Fanfic su artisti musicali > Mika
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Autore: VvFreiheit    08/10/2017    7 recensioni
La Mikandy più lunga che sia mai stata scritta.
La loro vita raccontata dagli albori fino al 2015.
1000 pagine di word, 200 capitoli, 4 anni e mezzo di pubblicazione.
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Andò a posare le mani sulle sue ginocchia, accucciandosi di fronte a lui, cercando da quella posizione i suoi occhi, che ancora se ne stavano in contemplazione del pavimento della stanza. “Scusami” disse scandendo con dovizia ogni suono di quella parola.
“Grazie” rispose Mika inaspettatamente. Andy sorrise chiudendo gli occhi e lasciando che nella maglia del moro si celasse la sua emozione, stringendolo più forte a sé. Un grazie che esprimeva tanto, che possedeva nel profondo tutti le ragioni per cui era venuto alla luce in quel preciso istante.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Andy Dermanis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Ce vediammo a audizione setimana prossima” salutò Mika sulla soglia della porta con un sorriso “Grazie per la tua lezione” disse riconoscente.

“Grazie a te Mika” salutò con un occhiolino prima di vederlo scomparire lungo il vialetto della villetta e richiudersi la porta alle spalle.

-*-*-*-*-*-

Sbadigliando pesantemente, fu così che Mika mise piede in terra italiana, dopo il suo breve soggiorno spagnolo che lo aveva riportato con tanta gioia a fare quello che lui considerava il suo lavoro per eccellenza: salire su di un palcoscenico e far impazzire migliaia di fan per due ore inoltrate.

Il suo stomaco brontolava da mezz’ora; non aveva osato attingere alle pietanze offerte dalla compagnia di bandiera iberica che dall’odore non gli avevano stuzzicato per nulla l’appetito, ragion per cui si ritrovava a varcare la soglia di casa con l’unico pensiero in testa di chiamare al più presto un take-away. La tipologia o l’etnia del cibo al momento completamente irrilevanti. 

“Sia ringraziato il cielo! Mammaaaaaaaa!” un urlo fanciullesco si sparse per casa non appena al naso del giovanotto giunse il profumo speziato dei falafel che Joannie stava sfornando proprio in quel momento, mentre la risata divertita e compiaciuta della donna fece da gradito contorno.

“L’ho sempre saputo che sei la mamma migliore del mondo!” trillò contento Mika dopo aver lanciato zaino e giacchetta sul divano ed aver stretto la mamma in un abbraccio affettuoso e stritolatore, corredato dallo sciocco di un bacio sulla guancia paffuta.

Joannie posò la teglia sul fornello e poi ancora con la pattina morbida sulla mano, allungò un innocente scappellotto al fondoschiena del figlio, ridacchiando e lasciandosi andare ad un “Adulatore che non sei altro!” che lo fece immancabilmente sorridere innocentemente.

“C’è bisogno di te in questa casa! Non c’è abbastanza atmosfera libanese…” riconobbe il riccio, aprendo la credenza e afferrando due piatti, pronto a servire due abbondanti porzioni e sedersi a tavola con sua madre.

Joannie non riuscì a reprimere un sorriso compiaciuto udendo quella parole, leggendo al loro interno non una semplice richiesta di circostanza, ma il concreto desiderio del figlio di ritrovare anche in quelle mura italiane la vera atmosfera della famiglia in cui era cresciuto e che profumava immancabilmente di mediterraneo medio oriente.

Non appena i due piatti furono riempiti, non si udì volare una mosca per alcuni minuti. Mika era troppo intento a divorare avidamente la sua cena, Joannie spiluccava lentamente, persa nell’osservazione del terzogenito e nella sua fanciullesca attitudine che adorava lasciar fuoriuscire quando a circondarlo c’erano solo occhi a lui familiari, nell’intimità di una casa.

“Yasmine mi ha mandato le foto della casa a Miami” esordì la donna dopo un attimo, aprendosi in un sorriso compiaciuto. “I lavori procedono bene!” si complimentò apertamente.

“Sì! Ah te li ha fatti vedere Fort i disegni?” chiese Mika, esibendo tutta la sua euforica gioia che Joannie riconobbe con innegabile felicità.

“Che disegni?” domandò curiosa la madre, aprendosi in un’espressione di anticipato orgoglio per quello che credeva di aver intuito.

“Quelli del secondo piano!” Rispose Mika in un nanosecondo, esprimendosi con foga, quasi la madre avesse colpevolmente dimenticato quel rilevante dettaglio.

“Fortuné sta disegnando il secondo piano?” la risposta che ricevette un secondo più tardi da un’iper-entusiasta Joannie lo fece quasi sbiancare di colpo.

Si portò entrambe le mani al volto, nascondendosi colpevolmente, ormai consapevole del motivo dell’espressione eccitata e del sorrisone a 32 denti della donna che gli sedeva difronte.

“Dimmi che lo sapevi….!” Chiese in un sussurro, senza uscire dal suo nascondiglio fittizio ormai certo di aver parlato a sproposito ed aver svelato qualcosa di ancora segreto.

Joannie comprese al volo il mutamento improvviso del comportamento del figlio e scoppiò in una sonora risata divertita. “No che non lo sapevo! Chi dei tuoi fratelli ti uccide stavolta?” indagò senza nascondere minimamente la sua goliardica presa in giro amorevole.

Mika dapprima spalancò la bocca incredulo dello sfottò che stava vendendo dritto dalla bocca di sua mamma, poi aggrottò le sopracciglia lanciandole uno sguardo offeso e in ultima battuta mise un broncio teatrale, incrociando le braccia al petto.

Joannie di fronte a quell’esemplare di figlio arrabbiato e giocosamente -ma nemmeno tanto- risentito, si alzò dal tavolo e lo aggirò andando ad abbassarsi su di lui stringendolo amorevolmente in un abbraccio. “Il mio piccino si è offeeeso!” canticchiò allegramente.

“Lo sai che ti voglio bene anche quando sveli segreti senza rendertene conto, innalzando le ire di tutti gli altri” gli bisbigliò piano ridacchiando, prima di lasciargli un veloce bacio sulla guancia.

“Ti perdono solo perché mi hai preparato i falafel!” mugugnò Mika, ancora tra le braccia della donna aggiungendo poi “Se Fortuné o Yasmine dovessero parlartene, tu per favore fai…” ma venendo interrotto a metà “…finta di cadere dalle nuvole. Ovvio!” trillò la donna, lasciando la presa su di lui e iniziando a sparecchiare la tavola velocemente e osservando nel lavello quegli unici due piatti da lavare.

Le mancava immensamente ritrovarsi il lavandino stracolmo di piatti e posate, o per meglio dire, le mancavano immensamente i numerosi componenti della famiglia che quei piatti li sporcavano e che erano cresciuti da e con lei negli ultimi 40 anni.

Non vedeva l’ora di mettere finalmente piede nell’enorme villa Penniman di Miami e condividere in allegria un’altra di quelle giornate che per lei significavano il coronamento di una vita intera.

“Ma’ io vado a dormire che domani ho lezione presto” farfugliò il ragazzo, lasciandosi andare ad uno sbadiglio, adocchiando il cellulare, notando sconsolato l’ora tarda e trattenendosi dallo sbuffare solo grazie al sorriso che gli nacque teneramente al “καληνύχτα, buona notte <3” di Andy.  

“Notte!” gli augurò la donna, lasciandogli un bacio sulla guancia.

“Notte ma’, grazie!” sibilò in risposta, lasciandole un abbraccio tenero, prima di dirigersi verso camera propria.

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Allora Mika, di musica abbiamo parlato abbastanza direi…” esordì la giornalista riccia dai lunghi capelli rossi sorridendo e passando la parola alla collega.

Adesso vogliamo sapere, qualcosa di più sulla tua vita amorosa… Voci dicono che accanto a te ci sia qualcuno da qualche anno ormai…” lanciò la moretta, lasciando la domanda aperta a facili e possibili divagamenti e risposte.

Mika si irrigidì impercettibilmente al cambiamento di tema ma con un sorriso timido si limitò a commentare “Sì, tutto va benne, io sono contento” alzando lo sguardo sulle due, in attesa della domanda successiva.

Dicci di più su questa persona misteriosa dai…immagino si tratti di un ragazzo, date le tue recenti affermazioni, è così?” intervenne in tono dolce nuovamente la rossa, sorridendo professionalmente.

Mika sentì una ventata di tensione pervaderlo, ma deglutì compostamente, nascondendo le mani in ansioso contorcimento. “Sì, noi siamo insieme de alcunni anni, ma io non voio dire tropo, lui è molto ehm… discreet” rispose aiutandosi con l’inglese e lasciandosi andare ad un sorriso timido e impacciato.

Le due giornaliste gli lanciarono entrambe uno sguardo, il primo dalla rossa carico di comprensione, il secondo risentito e quasi stizzito da parte della mora.

Sinceramente Mika, puoi anche farcelo questo nome… Si verrà a sapere prima di quanto tu possa credere…” esordì quindi la seconda, con espressione saccente e taccuino in mano, pronta a non farsi sfuggire nemmeno una sillaba della sua risposta.

Il viso fino a quel momento rilassato del libanese, a quell’uscita perse la sua verve serena e si incupì di colpo, mostrando nello sguardo tutto il risentimento e la perturbazione di quell’uscita che sapeva vagamente di sfida intimidatoria.

“Sì, ma per ora il momento non è ancora giunto” rispose dopo aver riflettuto un breve istante, passando alla lingua inglese per essere certo che il suo messaggio non venisse travisato da errori grammaticali.

L’espressione quasi divertita della moretta non scomparì del tutto, mentre con nonchalance appuntava quando appena udito sul taccuino pieno zeppo di parole e cancellature.
Io credo che l’intervista si possa chiudere qui, sei d’accordo Mika?”

L’intervento della rossa dipinse un lievissimo velo di disappunto sul volto della collega, mentre i lineamenti del libanese tornarono a rilassarsi almeno un poco, mentre annuiva e rispondeva con un educato “Grazie” rivolto solo ed esclusivamente alla più giovane e cordiale delle due, prima che entrambe salutassero il manager e prendessero la via della porta, salutando anche lui.

Il caldo dello studio lo stava facendo impazzire, come se la giornata non fosse già stata seccante abbastanza.

“Te la sei presa” la voce del manager tagliò la tranquillità ovattata della stanzetta ormai vuota, avanzando quell’affermazione, senza bisogno di ricevere la risposta positiva che già emergeva senza bisogno di esternazioni.

I lineamenti morbidi e distesi di Mika, plasmati in una maschera di irritazione palese, parlavano chiaramente ma il manager voleva cercare di capire quando grave fosse risultata la situazione.

“Secondo te non dovrei?!” sbottò il libanese, lanciando uno sguardo truce alla porta della stanza da cui le due erano appena uscite e uno, solo un filo più mite, all’uomo che gli sedeva accanto.

 “Hai ragione ma sono giornalisti… lo sai che pur di ottenere lo scoop sono pronti a sparare a zero” cercò di scherzare, mitigando la tensione che leggeva fin troppo chiaramente nei suoi occhi imperscrutabili.

“Hm…” il borbottio sdegnato con cui rispose prima di afferrare il cellulare dalla tasca e chiudersi nel suo piccolo mondo, fece sospirare Giulio di rassegnazione. Era bastata una domanda un po’ troppo irriverente sulla sua vita amorosa a indispettire il giovanotto e a mutare le sue risposte da tranquille e giocose a fredde e distaccate.

Senza mai lasciare oscillare la sua proverbiale e celebre educazione da inglesino per bene, aveva infatti fatto capire a suon di espressioni ponderate e sguardi scuri, tutta la sua disapprovazione verso quella molesta intrusione.

“Te la sei giocata bene, comunque.” Giulio cercò di sciogliere il clima teso, facendo leva su un elementare complimento che già sapeva non avrebbe fatto presa su di lui. La risposta pacatamente seccata che Mika gli servì senza esitazione gli confermò di aver fallito il tentativo.

“Giusto perché ti sia chiaro, questo gioco non mi piace!” esplicitò fermamente infatti prima di alzarsi dalla sedia, infilare il cellulare in tasca e voltarsi verso la direzione della porta.

 
Rientrò a casa alle 6 di sera con un muso lungo fino a terra, lanciando le chiavi e sbuffando seccato quando le vide atterrare sul mobiletto e rimbalzare un secondo dopo per terra. 

Con un mezzo mugugno si abbassò per raccoglierle e, solo grazie ai suoi riflessi pronti, riuscì a evitare che la tracolla penzolante, facesse sfracellare a terra il vasetto di terracotta con la pianta grassa, posato sulla mensolina accanto.

Fu inevitabile per lui a quel punto, calmare appena i nervi a fior di pelle, con una serie di imprecazioni colorite, sistemando di nuovo le piante ornamentali al suo posto e le chiavi nella ciotolina di vetro colorato.

“Mika!!” Joannie non perse tempo invece, udite le brutte parole uscite dalla bocca del figlio, a riprenderlo in tono di rimprovero, esattamente come se i 20 anni passati dalla sua infanzia al presente non fossero esistiti.     

Il ragazzo educatamente non rispose alla donna, evitandosi una lavata di capo ancora più consistente, ma decise che per evitare scontri generazionali per quella sera, vista la sua poca inclinazione all’antinomia, rinchiudersi in camera sua fosse la scelta migliore.

Con poche falcate percorse il lungo corridoio bianco e semi spoglio e raggiunta l’ultima porta a sinistra si fiondò all’interno, richiudendosela alle spalle immediatamente.

Joannie percepì chiaramente il passo pesante del figlioletto e la porta chiusa non troppo aggraziatamente e comprese all’istante l’umore nero e la scelta di solitudine, riconoscendo in quel modo di fare il Mika adolescente.

Con un sospiro rassegnato tornò a leggere il suo libro, sprofondando meglio nella poltrona colorata del salotto milanese e lasciando al figlio la tranquillità che silenziosamente aveva preteso.

Mika, dopo aver gettato i vestiti malamente a terra ed essersi fiondato sotto la doccia per rinfrescare il fisico dalla calura italiana e la mente dal surriscaldamento emotivo pomeridiano, socchiuse tutte le finestre, lasciando a trapelare nella stanza solo due leggeri spiri di luce; si infilò quindi un paio di boxer e una t-shirt e si gettò sul letto chiudendo gli occhi, cercando di ritrovare la sua solita tranquillità d’animo andata smarrita con una semplice domanda di troppo.

Sospirò più volte, cercando di scacciare la sensazione opprimente che si sentiva addosso da alcune ore.

Stava andando tutto per il verso giusto, la sua avventura italiana era partita nel migliore dei modi, pur con tutte le difficoltà che un impegno come quello che si era sobbarcato comportava, ma inspiegabilmente non riusciva a distogliere il pensiero dall’insignificante questione che l’aveva travolto nemmeno un paio d’ore prima.

Non era la prima volta che dopo la sua apertura sentimentale gli avevano posto domande sulla sua vita privata. In 6 anni di carriera aveva saputo dribblare palloni ben più pesanti e ben piazzati di quello che gli era stato tirato dalle due giornaliste italiane, ma l’insistenza della mora e l’uscita sarcastica, era suonata alle sue orecchie come una velata minaccia alla sua intimità. 

Più di una persona l’aveva messo in guardia, nel periodo antecedente alla sua decisione di totale apertura, sulle intrusioni martellanti che avrebbero potuto far seguito alle sue dichiarazioni, ma mai fino a quel momento aveva visto il pericolo di una violazione della sua vita privata, tanto vicino e tanto imminente.

Conosceva i suoi limiti, sapeva che sorpassata una certa soglia la sua salute mentale avrebbe potuto seriamente vacillare, se non fosse stato in grado di salvaguardare il suo mondo e mantenerlo nettamente separato dal suo lavoro, tuttavia non era quel cruccio a fargli contorcere lo stomaco dall’ansia.

Ciò che più tremendamente temeva con tutto sé stesso, era che la demarcata linea di confine tra i suoi due mondi potesse oscillare a tal punto da intaccare le frontiere della vita privata e ossessivamente riservata di Andy.

Se lui si riteneva una persona cauta e discreta, Andy era esponenzialmente più schivo, chiuso e reticente alle luci della ribalta di quanto lui non sarebbe mai stato.

Una violazione dei suoi spazi e della sua quotidianità, avrebbe potuto significare scontri indiscussi e incontrastabili con lui, che solo Dio sapeva quanto dannosi e mortali avrebbero potuto finire col divenire.

Nella sua testa iniziarono ad accumularsi dubbi e incertezze sempre più angoscianti.

Guardandosi indietro, mise in discussione la sua decisione e si chiese se davvero Andy sarebbe riuscito a sopportare le conseguenze delle sue scelte, come gli aveva promesso davanti ad una fetta di pane imburrato con la marmellata, in un mattino greco di primavera.

Non era più certo di essere in grado di tenere a bada l’orda di giornalisti alle calcagna e l’idea di non poter far fronte alla promessa di protezione giuratagli, riusciva ad inquietarlo a livelli inimmaginabili.

Poteva fingere e ammettere a sé stesso che a qualunque costo avrebbe lottato per la sua intimità, ma la verità era che al momento non era più sicuro di riuscirci, non era più sicuro di nulla.

Il cellulare dimenticato sul balcone della finestra chiusa, fece notare la sua presenza, nonostante la modalità silenziosa impostata. Il bagliore della notifica illuminò fiocamente la stanza per un breve istante, prima di affievolirsi e morire.

Mika lo percepì appena, smarrito nelle sue foschie mentali.

“La domanda che mi sono fatto per decidere il da farsi non è stata se ne fossi sicuro, ma se ne valesse la pena e mi sono risposto che sì, ne vale la pena in tutto e per tutto. Ti amo come non ho mai amato nessuno e quindi sì: sono sicuro di voler affrontare tutto il casino che ne potrebbe conseguire, perché se è quello di cui hai bisogno, è giusto che tu lo faccia. Se sei pronto tu, mi basta.”

Con un fragore muto, attorno a lui iniziarono a rincorrersi distintamente le parole che Andy aveva pronunciato quasi due anni prima, dissipando ogni suo residuo timore.

Con dovizia di particolari la sua mente gli ripropose gli occhi celesti, luccicanti ed innamorati che sorridenti l’avevano guardato, nel proferire quell’esplicita promessa incondizionata di sostegno.

L’ennesimo chiarore illuminò il davanzale della finestra e rimase quella volta più a lungo, attirando forzatamente la sua attenzione. Si alzò dal letto e avanzando i due passi necessari, recuperò il cellulare.

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Buongiornoooo!
Lo so che vi stavo abituando all'aggiornamento mattutino, ma oggi ho avuto un po' di cose da fare. 
Un Mika con mamma a Milano + un Mika risentito.
Come la risolveranno?
Alla prossima puntata!
Vi aspetto qui sotto! Grazie mille e a presto!
Vv
  
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