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Autore: Kirito93    27/09/2017    1 recensioni
Nei primi anni del XVIII secolo, la pirateria domina il mar dei Caraibi, favorita dalle continue guerre fra i grandi imperi europei.
Tuttavia, dietro tutto questo, si celano poteri antichi quanto il Mito. Fra i rabbiosi flutti del mare, i Marine, cavalieri di Poseidone, combattono un antico nemico, che abita gli Abissi da molto prima del Dio del Mare ...
A fare la differenza saranno la volontà di John, un giovane marinaio, e il destino di Anne, una bella piratessa, che resteranno coinvolti e intrecciati in una guerra mitologica ...
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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CAPITOLO XXIII

LA MISSIONE (parte IV)

Pascal Du Casse ha trovato e annientato la ciurma della Lion e, grazie al provvidenziale intervento del misterioso marinaio biondo e il suo anello, ha risparmiato la vita ai fratelli Saint e a Seth, usandoli piuttosto come ostaggi per una trappola ancor più spaventosa. Nel frattempo le indagini della sirena confermano che l'odiato nemico di Hilde è li a portata di mano, e con lui anche Motya, che le due sembrano conoscere. Per permettere a Hilde di avvicinarsi quindi al galeone, la donna-pesce ricorre al suo potere sulle acque, generando una tempesta che purtroppo fa schiantare la lancia su cui viaggiavano Elizabeth, John e Raymond. Nonostante il piano sembri perfetto, il biondo marinaio si è accorto di essere pedinato da sotto il mare …

 

Sabbia dorata, soffice e fine, languidamente accarezzata dal mare. La prima visione di John, dopo essersi gettato dalla lancia sulla cresta di un’onda anomala per soccorrere i compagni era quella.

<< Ma che … >> - il giovane si rialzò a stento, barcollando e sputando sabbia. Quando mise a fuoco la spiaggia, capì di essere solo. Volgendo lo sguardo intorno a sé vide solo sabbia, mare e un’inquietante giungla fitta e intricata.

<< Raymond! Elly! >> - urlò d’istinto, ricordando immediatamente la loro situazione prima di perdere conoscenza.

(Il mare ci ha spinti a riva … dove diavolo siamo?!), pensò ansioso il biondo, vagando come un naufrago disperato sulla spiaggia che adesso, dopo il temporale della sera, pareva un ameno lido delle Bahamas.

<< Ray! Elly! Ragazzi, fatevi vedere, dai! Non potete dire sul serio! Non mi avete davvero lasciato solo qui?! >> - continuava penosamente il biondo Marine, arrestandosi finalmente di fronte ad un’inaspettata visione.

<< Ehi, ma guarda! >> - esclamò incredulo, osservando con stupore due Scrigni Blu, due Dorati e uno di Corallo davanti a sé, lambiti dalla spuma del mare ma saldamente fermi sulla sabbia fangosa, come se intimassero alla marea di non trasportarli.

<< Siete piene di sorprese per essere delle semplici armature, eh? >> - commentò rincuorato il biondo: l’oggetto della missione era salvo, ma dei suoi compagni non c’era traccia.

Seguendo i vari pezzi della lancia schiantata, John proseguì nella sua ricerca anche dovendo trascinarsi il peso di cinque pesanti forzieri. Man mano che procedeva lungo il litorale, si convinceva che avrebbe presto rivisto i giovani compagni, (Se ce l’hanno fatta le Scales, figuriamoci loro … Ray è troppo testardo per morire … ed Elly semplicemente non può lasciarlo solo …), si ripeteva, dandosi una speranza che non avrebbe mai ritenuto vana, se non davanti ai loro cadaveri.

<< Elly! Ray! Dannazione, per tutti gli Inferi e tutti gli Dei dell’Olimpo, sbucate fuori! >> - esplose infine, stremato, lasciando cadere gli scrigni e accasciandosi in ginocchio sulla sabbia.

<< Non potete lasciarmi qui così … non potete … >> - biascicava, disidratato e sfinito, quando un fruscio di foglie lo irrigidì. Scattò in piedi in un lampo, in posizione di guardia, ma tutto ciò che sentì fu un sibilo …

<< Uh? >> - portando la mano al collo, ne estrasse un minuscolo dardo piumato, lanciato da qualcuno che evidentemente attendeva solo che il giovane si esponesse abbastanza. Un’opprimente sonnolenza si impossessò del biondo, fino a farlo cadere privo di sensi sulla sabbia dorata …

Al suo risveglio, John si ritrovò in condizioni ben diverse che dopo il naufragio: era sdraiato al centro di una capanna di foglie secche e fango, decorata con stoffe e sculture in legno tribali. Intorno si potevano scorgere quattro bizzarri totem decorati con quattro inquietanti glifi.

<< Di nuovo mi sveglio in un posto in cui non vorrei essere … che fortuna … >> - commentò il giovane.

<< Sei proprio un idiota, John McReiss! >> - una voce stizzita giunse dalla sua sinistra, riempiendo il cuore del biondo di gioia, sebbene in realtà lo stesse rimproverando.

<< Elly! Sei viva! >> - esclamò lui, correndo ad abbracciarla. La Marine avvampò, allontanandosi e tossendo per riprendere contegno.

<< E tu dovevi liberarci, invece di finire qui con noi! >> - ribattè infuriata.

<< Quindi c’è anche Ray? >> -

<< Si, l’hanno portato in un’altra tenda perché faceva un chiasso insopportabile anche per loro. Naturalmente il suo carattere ribelle gli è costato una bella botta in testa, quindi mi sa che non lo sentiremo sbraitare per un po’ … >> - commentò sardonica la platinata.

<< Bene … quindi siamo stati catturati da … indigeni? >> -

<< Non so, sono simili ai Maroon, ma non li riconosco … saranno nativi dell’isola, probabilmente imparentati con quelli delle Bahamas >> - spiegò la ragazza.

<< Fantastico … quindi ci mangeranno? >> -

<< Spero ci uccidano prima almeno … >> -

<< Elly?! >> -

<< Scherzo naturalmente: ho intenzione di liberarmi, farne fuori qualcuno, costringere i superstiti a costruirmi una zattera e tornare alla mia nave! Poi ucciderò anche loro e decorerò la spiaggia con le loro teste! >> -

<< Elly, mi sa che sei davvero tagliata per fare il capitano pirata … solo che se ti scappa una cosa del genere con il loro capo, quello ci mangia vivi >> -

<< Ciò non toglie che lo farò ugualmente … >> -

<< Sai una cosa: gli Scrigni sono tutti salvi, e sono sulla spiaggia in questo momento >> -

<< Finalmente una bella notizia … >> - fece rincuorata Elizabeth, sospirando: adesso l’unica preoccupazione era uscire da quelle capanne.

<< Di un po’, Elly, come mai ancora non sei scappata da qui? >> - chiese incuriosito John, guardandosi intorno: la tenda era piccola e la luce del sole filtrava lievemente, ma non sembrava niente di speciale.

<< Nemmeno ci hanno legati questi idioti >> - commentò divertito il Marine.

<< Prova un po’ ad uscire >> - lo invitò sardonica Elizabeth.

John allungò la mano verso l’entrata della tenda e come le sue dita raggiunsero la stoffa, un lampo dorato lo sbalzò dall’altro capo dell’abitazione indigena. Il Marine si rialzò barcollante e stordito, lamentando un gran mal di testa.

<< Ecco, vedi? >> - fece Elizabeth, rassegnata.

<< E adesso che facciamo?! >> -

<< Penso siano i totem >> - disse lei, indicando le quattro sculture che ancora scintillavano come torce di luce. I glifi splendevano dalla recente attivazione.

<< Che razza di stregoneria è mai questa?! >> -

<< Qualcosa che sfrutta il Cosmo … e che ci impedisce anche di usare i nostri poteri >> -

<< Ah si …? E se io dovessi bloccare il flusso di Cosmo in queste orripilanti statuine? >> - fece John, mettendosi in posizione di guardia. Tuttavia un rumore di passi sul terreno fangoso costrinse i due a troncare bruscamente le loro congetture e a sedersi immediatamente per sembrare che stessero pazientemente aspettando.

Scostando con decisione la pelle di ocelot che fungeva da porta della semplice capanna, fece il suo ingresso un anziano della tribù: il suo corpo era scarnito dalla vecchiaia, tatuato come di costume fra i Maroon ma con segni che ricordavano molto le rovine Maya nascoste nel cuore delle maggiori isole delle Indie Occidentali. Una lunga barba ornava un volto corrugato da decenni di vita sotto il sole torrido. A vestirlo erano solo delle pelli di iguana e ocelot e delle decorazioni in foglie e fili intrecciati che gli davano l’aria di un qualche sacerdote della tribù. I suoi occhi neri e stretti scrutavano i due ragazzi con fermezza implacabile. Con un cenno, l’uomo ordinò a due energumeni tatuati di entrare nella capanna.

<< Che … volete? >> - chiese allarmata Elizabeth.

<< Una prova >> - rispose secco l’anziano.

<< Parli la nostra lingua?! Dove l’hai imparata?! Questo posto è deserto! >> - esclamò John, allibito.

<< Sta zitto! >> - lo redarguì severa la compagna. Gli indigeni non dissero nulla ne mutarono espressione.

<< Dicevi? Una prova? >> - continuò la ragazza.

<< Uno di voi, contro uno di noi. Se vincerete, vivrete >> -

A quelle parole John sorrise e si alzò in piedi, guardando il vecchio con aria di sfida:

<< Chi è l’uomo? >> - disse sicuro di sé.

<< Seguitemi >> - ordinò il vecchio. I due indigeni con lui afferrarono due totem e invitarono con un cenno severo i due Marine ad uscire dalla tenda.

(Dannazione, si portano quegli affari per tenerci buoni …), pensò Elizabeth, mentre i suoi occhi si abituavano dolorosamente alla piena luce del sole.

<< Tranquilla, Elly: farò a pezzi il loro campione e poi penseremo alle Scales >> - disse rassicurante il biondo, ammiccando. Lei arrossì e spostò lo sguardo.

<< Cerca di non morire >> -

<< Figurati! Ah ah ah! >> -

In poco tempo, gli indigeni portarono i Marine al centro del loro villaggio. Era una comunità ristretta, formata da tende di pelle sovrastate da impalcature e pontili di legno, costruiti in mezzo alla fitta vegetazione dell’entroterra dell’isola; era impossibile scorgere il mare da li, pertanto era impossibile attaccarli con i cannoni navali. John sorrise al pensiero che quegli indigeni così rozzi all’apparenza fossero anche così astuti, tanto da possedere strumenti capaci di bloccare il Cosmo.

Elizabeth fu fatta sedere accanto a Ray, che esplose di gioia al vederla, ma dovette contenersi alla minaccia dei totem e della stessa Marine, già abbastanza nervosa.

<< Che ci fa li John?! Che vogliono fargli? >> - chiese allarmato il Marine castano.

<< Dicono che deve vincere un duello con un loro campione >> -

<< Senza usare il Cosmo?! Ma è impossibile! >> -

<< Se perderà moriremo, quindi mi auguro che sia possibile … >> - fece lapidaria la platinata, facendo sbiancare il compagno.

Dopo pochi minuti, davanti a John, finora solo nell’arena, si palesò l’avversario: un bestione con il corpo scolpito come una statua ricoperto da tatuaggi tribali. Vestiva solo un drappo, dei legacci alle mani e alle caviglie. La platea, composta da guerrieri, donne e anche bambini, esultava all’ingresso del campione del villaggio.

<< Ehi, ma guarda un po’. Sembrerebbe una lotta impari >> - commentò John, assumendo la posizione di guardia. L’avversario avanzò fino al centro dell’arena, fissando gli occhi azzurri del giovane in modo incessante. Quattro totem erano disposti intorno allo spiazzo, e i loro glifi scintillavano di una fioca luce.

(Guardate che sorpresa che vi faccio adesso), pensò il biondo Marine, aspettando che l’anziano desse il segnale.

<< Cominciate! >> - tuonò il vecchio, preso posto su una sorta di trono di legno e ossa.

Il campione della tribù fu il primo ad attaccare: con uno scatto incredibile placcò John, sbattendolo violentemente al suolo, quindi gli sferrò un pugno al volto, ma il giovane schivò all'ultimo istante e calciò via l'avversario conficcandogli i piedi uniti nell'addome basso. L'uomo gemette, venendo sbalzato via. Rialzatosi, John gli corse davanti e inizò a sferrare una serie di calci e pugni al volto e a busto dell'avversario, accompagnato dall'esultanza di Elizabeth e Raymond, che ormai vedevano la vittoria del loro compagno prossima.

<< Che c'è bestione? Non sai fare di meglio?! >> - lo provocò John, allontanandosi e saltellando come un pugile. L'uomo si rialzò, prendendo un bel respiro, prima di lanciarsi nuovamente all'attacco. John fece per schivare ma quello eseguì prontamente un balzo, colpendo il giovane con un calcio volante alla testa. Il biondo fu scaraventato a terra, dove quello lo raggiunse per scaricargli un torrente di pugni al volto. Elizabeth e Raymond, sbiancati, cercarono di spronare il compagno a reagire, ma lui pareva ormai alla mercè di quell'energumeno.

<< John, ti prego! Non può finire così! >> - esclamò disperata la Marine di Corallo, abbracciando Raymond in preda al pianto.

<< Amico, puoi farcela ... John, maledetto, rialzati! >> - ruggì furioso Ray. Tuttavia, il biondo non dava segni di vita, tanto che l'avversario finì di colpirlo, certo di averlo messo definitivamente al tappeto.

<< Il vostro compagno è stato sconfitto! >> - dichiarò soddisfatto il capotribù, sollevando il bastone rituale per annunciare la fine ufficiale delo scontro.

<< Ehi ... >> - si levò flebile la voce di John, proprio mentre il bastone stava per toccare il suolo. Il vecchio e il campione della tribù si arrestarono, osservando sorpresi il Marine che si rialzava, seppure a fatica, appoggiandosi ad uno dei totem che delimitavano l'arena.

<< Io sono ancora qui ... che c'è, hai paura? >> - fece beffardo John, sebbene il suo aspetto malconcio, il tappeto di sangue sul viso e l'andatura barcollante facevano pensare ad un delirio da trauma cranico.

<< Vieni a prendermi, bestione >> - lo provocò nuovamente John, assumendo una malferma posizione di guardia. Elizabeth e Raymond osservarono la scena con il cuore in gola: da quei pochi istanti dipendevano le loro vite.

Il campione della tribù non esitò: con uno dei suoi scatti, fu subito addosso a John. Proprio all'ultimo istante prima che il massiccio corpo dell'indigeno si schiantasse contro il suo, il biondo si fece di lato, gettò un braccio al collo dell'altro e gli sferrò un calcio alla caviglia, facendolo cadere rovinosamente al suolo con un gemito. Un suono come di legno spezzato seguì quel ruzzolone.

<< Adesso come la mettiamo, eh?! >> - fece John, con una voce alimentata da pura rabbia. Con le rimanenti forze avvinghiò le braccia al collo dell'avversario, bloccando il suo flusso sanguigno al cervello. Seguirono pochi istanti di lotta disperata per sfuggire a quella morsa, finchè i poderosi muscoli dell'indigeno non cedettero, e smise pian piano di dimenarsi. A quel punto il biondo lasciò la presa e si alzò in piedi, lanciando uno sguardo orgoglioso al capo tribù, che sorrise compiaciuto e battè con il bastone al suolo, annunciando la fine dell'incontro. Inaspettatamente, la platea esultò allo straniero venuto dal mare, riconoscendone la forza.

 

La tempesta si era placata sulla superficie dell’oceano, ma un’altra ne era scoppiata nel cuore della sirena: nuotando con tutta la sua forza, scansando coralli e formazioni rocciose sommerse, cercava di tornare alla svelta alla Ranger. Dietro di lei l’ombra imponente dello scafo del Galeone Fantasma di Pascal Du Casse si faceva sempre più piccola, eppure l’inquietante presenza che lei aveva sentito sul ponte di quella nave la tormentava, come se fosse un demone capace di seguirla attraverso tutte le acque del globo, che adesso sembravano sempre più fredde sulla pelle candida della sirena.

(Hilde! Hilde!), si ripeteva, cercando con tutta sé stessa il Cosmo dell’amica, unico rifugio da quel terrore opprimente. Raggiunse la nave di Charles Vane dopo poche ore, data l’incredibile velocità alla quale nuotava. Tuttavia, essendo ancora giorno, non poteva permettersi di salire a bordo; almeno, non in quella forma …

 

<< Uomo in mare! >> - gridò un pirata della ciurma della Ranger, accortosi della figura in lontananza mentre scrostava una sartia. I compagni gli si avvicinarono, curiosi.

<< E’ un profugo, capitano! >> - fece il pirata. Il primo ad accorrere fu Jack, che estrasse il cannocchiale per puntarlo.

<< E’ … una donna. Levate l’ancora e slegate i trevi. Viriamo a babordo di quaranta gradi! >> - ordinò il quartiermastro, pochi istanti prima che sopraggiungesse Vane. Il capitano gli sfilò il cannocchiale dalle mani, dando un’occhiata anch’egli alla naufraga. Era una donna minuta dai capelli castani corti, che si agitava e gesticolava come una pazza. Succedeva spesso, quando un naufrago ormai vicino al capolinea vedeva una nave in lontananza.

<< Creerà solo problemi a bordo, Jack … le uniche donne al sicuro in una ciurma di pirati sono le Marine >> - fece lapidario il capitano, lasciando il cannocchiale al Limnade. Quello sorrise, come se vedesse nella strana situazione qualcosa di più.

La donna fu tirata su con una cima, alla quale si arrampicò con sorprendente agilità. Una volta a bordo, fu squadrata dagli occhi famelici dei pirati, finché Jack non le si avvicinò.

<< Stai bene? >> - chiese rassicurante.

<< Uhm, si … sono rimasta in mare per un po', vi ringrazio di avermi salvata >> - rispose lei, con un sorriso che scaldava il cuore.

Nel frattempo anche Neil e Hilde erano risaliti da sottocoperta, attirati dalla confusione sul ponte. Quando la Marine di Selkie vide la naufraga, sbiancò. Gli sguardi delle due donne si incrociarono e la castana fece un sorriso fulmineo.

<< Ho … visto una grande nave a ovest di qui … >> - rivelò la naufraga, facendo corrucciare Jack.

<< Una nave? Che bandiera aveva? >> -

<< Non ne ho vista nessuna ma … era davvero grande e … mi dava i brividi … aveva delle vele scure, come la notte! >> - disse la castana, abbracciandosi le spalle per simulare un brutto ricordo. Jack fece un ampio sorriso e corse ad avvertire il capitano.

Hilde si avvicinò alla donna, facendo allontanare con un semplice sguardo i pirati da lei. La afferrò per un braccio e la portò a prua. Neil le seguì, anch’egli abbastanza turbato.

<< Si può sapere che ti salta in mente?! >> - la rimproverò, ma quella sorrise.

<< Ho trovato quel maledetto! Fra poco avremo la nostra vendetta! >> - disse, con degli occhi distorti dall’odio che neanche parevano appartenerle.

<< Ma di cosa state parlando?! >> - chiese allarmato Neil.

In quell’istante la voce di Charles Vane, schizzato fuori dalla cabina del capitano, tuonò per l’intera nave:

“Spiegate tutte le vele verso ovest! Andiamo a prendere Du Casse!”

A quell’ordine, l’intera ciurma andò ai posti, portando la Ranger alla sua massima velocità di crociera.

(E così … fra poco lo incontrerò …), pensò Hilde, stringendo i pugni, (E giuro che non ne uscirà vivo!).

 

Il Galeone Fantasma di Pascal attendeva al largo dell’isola che le lancia con gli Abissali tornassero a bordo. Una di loro portava anche tre preziosi ostaggi, scortati dall’Ammiraglio in persona e dal biondo marinaio dei fuochi fatui. Ci volle almeno un’ora per sistemare le barche e riprendere i posti per ripartire. Come al solito, Motya accolse il suo mentore con uno sguardo gelido, a cui quello rispondeva sempre con un sorriso ironico.

<< Vedo che almeno hai fatto una scelta intelligente >> - fece acido l’Abissale della Torpedine, indicando gli ostaggi che venivano portati nelle celle del galeone.

<< Già … con quelli la nostra trappola per Lyov è pronta. Non ci resta che aspettare che ci cada >> -

<< Poi che farai, gli parlerai tu? >> -

<< Penso di si … anche se prima mi toccherà sistemare una questione in sospeso … >> - disse con una punta di noia il marinaio, osservando la superficie dell’oceano, conscio che qualcuno sarebbe presto arrivato per lui.

 

Benjamin Hornigold, principale fondatore della Repubblica Pirata di Nassau, non riusviva ad abituarsi alla desolazione della sua città. Dopo l’impresa azzardata di Edward, almeno il problema della peste era stato più o meno arginato: Eden aveva consegnato le medicine e tutto si era risolto, almeno per il momento. L’ultimatum di Rogers ancora pendeva sulla testa di tutti i pirati delle Indie Occidentali, e come se non bastasse il simbolo più eminente della Repubblica, ovvero Barbanera, giaceva abbandonato a sé stesso in una taverna, in preda al dubbio. Lo scontro con Rogers lo aveva profondamente segnato nell’anima, come nel corpo: l’ultimo attacco gli aveva fatto perdere un rene e causato una ferita terribile alla quale era sopravvissuto per miracolo. Non sarebbe stato in grado di combattere per diverso tempo, non senza le opportune cure che avrebbe potuto ricevere a Inagua, se si fosse deciso a mettervi piede. Benjamin ipotizzava che si trattasse di vergogna, vergogna di presentarsi davanti alla sua Signora avvolto dal dubbio e la paura, indegno di vestire le vestigia del Drago Marino, la stessa leggendaria Scale che si dice lo stesso Poseidone indossò, tanto era fiero di quel capolavoro. Il prescelto dell’armatura fu proprio il più forte e feroce fra i pirati dei Caraibi.

Ricordando la lunghissima amicizia che lo legava a quell’uomo, Benjamin spalancò le porte della taverna e si diresse verso di lui. Teach non spostò nemmeno lo sguardo da quel boccale, la folta barba impastata di rum si muoveva appena, come se il capitano stesse farfugliando qualcosa.

<< Ed >> - lo salutò Benjamin, prendendo posto di fronte a lui, dove nessun altro avventore avrebbe mai osato sedersi.

<< Va all’inferno, Ben … >> - biascicò il Generale del Drago Marino, rantolando come un enorme orso ferito.

<< Piantala di autocommiserarti! Ci serve il tuo aiuto, e serve anche a Nassau! >> -

<< Il mio aiuto …? Guardami, per gli Dei! Sono ridotto uno straccio e la ridicola predica di quel pagliaccio ancora mi rode la mente come una tagliola … durante il combattimento non ci ho fatto neppure caso … tanta era la voglia di staccargli la testa! Ma dopo … quando mi sono svegliato ferito, mutilato, il dolore fisico mio ha risvegliato un ricordo … l’immagine che quel demonio mi ha impresso nel cervello! >> -

<< Ed .. >> -

<< Cosa siamo noi, Ben?! Cosa è la Repubblica Pirata?! Perchè … perché abbiamo dato inizio a tutto questo? Per cosa? Chi ce lo ha chiesto? Il mondo era abbastanza schifoso anche senza di noi a renderlo peggiore … >> - si sfogò Teach, tracannando ciò che restava del boccale per affogare la disperazione.

<< Edward, amico mio. Capisco perfettamente i tuoi dubbi e ti dirò: anch’io ci ho sofferto all’inizio: pensavo fossimo semplici criminali in attesa del capestro. Ladri sfuggiti alla corona inglese o spagnola, solo per arricchirci dietro ad un pallido ideale contorto. Non sai quante volte ci ho pensato, senza dirvi nulla, perché sapevo che senza di me sareste crollati. Poi quel ruolo è lentamente passato a te: da mio quartiermastro, hai catturato una tua nave e sei diventato capitano, mi hai sostituito come simbolo della Repubblica e come punto di riferimento per chi perseguisse il nostro sommo ideale di libertà! >> -

<< Mi dispiace Ben … quella scintilla si è esaurita in me … >> -

Hornigold sospirò, cadendo in un silenzio indecifrabile.

(<< Capisco: sei un ribelle, in tutti i sensi. Leale ad una Dea che non hai mai visto, fedele ad un ideale empio … >>), ripensò alle parole di Basilio Pergo, non perché si fosse abbandonato a quella realtà, ma per contestarle: lui aveva visto la sua Dea, ne aveva apprezzato la bontà e la lealtà nel proteggere i mari dal vero nemico.

Prendendo fiato, come se tornasse in superficie da un abisso, Benjamin si rivolse raggiante all’amico:

<< Ed, se pensi che i dubbi ti impediscano di sostenere lo sguardo di Lady Amphitrite, beh, allora non la conosci. Anche milady è attanagliata da preoccupazioni e paure, nonostante sia una Dea! Conta su di noi per difendere il mare da chi veramente vuole dominarlo per estendere i suoi viscidi tentacoli su mondo intero! Proteggendo Lady Amphitrite proteggeremo anche Nassau, dato che il nostro nemico ha messo gli occhi sulla nostra patria! >> -

<< Patria … dei ladri possono davvero avere una patria? >> -

<< Chi si riprende dal re ciò che il re gli ha tolto merita davvero la nomea di ladro? >> -

Barbanera abbassò lo sguardo.

<< Ed, ascoltami: devi reagire. C’è ancora tanto lavoro da fare … e nemici che vogliono distruggerci! Ho bisogno … abbiamo bisogno tutti quanti di te >> - Benjamin allungò la mano sulla spalla dell’amico, mentre altre due figure si avvicinavano.

<< Capitano, rialzatevi! >> - lo spronò Noah.

<< Ed, forza! La nostra avventura non può finire qui! >> - disse Stede.

Teach esitò qualche minuto prima di aprire bocca. Un sorriso si era disegnato su quella folta barba picea …

 

  
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