualcosa simile all’affetto. Nicholas seduto sul divanetto fissava insistentemente il proprio fratellastro, al suo dito adesso luccicava il famoso anello di famiglia. Non lo aveva più tolto da quella sera, unico testimone del loro amplesso sul tappeto di fronte al camino. Il nuovo proposito dell’anno era dire tutta la verità alla madre, o comunque la parte essenziale.
«Ti diverti?» La voce di Christopher si frappose ai suoi pensieri, adesso seduto accanto a se il busto girato verso di lui, il viso appena proteso.
«Molto, credo l’anno sia cominciato bene, no?» Era come se si aspettasse una rassicurazione, e questo provocò l’ilarità nell’altro.
«Inizierà bene solo quando sarai nudo sul mio letto, fiorellino.» La solita voce altezzosa, adesso bassa e carica di erotismo malcelato. Nicholas si schiarì la voce sporgendosi verso di lui.
«Stavolta sarai tu a soccombere, ‘’fratellino’’.» Gettò il guanto di sfida che l’altro sembrò ben felice di prendere, gli occhi scintillanti di malizia.
«Piantatela, per scopare avete tempo.» Evan si intromise sedendosi sul divanetto di fianco, Thomas si accomodò sul bracciolo odorando restio il proprio drink.
«Non è veleno, se volessi ucciderti ti investirei con la mia Ferrari biscottino.» Christopher lo disse con acre dolcezza beccandosi il cortese invito da part dell’altro di avviarsi verso una ‘’meta’’ parecchio conosciuta e frequentata. Nicholas fissò i due amici, sembravano guardarsi in maniera diversa come se avessero oltrepassato una certa barriera. E lui? A che punto era lui con Christopher? Non ne aveva idea. In realtà non c’erano ti amo urlati nella notte, o relazioni ufficiali, erano come due entità unite da qualcosa di inconsistente ma tremendamente presente che però non riusciva mai ad afferrare.
«Ho bisogno di qualcosa di decisamente più forte, Evan questo champagne è una merda.» Fissò il migliore amico con cipiglio critico.
«Ringrazia mio nonno, sicuramente sarà felice di sapere cosa pensi del suo champagne costoso.» Sollevò il calice in un brindisi silenzioso.
«Oh suvvia, non c’è bisogno di ferire i sentimenti del vecchio Cooper.» Sorrise diplomaticamente per poi curvare le labbra all’ingiù. «Nulla toglie comunque che sia una merda.» Si alzò mollando lì il gruppo, scendendo le scale che portavano al piano inferiore e quindi al bancone del bar. Nicholas si alzò a sua volta poggiandosi alla ringhiera in metallo, i suoi occhi non si staccavano dalla figura slanciata che pareva calamitare le attenzioni di chiunque lo incrociasse. Provò a soffocare la gelosia e in quel momento il cellulare squillò. Squillò subito dopo quello di Evan, e di Thomas, di Rebecca e di Jeremy finché non vide persino Christopher infilare la mano nella tasca dei jeans e afferrare il proprio. Nicholas sbloccò lo schermo, era un messaggio con allegato un video, prima ancora di aprirlo seppe bene cosa stava per guardare. Premette play e il frastuono di una notte ormai lontana si levò nell’aria, sentì il medesimo suono provenire anche dagli altri cellulari, sentì gli occhi dei suoi amici increduli e quasi sconvolti posarsi sulla sua schiena; immaginò Evan a chiedersi come il video del bacio fosse finito sui cellulari degli altri, e infine vide lui.
Christopher alzò il capo, i loro occhi si incrociarono e incatenarono.
 
In allegato al video un’unica frase: ‘’felice anno nuovo, Underwood’’. 
 
  
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