Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: whitecoffee    30/09/2017    2 recensioni
❝«Ho sempre pensato che il cuore dell’uomo sia diviso in due metà esatte. Una felice, e l’altra triste. Come se fossero due porte, vicine. Le persone possono entrare e uscire da entrambe, non c’è un ordine prestabilito. Ovviamente, molto dipende dal carattere degli individui e dalle relazioni che vengono instaurate. Mi segui?» Domandò, e lei annuì. «Per TaeHyung, uno di questi usci è sprangato. Non si apre più. Costringendo chiunque a passare solo dalla parte riservata al dolore, non importa il tipo di rapporto che intercorra fra lui e gli altri. Perfino io, sono entrato da quell’unica porta. E mi sono rifiutato di uscirne, sebbene lui avesse più volte provato a sbattermi fuori»❞.
❝Tu devi sopravvivere❞.
- Dove TaeHyung impara che, rischiando, spesso si guadagni più di quanto si possa perdere.
assassin!TaeHyung | artist!JungKook | hitman/mafia!AU | boyxgirl
-
» Storia precedentemente pubblicata sul mio account Wattpad, "taewkward".
» Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=92wl42QGOBA&t=1s
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 



XIV.
Begin


She stood before him and surrendered herself to him and sky, forest, and brook all came toward him in new and resplendent colors, belonged to him, and spoke to him in his own language. And instead of merely winning a woman he embraced the entire world and every star in heaven glowed within him and sparkled with joy in his soul. He had loved and had found himself.


 

The 15 year old me, who had nothing…
 





I’ve got brothers, and I love them. I discovered emotions, I became me… so I’m me. Now, I’m me.
I can’t take it anymore, because you are crying. I want to cry in your place… although I can’t.





 

 
새벽이 해가 저물어지기 전에 가장 어두운 피크에 있기 때문에.
Because the dawn is at its darkest peak, before the sun rises. (Tomorrow)
 
나는 왜 내 삶과 다른 사람의 삶에 있지 않은가?
내가 9 살이나 10 살 때 내 마음이 멈췄다.

Why am I not in my life and in some other person’s life?
My heart stopped when I was nine or ten. (O!RUL8,2?)

 
 
대구에서 2010 년 겨울, 유치한 나 세계의 크기를 측정하는 데 사용됩니다.
During winter of 2010 at Daegu, the childish me used to measure the size of the world. (Move On)

 
 
 
밝은 추억이 내게 계속 내 눈을 드리프트. 나는 이런 식으로 쓰레기가났다. 내 기억 속에 ... 나는 젊어졌다.
Bright memories keep falling on me, my eyes drift off. I’m trashed like this, in my memories… I become young. (Dead Leaves)
 
 
 
 

Si volse, guardando il giovane disteso. Egli non aveva ancora riaperto gli occhi.
«Resta».
Cyane sentì il cuore sbatterle contro lo sterno, processando quell’unica parola nella sua mente. Poi, si sedette sul letto accanto a lui, cercando di non fargli male. Lasciò correre lo sguardo al pavimento, imbarazzata.
«Raccontami qualcosa di bello» le disse. Una simile richiesta le parve così strana, sulle sue labbra. Quasi come ciò che avrebbe potuto dire qualsiasi ragazzo sulla faccia della terra e non Kim TaeHyung, l’ombra silenziosa dagli occhi di ghiaccio. Si sforzò di pensare ad un ricordo felice, o a ciò che le trasmettesse allegria quando era triste.
«Una volta, al liceo» esordì, sistemandosi una ciocca ormai quasi bionda dietro l’orecchio, «c’era un ragazzo che mi piaceva. Era la giornata dell’esposizione del corso di arte e questo tipo, un certo WonHo, aveva partecipato alla mostra, come membro della classe in questione. E…» sorrise al ricordo, rivivendolo come fosse appena accaduto. «Ero entrata nell’aula con una mia amica, senza notare che ci fosse anche lui. Insomma, quando lo vidi, m’imbarazzai e indietreggiai. Finii addirittura contro uno dei cavalletti, e feci cadere la tela in terra. Il rumore fu talmente forte, che tutti si girarono nella mia direzione» e si coprì il volto con le mani, ridendo. «Più tardi, scoprii che avessi buttato giù proprio il quadro di WonHo. Una delle più grandi figuracce della mia vita».
«Avevo detto divertente, non umiliante» ribatté TaeHyung e Cyane spostò le dita dagli occhi, per scoprire la presenza di un lieve sorriso, sul volto del giovane. Egli aveva sollevato le palpebre, guardandola divertito. Annuì, stringendosi nelle spalle.
«Ciò che per me è bello, per gli altri tende ad essere malinconico. Come un tramonto visto dall’ultimo piano di un grattacielo, o l’alba da una collina in campagna. Oppure, le luci di Natale. Ti ho mai detto quanto mi piacciano le lucine di Natale? Sono lì, che brillano ad intermittenza e mi trasmettono così tanto calore e pace interiore, da mettermi voglia di piangere. Non so perché. Spesso, penso che siano un po’ come alcune persone. Illuminano la nostra vita per periodi di tempo più o meno lunghi, comunicandoci la sensazione di essere a casa» disse, non riuscendo a porre un freno al fiume di parole che le fosse scaturito dalle labbra in quel momento. Abbassò gli occhi, sorridendo a bocca chiusa.
«Scusami» commentò. «Ho parlato troppo», aggiunse. Ma TaeHyung scosse lievemente la testa. E mosse la sua mano in quella di Cyane, lasciando che le loro dita s’intrecciassero insieme.
«Mi piaceva, quello che stavi dicendo» ribatté, piano. «Non avevo mai visto le lucine di Natale sotto quell’ottica. È molto bello, in effetti».
Ella annuì, non sapendo come reagire. Sentiva la calda mano del giovane stringere la sua, con gentilezza. Quel semplice tocco aveva avuto il potere di scatenare un tornado nella sua mente, facendole sobbalzare il cuore.
«Ed io» riprese lui, in un sussurro. «Posso essere una delle tue lucine?» Le chiese, regalandole un sorriso vero. Genuino, mostrando due file di denti bianchi come perle e perfettamente diritti, apparendo ancora più bello di quanto già non fosse. Un’emozione vera. L’ultima, definitiva crepa su quella maschera di ghiaccio impenetrabile. Cyane annuì, felice.
«Potresti essere la più bella di tutte», gli disse. «Con questo sorriso, sarebbe una vittoria facile».
«Ti piace?» Le domandò, beandosi di quel momento d’intimità, come forse non ne aveva mai avuti, con una ragazza. La vide annuire, convinta. Gli parve così strano poter condividere uno scambio di battute simile, insieme a lei. A nessun altro all’infuori di JungKook era dato conoscere quella fragile, flebile ed umana parte del suo carattere.
«Se solo l’usassi più spesso» commentò lei, stringendogli gentilmente la mano, cercando di comunicargli calore. Lo sguardo di TaeHyung vagò sull’ambiente circostante, ed il sorriso si spense lievemente. Una nube che sfiorava il sole splendente appena nato sul suo volto.
«Non posso» rispose, amaramente.
«Perché?» Chiese Cyane, posando anche l’altra mano su quella del giovane. Lo guardava, sollevando un sopracciglio, l’espressione corrucciata. Tanto, che egli si chiese per quale ragione si stesse preoccupando in tal misura per lui. Che non valeva nemmeno un sospiro, da quelle belle labbra naturalmente vermiglie. Le sorrise, triste.
«Potrei illudermi di meritare un destino felice».
«Ma tu ne hai tutto il diritto, TaeHyung!» Esclamò lei, alzando la voce. «Proprio non capisco perché continui a negarti la tua stessa giovinezza, la tua vita! Sei così abituato a rinchiuderti dietro questa prigione di ghiaccio, sperando che il freddo ti geli il cuore. Credi che reprimendo la tua natura, sarai in grado di vivere al di sopra degli umani? Di diventare un dio della morte? Un’arma infallibile, nelle mani di un sistema che non posso conoscere e che sento di non volere nemmeno immaginare?» Chiese, conscia di quanto avesse atteso, affinché le parole che stesse dicendo in quel momento avessero potuto fluire libere, come le acque di un ruscello. Non le importava ormai neanche più di come lui avrebbe reagito. Doveva dire ciò che pensava, altrimenti sarebbe implosa. Non poteva continuare a vederlo autodistruggersi ogni giorno un pochino in più. Non riusciva a sopportare che la luce nei suoi occhi si raffreddasse ancora, e che la sua presenza in quella casa si riducesse ad una mera questione di secondi. «Hai mai pensato di lasciare il tuo lavoro? Di provare con un impiego semplice come… il cameriere? Qualcosa di normale, che non ti costringa a tornare a casa con una nuova ferita da ricucire. Non è giusto, vivere in questo modo. Non per la tua età».
«Parli di me come se fossi una persona, quando ti ho già detto che non è così».
«Ti sbagli», rispose, lapidaria. «Lo sei eccome. Hai idea di quanto faccia male, non vederti a casa ogni sera, e chiedersi se l’indomani mattina faremo colazione insieme? Hai mai pensato a come sia orribile pensare che, da un momento all’altro, tu potresti non esserci più? Che il calore di queste mani, potrebbe diventare gelo senza vita?» E una calda lacrima rotolò silenziosamente lungo la guancia della ragazza, che si affrettò a spazzare via con le dita, cercando di non crollare. «È doloroso, TaeHyung. Soprattutto, pensare che tu potresti andartene, prima che io abbia la possibilità di dimostrarti che anche la tua vita valga la pena di essere vissuta. Di volerti conoscere, d’imparare la storia che nasconde ogni tua cicatrice, di voler essere qui per te, quando le cose non andranno come dovrebbero» un’altra lacrima, quella volta lungo la guancia opposta. «E so che hai già JungKook, a preoccuparsi di tutte queste cose. Ma voglio farne parte anche io. Tu mi hai salvato la vita, e non ho mai fatto nulla, per ringraziarti. Sono sempre stata un peso, in tutto questo tempo. Voglio rendermi utile nell’unico modo in cui saprei poterlo fare» e le sue parole vennero arrestate dalle braccia del ragazzo, che l’attirarono a sé e la strinsero al suo petto. Forte. Con un solo gesto. Tanto che Cyane spalancò gli occhi per qualche istante, realizzando ciò che stesse accadendo in quel momento. Poi, abbandonò il capo sulla spalla nuda di TaeHyung, bagnandogli la pelle di cannella con le sue lacrime salate, chiudendo gli occhi. Poteva sentire il calore del suo corpo, la frequenza dei suoi respiri, il ritmo accelerato del suo cuore. Era lì, vivo, accanto a lei come non lo era mai stato in tutti quei giorni. Non più l’evanescente presenza silenziosa all’interno dell’ampio appartamento luminoso. Ma solide membra a contatto con le proprie, le cui braccia si stringevano attorno alle sue spalle, la guancia premuta contro un lato della sua testa, in silenzio.
«Sii la mia persona, TaeHyung» mormorò Cyane, contro la sua spalla. «Esisti per me. Insieme a me», aggiunse. «Tu devi sopravvivere».
Il ragazzo spalancò gli occhi per una frazione di secondo, metabolizzando le parole della giovane. Il suo intero mondo subì un’unica, potente frattura. E cominciò a sanguinare. Come non aveva mai fatto in tanti anni, dalla volta in cui aveva pianto fra le braccia di JungKook.


“Sei ancora il mio migliore amico”
.


“Tu devi sopravvivere”
.


Quelle due frasi si sovrapposero una all’altra, come due eco nella mente del ragazzo. S’inseguivano in un vortice infinito, spazzando via Deadshot, le sue fredde dita che premevano un grilletto, portando a termine un nuovo incarico; i volti delle donne negli alberghi, che sapevano di whisky e sigarette amare, l’odore della polvere da sparo. Le lacrime di JungKook, ogni volta che tornava a casa con una nuova ferita da ricucire. Il sospiro apprensivo di NamJoon, quando gli allungava una nuova falsa identità dietro cui nascondersi. Lo sguardo glaciale del suo responsabile, all’interno della Lega degli Assassini. Il tagliente freddo della neve, il giorno in cui uno dei clan contro cui lavorava, avesse fatto fuori uno dei suoi migliori amici. Le sue urla, mentre stringeva a sé il corpo ormai senza vita di SeokJin; il suo sguardo riflesso nello specchio della stazione di servizio, il giorno prima del suo fallimentare tentativo di togliersi la vita. Il freddo della superficie contro la sua fronte, i capelli ormai lunghi, che gli coprivano quasi del tutto la vista. Il dolore dei suoi stessi sospiri. “Tu devi sopravvivere”.
Venne tutto spazzato via da quelle uniche tre parole, che gli avevano scavato altrettanti fori nel cuore. Tre proiettili d’argento. Uno per lui, uno per lei e l’ultimo, per la vita che non aveva mai vissuto.
Si rivide, a quindici anni, ad imbrattare con lo spray una vecchia serranda in un vicolo di Daegu, insieme a NamJoon. Le manette strette attorno ai suoi polsi, dopo essere stati catturati dalla polizia, lo sguardo esausto di SeokJin, venuto a pagare la cauzione per liberarli entrambi. Le risate che gli riempivano le orecchie, il braccio del suo amico attorno alle sue spalle.

“Diventeremo qualcuno, un giorno”.

Il sorriso di Park JiMin, un altro dei suoi amici d’infanzia. Le urla, quando era stato trascinato a forza nella vasca da bagno a casa del più grande di loro. Gli schizzi, le sue proteste. La polaroid che li ritraeva tutti insieme, con le sue braccia verso l’alto.
 

“Giovani per sempre”. 

Il modo in cui arrossiva, quando qualche ragazza lo fermava, per dirgli che era bello. La forma delle sue piccole manine, le fossette che si aprivano ai lati delle sue labbra, gli occhi che diventavano due mezze lune. Quella sera in cui si erano arrampicati su un albero, per guardare le stelle insieme. Avevano tredici anni.

 

“Amici da qui all’eternità?” “Promesso”.

«Stai piangendo, TaeHyung» disse Cyane, avvertendo la sensazione di qualcosa di bagnato pioverle sulla spalla. E anche lui si accorse delle lacrime che erano inavvertitamente strisciate giù dai suoi occhi, per la prima volta in tanti anni. Quella realizzazione ebbe il potere di triplicare il dolore ormai invincibile che si stesse allargando nel suo cuore. Il respiro gli si mozzò e cominciò a singhiozzare, curvandosi sulle spalle della giovane, incapace di fermarsi. Ella strinse più forte le braccia attorno a lui, accarezzandogli dolcemente la pelle, sentendo la moltitudine di cicatrici sotto i polpastrelli, in rigonfiamenti più o meno evidenti.
«Andrà tutto bene» continuava a ripetere, mentre ai singulti si aggiungevano le urla. Disperate, di dolore, per ogni volta in cui avrebbe voluto piangere ma non c’era riuscito. Per SeokJin. Per JiMin. Per NamJoon. Per JungKook. Ed, infine, per se stesso. Per tutto il male che si fosse inflitto da solo. Per la gioventù che non aveva vissuto a causa delle sue abilità di mira e delle conoscenze sbagliate. Per la vita che avrebbe voluto e che non era riuscito a catturare fra le dita. Pianse, per tutte quelle mancanze, e per quelle che non riusciva ad immaginare in modo chiaro. Mentre la giovane fra le sue braccia continuava ad accarezzargli la schiena, piangendo silenziosamente insieme a lui.




 


   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: whitecoffee