Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: whitecoffee    04/10/2017    1 recensioni
❝«Ho sempre pensato che il cuore dell’uomo sia diviso in due metà esatte. Una felice, e l’altra triste. Come se fossero due porte, vicine. Le persone possono entrare e uscire da entrambe, non c’è un ordine prestabilito. Ovviamente, molto dipende dal carattere degli individui e dalle relazioni che vengono instaurate. Mi segui?» Domandò, e lei annuì. «Per TaeHyung, uno di questi usci è sprangato. Non si apre più. Costringendo chiunque a passare solo dalla parte riservata al dolore, non importa il tipo di rapporto che intercorra fra lui e gli altri. Perfino io, sono entrato da quell’unica porta. E mi sono rifiutato di uscirne, sebbene lui avesse più volte provato a sbattermi fuori»❞.
❝Tu devi sopravvivere❞.
- Dove TaeHyung impara che, rischiando, spesso si guadagni più di quanto si possa perdere.
assassin!TaeHyung | artist!JungKook | hitman/mafia!AU | boyxgirl
-
» Storia precedentemente pubblicata sul mio account Wattpad, "taewkward".
» Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=92wl42QGOBA&t=1s
Genere: Angst, Dark, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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XVI.
skit: Beck


You, too, have mysteries of your own. I know that you must have dreams that you don't tell me. I don't want to know them. But I can tell you: live those dreams, play with them, build altars to them.
 



 
 
I just wanted to make you smile, I wanted to do good, so thanks. For believing in someone like me, dealing with these tears and wounds. Thanks, for becoming my light. For becoming the flower in the most beautiful moment in life.






 
 
우리의 냉담한 약속, 무수한 실수와 다른 잘못, 말할 수없는 작은 상처…
Our heartless promises, countless mistakes and other wrongs, our unspeakable and small wounds… (Coffee)
 
 
 

TaeHyung alzò lo sguardo dal suo libro e vide che Cyane si era addormentata con la testa sulle sue gambe. JungKook era uscito per rifornire le scorte di cibo che ormai scarseggiavano nel frigo, e loro due erano rimasti in casa. Accomodandosi sul sofà in soggiorno, a leggere. La ragazza aveva scelto un testo per lui e viceversa. Dunque, ad uno erano capitate “Le Affinità Elettive”, e all’altra “La Nuova Eloisa”. La forza dirompente del romanticismo tedesco, contro la timida frattura delle impalcature della ragione dell’illuminismo francese. Due mondi paralleli, le facce opposte della medaglia del cuore umano.
TaeHyung non aveva mai perso tempo, con quel genere di letture. Era il suo giovane coinquilino che sprecava sospiri, inseguendo con lo sguardo le sorti di amori impossibili, eroi infallibili e passioni leggendarie, riempiendosi la testa di ideali e atteggiamenti ormai perduti. Al castano non era mai piaciuto lasciar vagare troppo la fantasia. Un’azione del genere avrebbe potuto essere controproducente, ed ecco perché preferiva trincerarsi dietro le fredde sbarre dell’intelletto, razionalizzando i battiti del proprio cuore. Tuttavia, da quella notte trascorsa a piangere fra le braccia di Cyane, egli sentiva che, dentro di sé, qualcosa si era sbloccato. Come l’argine distrutto di un fiume, il cui corso avesse ripreso a fluire, più impetuoso di prima. Come una porta prima sprangata, e poi nuovamente funzionale. Parte del suo gelo atavico sembrava essersi sciolto insieme alle sue lacrime. Si sentiva come se fosse rimasto seduto sul pavimento di una piscina, a trattenere il respiro per troppo tempo; per poi, d’improvviso, decidere di riemergere a galla, inspirando violentemente, avvertendo il vento freddo sulla pelle bagnata. Una sorta di lenta rinascita. Una crepa nel muro.
TaeHyung piegò un angolo della pagina che stava leggendo, e posò il libro sul piatto bracciolo del divano. Si prese del tempo per osservare il volto della ragazza assopitasi sul suo grembo. I lineamenti erano quieti e distesi, rilassati. Protese un indice ambrato e le sfiorò una guancia lattea. Il contrasto fra le due tonalità d’incarnato risaltava visibilmente alla vista. Come nero su bianco. Al tocco, ella sorrise. Un gesto involontario prodotto dal sonno. Il giovane si domandò cosa i suoi occhi stessero vedendo, oltre le palpebre. Cominciò a passarle gentilmente le mani fra i capelli, giocherellandovi rapito. Non si era mai preso quelle libertà, con una ragazza. Nemmeno quando aveva sedici anni e batteva la città palmo a palmo, di notte, insieme ai suoi amici. Per la verità, non sembrava essersi mai preoccupato particolarmente della sua vita sentimentale, in generale. Le sue impellenze fisiche venivano soddisfatte periodicamente nelle stanze d’albergo, regalandogli qualche ora di libertà da se stesso, permettendogli di non pensare a null’altro al di fuori delle azioni meccaniche che la natura gl’imponeva di seguire.
Proprio come i suoi tanto amati libertini, non sapeva cosa volesse dire amare. Era perfettamente cosciente che esistessero diversi tipi di amore: c’era quello che si riservava ai genitori, ai fratelli, agli amici. Quelli li conosceva bene. Ma ignorava completamente come fosse possibile, per un uomo, ridursi come nei romanzi che piacevano tanto a JungKook. Ad impazzire, vedendo gli occhi della loro ossessione in ogni dove. Ricordava di quando il suo coinquilino gli avesse imposto di leggere “Cime Tempestose”. Sotto sotto, TaeHyung aveva mortalmente invidiato l’amore che Heathcliff avesse nutrito per la sua Catherine. Qualcosa che superava addirittura la morte, trascinandolo violentemente sull’orlo della pazzia. Perdere il senno per amore. Abbandonare il controllo della propria mente, a causa di qualcuno. Situazioni senza senso, che per lui non avevano ragione d’essere. Il suo cervello era l’organo più importante di cui disponesse. Azzerarne le capacità, equivaleva a morire.
Eppure, la sua prima pazzia l’aveva già compiuta, decidendo di trasgredire agli ordini impartitigli, pur di salvarla. Lei, una sconosciuta di cui non sapeva nulla e che non aveva alcun ruolo significativo, nella sua vita. Però, quella volta le sue dita si erano rifiutate di collaborare, impedendogli di far partire il colpo mortale dalla pistola. Una follia. Un atto alla Heathcliff. In quel momento, però, fu grato a se stesso per aver indugiato. Guardare Cyane dormire in quel modo, gli trasmise un inarrestabile calore nel petto. Sapere che ogni centimetro di quella persona gli appartenesse, corpo e anima, lo faceva stare bene. Gli permetteva di sentirsi umano. Amato. E non come JungKook aveva sempre fatto. Era l’altro tipo di amore, quello per lui sconosciuto e incomprensibile. La ragazza aprì lentamente gli occhi, focalizzando il soffitto bianco sopra la sua testa, e poi il volto di TaeHyung. Che le sorrise dolcemente, a bocca chiusa.
«Il povero Rousseau è così noioso?» Chiese lui, in un mormorio. Lei ridacchiò, scuotendo la testa.
«Eri talmente comodo, non ho potuto evitarlo» ammise, serrando le palpebre e godendosi il tocco delle sue gentili dita attraverso i lunghi capelli di un azzurro ormai scolorito, che virava verso il biondo.
«Prima, hai sorriso nel sonno» le disse, divertito. «Sognavi me?»
Cyane annuì, e le sue labbra si sollevarono verso l’alto. Riaprì gli occhi, guardando davanti a sé.
«Ho rivissuto quella volta in cui stavo parlando con JungKook, e tu hai interrotto il mio discorso, baciandomi sulla guancia» raccontò. «Non è stato molto educato, da parte tua» aggiunse, scoccandogli un’occhiata maliziosa. Alla quale lui rispose annuendo.
«Allora lo farò più spesso» la provocò, ottenendo di farla ridere e raggomitolare su se stessa, volgendosi dall’altro lato. TaeHyung osservò il profilo delle sue spalle strette e la schiena asciutta. Dalla quale sporgevano le scapole, al di sotto della stoffa della maglietta verde acqua che lui stesso le aveva comprato, tempo addietro. Sentiva il suo respiro sulla gamba, ritmico e rilassato. Fece scivolare la mano sulla sua spina dorsale, percorrendo i dolci avvallamenti delle vertebre con l’indice, gentilmente.
«Sai» riprese lei, senza volgersi. «Una settimana dopo il mio arrivo qui, JungKook mi chiese di posare per un ritratto. Ed io accettai. Parlammo molto, quella volta. E lui mi disse che, secondo la sua idea, il cuore di ogni essere umano avesse due porte. Una per la gioia, e una per la tristezza. Ma che l’unica agibile, nel tuo caso, fosse quella del dolore. Come se tu avessi dimenticato come si facesse ad essere felici» disse, e lui l’ascoltò senza replicare. Pensando che, con ogni probabilità, il suo amico avesse detto la verità. Il concetto di felicità, per lui, era morto con SeokJin, in quella fredda giornata di Novembre di due anni fa. E con esso, era sparito tutto il suo passato, tirandosi dietro i ricordi belli che aveva costruito con tanta fatica. La felicità era un’illusione. Un lusso che i mostri come lui non potevano permettersi. Come l’immagine del sole che sorgeva, ma che lui non poteva vedere, se non attraverso il suo riflesso sul muro, impossibilitato a volgersi verso l’astro nascente, incatenato ad una sedia rivolta verso la parete. Poteva presentirla, ma non provarla. Scorgerla, ma non vederla.
«Era come se nella tua mente ci fosse stato un velo di oscurità a coprire tutto. Non permettendoti di guardare niente. Né te stesso, né cosa avessi intorno. Avanzavi a tentoni nel buio, forse sperando d’inciampare una volta per tutte. Ma ti andava sempre bene e riuscivi a camminare senza problemi» commentò, ridacchiando.
«Poi, sono arrivate le lucine di Natale» rispose lui, spostando la mano sulla sua spalla ed esercitando una gentile pressione, di modo che ella potesse voltarsi verso di lui. I loro sguardi s’incontrarono, allacciandosi saldamente l’un l’altro. Cyane gli sorrideva, annuendo. Riflettendo come uno specchio l’espressione dipinta sul volto di lui.
«La mia lucina» ripeté la ragazza, cercando la sua mano ed intrecciando le dita alle proprie. «Forse stai imparando ad aprire anche l’altra porta» commentò. Lo vide scuotere la testa, gentilmente. I capelli castani ondeggiarono, seguendo i suoi movimenti.
«Quell’entrata è solo tua» decretò, portandosi la mano di lei alle labbra, e depositandovi sopra un dolce bacio. Ella chiuse gli occhi, felice.
«Hai mai pensato agli alberi?» Chiese TaeHyung, di punto in bianco. Ella corrucciò l’espressione, senza sollevare le palpebre.
«Alberi?»
«Sì», convenne lui. «Sono un’ottima metafora per la vita di una persona. Alcuni sono soli, altri circondati da loro simili, all’interno di una foresta. Pensa agli affetti come se fossero foglie, più o meno ancorate ai rami, o meglio ancora ai frutti».
«Ma finiranno inevitabilmente per cadere» protestò ella, e il giovane annuì.
«Esatto. Prima o poi, tutti vanno via. Anche per le piante sempreverdi, c’è ricambio. Nulla rimane invariato. Proprio come per noi umani. Sarebbe utopistico credere che le persone ci rimarranno accanto per sempre. Potrebbero accadere una serie d’imprevisti, che le condurrebbero a lasciarci soli. L’inverno arriva per tutti, sai? Così come la primavera, certo. È un continuo circolo, destinato a ripetersi all’infinito» spiegò. «Ed anche tu e JungKook, le foglie più belle del mio albero, prima o poi scivolerete giù dai miei rami» ammise, sorridendo con una punta di amarezza. Cyane riaprì gli occhi, e fissò lo sguardo in quello del giovane. Il quale sembrava vagare verso mete sconosciute, chiare solo ai recessi della sua mente.
«No, TaeHyung» si oppose. «Non ho intenzione di accendermi dei miei colori più belli, per poi scivolare silenziosamente al suolo, ed ingrigire a causa della lontananza da te» ribatté. «Voglio essere un ramo. Che non può cadere, a meno che non lo si tagli. E credo che anche JungKook sarebbe dello stesso parere. Non c’è provvisorietà, in noi. Siamo solidi e ben ancorati gli uni gli altri. Non basterà un soffio di vento a separarci. Tienilo a mente».
Il ragazzo le rivolse un’occhiata sorpresa, metabolizzando quanto avesse ascoltato. Per anni, aveva immaginato se stesso come un’enorme quercia secolare, da sola nel bel mezzo di una collinetta dipinta di smeraldo. Di quando in quando, la sua chioma verdeggiante veniva scossa dalla brezza di campagna. Con l’alternanza delle stagioni, molte foglie cadevano. Senza chiedere il permesso a nessuno. Senza dare il tempo di protestare. Semplicemente, rovinavano al suolo, qualcuna più variopinta delle altre. E lui non poteva farci nulla. Ed era in quel modo che aveva immaginato ogni relazione intrapresa, con i suoi amici, i genitori, i superiori alla Lega. JungKook era sempre stato la rigogliosa infiorescenza dal colore tenero, una gemma non ancora pronta a sbocciare; ma che, prima o poi, avrebbe seguito il corso naturale degli eventi, separandosi inevitabilmente da lui. Non aveva mai pensato che quel piccolo virgulto potesse diventare un ramo, una parte integrante del suo essere, che nessuno avrebbe potuto scindere da sé. E, in quel momento, Cyane gli aveva appena detto che non erano destinati a dividersi. Che il loro compito era quello di crescere insieme, inseparabilmente.
TaeHyung avvertì una nuova crepa farsi silenziosamente strada nel blocco di ghiaccio all’interno del suo essere. Intaccando anche l’ultima parte di diffidenza dietro la quale avesse miseramente cercato di difendersi. E si sentì per la prima volta come una foglia d’autunno. Tremante sul ciglio della fronda, quando la ragazza gli sorrise, incoraggiante. Per sottolineare il peso delle sue parole. Due nuovi rami. Le braccia che non avevano mai cinto i suoi fianchi, per aiutarlo a camminare quando non riusciva ad avanzare da solo. Due mani che potessero sollevarlo dal freddo fondo dell’abisso. Due satelliti che orbitassero attorno al suo silente pianeta di solitudine. Due occhi che lo guardassero nello stesso modo con cui si riconoscesse casa. I due sprazzi di vivido colore sulla bianca tela della sua esistenza.



 


 

   
 
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