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Autore: shiningreeneyes    09/10/2017    0 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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Prenderemo una decisione insieme.

 

 

Giovedì, 5 Maggio 

Trentasette settimane e tre giorni 

 

Era tipico che i miei ormoni, dopo essersi comportati abbastanza bene per un bel po' di tempo, mi avrebbero colpito di nuovo con piena forza quaranta minuti prima dell'incontro con l'agenzia di adozione. Quel giorno o il giorno prima non era successo niente che si avvicinava all'emotivo, quindi quando mi trovai di fronte all'armadio occupato a cercare una maglietta che sembrasse meno logora e disgustosa di quelle che solitamente indossavo, l'ondata di disperazione e tristezza mi travolse improvvisamente, con mia grande sorpresa. Lasciai cadere le braccia sui fianchi, tutta l'energia sembrò avermi abbandonato, e mi guardai allo specchio, captando il riflesso del mio corpo nudo.

 

E quello bastò.

 

Mi colpii il fatto di quanto fossi diventato incredibilmente grasso e disgustoso, e iniziai a piangere - grosse, enormi lacrime mi scorrevano lungo le guance e una smorfia triste e patetica mi contornava il viso. Senza nemmeno preoccuparmi di indossare una maglietta, afferrando invece una coperta dal letto e avvolgendomela attorno alle spalle, uscii dalla stanza, i miei passi stranamente sconsolati. 

 

Con mia enorme gioia, frustrazione, felicità, disperazione e tristezza la porta della stanza di Harry era aperta. Lo vidi scegliere dei vestiti proprio come stavo facendo io mezzo minuto prima, e naturalmente non aveva nient'altro addosso se non una paio di boxer neri.

 

Stavo ancora piangendo e mi sentivo triste come sempre, così cercai di ignorare la sua semi-nudità e decisi di entrare.

 

Alzò lo sguardo dalle due camice che teneva in mano quando oltrepassai la soglia e, per un quarto di secondo sorrise, ma poi il sorriso fu subito sostituito da un cipiglio.

 

"Cos'è successo?" chiese, buttando entrambe le camicie nel pavimento e avvicinandosi a me, a quanto pareva non era interessato a come era vestito in quel momento.

 

"Non stai male, vero?" continuò prima che avessi il tempo di dire qualcosa, "c'è qualcosa che non va con il bambino? Stai bene? Aspetta, non sei in travaglio, vero? Dovrei chiamare-"

 

"No, non sono in travaglio!" lo interruppi, gridando e pestando i piedi a terra, mentre le lacrime sgorgavano dai miei occhi, "sono solo grasso e non dirmi di no cazzo, perché lo sono, e lo so!"

 

Rimase in silenzio per un istante, guardandomi piuttosto sconvolto dalla mia improvvisa esplosione, prima di scuotere la testa e sorridere delicatamente. "Sei pazzo, Lou."

 

Non era sicuramente la cosa giusta da dire.

 

"Oh, così io sono pazzo, vero?" sibilai, guardandolo. "Beh, vaffanculo allora, Harry, perché è colpa del tuo sperma se sono pazzo! È colpa tua, è tutta colpa tua! È colpa tua se sono grasso ed è colpa tua se sono pazzo e non voglio essere grasso e pazzo perché nessuno vuole persone grasse e pazze! E sono anche un mostro, che può o non può avere un cazzo di utero nel culo! Come diavolo sei riuscito a trovare il mio utero con il tuo cazzo io non lo so, ma è sicuramente colpa tua! Ero a quattro zampe e non potevo dire molto su ciò che stava succedendo, quindi è tutta colpa tua, Harry, e ti odio!"

 

Il mio respiro era irregolare per tutto il tempo che gli avevo urlato contro e tutto il mio corpo tremava di rabbia, ma non importava quanta rabbia sentissi, ero ancora abbastanza in me per ricordarmi che non potevo continuare in quel modo a meno che avessi voluto crollare in un impeto di dolore struggente.

 

Con quello in mente, strinsi la coperta intorno a me, guardando sul pavimento e deglutendo. Harry non disse nulla, sembrava capire ciò che stavo facendo, ma vidi i suoi piedi nudi spostarsi un po', in un atto di nervosismo.

 

Non potevo biasimarlo.

 

Dopo un po' smisi di tremare e il mio respiro tornò alla normalità, e alzai nuovamente lo sguardo, incontrando quello di Harry, e inghiottii ancora una volta.

 

"Scusa," sussurrai, non sentendo altro che vergogna mentre vedevo confusione, preoccupazione e dolore nei suoi occhi. "Io- io non volevo... esplodere in questo modo. Scusami."

 

Sorrise senza dire niente, si fermò dietro di me e avvolse le braccia intorno al mio petto - più o meno l'unica parte del mio corpo che poteva essere avvolta, probabilmente.

 

"Va tutto bene," disse lui, la guancia appoggiata al lato della mia testa, "gli ormoni stanno parlando, vero?"

 

"Si," sospirai, "naturalmente niente di questo è colpa tua."

 

"Non ho usato il preservativo."

 

"Avrei potuto pensarci anche io; eri più ubriaco di me, avrei dovuto assumermi la responsabilità."

 

"Non credo ti aspettassi di rimanere incinto, comunque, quindi-"

 

"Avrei potuto prendere la STD."

 

"Non ce l'ho."

 

"Non lo sapevo in quel momento."

 

Borbottò qualcosa, sembrava divertito, e strofinò il naso tra i miei capelli. "Non credo che qualcuno di noi due abbia delle colpe," disse, "in parte, forse, ma nessuno di noi poteva sapere che sarebbe successo tutto questo, nemmeno nei nostri sogni più selvaggi. Sta andando bene, però, no? Ce la stiamo cavando?"

 

Mi appoggiai contro di lui per quanto ne fossi in grado, temendo di cadere all'indietro se fossi andato oltre e annuii. "Si, ce la stiamo cavando."

 

"E tu? Stai bene?"

 

"Perché me lo chiedi?"

 

Sbuffò una risata che fece scontrare il suo respiro caldo attraverso i miei capelli come una leggera brezza.

 

"Perché sei venuto qui poco fa, piangendo, perché apparentemente sei grasso e brutto."

 

Arrossii un po' e fui felice del fatto fatto che non poteva vedere il mio viso. "Come hai detto tu, sono gli ormoni che parlano."

 

"Sei sicuro?"

 

Chinai la testa e mi morsi il labbro. "Forse no."

 

Sospirò nei miei capelli e lo sentii premere un bacio. 

 

"Lou," disse, trascinando le parole fuori, "ti ho detto tante volte che non sei grasso e disgustoso, e lo penso davvero."

 

Stavo per aprire la bocca per protestare, ma continuò prima che ne avessi avuto la possibilità.

 

"Non cominciare a lamentarti di nuovo," disse, anche se dolcemente, "ai miei occhi, Louis Tomlinson, sei bellissimo, hai capito? Ed il fatto che sei incinto del mio bambino ti rende ancora più bello."

 

Le sue labbra erano premute dolcemente sulla pelle sotto il mio orecchio, e inghiottii di nuovo, questa volta per evitare che il calore che cominciava a bollire nelle parti bassi diventasse troppo insostenibile.

 

"Probabilmente non lo capisci, ma sapere che è il mio bambino quello che stai portando in grembo, mi sta facendo impazzire." Poi premette un altro bacio sullo stesso posto e sospirai con soddisfazione, rilassandomi tra le sue braccia. "È eccitante, terribilmente eccitante."

 

Un altro bacio, questa volta che durò un po' di più, facendo aumentare la mia frequenza cardiaca. Le sue braccia allentarono la loro stretta dal mio corpo e le sue mani scesero lungo i fianchi, fermandosi sui miei gomiti avvolti dalla coperta. Lentamente, quasi esitante, le fece muovere verso su finché non si fermarono sulle mie spalle. Rimanemmo fermi così per qualche istante; il mio cuore stava battendo quasi dolorosamente veloce contro il mio petto e le mie mani erano agitate in qualcosa che probabilmente era attesa o nervosismo.

 

"Non stai indossando una maglietta sotto questa coperta, vero?" chiese, la sua voce improvvisamente graffiante.

 

Inalai un respiro tremante, e poi scossi la testa. Non successe niente per alcuni secondi, ma poi sentii le sue dita aggrapparsi leggermente alla coperta e spingerla un po' verso il basso, come se volesse toglierla. Feci appena resistenza, ma lui continuò. Apparentemente voleva tirarla via da me.

 

"Harry, per favore no," sussurrai, cercando di ignorare la scossa che mi percosse il corpo al pensiero di avere il suo petto premuto contro la mia schiena, "sono troppo-"

 

"No, non lo sei," mi interruppe senza fiato, muovendo le labbra contro il mio collo, "sei stupendo, eccitante, sexy, desiderabile, e tu mi stai davvero facendo impazzire solo esistendo."

 

Gemetti involontariamente a quello, un'altra scossa di eccitazione partì da dove le sue labbra stavano tracciando un percorso accurato su e giù, fino al mio cazzo. Scegliendo di fidarmi delle sue parole, smisi di fare resistenza e gli lasciai tirare giù la coperta, giù, giù, fino ad arrivare ai miei fianchi e farla cadere in terra ai miei piedi. Un brivido mi percorse tutto il corpo, questa volta a causa dell'aria fredda che mi aveva circondato improvvisamente, ma la sensazione non durò più di mezzo secondo perché sentii la pelle morbida e calda del suo petto premere deliziosamente contro la mia schiena. Il gemito che lasciai uscire fu abbastanza forte che quasi sembrò un lamento, e piegai la testa con leggero imbarazzo.

 

Non sembrava averlo notato, invece fece scivolare le mani in basso, quella volta per metterle sul mio stomaco, dove cominciò a strofinare lentamente in cerchi gentili con i pollici. Chiusi gli occhi e inalai profondamente, non preoccupandomi più di tenere il controllo - era evidente che fosse una causa persa, specialmente quando ancora una volta attaccò le sue labbra al mio collo, ma più deciso. Le tenne ferme per qualche istante, come per darmi l'opportunità di protestare, ma quando non dissi e feci nulla, cominciò a succhiare la mia pelle.

 

Succhiare.

 

Stava succhiando il mio collo, come se volesse marchiarmi. Mentre i secondi passavano e il mio respiro si faceva sempre più profondo, e lui continuava a succhiare e lambire la pelle sensibile, senza sembrare avesse la minima intenzione di fermarsi presto, realizzai che lui mi stava marchiando. La realizzazione mi fece uscire un gemito e un sospirato "Harry", e il mio cazzo si mosse nei miei pantaloni.

 

 

"Bello," mormorò tra i morsi, "bello, stupendo, così incinto, praticamente raggiante."

 

Mi voltai, sentendo la necessità di guardarlo negli occhi, assicurandomi che non mi stesse prendendo in giro. Lo spettacolo che vidi mi avrebbe potuto far venire all'istante. Le sue pupille erano piene di lussuria, molto più desiderio di quanto solitamente si ha per dei gesti così piccoli, le sue labbra erano rosse e leggermente gonfie per essere state attaccate alla mia pelle per tanto tempo e i suoi capelli erano in qualche modo arruffati come se si fosse appena svegliato. Lo vidi inghiottire e chiudere gli occhi, ovviamente per calmarsi, prima che le sue mani si spostassero dal mio stomaco e facesse un passo indietro.

 

"Cosa- cosa c'è che non va?" chiesi, la mia voce piccola, quasi impaurita.

 

Con mio sollievo, sorrise. "Niente, niente," disse, "ma noi... noi non abbiamo tempo per- beh, dobbiamo vestirci se non vogliamo essere in ritardo."

 

Per un attimo non riuscii a capire di cosa parlasse, ma poi ricordai perché ero entrato nella sua stanza e cosa stavo facendo prima, e misi il broncio per niente in particolare.

 

"Oh," dissi, "quello."

 

Stava ancora sorridendo. "Stai bene?"

 

Gli offrii un sorriso timido. "Si, certo."

 

"Ma...?"

 

"Niente ma."

 

"Stai mentendo," dichiarò, roteando gli occhi, "e presto mi dirai la verità, ma adesso dobbiamo vestirci e uscire di casa prima di arrivare in ritardo all'appuntamento."

 

*

 

 

Arrivammo nell'edificio dell'agenzia di adozione pochi minuti dopo le 12.00. Era un vecchio edificio in legno bianco a tre piani, ma il cartello sopra la porta d'epoca era moderno e i fiori nei vasi sul portico erano colorati e vivaci, creando un quadro quasi intimo.

 

"Avevo immaginato qualcosa dall'aspetto più... freddo," Harry scrollò le spalle mentre ci avvicinammo alla porta d'ingresso, la aprimmo ed entrammo. "Non è qualcosa che sembra essere stata tirata fuori da una storia del BBC drama."

 

"Mi piace," dissi mentre guardavo la stanza piuttosto spaziosa, "sembra quasi una casa.

Gettai uno sguardo alla reception moderna alla mia sinistra. "Con l'eccezione della scrivania."

 

C'era una fila di sedie posta lungo la parete opposta alla scrivania, e mi avvicinai per poi sedermi, tenendo una mano sulla schiena durante l'azione, attento a non ribaltarmi. Harry mi seguì lentamente e rimase in piedi fino a quando non fui seduto, pronto a prendermi in caso fossi caduto.

 

Era dolce.

 

"Stai bene?" chiese preoccupato dopo che si sedette affianco a me, guardandomi con qualcosa che sembrava quasi sospetto, "la tua schiena è okay?"

 

Gli sorrisi. "Sto bene, Harry, non preoccuparti tanto."

 

Sbuffò. "Scusa se non voglio che ti faccia del male."

 

Il mio sorriso si allargò. "Non mi farò male," dissi.

 

"Questo è quello che dice ogni persona incinta, e poi improvvisamente sono in terra," brontolò.

 

"Non cadrò," dissi, roteando gli occhi, "e anche se succederà, sei sempre in giro e sono sicuro che mi aiuterai."

 

"Naturalmente lo farò, ma preferirei se tu rimanessi in piedi."

 

"Farò del mio meglio."

 

Rimanemmo seduti per circa venti secondi prima che una porta accanto alla scrivania si aprisse ed una donna uscisse, con gli occhi puntati su di me. Sembrava che fosse sulla trentina, di origine orientale, capelli neri e ricci, che arrivavano fino alle spalle e indossava un blazer piuttosto stretto con una gonna aderente.

 

"Louis Tomlinson?" disse lei.

 

Mi alzai, il nervosismo che si insidiò dentro di me improvvisamente. Non che fosse strano, considerando quello che stava per succedere. Un po' esitante, la raggiunsi con Harry dietro di me.

 

"Si," dissi, tendendole una mano, "ciao."

 

La afferrò e la scosse brevemente, ma con fermezza. "Ciao," disse lei, "sono Ilana, mi è stato assegnato il tuo caso. Se tu e il tuo... partner volete venire con me, possiamo iniziare."

 

Dopo, si voltò e tornò nella stanza da cui era uscita con passi veloci, i tacchi che picchiettavano contro il pavimento. Avevo l'impressione che non era molto contenta di averci lì, ma forse stava solo tenendo le cose sul piano professionale. O forse era stranita dal fatto che si dovesse occupare del bambino di un ragazzo incinto.

 

Non potevo esattamente biasimarla in quel caso.

 

Con Harry ancora dietro di me, seguii Ilana dentro, un po' sorpreso di vedere una stanza abbastanza grande e luminosa, il soffitto alto ed un tavolo con numerose sedie attorno al centro. Lei si era già seduta ad un'estremità del tavolo, una pila di carte davanti a lei e un paio di occhiali in mano. Non alzò lo sguardo quando Harry chiuse la porta dietro di noi, o quando ci sedemmo sulle sedie che erano poste sul lato opposto a dove si trovava lei. Qualcosa mi disse che non era il tipo di donna che avrebbe apprezzato un contatto stretto, e sembrava che Harry avesse avuto la stessa impressione visto lo sguardo cauto che mi mandò una volta seduti.

 

"Quindi, Signor Tomlinson," disse ancora, con gli occhi sui fogli, "quando mi è stato detto che avrei avuto a che fare con un caso un po' difficile, mi aspettavo di trovarmi una ragazza di quattordici anni, non un ragazzo di diciotto."

 

Il tono della sua voce sembrava un po' freddo e giurai di sentirmi rimpicciolire sulla sedia.

 

"Beh, le cose succedono," fu l'unica risposta che pensai di dare.

 

Alzò lo sguardo e fece un sorriso sottile che non raggiungeva gli occhi. 

 

"Sembra," disse lei," ti dispiacerebbe dirmi quando dovresti partorire?"

 

"Oh, ehm, il 24 Maggio," dissi.

 

"24 Maggio," ripetè, gettando uno sguardo rapido alla mia pancia, "poco meno di tre settimane."

 

Non risposi, tentai solo un sorriso. Non ricambiò.

 

"Beh, prima di tutto," disse, "è meglio dirti che non saremo in grado di trovare velocemente una casa per il tuo bambino. Sarebbe stato più semplice se fossi venuto un po' prima e se non avessi aspettato all'ultimo minuto."

 

Abbassai il mio sguardo. "Era... una decisione difficile da prendere," mormorai alle mie mani.

 

"In ogni caso, occorrerà almeno mezzo anno prima che dei genitori possano essere scelti," disse, non sembrava aver sentito quello che avevo detto. O forse non se n'era preoccupata. "Quindi quello che succederà quando il tuo bambino nascerà, è che sarà portato in un orfanotrofio e la cosa rimarrà lì fino a quando non verranno trovati dei tutori adatti."

 

"È un maschio," disse Harry, suonando piuttosto infastidito.

 

Lo guardò senza espressioni. "Scusa?" disse lei, con voce quasi altezzosa.

 

"Il bambino," disse Harry, "è un maschio, può smetterla di chiamarlo cosa."

 

Lei sorrise, ma era un sorriso freddo che mi fece trasalire interiormente. "Indipendentemente dal fatto che sia un lui, una lei o una cosa, la procedura funzionerà allo stesso modo," disse, "prima dovrò farti alcune domande sulla vostra salute e sulla salute della vostra famiglia, se non è un problema."

 

Senza aspettare una risposta da uno di noi, continuò. "Qualcuno di voi o della vostra famiglia ha avuto malattie congenite al cuore o ai polmoni?"

 

Scossi la testa ed Harry rispose con un 'no' aggressivo.

 

"Ci sono diabetici o altre malattie legate allo stile di vita nella vostra famiglia?"

 

No.

 

"Malattie legate all'intestino o ai reni?"

 

No.

 

"Episodi di cancro, tumore o cisti?"

 

No.

 

"Abuso di alcool e droghe?"

 

No.

 

"HIV o altre malattie sessualmente trasmissibili?"

 

No.

 

"Alzheimer o demenza?"

 

No.

 

E continuò così per quella che sembrò un'eternità: Ilana faceva le domande, suonando come se volesse essere ovunque tranne che lì, e io ed Harry rispondevamo, io tranquillamente ed Harry in modo aggressivo. Volevo dargli un calcio per tentare almeno di farlo comportare civilmente, ma a dire la verità, capivo perché stava agendo in quel modo, perché era evidente che quella donna era estremamente infastidita di averci lì. Per amore delle altre coppie, speravo che non fosse così con tutti, ma comunque, se non lo fosse stata, significava che a lei non piacevamo né io e né Harry. No, non gli piacevo io, non Harry. Non gli piacevo perché ero incinto.

 

Stupida puttana.

 

Non potevo biasimarla per aver pensato che fosse strano, ma ero dannatamente sicuro che potevo biasimarla per il modo in cui si stava comportando, da miserabile-

 

"Okay, è tutto," disse, interrompendo i miei pensieri, "ora arriviamo al prossimo problema della lista."

 

Piegò lentamente gli occhiali e li mise giù prima di piegare le mani sul tavolo davanti a lei e mandarci uno sguardo di valutazione. "Tu sei un uomo che porta un bambino, Signor Tomlinson, cosa che per molte coppie potrebbe sembrare un po'... scoraggiante. Sono certa che tu capisca."

 

"Il bambino è perfettamente sano e normale," disse Harry, "non importa che Lou sia un ragazzo."

 

"Ma lo è," disse con fermezza, "dipende da voi ovviamente, ma se volete trovare una famiglia a vostro figlio il più velocemente possibile, vi consiglio di rimanere anonimi."

 

Gettai un breve sguardo ad Harry, i suoi occhi infastiditi diretti verso Ilana. "Cosa significa?" le chiesi.

 

"Significa che i genitori adottivi non avranno idea di chi siete e non li incontrerete personalmente," disse, "tutto sarà fatto attraverso noi e le uniche cose che i genitori sapranno di voi sono solo le cose che avranno effetto diretto sul bambino. Non potranno sapere chi siete o altro. Come ho detto, dipende da voi, ma questo è quello che vi consiglio di fare."

 

Mi morsi il labbro, rosicchiando un pezzo di pelle. "Vorrebbe dire... che non ci sarà modo di influenzare il suo futuro? E se lui... volesse venire a cercarci?"

 

"Se volete potete firmare un documento che dice che se dovesse arrivare il giorno in cui chiederà informazioni su di voi, potrà farlo, ma solo lui, non i genitori adottivi o qualcun altro."

 

Guardai di nuovo Harry e questa volta lui ricambiò lo sguardo. "Pensi che vada bene?" chiesi piano.

 

"Credo," disse, premendo le labbra tra loro, "ma in realtà non sai se ci cercherà o meno."

 

Sospirai, chiudendo gli occhi per un attimo. "Non voglio in alcun modo interferire nella sua vita, se procederemo con l'adozione, Harry," dissi, "se lo daremo, mi allontanerò completamente dall'intera situazione, e non tornerò indietro a meno che sia lui a fare il primo passo."

 

Strinse la mascella come faceva sempre quando era contrariato da qualcosa che dicevo o facevo. Ci vollero pochi secondi di silenzio prima che rispose. "Ma stiamo ancora considerando il mio piano, giusto?"

 

Risposi con un cenno cauto prima di rivolgere di nuovo lo sguardo verso Ilana, che in quel momento aveva un aspetto piuttosto impaziente sul volto.

 

Stronza.

 

"Se lo daremo," dissi, "i genitori saranno obbligati a dirgli che è stato adottato?"

 

Scosse la testa. "No, non sono obbligati, ma consigliamo sempre ai genitori adottivi di informare il loro figlio ad un certo punto, quindi è molto probabile che lo scoprirà."

 

Annuii lentamente, metabolizzano le informazioni. "Ma se lo farò in modo anonimo, non sapranno che il bambino è biologicamente mio, giusto?"

 

"No."

 

"Okay. E... quali sono- quali sono i diritti di Harry in tutto questo?"

 

"Ho qualche diritto?" aggiunse Harry.

 

"Dipende," disse, "il tuo nome verrà scritto nel certificato di nascita?"

 

"Suppongo di si," disse, guardandomi interrogativo.

 

"In quel caso, il bambino non può essere dato in adozione a meno che tu non firmi," disse, "quindi il tuo consenso sarà necessario per noi per essere in grado di passare all'adozione."

 

Il mio cuore affondò come una roccia sull'acqua, e una piccola voce in fondo alla mia testa disse 'credo che in questo caso, tu non possa fare niente'. Il consenso di Harry era necessario se volevo dare il bambino. Che regola stupida era quella? Okay, forse non era così stupida, ma in quella particolare situazione lo era, visto che io ed Harry avevano opinioni completamente opposte. 

 

"E se- se non fossimo d'accordo?" dissi, la mia voce un po' rauca, "se uno di noi vuole dare il bambino e uno no?"

 

Si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia sul petto. "Vi raccomando vivamente di giungere ad un accordo," disse, "altrimenti il tribunale dovrà decidere per voi, in quel caso possono decidere che l'adozione sia la migliore alternativa, o che il bambino vada a stare da Harry. In entrambi i casi sarà un lungo processo."

 

Battei le palpebre. E poi la fissai.

 

Quello era incredibile. Era folle. Era ingiusto.

 

Appoggiai i gomiti sul tavolo e la fronte sulle mie mani, inspirai tremante e chiusi gli occhi. Sentii Ilana mescolare i suoi documenti, probabilmente di nuovo impaziente, ma in quel momento non mi importava più. Il suono della sedia di Harry che strideva contro il pavimento arrivò alle mie orecchie, e un attimo dopo la sua mano stava stringendo con attenzione la mia spalla.

 

"Ci penseremo," disse la sua voce morbida nel mio orecchio, "non ti forzerò a fare niente, okay? Ne parleremo quando torneremo a casa."

 

Lo stesso desiderio di quella mattina di iniziare a piangere tornò con forza, e morsi l'interno del mio labbro così forte che sentii il sangue sulla lingua. Mi ci volle un po' prima di riprendere abbastanza autocontrollo per poter continuare la conversazione senza scoppiare a piangere, ma alla fine lo feci, e sollevai la testa, incontrando gli occhi di Harry a pochi centimetri di distanza dai miei.

 

"Si, okay, quando torniamo a casa," dissi, annuendo velocemente.

 

Lui annuì e sorrise. "Non ti preoccupare, okay?"

 

"È un po' difficile non farlo." Mi voltai di nuovo verso Ilana, cercando di non aggrottare le sopracciglia né di fare una smorfia quando vidi che sembrava infastidita. "Quindi, se accettiamo di darlo in adozione, cosa succederebbe esattamente?"

 

"Come ho detto, non appena il bambino nascerà sarà portato in un orfanotrofio e ci rimarrà finché non troveremo dei genitori per lui. Una volta trovati, incontreranno il bambino e poi invieranno una richiesta al tribunale. Qualcuno del tribunale verrà per spiegarvi cosa esattamente significa dare il vostro bambino in adozione. Affinché la procedura possa andare avanti, otterrete un documento da firmare e se lo firmerete, abbandonerete i vostri diritti genitoriali. Dopo ciò, niente sarà più sotto la vostra responsabilità."

 

"Quindi... fino a quando il documento non verrà firmato, possiamo cambiare idea?" chiese Harry.

 

"In teoria, si."

 

Lo sentii sospirare con sollievo, e non potei fare a meno di fare lo stesso. Anche se avessimo iniziato la procedura, avremmo potuto cambiare idea. La mano di Harry era ancora appoggiata sulla mia spalla e la strinse dolcemente, infondendomi, senza saperlo, un certo senso di calma e rassicurazione.

 

"Detto questo," continuò, "per essere in grado di mandare avanti questo processo il più velocemente possibile, dovremmo metterci a lavoro immediatamente."

 

La mano di Harry si aggrappò con più forza dopo quelle parole, e io mi sentii sempre più teso. Metterci a lavoro immediatamente? Che cosa significava esattamente?

 

"Allora, ci sono delle caratteristiche particolari che desiderate abbiano i potenziali genitori adottivi?"

 

Oh. Era quello che intendeva con 'metterci a lavoro immediatamente'.

 

Guardai Harry, la cui espressione si era trasformata in pensierosa. Non durò molto tempo.

 

"Che abbiano abbastanza stabilità economica per dargli tutto ciò di cui ha bisogno," disse.

 

"Questo è qualcosa di cui ci accerteremo subito," disse, "qualche altra cosa?"

 

Guardai le mie mani per un attimo. "Solo..." tossii un po', "solo che se lui... un giorno capisce di essere gay, o bisessuale, o pansessuale, o qualunque cosa, loro debbano accettarlo senza problemi. Non voglio che si ritrovi nella mia stessa situazione in cui mi sono trovato io, quindi... se poteste trovare qualcuno che accetta questo tipo di cose, sarebbe bello."

 

Per la prima volta, la sua espressione si ammorbidì e lei acconsentì. "Certamente," disse mentre scriveva qualcosa nei documenti davanti a lei, "nient'altro?"

 

Harry scosse la testa e dopo un momento di silenzio feci lo stesso.

 

"Fintanto che gli daranno una bella vita e saranno bravi con lui, sono felice," dissi.

 

*

 

Più tardi quella notte, io ed Harry eravamo accucciati sul mio letto, io tra le sue gambe, la mia guancia appoggiata sul suo petto e le sue braccia intorno a me. C'era abbastanza caldo nella stanza, o forse ero solo io perché indossavo un maglione di lana, e c'era una sorta di musica dolce che proveniva dal computer portatile di Harry, posto sul comodino. Quei due fattori combinati fecero appesantire la mia testa minuto dopo minuto, e sembrava che Harry si sentisse allo stesso modo perché sentii il suo respiro cominciare  regolarsi, e sorrisi assonnato.

 

Toccai il punto in cui la linea tra realtà e sonno cominciavano a fondersi insieme quando improvvisamente saltai indietro con uno scossone.

 

"C'è qualcosa che non va?" chiese Harry assonnato, apparentemente disturbato dalla mia mossa.

 

Non risposi immediatamente, perché quelle sensazioni dolorose nel mio stomaco erano tornate, in forma ridotta, come la prima volta che era successo.

 

"No, niente," dissi, anche se esitante, "solo un sogno."

 

Lui brontolò e strinse la stretta intorno a me. "Su cosa?"

 

"Io che partorisco dal mio culo."

 

"Bello."

 

"Mhm."

 

Si accasciò ulteriormente contro la pila di cuscini che aveva portato con sé in camera un paio d'ore prima, trascinandomi con lui.

 

"Allora, questa mattina," disse poi, la bocca sepolta nei miei capelli, "cosa stava succedendo?"

 

"Ho pianto, mi hai abbracciato, mi hai baciato sul collo, mi sono eccitato," mormorai, non trovando necessario girare intorno alla questione anche quella volta.

 

Ridacchiò. "Posso dirlo, diventi sempre molto rilassato quando ti ecciti, tutto... moscio."

 

Silenzio.

 

"Beh, non tutto è moscio, ovviamente, ma-"

 

"Harry!" un leggero nodo di imbarazzo nel mio stomaco mi impedì di proseguire subito, ma riuscii ad ignorarlo - più o meno - dopo aver superato la sorpresa iniziale. "Non volevo, okay? È solo che... io... beh, non ho proprio una- una-"

 

"Vita sessuale?" offrì.

 

Mi tinsi di rosso, ma annuii. "Si. E non ce l'ho da molto, molto tempo, ed è stato con una ragazza, quindi non conta granché, e quel- il- il... coso che mi hai comprato è ancora a casa di mia mamma, e non so se te ne sei accorto, ma sono incinto, e ultimamente sono un po'... uhm, tipo-" 

 

"Eccitato?"

 

"Oggi sei davvero di aiuto," mormorai, le mie guance che diventavano ancora più rosse. "'Ma si, e io- non volevo- sai- si, e mi dispiace, quindi-"

 

"Ti stai seriamente scusando perché ti sei eccitato?" mi interruppe con una risata che sembrava incredula, quasi divertita.

 

Scrollai le spalle, sentendomi impotente e imbarazzato, non certo su quale dominasse. "No, solo per... essere entrato, sai, quando tu- quando eri... tipo nudo e... quelle cose." Sembravo un dodicenne e mi maledissi per quello, ma Harry rise.

 

"Puoi non averlo notato," mormorò, "ma ero eccitato anche io."

 

Un'altra scossa di dolore mi attraversò il corpo, ma tossii per coprirlo e piegai la testa mentre un'altra ondata di calore si sparse nella mia faccia. "Non me ne sono accorto," dissi, " fino a quando... beh, fino a quando non ti ho guardato."

 

"Fino a quando non mi hai guardato?" chiese canzonatorio, "e come ti sono sembrato?"

 

Sorrisi un po' a quello, incapace di fermare la sensazione di agitazione che si diffuse dal mio petto al mio corpo. "Eri..." riflettei per un secondo, "eccitante."

 

"Eccitante?" suonava sorpreso.

 

Girai la testa verso un fianco, nascondendo il viso nel suo maglione per impedirgli di vedere le mie guance rosse. "Si," dissi, la mia voce soffocata dal tessuto spesso del maglione.

 

"Mi piace quando mi fai i complimenti," mormorò, "è bello, mi rende felice."

 

"Lo terrò in mente per quando sarai triste."

 

"Proverai a tirarmi su il morale dicendomi che sono eccitante?"

 

"Potrebbe funzionare?"

 

"Dipende."

 

"Da cosa?"

 

"Da quanto si spingeranno oltre i complimenti."

 

"Huh?"

 

"Pensi di metterli anche in pratica? Mostrarmi perché pensi che io sia bello?"

 

I miei occhi si spalancarono comicamente quando mi resi conto di quello che mi stava chiedendo e istintivamente alzai la testa di scatto per guardarlo. Non c'era niente nel suo volto che indicasse che stesse scherzando o che mi stesse prendendo in giro, e i miei occhi si allargarono ulteriormente - se possibile.

 

"Cosa?" gracchiai, "vorresti- voglio dire, tu vuoi- io- vuoi- vuoi... con me?"

 

Forse poteva non sembrare divertito dieci secondi prima, ma in quel momento lo era. 

"Sei troppo adorabile, lo sai?" disse, "diventi nervoso e imbarazzato quando parli del sesso."

 

Gli inviai uno sguardo acido in risposta, e il suo sorriso si allargò. 

 

"Ma per rispondere alla tua domanda," continuò, "Certo che voglio, pensavo lo sapessi."

 

Sbattei le palpebre, pensieroso. "Anche nel mio... stato attuale?" chiesi curioso, gesticolando verso la pancia.

 

"Sei in vena di complimenti oggi, vero?" disse, anche se con un sorriso, prima di avvicinarsi e posare un bacio sulla mia guancia, "ma si, anche nel tuo stato attuale. Soprattutto nel tuo stato attuale."

 

"Sarebbe molto più divertente se tornassi alle mie normali dimensioni," esclamai.

 

"Più divertente?" chiese e rise, "che tipo di scenari perversi hai in testa ora?"

 

"Non intendevo- oh, basta! Volevo solo dire- sai cosa intendevo," mormorai giocando con le mani.

 

"Si, amore, so cosa intendevi," disse prima di ridere, poi aggiunse: "non mi dispiacerebbe fare cose perverse con te, comunque. Solo in caso tu cambiassi idea."

 

"Ah," dissi, fingendomi pensieroso, "di che tipo di perversioni parli?"

 

"Non lo so, cosa ne pensi di un costume da cheerleader?"

 

"Su di te?"

 

"Sul tuo corpo starebbe meglio."

 

"Okay, quindi indosserò un costume da cheerleader. Altro?"

 

"Fruste e manette?"

 

"Assolutamente. Anche panna montata e ganci?"

 

"Ovvio."

 

Un immagine veloce di me piegato su un tavolo, indossando un costume da cheerleader, mentre Harry mi sculacciava con una frusta mi attraversò la testa, ed il rossore tornò con piena forza, quella volta accompagnato da un leggero tossire e una risata.

 

"Non credo di essere pronto per questo tipo di avventure perverse," dissi, ancora tracce di imbarazzo nel mio viso, "soprattutto con cose che coinvolgono fruste e ganci."

 

"E l'abbigliamento da cheerleader? Staresti bene con quello, te lo giuro."

 

"Non indosserò un costume da cheerleader per te, Harry. Scusami."

 

Lui mise il broncio. "Ma saresti eccitante."

 

"Prendimi come sono o lasciami stare," dissi scostandomi i capelli dal viso e con un sorriso ampio.

 

Il broncio fu sostituito da un sorriso curvo. "In realtà penso che ti prenderò come sei," disse.

 

"In realtà."

 

"Si, che tu ci creda o no."

 

"No."

 

Il suo sorriso svanì leggermente, lasciando spazio ad un sorriso più triste, e si avvicinò di più, premendo la fronte contro la mia. Chiusi gli occhi e sospirai leggermente, aspettando che facesse qualcosa.

 

"Seriamente, però," disse dopo un secondo, il suo fiato che soffiava sulla mia faccia, "ti voglio, in ogni modo possibile. Mi piacerebbe prenderti qui e ora-"

 

Sbuffai una risata.

 

"Ma non sarebbe giusto, né corretto, non con... non con lei ancora in mezzo."

 

Notai il modo in cui la sua voce si fece tesa alla parola 'lei' e una sorta di felicità fiorì nel mio petto. Lui non aveva bisogno di saperlo.

"È un bene che tu, sai, ti renda conto che sarebbe sbagliato. Sono contento."

 

"Vedi? Mi hai aiutato a crescere," disse, e sentii il sorriso nella sua voce, "mi stai insegnando ad essere migliore."

 

"Non sei mai stato una cattiva persona," dissi, "un po' sconsiderato. Ed ogni tanto lo sei ancora, ma non spesso come prima."

 

"Tutto grazie a te," mormorò, ancora sorridendo. "Quindi grazie. Per non aver mollato."

 

Sospirai e aprii gli occhi, per poterlo guardare bene. "Sono stato tentato, credimi."

 

"Si, ti credo," disse. Sospirò un po', e rimanemmo entrambi in silenzio, senza né dire né fare niente, tranne ascoltare musica che risuonava ancora a basso volume dal computer.

 

"Quindi quella donna dell'agenzia era una troia."

 

Rise forte. "Cazzo. Ad un certo punto ho pensato che ci avrebbe cacciato a calci in culo."

 

"Si. Comunque, aveva le sue ragioni," lo guardai con occhi inquieti, "abbiamo ancora un po' di tempo per pensarci in teoria."

 

"Dobbiamo decidere il prima possibile," sospirò, "non voglio posticiparlo solo perché possiamo, non farà bene a nessuno di noi."

 

"Lo so," mormorai, "ma... okay, senti, farò il taglio cesareo il 24, quindi: dobbiamo aver deciso prima che il bambino nasca, e dopo abbiamo una settimana per cambiare idea. Okay?"

 

Annuì. "Si, okay. Suona... giusto, suppongo."

 

Tenni gli occhi su di lui per un attimo prima di guardare giù. "Hai sentito quello che ha detto, comunque," dissi, "se non sei disposto a firmare le carte, non c'è niente che io possa fare."

 

"Non ti obbligherei a tenerlo, Lou," disse, " prenderemo una decisione insieme, una che vada bene ad entrambi. Ma devi tenere conto dei miei desideri e io farò lo stesso con te. Affare fatto?"

 

Sorrisi debolmente e alzai la mano per intrecciare le dita con le sue dove stavano riposando nel mio stomaco. "Si," dissi, "affare fatto."

 

 

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