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Autore: AndreaBrivio17    10/10/2017    1 recensioni
Questa storia narra di un abate, nonché cavaliere d’Ordine, e del suo botanico. I due vengono coinvolti in una battaglia contro un popolo nemico. Una storia di avventura e di pericoli, che si può considerare il seguito de “Il piccione, il ratto, il canguro e i dinosauri”. Stavolta, però, invece che servirmi del vocabolario, ho unito le parole che uscivano da “una voce a caso” di Wikipedia. Buona lettura.
Genere: Avventura, Commedia, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il dottore accompagnò i due nel salone, fece sedere Paul e si sedette accanto a lui mentre AJ rimase in piedi dietro di loro. Pian piano arrivarono tutti i membri del conclave: c’erano Levonovic lo stratega, Monthey il comandante dell’esercito, Guarino il vescovo ed Eugenio il capo-dipartimento.
Si erano seduti tutti intorno ad un tavolo che aveva una vistosa decorazione di una Lytoceratina, lo stemma del dipartimento.
“Signori, i nostri nemici del Distretto Namestovo, gli Atila, sono quasi giunti alla foce del fiume LeJuch. Propongo di suonare l’Alborada dalla Torre Civica e richiamare così González González, il varano gigante. Col suo aiuto distruggeremo Wolverton e gli Atila in men che non si dica”.
“Monsieur… – Prese parola il colonnello Monthey – González González viveva nella palude.”
Eugenio si alzò in piedi pronto per urlare un altro dei suoi discorsi sul perché sarebbe stato meglio se non fosse diventato il capo-distretto, ma si trattenne, si sedette e fece play sullo stereo che portava sempre con sé. La musica lo aiutava a calmarsi e a pensare. In quel momento partì una canzone chiamata “Helpless”. Tutti stettero zitti per una trentina di secondi aspettando che il capo ricominciasse a parlare, ma ciò non avvenne.
“Capo. – disse il Dr.Pfalz – Al muzeo di antropologia c’è qvalcosa che può fare al caso noztro”. Ancora sconsolato Eugenio prese il telefono per chiamare Wilders, il direttore del museo, e lo mise in vivavoce.
“Pronto?”
“Salve Wilders. Sono Eugenio, il capo-dipartimento, gli Atila ci stanno invadendo ed il Dr.Pfalz dice che nel museo hai qualcosa che ci può aiutare”.
“Mi riferizco al procetto Space Opera”. Intervenne subito il dottore.
“Ok. – disse la voce dall’altra parte del telefono – Vede capo, il progetto Space Opera era iniziato come una serie di esperimenti nella valle del vento: avevamo preso un juke box e, insieme al Dr.Pfalz e alla Parker, l’abbiamo modificato attrezzandolo con il motore di una Dodge facendolo così diventare un robot capace di lanciare oggetti grossi quanto asteroidi e fare dei freestyle da paura. Purtroppo il suo nucleo di energia era instabile e, poiché stava per iniziare il torneo di tennis, abbiamo deciso di disattivare Dotalabrus (questo è il nome che gli avevamo dato) e custodirlo nei magazzini del museo”.
“Ah ok, e che forma ha questo robot è umanoide? O forse un varano gigante?” Chiese Eugenio.
“No, è un proboscidato. Una sorta di elefante, ecco”. Replicò Wilders.
“Perfetto, lo useremo per la battaglia.” Disse il capo, poi si alzò in piedi e cominciò a impartire ordini: “Andate a cercare Minazuki, lei saprà riparare un poco il robot. Colonnello, raduni l’esercito vicino al forte sul fiume.” Nel mentre si ricordò di avere ancora in linea il direttore del museo, si sedette e disse in direzione del telefono: “Manderò al museo degli uomini, arriveranno in metropolitana alla fermata “Drupa”, nel frattempo lei inizi a tirare fuori Dotalabrus”.
“Ma probabilmente è un errore al HFS, è un problema di software, l’unico che può fare qualcosa è Sylvain, ma nessuno sa dove si trovi.” Rispose Wilders.
“Scialla, ce la faremo.” Disse Eugenio riagganciando. Si svaccò sulla poltrona e dal suo stereo fece partire “Dragonfaith”. Aveva detto la sua, il conclave era finito.
   
 
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