Storie originali > Drammatico
Segui la storia  |       
Autore: Luana89    30/09/2017    1 recensioni
Un piede ondeggiava annoiato fuori dal finestrino, l’altro poggiato con noncuranza sul cruscotto della berlina nera e costosa, portava la cravatta allentata, le spalle ricurve come se fosse concentrato a fissare qualcosa sul suo grembo, aveva un cipiglio attento. Nicholas si mosse nervoso sul sedile, solitamente non fissava così sfacciatamente i ragazzi sempre attento a non far sospettare nessuno delle sue ‘’preferenze’’, ma era impossibile non guardarlo. Gli zigomi appena pronunciati, l’arco delle sopracciglia nonostante fossero aggrottate era perfetto, e le labbra lievemente imbronciate; lo sconosciuto alzò lo sguardo, era come se fosse stato richiamato da quei pensieri troppo lontani, i suoi occhi si posarono su Nicholas e si accesero, non riuscì a distinguerne il colore ma non aveva poi molta importanza. Respirò a fatica mentre lo studente in divisa staccava la schiena dal sedile, le labbra si curvarono in un sorrisetto malizioso e crudele tutto per lui. La gola di Nicholas sembrò serrarsi, la gamba ingessata pulsò appena e gli venne spontaneo toccarla, non riusciva a staccare gli occhi dallo sconosciuto. Il semaforo divenne verde, tutto sfocato mentre la berlina nera diveniva un puntino lontano.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
La stanza degli interrogatori puzzava di stantio, forse facevano marcire lì la gente? Le manette continuavano ad adornare i suoi polsi, quel figlio di puttana del detective si era rifiutato persino di allentargliele nonostante gli avesse esplicitamente chiesto di toglierle del tutto più volte. Probabilmente pensava fosse una specie di pressione psicologica quella, non aveva compreso che per il ragazzo era tutt’altro.
«Te lo chiedo di nuovo, dov’eri ieri tra le quattro del mattino e le sei.» Seduto di fronte a lui lo fissava con un mezzo sorriso frustrato. Se si era aspettato altro, aveva fatto male i suoi calcoli.
«Perché non poni le domande in maniera chiara? ‘’Underwood hai un fottuto alibi?’’ e io ti risponderò ancora una volta: parlerò solo in presenza dei miei avvocati.» Christopher sollevò i polsi sporgendosi appena. «Toglimi queste manette, detective.» La mano dell’uomo afferrò la camicia sgualcita del ragazzo sollevandolo quasi dalla sedia scomoda e in metallo.
«Io so che sei stato tu, è da una vita che crei problemi e posso assicurarti che stavolta non la passerai liscia.» Scoprì i denti in una smorfia di rabbia, a tutti premeva parecchio quel caso. Tutti erano letteralmente terrorizzati dal generale Lancaster. «Sai qual è la pena massima per omicidio?»
«Quasi omicidio.» Christopher di nuovo seduto fissò freddamente l’altro concedendosi persino un sorriso. Lucas Lancaster giaceva in un letto d’ospedale in coma. Era stato trovato col cranio aperto in due come ‘’una noce di cocco’’ (parola di poliziotto) ma fortunatamente vivo. Peccato non potesse parlare e scagionare nessuno, così come colpevolizzare. Eccoli i due lati della medaglia che adesso si eguagliavano.
«Spiegami come mai il tuo bottone era stretto tra le mani della vittima.» Il detective tornò all’attacco sbattendo dei fascicoli sul tavolo, lanciandogli foto che ritraevano ogni fottuta angolazione di quel dannato bottone.
«Non mi ero neppure accorto mi mancasse, ma sicuramente non lo ha strappato Lucas. Forse qualcuno lo ha trovato. Il bottone lo hai visto tra le mani della vittima? Non credo, te lo ha dato Robert.» Christopher era quasi sicuro di chi fosse la colpa, non che ci volesse il suo straordinario QI da 180 per arrivarci, Robert non aveva nascosto la sua testimonianza a viso coperto. «Mi vuole incastrare, e tu come il peggiore dei babbei stai qui ad interrogarmi.» L’uomo si poggiò stancamente alla sedia, stavolta i suoi occhi esprimevano pietà e quasi riserbo, aveva pur sempre un ragazzino di appena diciotto anni di fronte a se.
«Christopher, sul bottone abbiamo le tue impronte e quelle di Lucas, con sopra il suo sangue. Vi hanno visti parlare animatamente al Krazy 8’s ieri sera intorno alle due.» Si stoppò lasciando che il ragazzo assimilasse quelle notizie ma la sua espressione restò immutata, il suo cervello incamerava e andava a ritroso nel tempo. Doveva capire come fosse apparso quel bottone, era la chiave di tutto probabilmente. «Il generale Lancaster ti rovinerà, il suo unico figlio giace in un fottuto letto d’ospedale e il suo migliore amico ha una cazzo di prognosi di tre settimane. LO CAPISCI?» Perse nuovamente la calma sbattendo il palmo contro il metallo del tavolo.
«Io capisco solo che non c’entro un cazzo di niente. Ho incontrato quei due al locale si, ma tutti possono testimoniare che non c’è stato nessun diverbio tra noi.»
«Neppure con Robert?» A quelle parole il viso di Christopher si affilò.
«Al massimo è stato lui ad aver litigato con me, non io. Ascoltami bene detective, ti giuro che io uscirò da questo casino.. e quando lo farò mi assicurerò di appiccare personalmente il fuoco che brucerà il tuo distintivo e la tua divisa.» Le labbra contratte di Christopher sputarono quelle parole con disgusto, gli occhi lucidi di rabbia e una punta di incredulità ben celata. La porta si aprì con un boato e da questa apparve Scott seguito da tre uomini ben vestiti.
«Stavolta ti rovino Sherman.» Fu Scott a parlare per primo indicando le manette ai polsi del figlio. «Togli quella merda immediatamente.» Si sporse verso l’uomo ma venne prontamente fermato da uno degli avvocati che scosse lievemente il capo.
«Non prendertela con me Underwood, tuo figlio è nella merda. Abbiamo un testimone e prove.»
«Prove circostanziali.» Fu Chris a intervenire indicando uno dei propri avvocati. «Come ad esempio un bottone della mia divisa, perso chissà quando.»
«Un tuo bottone insanguinato e con le impronte della vittima sopra, PORCA PUTTANA.» Il detective perse nuovamente la calma. In quella stanza tutti sapevano che sarebbe stato un lungo dibattito. Una guerra che esigeva un colpevole e delle vittime, ma il confine adesso sembrava non essere più così delineato.
 
 
Nicholas sedeva accanto a Evan alla centrale, l’interrogatorio durava ormai da ore aveva persino visto Scott entrare seguito da alcuni uomini che supposero fossero avvocati, ma ancora nessuno era uscito e sicuramente i poliziotti non avrebbero dato informazioni.
«Andrà tutto bene, il team legale di Scott è .. diabolico.» Evan fissò l’amico con un mezzo sorrisino nonostante gli occhi restassero freddi e spaventati. Non poteva ancora credere a tutto quello che era successo. Un messaggio interruppe i suoi pensieri, lo lesse senza alcuna intenzione di rispondere.
«E’ Thomas?» L’altro annuì lentamente.                                           
«E’ qui fuori, insieme a Jeremy e Rebecca. Gli ho detto di non fare entrare mia sorella, la conosco e verrebbe processata assieme a Chris.» La battuta riuscì a far ridere Nicholas che però si bloccò alla vista della madre che correva trafelata verso di loro. Le andò incontro abbracciandola di slancio, sentì il tocco delle sue dita tra i capelli mentre sedevano l’uno di fianco all’altra.
«Sono venuta il prima possibile, non potevo lasciare scoperto il reparto.» Aveva il respiro affannato mentre fissava i due giovani visi pallidi di preoccupazione quasi allo stesso modo.
«E’ stato orribile, una scena..» Nicholas non trovò parole adeguate, sembrava che il nodo alla gola volesse soffocarlo.
«Oh lo so.» Il tono tagliente della madre lo mise in allerta. «E’ stato talmente orribile da spingerti a baciare Christopher?» Abbassò appena il tono della voce, gli occhi lucidi di severità. Evan a quel punto si schiarì la voce giocandosi la carta degli amici ancora fuori ad attenderlo, andando via di fretta.
«Mamma..» Nicholas non sapeva bene cosa dire, passò una mano sul viso come se volesse lavar via tracce di paura ma il tremore lo tradì. «So che sei arrabbiata..»
«Arrabbiata? Per cosa pensi che lo sia esattamente?» Strinse la mano del figlio costringendolo a fissarla.
«Per.. tutto?» Le labbra si curvarono una smorfia che si accentuò quando la stretta divenne ancora più forte.
«No. Pensi non conosca mio figlio? Pensi non sappia cosa voglia davvero? Pensi solo la vecchia pazza nostra vicina di casa ti abbia osservato bene da capire le tue preferenze? MA CHRIS..» Si stoppò rendendosi conto di avere urlato. «Ma Chris? Cristo Nicholas.»
«Beh, ti stupirà saperlo ma quando è iniziata non sapevo neppure fosse il figlio di Scott. Magari se qualcuno me l’avesse detto.» Il tono di accusa mortificò la madre, Nicholas sciolse la presa dalla sua mano respirando profondamente. «Scusa. Ho mentito.»
«Su cosa?» Amanda lo fissò sbalordita.
«Sul fatto che se avessi saputo la sua identità, non me ne sarei innamorato.» Chinò il capo sconfitto, eppure la sensazione di terrore era sparita soffocata da pensieri ben più pressanti. Non gli interessava nulla del biasimo di sua madre, ma di vedere Christopher uscire da quella stanza da uomo libero.
«Oh Nicholas.» Il tono lamentoso della donna lo costrinse a sollevare lo sguardo.
«Mi dispiace mamma, lo hai detto anche tu anni fa ricordi? Quando mi raccontasti che papà non piaceva alla nonna, dicesti: non si sceglie chi amare.» Gli occhi di Amanda si riempirono di divertimento.
«Sei proprio bravo a rigirare la frittata, sicuro di non voler fare l’avvocato?» Risero a bassa voce, una piccola tregua in quel mare mosso e tragico nella quale erano stati sbalzati.
 
 
«Il nostro assistito si dichiara innocente, respingiamo ogni accusa.» L’avvocato Suarez fissò il detective e l’altro poliziotto accanto a se attraverso le lenti. Christopher in silenzio si sfregava i polsi arrossati adesso libri da costrizioni.
«Il suo assistito allora potrebbe dirci cosa ha fatto tra le quattro e le sei?» Sherman fissò il ragazzo sospirando.
«Ero sbronzo, molto sbronzo. Mi sono addormentato su una panca vicino la scuola. Puzzo molto in effetti, vuoi odorare?» Sorrise sghembo beccandosi un’occhiata incendiaria.
«Eri sbronzo quindi.» Il tono calmo non trasse in inganno Christopher. «Se avessi ucciso qualcuno non te lo ricorderesti.»
«E’ RIDICOLO.» Scott tuonò quelle parole alzandosi dalla sedia che si rovesciò. Ancora una volta venne fermato e minacciato non solo di essere sbattuto fuori ma anche arrestato.
«Mi stanno incastrando, e tu lo sai. Cos’hai contro di me? Un fottuto bottone insanguinato e la prova di un ragazzo che ovviamente mi odia.» Il tono di Christopher divenne accaldato e tagliente. «Parliamo di un ragazzo che da a me la colpa del rifiuto di Stanford alla sua richiesta.» Deglutì allargando appena le narici.
«Parliamo dello stesso ragazzo che fa notoriamente uso di cocaina.» L’avvocato sorrise trionfante.
«Quel ‘’ragazzo’’ è in ospedale con una prognosi di quasi un mese, non prendetemi per il culo. Secondo alcuni studenti pratichi arti marziali, e non è una novità per te picchiare altri ragazzi. Non sei forse stato espulso per questo?» Chris lo fissò in cagnesco.
«Sai che non c’entro, stai prendendo la persona sbagliata. E quando Lucas si sveglierà..»
«Se si sveglierà.» Sherman lo fissò con gravità. «I medici non sono ottimisti.»
«Chiediamo l’uscita su cauzione, in attesa del processo.» L’avvocato si fece avanti.
«Negata, parliamo di omicidio quindi resta in prigione fino al processo.» Si fissarono tutti attoniti.
«Non puoi farlo.» Scott lo indicò con rabbia.
«Chiedilo al Generale Lancaster cosa può e non può fare. Portami un fottuto colpevole e io libero tuo figlio.»
«Il colpevole è più vicino di quanto pensi, guarda la tv dal suo letto d’ospedale.» Fu Christopher a parlare stavolta un sorriso amaro dipinto sulle labbra, aveva occhiaie profonde e le labbra secche.
«Attento a quello che dici, Underwood, la tua posizione è già grave.»
«Preparami una suite confortevole, Detective, sono un tipo esigente.» Il poliziotto in silenzio sino a quel momento si alzò costringendo Christopher ad imitarlo, le manette vennero nuovamente chiuse attorno ai suoi polsi dietro la schiena.
«TOGLIETEGLI QUELLE DANNATE MANETTE.»
«SBATTETELO FUORI.» Fu Sherman ad urlare indicando Scott che lo fissò con rabbia.
«Sei rovinato, te lo giuro su Dio.»
 
 
Scott uscì trafelato dalla stanza, Nicholas e Amanda si alzarono andandogli incontro.
«Che è successo?» L’uomo dall’aria scarmigliata sembrò quasi non vederli.
«Lo vogliono in prigione, non sentono ragioni. Non la passeranno liscia, devo parlare con il generale Lancaster e mettere a soqquadro le fottute telecamere di ogni fottuta via della città.» Amanda gli strinse il braccio ammonendolo con lo sguardo, alcuni poliziotti li fissavano truci. La porta si aprì in quel momento, Nicholas mosse un passo avanti e finalmente lo vide, sembravano passati secoli. Strinse con forza la mascella, gli occhi lucidi incontrarono quelli del fratellastro. Christopher lo guardò con serietà e infine chinò il capo, non c’era sconfitta in quel gesto però era più un tacito messaggio. Ma quale?
 
 
Thomas stringeva la mano di Evan che si alzò improvvisamente non appena vide comparire Nicholas, tutti lo seguirono accerchiandolo ma il ragazzo sembrava incapace di proferire parola.
«Nicholas, parla.» Evan lo scosse e Thomas si frappose tra loro.
«E’ sconvolto, dagli tregua.» Si fissarono per un istante in cagnesco e alla fine fu il moro a cedere lasciando andare il braccio dell’amico.
«Giuro che mi incateno qui, nuda.» Rebecca pestò il piede a terra e Jeremy roteò gli occhi al cielo.
«Evita la parte del ‘’nudo’’, magari.» La fissò in tralice ricevendo in cambio solo una scrollata di spalle indolente. Quella ragazza non aveva il minimo pudore.
«Non lo lasceranno andare, nessuna cauzione. Resta in galera fino al processo.» Nicholas si sedette su una panca, le ginocchia sembravano cedergli. Sentiva gli occhi di tutti su di se. «Hanno prove circostanziali, Robert ha portato un bottone, un bottone mancante dalla divisa di Chris.»
«Non è stato lui, spero che su questo siamo tutti d’accordo.» Il tono lapidario di Evan abbracciò ogni viso e tutti annuirono fermamente. Nonostante sapessero quanto spesso crudele fosse stato, erano certi che non si sarebbe mai macchiato di un crimine simile. Ambiva a diventare medico, lui voleva salvarle le vite non stroncarle.
«Dobbiamo capire per prima cosa come abbia fatto quel bottone ad arrivare nelle mani di Robert.» Rebecca si intromise e tutti sembrarono d’accordo, aveva detto qualcosa di stranamente intelligente.
«Se Lucas non dovesse più svegliarsi..» Thomas non concluse la frase, era già abbastanza terrificante così. Il silenzio calò nel gruppo come un sudario simile a quello usato dai defunti, l’aria fredda sembrò solo ghiacciare ancor di più le loro anime congelate. Nicholas guardò la stazione di polizia ancora una volta, ricordando la famosa serata della festa, avrebbe dato qualsiasi cosa per stare ancora in una cella insieme a lui. Quanto doveva sentirsi solo?
«C’è qualcos’altro in effetti.» Evan interruppe quel silenzio, la sua voce tesa. «Il generale Lancaster ha sguinzagliato uno dei migliori studi legali della città, a quanto dice mio nonno.»
«Beh lo sapevamo, è pur sempre suo figlio.» Jeremy non sembrava particolarmente sorpreso.
«Non è questo il punto.. L’avvocato che terrà banco contro Chris è..»
 
 
Il rumore delle chiavi lungo il corridoio scandiva il ritmo delle sue ore dentro la cella, stava leggendo un libro uno dei tanti che il padre gli aveva portato. Odiava quella dannata tuta blu, odiava il cibo di merda, odiava l’essere chiuso lì senza poter fare nulla. Aveva ormai un quadro chiaro di come fossero andate le cose, e se il suo intuito non sbagliava era quasi sicuro di sapere anche come Robert potesse avere quel bottone con se, il punto era: come provarlo? Non poteva di certo rinchiuso lì. Nicholas aveva capito? Lo aveva fissato e infine chinato lo sguardo sulle proprie manette, aveva compreso fosse un messaggio quello? Voleva dirgli ‘’mi vedi? Sono bloccato, tocca a te’’. Chiuse gli occhi poggiando il libro contro il viso, respirò l’odore di carta che inebriò per un istante i suoi sensi. Si immaginò dentro la biblioteca della Johns Hopkins.
«Underwood, vieni con noi.» La voce gracchiante della guardia lo costrinse a mettersi seduto.
«Dove? L’incontro con gli avvocati è nel pomeriggio.» Inarcò un sopracciglio mentre gli venivano messe nuovamente le manette, neppure fosse Escobar o Al Capone. O Hannibal magari. Non vi fu risposta alla sua domanda mentre veniva scortato nella stanza dei colloqui, quando entrò ci mise pochi millesimi di secondo a capire chi fosse la figura di spalle. Si irrigidì bloccandosi, la guardia lo spinse per farlo camminare. Chinò il capo sfregando i denti l’uno contro l’altro, producendo un rumore sordo fastidioso per gli altri ma rilassante per se stesso. Quando si sedette restò in silenzio.
«Non sono qui per sapere come stai.» La voce femminile pacata e fredda, Christopher sorrise.
«Mamma, non farlo.» Scosse il capo allargando appena le narici, nonostante la voce dolce con la quale le aveva appena parlato gli era tutto talmente chiaro da risultare soffocante.
«Sono l’avvocato chiamato in causa per il tuo processo, ho già ricevuto tutti i fascicoli, le prove, le dichiarazioni..»
«Non farlo.» La bloccò nuovamente e stavolta i suoi occhi erano spaventosamente lucidi e vitrei.
«Se il colpevole sei tu, ti sbatterò in galera Christopher.» Raccolse le cose alzandosi, il figlio la imitò e la sedia stridette contro il pavimento.
«Non farmi questo. Lo sai che non c’entro niente, come puoi farlo..» per la prima volta sul suo viso venne mostrato un sentimento simile allo sgomento e al dolore più nero, neppure quando era stato trascinato al commissariato si era sentito così vulnerabile. La donna si voltò respirando profondamente.
«E’ il mio studio a occuparsene.»
«Chiedi a qualcun altro.» Strinse i denti e le labbra si rattrappirono una posa rabbiosa. Strinse forte i pugni e le nocche sbiancarono.
«Perché dovrei? La legge è legge, Christopher. La legge non conosce pietà, né parentela alcuna.»
«E’ conflitto di interessi e lo sai anche tu. Vuoi farmela pagare in questo modo?» Mosse un passo ma la donna gli intimò di restar fermo con un gesto imperioso della mano, la guardia entrò in quel momento fissandolo truce.
«Ci vedremo in tribunale suppongo.» Gli voltò le spalle pronta ad andarsene.
«Non ti perdonerò mai, per me sei morta. Proprio come lui.» La donna si bloccò forse indecisa se voltarsi o meno, ma alla fine lo abbandonò lì senza più tornare indietro.
 
 
Le mani giunte sopra il tavolo, gli occhi attenti fissavano la sala in maniera critica, i tavoli attorno a se vuoti, nel complesso trasudava tristezza da ogni poro quel luogo. La porta si aprì rivelando la figura di Christopher che gli venne incontro sedendosi di fronte.
«Allora, parliamo della brodaglia che mi servono qui? O di quanto mi stia d’incanto la tuta blu?» Sorrise all’amico che però non lo seguì.
«Ho ottenuto un permesso speciale grazie a mio nonno, ha rifiutato di presenziare al tuo processo.»Il giudice Cooper era troppo affezionato a quel ragazzo per rimanere impassibile di fronte a un’ipotetica condanna.
«Lo apprezzo.» Il tono adesso serio mentre si fissavano senza dir nulla, come se entrambi volessero accertarsi di come stesse l’altro.
«Ho saputo di tua madre..» Evan strinse i denti stoppandosi appena, l’incredulità e la rabbia lo avevano dominato in quella settimana.
«E’ solo la donna che mi ha messo al mondo, cosa vuoi che me ne importi.» Era bravo a mentire, peccato che le iridi tremando lo avessero tradito.
«Piangi Chris, adesso, qui davanti a me.» Il ragazzo sollevò di scatto il capo, quelle parole non gli erano nuove. «Ricordi quando me lo dicesti? Bene, ora sono io a dirlo a te. Piangi, sfogati e torna a combattere.»
 
Otto anni prima un Evan bambino sedeva composto e dritto sulla sedia accanto al letto nella quale giaceva il padre in stato vegetativo. La sua piccola mano non riusciva a coprire quella ben più grande del genitore, eppure il bambino era sicuro di trasmettergli calore. Scott lo aveva operato subito dopo l’incidente salvandolo dalla morte imminente, ma non dalla morte in generale. Era andato contro il nonno di Evan che voleva le macchine venissero staccate alla notizia del coma irreversibile, lasciando quel diritto al bambino. Il momento adesso era arrivato ed erano tutti lì ad attendere. Evan annuì appena e l’infermiera iniziò a liberare lentamente l’uomo da quella gabbia d’illusione. Le macchine vennero staccate, i tubi tolti sino all’ultimo. Le spie si spensero e il monitor divenne improvvisamente piatto, un solo rumore persistente che ne annunciava la morte.
«Uscite, per favore..» la sua vocetta infantile era seria e sicura, non c’era dolore apparente. Dietro di lui Christopher non si mosse, anzi mise un piede davanti all’altro e gli arrivò accanto. Si fissarono, uno con circospezione e l’altro con stanca convinzione.
«Piangi Evan, qui, adesso davanti a me.» Evan si irrigidì appena, il labbro gli tremò in maniera incontrollabile mentre un fiume di dolore scendeva improvviso dai suoi occhi impossibile da arginare.
 
Christopher serrò la mascella fissando il migliore amico che continuava a guardarlo, c’era dolore anche nei suoi occhi sebbene in dosi diverse e per motivazioni diverse. Era come se le iridi color nocciola del ragazzo fossero un semplice specchio riflettente del dolore antico e profondo di quelle azzurre dell’altro.
«Non posso perdonarla.» E le lacrime scesero anche dai suoi occhi, adesso come dieci anni prima l’uno spettatore silenzioso del dolore altrui. Christopher urlò, graffiò la sua gola col dolore, sbatté i pugni sul tavolo gridando quella sofferenza mentre Evan in silenzio e capo chino se ne faceva custode.
 
 
Christopher scelse di vedere Nicholas tra tutti i membri della sua famiglia e degli amici, a una settimana dal processo. Amanda e Scott non dissero nulla mentre lo guardavano dirigersi alla sala dei colloqui. Si era vestito bene, aveva pettinato i capelli, sciacquato il viso che adesso appariva disteso. Quando entrò lui era già lì, seduto con quel suo solito modo elegante e sfacciato che non sembrava risentirne nonostante la tuta blu, sorrise sghembo e con gli occhi indicò la sedia vuota.
«Sei carino biscottino.» Si leccò il labbro inferiore sporgendosi appena, il profumo di Nicholas era dolciastro, quietava i suoi sensi e gli faceva venire una gran voglia di baci e amore.
«Sono andato ogni giorno in ospedale da Lucas, gli parlo e gli chiedo di svegliarsi.» Deglutì con difficoltà e l’altro lo fissò con affetto e dolore.
«Potrebbe non svegliarsi più, non posso basare le mie speranze su un quasi morto.» Nicholas sapeva l’altro avesse ragione ma non riusciva ad accettarlo.
«Quando ti ho visto in corridoio.. volevi dirmi di cercare la verità vero?» Lo fissò speranzoso afferrandogli le mani, Christopher fissò le loro dita intrecciate annuendo appena.
«Tu sai chi è stato. Ma finché loro puntano i coltelli alla mia gola, non servirà a nulla.» Nicholas annuì improvvisamente serio e letale.
«Ha avuto in qualche modo il tuo bottone, ti ha incastrato.. ma perché ammazzare Lucas? Erano amici. E resta da capire come si sia ridotto in quel modo.» Incredulo scosse il capo e l’altro rafforzò la presa sulle proprie mani.
«Robert è un cane pazzo, un visionario cocainomane. Li ho sentiti battibeccare quella notte, non mi stupisce possa essere degenerata la cosa.» Fissò oltre le spalle di Nicholas come se stesse pensando a qualcosa.
«Io ti tiro fuori di qui, te lo giuro.» Chris sorrise improvvisamente malizioso.
«Non ci riesci proprio a stare senza di me, vero baccello?» L’altro schioccò la lingua contro il palato sbuffando stizzito.
«Ti sembra il momento?»
«Con te è sempre il momento. Mi hai baciato in pubblico, dovevo simulare prima il mio arresto per farti passare la paura.» Un calciò lo colpì nello stinco, lo incassò soffocando una risata.
«Se per dire a mia madre della mia omosessualità dovevo sacrificare la tua libertà, beh avrei volentieri continuato con la clandestinità.»
«Sei da baciare.» Sorrise divertito e Nicholas sbuffò ancora, non lo stava più prendendo seriamente. La sentinella interruppe quel momento, era evidente fosse finito il loro tempo insieme. Quando si alzò fissò le manette ai polsi e poi quel viso ancora sfacciatamente bello pur se stanco.
«Devi dirmi altro, Underwood?» Incrociò le braccia al petto in attesa, gli occhi illuminati da un sentimento difficile da contenere, magari gli avrebbe dato qualche pista da seguire.
«Sei ancora ciò che voglio, Nicholas McClair.» 
 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Luana89