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Autore: shiningreeneyes    12/10/2017    0 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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CAPITOLO 35

Lauren non è più la benvenuta qui.

 

 

Sabato, 7 Maggio

Trentasette settimane e cinque giorni

 

 

 

Quella mattina mi svegliai con suoni di... persone che gridavano? Sentendomi piuttosto confuso, mi sedetti, gemendo miseramente al dolore alla schiena, e guardai in basso, togliendo le coperte da sopra al mio stomaco.

 

"Un bel modo per essere svegliati, non pensi, piccolo?" chiesi con stanchezza, sfregando la mia pancia assente e cercando di capire chi era che stava gridando. Circa un minuto più tardi potei concludere che erano Anne ed Harry, il che mi sorprese un po', da quando Anne gridava?

 

E da quando Harry litigava con sua madre? Ero lì da un mese, e quella era la prima volta che sentivo Anne gridare. Ed era la prima volta che sentivo Harry gridare a qualcuno che non fossi io. 

 

Bhe, era un po' triste, no? 

 

Non volendo interferire con quello che stava succedendo, rimasi a letto, strofinandomi lo stomaco e facendo del mio meglio per captare le parole che si dicevano. Mi fece sentire un po' colpevole - qualunque cosa per la quale stessero litigando non era affar mio -, ma ehi, nessuno doveva saperlo. 

 

Ci volle più tempo del previsto prima che le urla cessassero, e un paio di minuti dopo sentii la porta della stanza di Harry chiudersi.

 

"Non ci si annoia mai," dissi a voce alta mentre mettevo le gambe fuori dal bordo del letto e le stiracchiavo il più che potevo, facendo schioccare le ginocchia deliziosamente. Mi alzai in piedi, usando il letto come supporto, e abbassai la maglietta dove si era sollevata mostrando una piccola parte dello stomaco.

 

"E' bello che tu ormai sia abbastanza grande per poter uscire da lì," commentai, "altrimenti dovrei trovare vestiti più grandi da indossare."

 

Senza preoccuparmi di indossare dei veri vestiti, uscii dalla mia stanza e camminai verso quella di Harry. Esitai quando mi ritrovai davanti alla porta, non certo se avesse voluto parlare con me. O se avesse voluto parlare con qualsiasi altro, in ogni caso. Non volevo stare seduto nella mia stanza, solo, senza fare niente tutto il giorno, però, quindi bussai un paio di volte.

 

La risposta arrivò immediatamente con un rumoroso e aggressivo "Lo so, okay? Ora vai via!"

 

Aggrottai un po' le sopracciglia, sicuramente pensava che fosse Anne quella dietro alla porta e optai per aggiungere un rapido "sono io". Quella volta non ci fu una risposta, nemmeno quando erano passati venti secondi buoni. Un breve pensiero mi attraversò la testa, forse la litigata era avvenuta per colpa mia, e il mio cuore fece un doppio salto al pensiero. E se mi fossi dovuto trasferire? E se avessero pensato che la scelta migliore fosse quella che io dovessi andare via? In quel caso, ero rovinato, perché non avevo altri posti in cui andare, e sarebbe stato troppo tardi, le cose sarebbero diventate davvero-

 

"Scusami." Ero così perso nei miei pensieri che non avevo notato che Harry aveva aperto la porta e in quel momento stava appoggiato allo stipite con un paio di jeans vecchi e una maglietta ancora più vecchia. "Ti abbiamo svegliato?" aggiunse.

 

"No," dissi in fretta. Sollevò le sopracciglia, chiaramente non mi credeva. "Beh, si," ammisi,  "ma è okay. Cosa è successo? Tutto okay? Devo andare via?"

 

"Si, certo," disse, guardandomi come se quell'idea fosse assurda, "mamma mi manderebbe via a calci prima di te. No, non ha niente a che fare con te, non preoccuparti."

 

"Oh, okay, bene," dissi con un sospiro di sollievo. Passò un minuto di silenzio, e mi morsi il labbro. "Quindi... se non ha a che fare con me, con cosa? Non devi dirmelo, sai, se non vuoi. O se non te la senti. Sai. È una cosa buona parlare con qualcuno quando si è turbati."

 

"Sei solo un curioso bastardo," ribatté, anche se con un sorriso e un scintillio negli occhi. "Ma, beh, dal momento che lo stai chiedendo, penso che sia bene dire che mia madre odia Lauren ora."

 

Quella era l'ultima cosa che mi sarei aspettato di sentire, e il mio volto decise di mostrarlo spalancando la mascella senza il consenso del mio cervello. Non avevo mai avuto l'impressione che Anne apprezzasse particolarmente Lauren, ma non aveva mai espresso il suo disprezzo in modo così diretto. Almeno non quando io ero nei paraggi.

 

"Io- perché? Cosa è successo?" chiesi, "non l'hai messa incinta, vero?" aggiunsi tentando di scherzare.

 

"È improbabile," disse lui asciutto, "no, Lauren è venuta qui questa mattina, verso le cinque, e ha lanciato una pietra sulla finestra di Connor. L'ha rotta, c'erano delle schegge di vetro su tutto il suo letto, e quando si è svegliato questa mattina, si è rotolato e alcune schegge sono finire nella sua schiena. Papà è al pronto soccorso con lui."

 

"Oh mio Dio, sei serio?" chiesi con una mano davanti alla bocca e gli occhi spalancati. "Sta bene?"

 

"Si, starà bene," sospirò, "ma ha bisogno di punti e lui è spaventato a morte dagli aghi, quindi papà ha chiamato un'ora fa perché Connor stava piangendo e voleva Adrian, e si rifiutava di avvicinarsi ad un ago fino a quando non fosse arrivato, quindi adesso mamma deve andare fino a lì e- si. Penso che sabato la serata-cinema sia annullata."

 

Da quando il sabato c'era la serata-cinema?

 

Scossi la testa e trascinai una mano sul mio viso, avendo difficoltà a credere a quello che stavo sentendo. Lauren era spregevole. Era fredda. Era cinica. Era scortese. Era senza cuore. Era una puttana.

 

Avevo capito tutto quello più o meno dalla prima volta che l'avevo vista, ma ora potevo aggiungere anche 'pericolosa' all'elenco. Lanciare una pietra ad una finestra era abbastanza grave, ma lanciare una pietra alla finestra della camera di un bambino di tre anni? Che tipo di persona lo farebbe?

 

Il tipo di persona che Harry ha scelto per essere la sua ragazza, a quanto pare.

 

"Perché diavolo lo avrebbe fatto?" chiesi confuso, "cosa le ha fatto Connor?"

 

"Esiste," disse freddamente, "non le piacciono molto i bambini."

 

"Perché questo non mi sorprende?"

 

Lui sorrise. "Comunque, ad essere onesti, io credo che lei... credo che non stesse cercando la finestra di Connor."

 

"E quale?"

 

"La mia o la tua," disse semplicemente.

 

"Io- cosa? Perché?" chiesi confuso, "voglio dire, so che non le piaccio, ma-"

 

"Abbiamo litigato ieri," disse, "è stato piuttosto brutto."

 

"Ieri," ripetei. Harry era andato a casa di Lauren dopo scuola il giorno precedente ma era tornato a casa la sera con un umore normale e non aveva detto una parola sull'aver litigato con lei quando avevamo avuto la nostra solita conversazione a tarda notte. "Non hai detto niente."

 

Scrollò le spalle. "Non volevo disturbarti, hai abbastanza da affrontare."

 

"Harry, andiamo," dissi, "se sei incazzato con Lauren, io sono felice."

 

"Sei un amico," ridacchiò. Mise il braccio intorno alla sua vita e gettò la testa all'indietro, lasciando uscire un forte gemito che sembrava di sforzo mentale. Passarono alcuni secondi prima che abbassasse di nuovo lo sguardo su di me e curvasse le spalle. "Vuoi entrare e sederti?"

 

Fu solo allora che notai quanto rigida e dolorante fosse la mia schiena durante quei dieci minuti che avevo passato in piedi, e un piccolo lamento mi sfuggì prima di poterlo fermare.

 

"Okay, vieni," disse Harry senza ulteriori indugi, mentre faceva un passo avanti e afferrava dolcemente la mia vita. Mi portò nel letto e non mi lasciò fino a quando non fui seduto al sicuro sul bordo. La porta era rimasta aperta mentre strisciai verso la tastiera del letto per sedermi comodamente ed Harry si mise accanto a me facendo un respiro profondo. Ci sedemmo in silenzio, io non pensando a niente ed Harry guardando in aria con occhi stanchi e la sua bocca curvata verso il basso.

 

"Allora," dissi, inclinando la testa verso l'alto, "posso farti una domanda?"

 

"Spara."

 

"Come fai a sapere che è stata Lauren a lanciare la pietra?" esitai per un momento. "Tu non... non eri con lei, vero?"

 

"Cosa?" chiese, non sembrava si aspettasse quella domanda se lo sguardo con occhi spalancati che mi aveva mandato era di qualche giudizio. "No, certo che non ero con lei!"

 

Sembrava un po' scandalizzato, e se la situazione non fosse stata così grave, l'avrei preso in giro per quello.

 

"Allora come fai a sapere che era lei?" chiesi.

 

"L'ho chiamata stamattina e le ho chiesto se sapesse qualcosa." Contrasse la labbra dispiaciuto. "Era stranamente tranquilla. So che la notte doveva uscire, il che spiegherebbe perché ha preso la finestra di Connor e non la mia o la tua. Sono tutte nello stesso muro, ed era ubriaca, quindi... la conosco- se non fosse stata colpevole, avrebbe negato nel momento stesso in cui la stavo accusando."

 

Pensavo che fosse piuttosto improbabile che qualche persona a caso venisse a lanciare una pietra ad una finestra nel bel mezzo della notte senza nessun motivo, e soprattutto in quella città. Nessun crimine era mai stato commesso lì e, se era successo, era solo un ragazzo che aveva rubato un cioccolato al supermercato. Non volevo difendere Lauren, quindi annuii.

 

"Ha senso, suppongo," dissi, "allora, cosa... succederà adesso?"

 

"Devo parlare con lei, sistemare le cose."

 

Il mio cuore cedette un po' e guardai giù. "Quindi dovrai- oh. Giusto. Naturalmente."

Era forse ingenuo da parte mia aver sperato che rompesse con lei?

 

"Non posso proprio lasciar perdere l'intera questione, no?" chiese frustrato, "sarebbe potuto finire molto peggio che solo con una semplice visita al pronto soccorso, e io- no, devo parlare con lei."

 

"Si, lo capisco," dissi, annuendo per spiegare il mio punto, "cosa ha detto tua mamma? Sembrava arrabbiata."

 

"Lo era," disse con una risata senza umorismo, "non l'avevo mai vista così arrabbiata, penso. Anzi, forse quando avevo dodici anni e mi aveva beccato mentre bevevo da una delle bottiglie di vino di papà fuori dalla porta. Ma comunque, è stata abbastanza chiara sul fatto che Lauren non è più la benvenuta qui, quindi non devi preoccuparti di vederla di nuovo. Almeno non qui."

 

"Beh, questo è qualcosa," offrii.

 

"Si."

 

Sbattei le palpebre, stringendo le mie labbra e giocando assente con le mie dita. Qualche giorno prima mi aveva detto che avremmo parlato di quello che era successo quel sabato, e quanto tempo sarebbe dovuto passare ancora? Mi sembrava un momento giusto per portare a galla la questione, ma ad essere onesti avevo paura di farlo. E se mi avesse detto che era stato uno scherzo? O che era solo ubriaco? O se in quel momento lo pensava davvero, ma poi aveva cambiato idea? Ma d'altra parte, non potevo continuare a chiedermelo per sempre, non importava quanto scomoda potesse essere la verità.

 

Con quello in mente ed una voce nella mia testa che mi diceva 'fallo, fallo, fallo,', inalai profondamente e pronunciai un "ehi, Harry?"

 

"Si?"

 

"Posso- so che probabilmente non ti senti di parlarne in questo momento," cominciai esitante, guardandolo nervosamente, "ma io... ho bisogno di sapere se- tutte quelle cose hai detto quella notte, quando eri ubriaco, le intendevi per davvero? Tutte? O era tutto, sai, una cazzata?"

 

Non sospirò, né gemette, né si colpì la fronte, ma dallo sguardo che mi mandò, capii che voleva farlo. Non perché era arrabbiato, necessariamente, ma perché avevo scelto un momento sbagliato per tirare fuori l'argomento. Comunque, non importava in che momento avessi deciso di farlo, sarebbe sempre stato un momento sbagliato.

 

"Hai ragione, non mi sento di parlarne adesso," disse dopo un lampo di esitazione, "ma va bene. Solo- è okay se lo faccio un po' velocemente?"

 

"Certo," dissi, anche se in qualche modo dubbioso, non sapevo cosa intendesse con 'velocemente'.

 

"Okay, allora riassumerò tutto in una frase," disse, sporgendosi leggermente per guardarmi negli occhi, "ricordo tutto quello che ho detto - purtroppo - e intendevo davvero ogni singola parola."

 

Sorrisi, mordicchiandomi il labbro inferiore per impedire al mio viso di spaccarsi a metà.

 

"Tutto?" chiesi, quasi spaventato di far accendere di nuovo le mie speranze, per poi spegnerle di nuovo.

 

"Si, tutto," confermò.

 

"Anche-"

 

"Tutto."

 

"Si, ma cosa-"

 

"Tutto, Lou," mi interruppe, "ogni parola."

 

"Lasciami chiedere solo una cosa," dissi, stringendomi le mani. Sorrise ed annuì come per dire 'continua'. 

 

"Intendevi la parte, sai, in cui avresti rotto con Lauren?"

 

"Oh, no, quella parte no."

 

Il mio cuore sprofondò e così il mio viso, ma prima che potessi andare avanti, Harry scoppiò a ridere.

 

"Si, intendevo anche quella parte, idiota," disse, "come ti ho detto, intendevo tutto."

 

Il sorriso sul mio viso riapparve, questa volta insieme al suono di una risata isterica e un gridolino. "Okay, questo è- si, fantastico," dissi, non trovando qualcosa di meglio da dire.

 

"Allora possiamo abbandonare questo argomento per il momento?" chiese. "Mi sembra ci siano altre cose da affrontare ora. Tipo io che devo parlare con Lauren. E che io e te siamo stati invitati domani a casa di Zayn per festeggiare il fatto che lui e Liam hanno chiarito, a quanto pare."

 

Battei le palpebre.

 

A causa di tutto quello che era successo dal giorno in cui avevo parlato con Liam al telefono, avevo completamente dimenticato le questioni che stavano succedendo tra i due, e mi sentii un po' colpevole. Non volevo essere il tipo di persona che rimane intrappolato nelle proprie situazioni da dimenticare che anche le persone intorno hanno dei problemi.

 

"Beh, grazie a Dio," dissi.

 

"Si," si accigliò, "si, è una buona cosa, ma mi sto ancora chiedendo se c'è qualcosa che non mi stanno dicendo. Sembra di si."

 

"Come mai?"

 

"Prima di tutto il litigio," disse, "gli amici normali non litigano un questo modo. Almeno non i ragazzi. E in secondo luogo, ci stanno invitando a festeggiare il fatto che hanno chiarito. Quello è strano. I ragazzi normali non lo fanno."

 

Sorrisi, facendo del mio meglio per mantenere la mia espressione seria, perché a dire la verità, volevo ridere e dirgli tutto. "Se c'è qualcosa da dire, sono sicuro che la condivideranno quando se la sentiranno," dissi invece.

 

"Suppongo. Spero solo di non aver dato loro l'impressione che li avessi giudicati, nel caso ci sia... qualcosa."

 

Purtroppo, con il suo modo di essere, non potei dire con certezza che non l'avesse fatto. Se lo aveva fatto, non era sua intenzione, per quanto ne sapevo, ma comunque. "Dagli solo un po' di tempo, Harry."

 

"Si, si," disse sbrigativo, "il punto, comunque, è che andiamo da Zayn domani alle sei per pizza, birra e Wii." Esitò, mandandomi un'occhiata ansiosa. "Se ti va bene naturalmente."

 

"Non credo che mi vada bene la Wii," dissi, spostando lo sguardo verso il mio stomaco per un secondo, "e non sono nemmeno sicuro della birra."

 

"La pizza suona bene, però, vero?" chiese con speranza, "dai, voglio che tu venga."

 

"Certo che verrò," dissi, cercando di nascondere il sorriso soddisfatto trattenuto tra le mie labbra, "non mi perderò l'opportunità di mangiare una pizza. Inoltre, è passato un po' da quando ho visto Zayn e Liam l'ultima volta. Verrà anche Niall?"

 

"Come se rinuncerebbe alla possibilità di stracciare Zayn alla Wii," sbuffò.

 

"E io non voglio perdere l'occasione di testimoniarlo," dichiarai, "quindi verrò sicuramente."

 

"Bene," sorrise, "ma dimmi se sei stanco o se stai male o se c'è qualcosa che non va, okay? Me lo prometti?"

 

"Sei diventato troppo ansioso," commentai. Mi lanciò uno sguardo che mi diceva di fare il serio. "Ma si, te lo prometto."

 

"Grazie."

 

"Prego."

 

Sorrise e si appoggiò al cuscino, chiudendo gli occhi. "Penso di dover andare a casa di Lauren ora e parlarle," disse, "ma che ne dici se quando torno andiamo a quel picnic che avremmo dovuto fare una settimana fa?"

 

Sorrisi con sorpresa. "Pensavo ti fossi dimenticato."

 

"Certo che no," disse, "ci sono stati degli ostacoli. Allora che ne dici? Andrò a parlare con Lauren, compro un po' di cibo nel tragitto da lì a casa - panini, succhi di frutta, biscotti, croissant, frutta-"

 

"E cioccolato."

 

"Cioccolato?"

 

"Non fare domande ad una persona incinta, Harry. Il risultato potrebbe essere fatale."

 

"Okay, vada per il cioccolato."

 

"Bravo ragazzo."

 

"Woof woof." Ghignò. "Ma va bene, allora è deciso. Tornerò verso le quattro e andremo al parco. Ok?"

 

Annuii. "Sicuro. E... cerca di non romperle la mascella o qualcos'altro quando la vedi, ok?"

 

"Non picchio le ragazze," disse, "anche se devo ammettere che l'avrei voluto fare recentemente."

 

Sorrisi debolmente. "Penso che ti consiglio di tenerti lontano. Ti prenderebbe a calci in culo probabilmente, no? Una volta mi hai detto che fa karatè."

 

"Ed io gioco a calcio. Posso calciare."

 

"Sono certo che tu possa," dissi, pizzicando il suo ginocchio. "Ora alzati, vestiti ed esci."

 

"Mi stai dicendo di uscire dalla mia stanza?" chiese con un sopracciglio sollevato verso di me, "perché non esci tu?"

 

"Perché ho intenzione di rimanere qui fino al tuo ritorno," dissi, "non posso scomodarmi per spostarmi ora che sono comodo. E sono state le tue urla ad avermi svegliato, quindi mi permetterai di usufruire del tuo letto per un paio d'ore."

 

"Come se non spendessi già il cinquanta percento del tuo tempo qui," disse mentre si alzava del letto e si dirigeva verso l'armadio. Con la schiena rivolta verso di me, uscì dai suoi vecchi jeans e tolse la maglietta. Concedendomi una buona visione del suo fondoschiena. Era un bel fondoschiena. Le mie guance diventarono un po' rosa, ma tenni gli occhi su di lui mentre si metteva un paio di jeans puliti e una maglietta pulita, e quando si voltò, aveva un sorriso sul volto che diceva che sapeva che stessi guardando.

 

"Okay, se hai finito di fissare," cominciò, "ora uscirò e farò altro oltre che essere fissato come se fossi un bocconcino per te."

 

Le mie guance si colorarono. "Non stavo fissando." Chiaramente non mi credeva, e mi schiarii la gola prima di aggiungere "stavo solo... guardando di sottecchi."

 

"Se vuoi un altro po' guardare di sottecchi," disse mentre camminava verso la porta, "puoi provare a indovinare la password del mio hard drive di Google. Ci sono alcuni nudi che ho salvato." Con quello ed un sorriso imbarazzante, fece un passo fuori dalla porta e la chiuse, lasciandomi con la bocca semi-aperta e un crescente sentimento di eccitazione nel mio basso ventre.

 

 

*

 

 

Aveva detto che sarebbe tornato alle quattro, ma erano appena le tre e un quarto quando arrivò a casa. Prima di quel momento, avevo avuto il tempo di fare un pisolino, fare una doccia impacciata - senza chiudere la porta a chiave, perché apparentemente Anne ed Harry erano d'accordo sul fatto che c'era una grande possibilità che sarei potuto cadere e svenire privo di sensi, e quindi era importante che potessero arrivare rapidamente in caso fosse successo -, fare un pasto costituito da una barca di patatine super fritte e pudding al cioccolato e sedermi sul divano davanti alla TV per mangiare. Avevo appena messo in bocca la prima patatina quando sentii la porta d'ingresso aprirsi. Dopo un rapido sguardo all'orologio sul lettore DVD, conclusi che doveva essere il resto della famiglia di ritorno dal pronto soccorso.

 

"Sono pigro per alzarmi, ma è tutto okay?" dissi, la testa gettata sulla mia spalla per essere in grado di vedere la porta.

 

"Va tutto bene," disse la voce di Harry un secondo prima che apparisse, "nessuno è stato ferito fisicamente, ma Lauren è pazza, si rifiuta di scusarsi e sembra che per lei un paio di tagli profondi sulla schiena di un bambino siano okay," si sedette accanto a me con un sospiro ed uno sguardo arrabbiato e incredulo sulla faccia. "Che cosa ci ho visto in lei, Lou?" mi chiese allora.

 

"Non ne ho idea," risposi onestamente e misi in bocca un cucchiaio di pudding. 

 

"Si, nemmeno io," ribatté lui, "voglio dire, lei... non è sempre stata così cattiva, vero? Non può esserlo stata. Per favore dimmi che non è sempre stata cattiva. Per favore."

 

Arricciai la bocca cinicamente e sollevai un sopracciglio incredulo. "Quella ragazza ha passato gli ultimi sei mesi a prendermi in giro, mi ha criticato e fondamentalmente ha fatto tutto quello che fosse in suo potere per cancellare l'autostima che avevo," dissi secco, "quindi non credo di essere la persona giusta a cui chiedere se è sempre stata così cattiva." Feci un pausa per un momento. "Ma dato che me lo stai chiedendo, si, è sempre stata così cattiva."

 

Gemette e trascinò le mani sul viso. "Liam, Niall e Zayn me l'hanno detto fin dall'inizio che era... beh, non carina, ma io- non lo so nemmeno. Mi piaceva. Non solo per il suo aspetto, ma perché... era diversa da tutti gli altri, non così ossessionata e roba del genere, più informale e rilassata. Mi piaceva all'inizio, era facile, rilassante. E lei è brava a letto, non posso negarlo."

 

"Per favore non dirmi che sei rimasto tutto questo tempo con lei solo perché è una buona scopata," commentai, "so che alcuni ragazzi sono così, ma per favore non dirmi che sei uno di quelli, non ora che stavi iniziando a sembrare un essere umano più decente."

 

"Certo che no," disse, sembrando un po' offeso, "non facciamo nemmeno sesso da, non so, anni."

 

Sollevai le sopracciglia con sorpresa. E forse gioia. "No?"

 

"No," confermò.

 

"Oh. Okay allora." Presi un'altra patatina e la stanza si avvolse in un piacevole silenzio eccetto i suoni provenienti dalla TV mentre masticavo e inghiottivo. "Cosa... cosa è successo allora? Siete ancora...?" Lasciai la domanda in sospeso, ma sembrava aver capito.

 

"Si, no, non abbiamo rotto," disse.

 

"Perché no?" chiesi, "hai appena detto che-"

 

"Non è così facile, Lou."

 

"Ma perché no?"

 

"Louis, per favore."

 

Non potei fare a meno di sfidarlo e mandargli uno sguardo tagliente. "Non dirmi 'per favore'!" dissi ad alta voce. "Se c'è una ragione per la quale vuoi rimanere con lei dopo questo, penso davvero che mi sia guadagnato una spiegazione invece di stare seduto qui e-"

 

"Lei lo sa, okay?" mi interruppe. Con un movimento improvviso, si alzò in piedi e mi guardò. "Lei sa riguardo- riguardo ai ragazzi con cui sono stato in estate."

 

Sbattei le palpebre una, due, tre volte, elaborando l'informazione, e poi sospirai pesantemente. "Quindi ti sta ricattando, vero?" chiesi, "lo sta facendo da molto tempo? È per questo-"

 

"No, no, non sapevo che lo sapesse fino ad un'ora fa più o meno," disse, scuotendo la testa con fermezza, "ma lei ha reso abbastanza chiaro il fatto che se avessi rotto con lei, lo avrebbe detto a tutti."

 

Lentamente, posai la forchetta e il cucchiaio sul piatto e poi posai quest'ultimo sul tavolo davanti a me. Per alcuni momenti lo guardai semplicemente, con aria interrogativa. "E per quanto tempo pensi di nasconderti al mondo, Harry?" chiesi con calma. "Liam, Zayn e probabilmente anche Niall sospettano già che tu sia gay o almeno bisessuale, e loro sperano che tu gli dica la verità, quindi non ti giudicheranno. E sai bene che la tua famiglia non lo farà lo stesso. Finiremo la scuola tra poco più di un mese, quindi non capisco da cosa sei spaventato."

 

Lentamente, quasi impercettibilmente, lui scosse la testa come per dire che non capivo. Ci volle un lungo minuto prima che lasciasse rilassare le spalle e gli occhi si chiudessero. 

"Non voglio essere attratto dai ragazzi, Lou," disse piano, studiando le sue dita dei piedi, "non voglio essere qualunque cosa io sia. Voglio essere attratto solo dalle ragazze e dalle donne, voglio sistemarmi con una ragazza, sposarmi con una ragazza e avere una famiglia con una ragazza. È sempre così che mi sono visto, ed è difficile rendersi improvvisamente conto che il modo in cui vedevi la tua vita era una menzogna. Non voglio che le cose cambino, e se comincio a dire alle persone che mi piacciono i ragazzi, sarà tutto molto più reale."

 

"È già reale, Harry," dissi, la mia voce molto più affilata del previsto, "e stare qui a dirmi che odi il fatto che sei attratto dai ragazzi, mi fa male, perché so che tu provi dei sentimenti per me e perciò sembra che sia disgustoso che tu sia attratto da me, il che lo fa apparire come se tu trovassi me disgustoso."

 

I suoi occhi si spalancarono comicamente, e subito si sedette accanto a me, più vicino di prima, le nostre cosce che si toccavano. "Non è quello che intendevo," disse, "è solo che non ho mai pensato che mi sarei innamorato di un ragazzo. È una sensazione nuova, anche se è passato quasi un anno da quando è iniziato, ed è ancora spaventoso. Non ho paura di quello che le altre persone possano pensare di me, non proprio, non è la parte più difficile; la parte più difficile è quella di poter accettare il fatto che questo sono io. So che mi piacciono i ragazzi quanto le ragazze, e va bene, ma devo ancora accettarlo come parte reale di me stesso, invece di vederlo come un... difetto. Non ha niente a che fare con te, te lo prometto."

 

Quello era un aspetto tutto nuovo che non avevo mai considerato prima, e annuii. "Io... io vorrei che me lo avessi detto prima," dissi, "sarebbe stato più facile capire cosa pensavi. E nemmeno io morivo dalla voglia di uscire allo scoperto, ma non ho più paura di quello, non come prima almeno. Il punto è che ho capito che vuoi del tempo per pensarci, ma... devi solo tenere a mente che le persone che hai vicino non ti giudicheranno. Semmai, ne sarebbero sollevati."

 

Un sorriso fiorì sul suo volto e guardò in basso per un attimo. "Si, lo so," disse e alzò di nuovo lo sguardo, "ma lascia che ti faccia una domanda, okay?"

 

"Vai."

 

"Per quanto tempo sei disposto ad aspettarmi prima che esca allo scoperto?" chiese, "hai già aspettato per lungo tempo, affrontando i miei sbalzi d'umore e tutto, quindi quanto ancora mi aspetterai?"

 

Sorrisi debolmente. "Non ti salterò addosso appena romperai con Lauren," dissi, "abbiamo tante cose su cui lavorare, e c'è ancora il bambino da considerare e il resto, quindi non sentire la necessità di affrettare le cose. Pensa prima a te stesso e poi vediamo cosa fare."

 

Annuii lentamente mentre guardava niente in particolare, ma sembrava stesse pensando a qualcosa. Continuò così per un paio di minuti prima che si mordesse il labbro, indirizzando di nuovo il suo sguardo verso di me e sorrise. "No, sai cosa? Voglio fare un patto," disse.

 

"Un patto?" chiesi con sorpresa, "che tipo di patto?"

 

"C'è un ballo scolastico il 17 giugno," disse, "è tra più di un mese. Allora il bambino sarà nato e se rispettiamo le nostre regole, dovremmo decidere cosa fare con lui."

 

Una debole speranza cominciò a crescere nel mio petto, ma temendo di aver frainteso, non osai fare altro oltre ad annuire per convincerlo a continuare.

 

Inalò profondamente. "Io... vorrei portarti lì," disse, "al ballo. Se vuoi venire con me, ovviamente."

 

Delle lacrime si formarono nei miei occhi non appena le parole lasciarono la sua bocca e quando provai a dire 'si', tutto quello che venne fuori fu un imbarazzante gridolino. Solitamente una persona non si emoziona così quando gli viene chiesto di andare al ballo, giusto? Optai per incolpare gli ormoni. In realtà, probabilmente erano davvero gli ormoni. Soprattutto.

 

"Dovrei prendere quel rumore molto attraente per un si?" chiese, con gli occhi brillanti.

 

"Si, si," dissi, strofinandomi gli occhi in fretta prima che le lacrime iniziassero a cadere sul mio viso, "ovviamente voglio venire con te."

 

Il suo volto si illuminò in un sorriso. "Bene," disse, "Allora, si, dammi tempo solo fino al 17 giugno, e Lauren sparirà. Probabilmente dovrei dirlo prima ai miei genitori, Liam, Zayn e Niall."

 

Annuii. "Si, suona bene, quando-"

 

"Non solo so, ma prima del 17 giugno," mi interruppe.

 

"Quindi, a partire dal 17 giugno, saremo... cosa?"

 

Arricciò il naso pensieroso. "Non lo so," disse, "ma lo scopriremo, okay?"

 

Annuii; se era disposto a portarmi al ballo, sicuramente non si sarebbe lamentato riguardo al volerci etichettare. "Si, mi va bene."

 

"Ottimo!" esclamò, "adesso che ne dici di andare al parco e fare quel picnic, eh?"

 

Mandai un'occhiata disperata al piatto di patatine e al pudding al cioccolato prima di alzare lo sguardo e chiedere "possiamo imbustarlo?" e feci un cenno verso il piatto.

 

Gettò uno sguardo al piatto. "È davvero disgustoso," commentò, "ma va bene, possiamo imbustarlo."

 

 

*

 

 

Il tempo era bello quel giorno - il cielo azzurro e il sole splendente -, e il parco era pieno di famiglie e coppie felici quando arrivammo. Mi sentivo un'idiota mentre camminavo lungo l'ampio sentiero, passando accanto a numerose persone che mi mandavano sguardi strani, alla ricerca di un albero in cui potermi appoggiare.

 

"Stai bene?" chiese Harry quando stavamo camminando da un paio di minuti.

 

"Si, sto bene," dissi, "è passato un po' da quando sono uscito l'ultima volta. È carino. Aria fresca e tutto. È bello vedere persone che non sono medici o impiegate stronze di agenzie di adozione."

 

Rise. "Quella donna era davvero una stronza; pensi che possiamo richiedere qualcun altro?"

 

Scrollai le spalle. "Non lo so. Non capisco perché la dottoressa Hayes ci abbia mandato da lei."

 

"Ha detto che era una sua amica, no?"

 

"Si, e che non avrebbe giudicato."

 

"Suppongo si sbagliasse."

 

"Si. Non sono sorpreso comunque."

 

"Cosa? Come mai?"

 

"È solo che lei è la prima persona che ha saputo la verità senza accettarla. Sono sorpreso che non sia accaduto prima."

 

Abbassò lo sguardo indignato. "Non c'è niente da accettare, sei solo-"  

 

"Un ragazzo incinto," lo interruppi perplesso, "è strano, Harry, posso vederlo da solo."

 

Eravamo arrivati quasi alla fine del parco e stavo per dire che ci saremmo dovuti arrangiare senza albero quando improvvisamente Harry si fermò. Mi fermai pure io e lo guardai con curiosità, sorpreso di trovarlo con gli occhi spalancati e la bocca altrettanto. 

 

"Cosa?" chiesi.

 

Senza dire nulla, sollevò una mano e la puntò dritta sulla strada. Leggermente sconvolto e senza aver avuto il tempo di pensare a quello che poteva averlo intimorito all'improvviso, girai la testa per vedere.

 

"Oh," sussurrai, una sensazione di vuoto mi riempì il petto, facendomi sentire come se stessi per soffocare. Ciò che Harry mi aveva indicato erano due persone che camminavano verso di noi. 'Due persone' significava mia mamma e Ian. Stavano camminando mano nella mano, sorridendo e ridendo, e qualcosa a quella vista mi fece sentire incredibilmente triste. Non mi importava molto di Ian, ma il fatto che mia mamma sembrasse così spensierata, felice e libera... faceva male. Non sembrava che il fatto che non mi vedesse da quasi un mese la disturbasse e-

 

 "Oh Dio," pronunciai, mettendo la mano davanti alla bocca e deglutendo duramente, cercando di non piangere lì in mezzo al parco affollato. Si stavano avvicinando a noi e sapevo che non serviva a niente girarci per andarcene. In un paio di secondi, ci avrebbero visti. Non ero esattamente nello stato di poter correre. Solo Dio sapeva cosa avrei fatto.

 

Harry fece un passo più vicino a me, mi mise una mano sulla spalla, e mormorò un basso 'rilassati, andrà bene, calmati'. A quanto pare aveva notato quanto fossi diventato teso. Mi sentivo come se tutto stesse accadendo a rallentatore; loro si avvicinavano sempre di più a noi, camminando dritti e sorridendo e ridendo come poco prima. Per mezzo secondo, sembrò quasi che ci avrebbero oltrepassato, perché erano a soli due metri da noi e non ci avevano ancora visti. Ma poi, proprio mentre i loro corpi si affiancarono ai nostri, due metri alla nostra sinistra, mia madre girò la testa nel bel mezzo di una risata e i nostri occhi si incontrarono. Proprio come Harry aveva fatto un minuto prima, si fermò e ricambiò il mio sguardo.

 

"Che succede?" chiese Ian, ovviamente non mi aveva ancora notato.

 

Mia mamma non rispose, continuava a guardarmi. Ian trascorse altri due secondi guardandola confuso prima di seguire la direzione dei suoi occhi e-

 

"Oh, ciao, Louis."

 

Ciao, Louis? Era serio? Probabilmente. I robot malvagi non avevo l'abilità di scherzare.

 

"Non hai perso peso, vedo," continuò, "anzi, sembra che tu sia peggiorato." Gettò uno sguardo altezzoso a Harry. "Ma sei riuscito a trovarti un ragazzo."

 

Lottai per mantenere la mia faccia seria, ma non potei fare a meno di fermare il mio labbro che tremava e il nodo nel mio petto che cresceva sempre più grande, facendomi respirare irregolarmente. C'erano dei rumori nelle mie orecchie che tutto intorno - i bambini che giocavano, gli uccellini che cantavano, la gente che rideva, le macchine - suonavano come se venissero da lontano, molto lontano. Non avevo mai sentito niente di simile prima - l'anima straziata, il sangue che ribolliva, la mente intorpidita dalla sensazione di tradimento, perdita, umiliazione, odio e tristezza, e non volevo riprovare qualcosa del genere mai più. La tristezza e la perdita erano dirette a mia madre, perché nonostante il fatto che fosse rimasta dalla parte di Ian quando mi aveva buttato fuori casa, l'amavo e mi sembrava terribile essere così distante da lei. Il resto delle emozioni erano rivolte ad Ian, però, perché era tutta colpa sua. Se non fosse entrato nelle nostre vite e non avesse rovinato nulla, in quel momento sarei ancora nella mia casa.

 

"Come... come sta Owen?" riuscii a dire, dopo un bel po' di tempo passato in silenzio.

 

"Ha trovato una fidanzata," disse Ian, e giurai di aver sentito nella sua voce un tono di derisoria malizia.

 

"Oh," dissi, "è una buona cosa per lui. Digli che lo saluto."

 

Ian mi mandò un sorriso stretto in risposta, e senza dire un'altra parola, iniziò a camminare di nuovo, trascinando mia mamma con lui. Lei mi guardò da sopra la spalla, e mi offrì un sorriso tentennante che non ricambiai. Il mio corpo rimase rigido come un bastone fino a quando non erano più molto visibili, dopodiché scomparvero nella curva del sentiero, e improvvisamente mi sentii come una palloncini che viene sgonfiato. Barcollai di lato, tenendomi ad Harry, e dalla mia bocca uscì un piccolo, piccolissimo gemito.

 

"Whoa, ehi, Lou? Stai bene?" chiese immediatamente, suonando preoccupato, quasi impaurito.

 

"No, si-, io-, no, io- penso di voler tornare a casa," sussurrai, tenendomi alla parte anteriore della sua maglietta come se la mia vita dipendesse da quello. "Per favore?"

 

"Si, certo," disse mentre rafforzò la stretta intorno alla mia vita, "andiamo, possiamo farlo un'altra volta se vuoi."

 

Non risposi, mi lasciai guidare lungo il sentiero per tornare a dove la macchina era parcheggiata.

 

La prima parte del tragitto verso casa passò in completo silenzio; Harry aveva gli occhi diretti in avanti, la presa intorno al volante, e io non avevo idea di cosa dire in caso avessi voluto dire qualcosa. Fu quando passammo davanti ad una stazione di servizio che all'improvviso una fitta dolorosa mi colpì la schiena facendomi emettere un sorpreso 'oh!' e stringere istintivamente la mano sul mio stomaco.

 

Harry mi guardò immediatamente. "Che succede?" chiese, la sua voce quasi agitata.

 

Inghiottii e presi un respiro profondo, prima di scuotere la testa, senza guardarlo. "Niente, ha solo scalciato," mentii.

 

Harry era già pronto a svenire dalla preoccupazione; non c'era bisogno di aggiungere altro dicendogli qualcosa che probabilmente non era niente di preoccupante.

 

Lo sentii sospirare di sollievo. "Dimmelo se c'è qualcosa che non va, però, va bene? Anche se pensi che sia solo una cavolata."

 

"Si, certo." Il senso di colpa per avergli mentito non affievolì quella montagna di emozioni che stavo provando.

 

Il resto della famiglia era tornata a casa quando varcammo l'ingresso, ma a causa di tutto quello che era successo, non ero particolarmente di buon umore. Quello combinato a ciò che io ed Harry avevamo passato nelle ultime ore, poteva venire messo nella categoria delle 'cene orribili' dato che nessuno si preoccupava di dire o fare niente oltre che masticare il cibo.

 

Fra me e me pensai che era strano che nessuno si fosse preoccupato di preparare la cena.

 

Il resto della giornata passò con me ed Harry distesi sul suo letto, alternandoci tra appisolarci, dormire e parlare di cose senza senso. Sapevo che avrebbe voluto chiedermi se stessi bene, sia per quanto riguardava il bambino che per mia mamma e Ian, ma tenne la bocca chiusa, cosa di cui gli fui grato - se avesse chiesto, gli avrei dovuto mentire, e non volevo.

 

E quella fu la ragione per cui fui eternamente grato di ritornare nella mia stanza, al sicuro nascosto sotto le coperte prima che l'orologio segnasse le 23.

 

L'orologio sul mio telefono segnava le 22.58 quando la stessa sensazione dolorosa che avevo sentito in auto mi colpì di nuovo; la forza era più o meno la stessa di quella precedente, ma durò più a lungo, per circa quattro o cinque secondi con esattezza. Mi morsi il labbro e misi una mano sulla pancia, guardandola ansioso.

 

"Puoi calciare un po', piccolo?" sussurrai, "devo solo sapere se stai bene."

 

Non ricevetti alcuna risposta e mi accigliai. Non successe niente dopo, e così chiusi gli occhi e cercai di addormentarmi. Si rivelò molto difficile, ma dopo poco più di un'ora ero in viaggio verso il mondo dei sogni. Il problema era che proprio in quel momento fui svegliato piuttosto bruscamente dagli stessi dolori che mi resi conto sembravano essere come dei crampi. Erano dolorosi, ma non così dolorosi da sentire la necessità di rannicchiarmi o fare qualsiasi altra cosa che indicava fossi in agonia.

 

Non poteva essere qualcosa di brutto, vero?

 

"Per favore, piccolo," mormorai stancamente, sfregando il palmo sul lato della pancia, "solo un calcio per farmi calmare un po'?" Non ricevetti ancora niente in risposta, e sospirai. Ancora una volta cercai di tornare a dormire, ma fu ancora più difficile. Passò un'altra ora prima che un calcio improvviso interruppe il mio tentativo di dormire e aprii gli occhi.

 

"Grazie," sospirai, "pensi che forse potremmo- oh!"

 

Un'altra serie di crampi mi attraversarono il corpo, anche se non localizzate solo dietro la schiena, ma anche nel mio stomaco. Durarono circa dieci secondi, lasciandomi un senso crescente di timore e ansia.

 

Finalmente mi assopii, ma solo dopo due ore di altri dolori.

 

   
 
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