Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: whitecoffee    29/09/2017    1 recensioni
❝«Ho sempre pensato che il cuore dell’uomo sia diviso in due metà esatte. Una felice, e l’altra triste. Come se fossero due porte, vicine. Le persone possono entrare e uscire da entrambe, non c’è un ordine prestabilito. Ovviamente, molto dipende dal carattere degli individui e dalle relazioni che vengono instaurate. Mi segui?» Domandò, e lei annuì. «Per TaeHyung, uno di questi usci è sprangato. Non si apre più. Costringendo chiunque a passare solo dalla parte riservata al dolore, non importa il tipo di rapporto che intercorra fra lui e gli altri. Perfino io, sono entrato da quell’unica porta. E mi sono rifiutato di uscirne, sebbene lui avesse più volte provato a sbattermi fuori»❞.
❝Tu devi sopravvivere❞.
- Dove TaeHyung impara che, rischiando, spesso si guadagni più di quanto si possa perdere.
assassin!TaeHyung | artist!JungKook | hitman/mafia!AU | boyxgirl
-
» Storia precedentemente pubblicata sul mio account Wattpad, "taewkward".
» Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=92wl42QGOBA&t=1s
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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XIII.
Lost


I wanted only to live in accord with the promptings which came from my true self. Why was that so very difficult? 
 

 
 

I didn’t know there would be this many. There are paths I haven’t gone and paths that I can’t go. I never felt this way before, this is too difficult for me. Whether this path is correct or not, I’m very confused. Never leave me alone.




 

우리 회의는 우연이 아니야, 네가 나를 닮은 것처럼 보이는데, 어떻게 .든
Us meeting isn’t just coincidence, it seems like you resemble me, somehow. (Look Here)

 
 
 
언젠가는 상상 만했지만 지금은 아닙니다. 언젠가는 웃을 것 같아.
I only imagined it, someday, but not now. Someday, I think I’ll be smiling. (24/7= Heaven)
 
 
 

Sei sicura che vada bene? Posso anche disdire, rimango qui a farti compagnia!”
“Per l’amor del cielo, JungKook. Sono due mesi che vivi in queste quattro mura per ‘tenermi compagnia’. Va’ e goditi l’uscita. Non accadrà nulla, in tua assenza. Ci vediamo domani”.

Quelle, erano state le uniche interazioni che Cyane aveva avuto in tutta la serata. A quanto pareva, il moro aveva un giro di amici universitari, che avevano richiesto la sua presenza per una rimpatriata serale all’insegna di bevute, karaoke e ricordi di un passato non troppo remoto. Sulle prime, egli avrebbe voluto rifiutare: TaeHyung sarebbe rientrato chissà quando e non voleva che la ragazza restasse completamente sola a casa. Ma lei si era imposta, sostenendo che non sarebbe potuto accadere niente, mentre lui era via: agli occhi del mondo, lei non esisteva più. Tanto valeva comportarsi di conseguenza, e passare il suo tempo a fare una maratona di film d’importazione americana, ridendo a squallide battute e sospirando per storie d’amore che lei non aveva vissuto. Sarebbe stata bene, gli aveva detto, abbracciandolo. Così, il giovane si era arreso, sospirando. Ed era uscito.
In tal modo, Cyane aveva trascorso davvero ore preparando un’elaborata cena a base di sushi, riempiendosi un calice del vino che aveva scovato in quello che sembrava il “deposito” dell’appartamento. A quanto pareva, TaeHyung aveva un debole per quelli costosi e d’annata, dandole la stessa libertà di scelta di cui avesse disposto nelle cucine della sua vecchia casa. Ciò le permise dunque d’innaffiare il suo pasto con un pregiatissimo bianco, che le aveva fatto riflettere su quanto poco bastasse ad una donna per essere felice: buone bevande, cibo giusto e un film con Colin Firth.
La serata stava procedendo in modo placido e tranquillo quando, verso l’una e mezza, ella avesse udito una chiave girare nella serratura. Non si era nemmeno preoccupata di sollevare il capo, rimanendo distesa sul divano, certa che si trattasse di JungKook. Invece, il rumore di passi strascicati e il tonfo della porta che venne sbattuta la costrinsero a tirarsi immediatamente su a sedere, per scoprire un pallido e dolorante TaeHyung accasciarsi contro la superfice lignea, stringendosi il fianco con una mano. Il tutto, con immancabile abbigliamento nero e pallore cinereo.
«TaeHyung!» Esclamò Cyane, alzandosi e correndo da lui. Si chinò, cercando di capire cosa non andasse. Gli spostò la mano, notando il rossastro liquido fresco impregnargli il tessuto dei guanti, mentre le sue labbra si storcevano in una smorfia sofferente. Era ferito.
«Portami…» disse, in un rantolo. «In camera».
La ragazza non se lo fece ripetere due volte. Si passò un suo braccio attorno alle spalle e lo aiutò ad alzarsi dal pavimento, adattandosi ai suoi tempi, senza mettergli fretta. Mentre raggiungevano la stanza a piccoli passi, ella si chiese cosa mai potesse essergli successo, da costringerlo a ridursi in quello stato. Stranamente, era convinta che quel ragazzo potesse essere invincibile ed indistruttibile, come se fosse al di là di caratteristiche tanto umane, come la sofferenza ed il dolore. Come se lui non potesse ferirsi. A torto, poiché aveva occhieggiato fin troppe volte le cicatrici disseminate sulle sue braccia, segno più che evidente dell’ineccepibile umanità del soggetto. Giunti nei pressi del suo letto, lo aiutò ad adagiarvisi sopra, in modo che non sentisse troppo male. Ma inutilmente. TaeHyung si morse il labbro inferiore, stringendo i denti.
«Toglimi i vestiti» le ordinò, col fiato corto. Cyane sbarrò gli occhi. Poteva farlo? In altre occasioni avrebbe indugiato, o quanto meno temporeggiato, ma comprese che aspettare avrebbe potuto soltanto nuocergli ulteriormente. Si tirò su le maniche della maglietta e si apprestò a sfilargli la giacca, già aperta. Poi, passò ai guanti. E, infine, sollevò il maglioncino leggero, mettendoci quanta più attenzione potesse affinché non gli danneggiasse ulteriormente la ferita. Scoprì un torace perfettamente allenato, dai muscoli tonici e ben definiti, anch’esso guarnito da qualche frastagliata linea più chiara, disseminate sulla pelle ambrata. Poi, vide il lungo taglio che gli percorreva il fianco sinistro in diagonale. Sembrava molto simile a quello ormai rimarginato sulla sua spalla e ne intuì perfino la causa.
«Sai come mettere i punti?» Le domandò, sforzandosi. Ma ella scosse la testa, senza riuscire a staccare gli occhi dal sangue che gli aveva tinto le carni di cremisi. Il ragazzo sospirò, a disagio. «Fantastico» commentò, spostando lo sguardo al soffitto, radunando le idee. «Ho bisogno di un antidolorifico e del materiale per le emergenze» disse. «Puoi trovarli entrambi nel bagno» aggiunse, e la giovane annuì, correndo nell’altra stanza. Ricomparve con un flaconcino arancione di pillole e una valigetta, la stessa che lui aveva impiegato per controllarle la ferita alla spalla ogni quattro giorni. Aprì il cilindretto e ne estrasse una compressa, passandogli poi la bottiglia d’acqua sul comodino accanto al letto. Il giovane aveva l’abitudine di bere a qualsiasi ora, ed era sempre possibile trovare un mezzolitro pieno, nei pressi del suo materasso. TaeHyung mandò giù la pasticca, issandosi sui gomiti, per poi sprofondare nuovamente senza forze sul cuscino.
«Puoi pulirmi la ferita? Pensi di esserne in grado?» Le chiese, senza guardarla, con una nota appena udibile di sarcasmo nella voce. Cyane tirò fuori dalla valigetta un batuffolo di ovatta e lo intrise di disinfettante. Poi, s’inginocchiò accanto al suo letto, cominciando a tergergli via il sangue dal fianco. Gentilmente, cercando di fargli meno male possibile. Rifletté che, qualche mese prima, lui doveva aver compiuto le medesime azioni, nei suoi confronti, senza scomporsi. Sentì il suo corpo sussultare lievemente, quando l’alcol entrò a contatto con la ferita, ma non si lamentò. Cercò di fare del suo meglio per pulirla, nel miglior modo possibile, chiedendosi cosa sarebbe accaduto una volta terminata l’operazione. Sollevò lo sguardo sul suo volto e vide che aveva chiuso gli occhi. I lineamenti non erano più contratti in una smorfia di dolore, ma rilassati nel riposo. Si domandò se non stesse dormendo.
«Preparami ago e filo» le ordinò invece, senza sollevare le palpebre. Era perfettamente sveglio, invece. Ella accantonò l’ennesimo batuffolo ormai inservibile e rovistò nella cassettina, estraendo il necessario. Poi, lo sentì cambiare posizione, issandosi a sedere con fatica. Gli allungò gli oggetti richiesti e rimase sconvolta dalla fredda determinazione nel suo sguardo, mentre procedeva a suturarsi da solo la ferita senza battere ciglio. Con ogni probabilità, stava soffrendo maledettamente. Ma sembrava non dare peso al dolore, mentre procedeva a ricucire i lembi del taglio con mano ferma e decisa. Cyane abbassò gli occhi, concentrandosi sul cestinare gli oggetti di scarto, lasciandogli campo libero. Dopo qualche tempo, ritornò nella stanza.
«Taglia qui» le chiese, tendendo il filo chirurgico. La giovane recuperò la forbice dalla cassettina e recise il legamento trasparente, con un unico tocco deciso. Poi, gli tolse gli strumenti di mano, sistemandoli disordinatamente sul comodino: si sarebbe preoccupata dopo, di riporli nel modo corretto. Lo vide quindi distendersi nuovamente, con cautela. Chiuse gli occhi, rilassando i lineamenti del volto, perdendo la glaciale freddezza di pochi istanti prima, guadagnando un’inedita umanità agli occhi della ragazza, che lo guardò in modo differente. Poi, accorgendosi che forse avrebbe preferito riposare in solitudine, si scosse dalla sua ammirazione estatica.
«Io vado…» mormorò, sentendosi a disagio, passando accanto al suo letto. Ma una lieve pressione delle dita di lui sulle proprie, la bloccarono sul posto. 



 

   
 
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